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Giurisprudenza
n. 2-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 7 febbraio 2002 n. 726 - Pres. Quaranta, Est. Allegretta - Rolo Banca 1473 s.p.a. (Avv. B. Graziosi) c. Comune di Bologna (Avv.ti L. Simoni e G. Stella Richter) e Cassa di Risparmio in Bologna s.p.a. (Avv. F. Paolucci) - (annulla T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II di Bologna, sent. 10 aprile 2001, n. 303).

1. Giustizia amministrativa - Appello - Disciplina prevista dall'art. 4, 7° comma, della L. n. 205/200 - Per i procedimenti speciali - Proposizione dell'appello (con richiesta di sospensiva) avverso il dispositivo della sentenza - Costituisce una mera facoltà.

2. Giustizia amministrativa - Legittimazione attiva - Nel caso di impugnativa di delibera di rinnovo di un rapporto contrattuale - E' da riconoscere a tutte le imprese che operino nel medesimo settore nel quale si svolge il rapporto in corso.

3. Contratti della P.A. - Servizio di tesoreria - Rinnovo del rapporto con il precedente concessionario del servizio - Ex 52 D.Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77 - Presupposti e condizioni - Rispetto delle disposizioni statutarie dell'ente e dell'art. 52 della L. 24 dicembre 1993 n. 537 - Necessità - Mancanza - Illegittimità - Fattispecie.

1. L'art. 4, comma 7, della legge 21 luglio 2000 n. 205, come si evince agevolmente dal suo tenore letterale ("la parte può ."), non modifica per i procedimenti speciali il termine per la proposizione dell'appello con riguardo alle ipotesi in cui la parte soccombente intenda chiedere la sospensione della sentenza; tale articolo attribuisce al soccombente, nel contesto della disciplina acceleratoria dettata per i giudizi indicati nel primo comma dell'articolo, soltanto la facoltà - e non l'onere a pena di decadenza - di anticipare la tutela cautelare, ove lo ritenga opportuno.

2. Nel caso in cui l'Amministrazione decida di rinnovare un rapporto contrattuale con il precedente titolare (nella specie si trattava del rinnovo della concessione del servizio di tesoreria con il precedente concessionario, ai sensi dell'art. 6 della L. 24 dicembre 1993 n. 537), deve riconoscersi la legittimazione e l'interesse ad impugnare tale scelta in capo ad ogni altro soggetto che operi nel medesimo settore nel quale si svolge il rapporto in corso e che, quindi, potendo aspirare all'esecuzione della prestazione in esso dedotta, è titolare di un'aspettativa giuridicamente fondata al legittimo esercizio di quella scelta.

3. Nel caso in cui l'Amministrazione decida di rinnovare la concessione del servizio di tesoreria con il precedente concessionario, ai sensi del disposto di cui all'art. 52 D.Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77 (norma trasposta poi nell'art. 210 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267), la legittimità di tale scelta va determinata non già ai sensi dell'art. 7, 2° comma, del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157 (che riguarda la diversa materia dell'aggiudicazione di pubblici servizi mediante trattativa privata), ma ai sensi dell'art. 6 della L. 24 dicembre 1993 n. 537 (che concerne proprio i "contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione"); quest'ultima norma vieta il rinnovo tacito, sanzionandolo di nullità e ne consente, invece, quello espresso, sempre che "entro tre mesi dalla scadenza dei contratti" l'Amministrazione accerti e verifichi "la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione" e dia comunicazione al contraente della sua volontà di procedervi. A tali condizioni generali, peraltro, occorre aggiungere quelle che, eventualmente, il particolare statuto dell'Amministrazione comunale interessata dovesse imporre (1).

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(1) Alla stregua del principio nella specie, constatato che l'apposito regolamento del Comune appellato disponeva che il rinnovo fosse espressamente previsto nel contratto originario e ne limitava la durata ad un periodo di 3 anni, la Sez. V ha ritenuto illegittima le determinazione dello stesso Comune che aveva stabilito di rinnovare per altri 5 anni il rapporto di tesoreria con il precedente concessionario, senza che  ciò fosse stato previsto nel contratto originario.

