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n. 2-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 30 gennaio 2002 n. 501 - Pres. Varrone, Est. Deodato - Azzolini Ilarione & C. s.a.s. (Avv. G. Guarino) c. Comune di Molfetta (Avv. N. Morgese) - (conferma T.A.R. Puglia-Bari, Sez. I, 21 ottobre 1998, n. 820).

Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - In sanatoria - Ex art. 13 L. n. 47/1985 - Calcolo del contributo di concessione dovuto a titolo di oblazione - Nella misura ridotta prevista dal 4° comma dell'art. 13 cit. - Presupposti per l'applicazione - Individuazione - Fattispecie.

In sede di rilascio di una concessione in sanatoria ex art. 13 L. 28 febbraio 1985 n. 47 (c.d. accertamento di conformità), affinché il contributo di concessione dovuto a titolo di oblazione possa calcolarsi in misura ridotta, così come previsto dal 4° comma dello stesso art. 13, è necessario che solo una parte dell'opera sia stata realizzata in difformità dal progetto assentito e che, quindi, la restante porzione sia conforme all'elaborato originario; solo in presenza di tale situazione, infatti, risulta possibile determinare il contributo, come prescrive la norma, con limitato riferimento alla porzione difforme.

Quando invece il manufatto realizzato è radicalmente diverso da quello assentito, non può trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 13, 4° comma, L. 47/1985, atteso che, in tale ipotesi, manca la stessa possibilità della parziale determinazione del contributo e la sanzione va, pertanto, computata con riferimento all'intero immobile (1).

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(1) Alla stregua del principio nella specie la Sez. V ha ritenuto legittimo il provvedimento impugnato in primo grado dalla società appellante, con il quale il Comune di Molfetta aveva determinato la misura del contributo di concessione dovuto a titolo di oblazione in misura piena.

E' stato rilevato infatti che le modifiche apportate nel corso dei lavori al progetto originariamente assentito erano  tali da alterare la struttura dell'opera, così come originariamente autorizzata, e  da impedire il preteso riconoscimento di una difformità limitata ad una porzione definita del fabbricato; tali modifiche, di contro, comportavano una radicale diversità dell'edificio realizzato, rispetto al manufatto descritto nell'elaborato inizialmente presentato.

Nella specie infatti era stato costruito un solo corpo di fabbrica, in luogo dei due previsti nella originaria concessione edilizia; inoltre l'edificio realizzato, per una parte rilevante, aveva una localizzazione diversa da quella prevista, era stata eliminata una galleria originariamente contemplata in progetto ed era stata la ridotta la superficie del piano interrato.

Tali modifiche della struttura dell'opera, ad avviso della Sez. V, erano talmente rilevanti da qualificare il manufatto eseguito totalmente diverso da quello progettato, quanto a struttura, tipologia e caratteristiche planivolumetriche. Tale circostanza escludeva l'applicabilità alla fattispecie de quo dell'ipotesi prevista dall'art.13, 4° comma, della L. n. 47/1985 (il quale espressamente prevede che: "Per i casi di parziale difformità l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dalla concessione").

 

 

FATTO

Con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso proposto dalla società odierna appellante diretto ad ottenere, previo annullamento degli atti con i quali il Comune di Molfetta aveva determinato la misura del contributo di concessione dovuto a titolo di oblazione ed aveva subordinato il rilascio della concessione in sanatoria al pagamento della sanzione ex art.13 L.47/85, la condanna dell'Ente intimato alla restituzione dell'importo indebitamente pagato in esecuzione dei provvedimenti contestati. Con l'appello sono state riproposte le medesime censure disattese con la decisione impugnata, nei riguardi della quale è stato, altresì, dedotto il difetto di motivazione sul punto della misura della difformità.

Si è costituito il Comune appellato, contestando la fondatezza dell'impugnazione e domandandone la reiezione.

Alla pubblica udienza del 13 novembre 2001 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

La società appellante contesta, la correttezza della misura del contributo di concessione determinato dal Comune di Molfetta in occasione del rilascio della concessione in sanatoria richiesta dalla stessa Azzolini s.a.s.. Premesso che l'entità dell'oblazione risulta calcolata dall'Ente nella misura massima, e cioè sulla base del presupposto che l'opera è stata eseguita in totale difformità o con variazioni essenziali, rispetto al progetto originariamente presentato ed assentito, sostiene l'appellante che il contributo avrebbe dovuto essere determinato, in misura significativamente inferiore, ai sensi dell'art.13 IV comma L. 47/85, assumendo l'applicabilità dell'ipotesi di parziale difformità, e rileva l'illegittimità delle determinazioni impugnate in primo grado sotto i due profili appresso esaminati.

Con una prima serie di argomentazioni viene dedotto il difetto di motivazione in ordine ai presupposti della concessione in sanatoria ed alla misura della difformità riscontrata. Il motivo è infondato.