Dispone invero l'art. 52 del D. Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77 (norma trasposta poi nell'art. 210 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267), per ciò che concerne il servizio di tesoreria, che: "L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i principi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto".

Le "condizioni di legge" che consentono in via eccezionale di non indire una procedura ad evidenza pubblica nella specie sono state rinvenute, da un lato, nell'art. 6 della L. 24 dicembre 1993 n. 537 (il quale vieta il rinnovo tacito, sanzionandolo di nullità e ne consente, invece, quello espresso, sempre che "entro tre mesi dalla scadenza dei contratti" l'Amministrazione accerti e verifichi "la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione" e dia comunicazione al contraente della sua volontà di procedervi), e, dall'altro, nelle disposizioni statutarie e regolamentari della singola Amministrazione interessata.

Ai sensi di queste ultime disposizioni, come già cennato, è stato ritenuto che nel caso in questione non sussistevano le "condizioni di legge" previste dalla richiamata norma per il rinnovo del servizio di tesoreria.

 

 

FATTO

L'Istituto bancario appellante impugna la sentenza con la quale il T.A.R. dell'Emilia-Romagna, sede di Bologna, Sez. II, ha respinto il ricorso da esso proposto contro la deliberazione del Consiglio Comunale di Bologna n. 250 del 2 ottobre 2000 che ha disposto il rinnovo per altri cinque anni del rapporto di tesoreria instaurato nel 1995 con la Cassa di Risparmio di Bologna, invece di effettuare una gara tra istituti di credito, come ripetutamente richiesto da esso Istituto nell'imminenza della scadenza del contratto.

Avverso il suddetto provvedimento la Rolo Banca 1473 s.p.a. aveva dedotto in primo grado i seguenti motivi di impugnazione.

1) Violazione di legge (artt. 7 e 8 L. n. 241/1996), perché l'Amministrazione Comunale si è determinata al rinnovo del contratto, non solo senza dar riscontro formale alle richieste di Rolo Banca, ma senza neppure consentire ad essa il diritto di partecipazione al procedimento.

2) Violazione di legge (art. 6 L. n. 537/1993 nel testo modificato dall'art. 44 L. n. 724/1994), perché il Consiglio Comunale ha deliberato nel corso del terzo mese precedente alla scadenza del contratto, quando il rapporto non era più prorogabile o rinnovabile.

3) Violazione di legge (art. 210 D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 già art. 52 D.Lgs. n. 77/1995) con riferimento all'art. 63 del Regolamento dei contratti del Comune di Bologna, dato che le "condizioni di legge", in presenza delle quali la norma di cui al citato art. 210 consente di procedere alla rinnovazione del contratto con lo stesso contraente, sono quelle descritte dall'art. 7, 2° c. lett. f), del D.Lgs. n. 157 del 17 marzo 1995, in materia di appalto di servizi in generale, e mancano altresì quelle indicate dall'art. 63 del Regolamento comunale dei contratti, richiamato dal predetto art. 210.

4) Violazione di legge e dei principi generali in materia di corrispettività nei contratti ad evidenza pubblica ed eccesso di potere per sviamento, in quanto con la deliberazione impugnata si ottiene il risultato di perpetuare un rapporto scaturito da una gara illegittima, inficiata dall'assunzione del previsto contributo finanziario quale suo parametro base.

5) Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento e illogicità manifesta, atteso che nel "parere di congruità", posto a base della deliberazione oggetto di ricorso, manca una rigorosa motivazione della deroga al principio di concorsualità, della quale avrebbe dovuto essere dimostrata la convenienza sulla base di una, ancorché informale, "indagine di mercato".

Con l'impugnata sentenza il Tribunale ha respinto tutti i motivi di ricorso, dichiarando inammissibile il primo per carenza di interesse.