Anche prescindendosi, invero, dal rilievo che la legittimità sostanziale degli atti impugnati, di seguito accertata, impedisce di riconoscere alcuna rilevanza processuale all'eventuale verifica di un vizio meramente formale, tale potendosi qualificare il difetto di motivazione, si osserva che le determinazioni contestate, in quanto conformi a specifica istanza della società interessata, non esigevano alcuna motivazione circa i presupposti, di fatto e di diritto, del loro contenuto dispositivo.

Posto, invero, che l'istanza di concessione in sanatoria risulta presentata a seguito della conoscenza, da parte dell'odierna appellante, del diniego di approvazione della variante e dell'ordine di sospensione dei lavori, risulta palese che la stessa iniziativa dell'interessata rivela la consapevolezza, da parte della stessa, delle condizioni per il rilascio del provvedimento invocato nonchè il suo interesse a conseguire il peculiare titolo edilizio previsto e disciplinato dall'art.13 L. 47/85, unitamente a tutti gli effetti connessi previsti da quella disposizione, ivi compreso il pagamento del contributo di concessione. In ordine, poi, alla dedotta omessa valutazione, in sede di determinazione della misura dell'oblazione, dell'ipotesi di parziale difformità, prevista dal IV comma, basti rilevare che siffatto rilievo risulta assorbito dalla verifica, appresso svolta, della correttezza sostanziale del computo per intero della sanzione, atteso che, vertendosi in tema di diritto alla ripetizione di un pagamento asseritamente indebito, assume rilevanza decisiva l'analisi dei fatti costitutivi della pretesa azionata, e cioè della ricorrenza della situazione di fatto, parziale difformità dell'opera realizzata, prevista dalla disposizione richiamata quale presupposto del computo ridotto dell'oblazione.

La controversia, pertanto, si risolve nella verifica dell'entità della difformità, finalizzata all'esame della correttezza del calcolo del contributo concessorio controverso. Va, innanzitutto, rilevato che la disposizione invocata dalla Azzolini s.a.s. a sostegno delle proprie tesi esige, per la sua applicazione, l'agevole individuazione della porzione dell'opera difforme dal progetto originario. Perché la situazione di fatto possa ricondursi alla fattispecie astratta regolata dall'art.13 IV comma, in sostanza, è necessario che solo una parte dell'opera sia stata realizzata in difformità dal progetto assentito e che, quindi, la restante porzione sia conforme all'elaborato originario. Solo in presenza di siffatta situazione, infatti, risulta possibile determinare il contributo, come prescrive la norma, con limitato riferimento alla porzione difforme.

Viceversa, com'è evidente, quando il manufatto realizzato è radicalmente diverso da quello assentito non può trovare applicazione la disposizione invocata dall'appellante, per l'agevole rilievo che, in quel caso, difetta la stessa possibilità della parziale determinazione del contributo, e va, quindi, computata la sanzione con riferimento all'intero immobile.

Tanto chiarito in ordine ai presupposti, di fatto, di applicabilità della fattispecie richiamata dall'appellante, occorre procedere alla verifica della ricorrenza, nel caso di specie, delle condizioni sopra indicate. Si osserva, al riguardo, che la puntuale analisi svolta sulla questione dell'entità della difformità dal primo Giudice, non solo sfugge alle censure di carenza ed insufficienza, formulate con l'atto di appello, ma va condivisa e confermata, in quanto correttamente fondata sulla verifica dei pacifici ed oggettivi elementi di fatto ricavabili dalla documentazione versata in atti.

Le modifiche apportate al progetto assentito vanno giudicate, dunque, idonee ad alterare la struttura dell'opera, per come autorizzata, in misura tale da impedire il preteso riconoscimento di una difformità limitata ad una porzione definita del fabbricato e da imporre, di contro, l'accertamento della radicale diversità, rispetto al manufatto descritto nell'elaborato inizialmente presentato, dell'edificio realizzato. A ben vedere, infatti, la costruzione di un solo corpo di fabbrica, in luogo dei due previsti nella concessione edilizia, la conseguente diversa localizzazione di una parte rilevante dell'edificio, l'eliminazione della galleria originariamente concepita e la riduzione della superficie del piano interrato integrano modifiche così rilevanti della struttura dell'opera da indurre a ritenere il manufatto eseguito totalmente diverso da quello progettato, quanto a struttura, tipologia e caratteristiche planovolumetriche. Così esclusa l'applicabilità dell'ipotesi prevista dall'art.13 IV comma, va, in definitiva, confermata la correttezza delle determinazioni impugnate in primo grado.

Alle considerazioni che precedono consegue la reiezione dell'appello.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, respinge l'appello proposto dalla Azzolini Ilarione & C. s.a.s. avverso la sentenza del T.A.R. Puglia n.820 del 21.1.98 e condanna l'appellante a rifondere al Comune appellato le spese di questo grado di giudizio che liquida nella misura complessiva di L.4.000.000.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 novembre 2001, con

l'intervento dei signori:

Claudio Varrone Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Filoreto D'Agostino Consigliere

Carlo Deodato Est. Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Carlo Deodato Claudio Varrone

Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.

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