Contro di essa, siccome errata ed ingiusta, si grava l'Istituto appellante, il quale, dopo aver ribadito la sua legittimazione processuale quale soggetto istituzionalmente operante nel settore e pertanto interessato allo svolgimento della gara, ha riproposto i motivi di impugnativa addotti in prima istanza ed ha contestato le ragioni sulle quali la sentenza si fonda. Ha concluso chiedendo l'annullamento di questa e degli atti impugnati con il ricorso originario; vinte le spese.

Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame il Comune di Bologna e la Cassa di Risparmio di Bologna. Quest'ultima ha proposto, altresì, appello incidentale, con cui ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 della L. n. 537 del 1993 e dei principi relativi alla proroga della tesoreria in funzione delle parti necessarie del rapporto, nonché la violazione dell'art. 26 della legge n. 1034 del 1971 in relazione all'art. 9 della legge n. 205 del 2000 ed all'art. 69 n. 3 del Regolamento sul Consiglio di Stato per carenza assoluta di motivazione.

La domanda di sospensione della sentenza appellata, avanzata contestualmente al ricorso, è stata accolta con ordinanza n. 3193 del 12 giugno 2001.

All'udienza pubblica del 30 ottobre 2001, uditi i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Occorre preliminarmente esaminare le due questioni sollevate in rito dagli appellati.

La prima riguarda l'ammissibilità del ricorso sotto il profilo della sua tempestività.

Con riferimento alla circostanza che contestualmente all'impugnazione è stata avanzata anche istanza di sospensione della sentenza appellata, l'Istituto bancario resistente sostiene che, a norma dell'art. 4, comma 7, della legge 21 luglio 2000 n. 205, il ricorso in appello doveva proporsi entro trenta giorni dal deposito del dispositivo della sentenza, avvenuto in data 4 aprile 2001, quindi entro il 4 maggio, ed invece è stato notificato il 7 maggio. Di qui l'inammissibilità del ricorso.

La tesi non ha pregio. La disposizione invocata, invero, come si evince agevolmente dal suo tenore letterale ("la parte può ."), non modifica il termine per la proposizione dell'appello con riguardo alle ipotesi in cui la parte soccombente intenda chiedere la sospensione della sentenza. Essa attribuisce a detta parte, nel contesto della disciplina acceleratoria dettata per i giudizi indicati nel primo comma dell'articolo, soltanto la facoltà di anticipare la tutela cautelare, ove lo ritenga opportuno.

La seconda questione, che peraltro la stessa Banca appellante affronta in via preliminare, attiene alla sua legittimazione attiva ed è stata sollevata con l'appello incidentale subordinato dalla Banca controinteressata.

Assumono entrambe le parti resistenti che dalla concessione del servizio di tesoreria, su cui verte il presente giudizio, deriva un rapporto speciale tra Amministrazione e concessionario, che vede regolati diritti ed obblighi delle sole due parti tra le quali intercorre, non di altri soggetti estranei all'oggetto della concessione. Nell'ambito di tale rapporto opera in capo all'Amministrazione anche la facoltà di rinnovare il contratto, prevista dall'art. 6 della L. 24 dicembre 1993 n. 537, che nel concessionario presuppone solo la disponibilità a proseguire l'attività.

Questo escluderebbe l'interesse e quindi la legittimazione di terzi ad interferire sulla decisione di proroga del rapporto. Né questa carenza di titolo potrebbe essere superata dalla dichiarazione dell'Istituto ricorrente di avere interesse a partecipare a nuova gara per l'affidamento del servizio, perché essa non varrebbe a condizionare la scelta dell'Amministrazione di prorogare o meno il contratto in atto, adottata in base ad una valutazione discrezionale di opportunità.

L'assunto, tuttavia, non appare del tutto convincente.

Non v'è dubbio, invero, che la facoltà in questione abbia fonte e disciplina nell'atto costitutivo del rapporto di cui si tratta e sia esercitatile all'interno di questo. Essa, peraltro, è esercitata dalla parte pubblica del rapporto sulla base di una valutazione del pubblico interesse e comunque per la cura di questo, onde l'atto relativo integra al tempo stesso l'esplicazione di una pubblica funzione, come tale rilevante anche all'esterno del rapporto pattizio con il titolare del servizio. Non solo, ma, alla stregua della normativa che la disciplina, di cui si dirà in seguito, far valere detta facoltà reca implicita la determinazione, pur espressamente consentita dalla legge, di derogare all'ordinario regime di scelta del contraente mediante procedura ad evidenza pubblica.

Secondo quieti principi giurisprudenziali, deve riconoscersi, allora, la legittimazione e l'interesse ad impugnare tale scelta in capo ad ogni altro soggetto che operi nel medesimo settore nel quale si svolge il rapporto in corso e che, quindi, potendo aspirare all'esecuzione della prestazione in esso dedotta, è titolare di un'aspettativa giuridicamente fondata al legittimo esercizio di quella scelta.

2. Così risolte le questioni preliminari, con conseguente reiezione anche dell'appello incidentale, può passarsi all'esame del merito della controversia.

Questa verte sulla legittimità del provvedimento (deliberazione consiliare n. 250 del 2 ottobre 2000) col quale il Comune appellato ha deciso di avvalersi del disposto di cui all'art. 52 D.Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77 (norma trasposta poi nell'art. 210 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267) affidando il servizio di tesoreria per altri cinque anni al titolare del rapporto instaurato nel 1995 ed ormai prossimo a scadenza.

Al riguardo va subito evidenziato che l'affidamento del servizio in questione (non essendo ancora entrato in vigore alla data dell'atto impugnato il testo unico n. 267 del 2000) trova la sua specifica disciplina nel citato art. 52 che così dispone: "L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i principi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto".

La disposizione, nel suo primo periodo, rimette alla potestà regolamentare del singolo Ente locale la concreta individuazione della procedura attraverso la quale l'affidamento deve avvenire, stabilendone, in ogni caso, la natura di evidenza pubblica e la caratteristica essenziale delle relative modalità ("che rispettino i principi della concorrenza"). Nel secondo periodo, essa prende in considerazione il rapporto già costituito e, in particolare, il contratto che lo regola, per ammetterne un solo rinnovo con lo stesso soggetto, quando sussistano le "condizioni di legge", in via di eccezione al regime ordinario sopra prescritto.

Per quanto qui interessa, l'unica esigenza di integrazione del quadro normativo è data, come si vede, dalla necessità di stabilire quali siano le ripetute "condizioni di legge".

In proposito, si ritiene di condividere l'orientamento espresso dal giudice di primo grado, che ha escluso possa costituire fonte idonea a tal fine il D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157, in particolare l'art. 7, comma 2. Si tratta, invero, di normativa che riguarda la diversa materia dell'aggiudicazione di pubblici servizi mediante trattativa privata e, ad ogni modo, appare decisivo il carattere di specialità che connota la regolamentazione del servizio pubblico di tesoreria.

Convince, invece, il ricorso all'art. 6 della L. 24 dicembre 1993 n. 537, il quale concerne proprio i "contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione".

Di questi la disposizione vieta il rinnovo tacito, sanzionandolo di nullità; ne consente, invece, quello espresso, sempre che "entro tre mesi dalla scadenza dei contratti" l'Amministrazione accerti e verifichi "la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione" e dia comunicazione al contraente della sua volontà di procedervi.

Sono condizioni generali alle quali, peraltro, occorre aggiungere quelle che, eventualmente, il particolare statuto dell'Amministrazione interessata dovesse imporre.

Nel caso in esame, trattandosi di Comune, vale a dire di Ente dotato di uno speciale statuto di autonomia costituzionalmente garantito, di cui costituisce espressione saliente la particolare potestà regolamentare attribuita dalla legge, la ricerca va necessariamente estesa alle norme che nell'esercizio di tale potestà l'Ente si sia dato in materia di contratti. E l'apposito regolamento del Comune appellato, nel suo art. 63, dispone che il rinnovo sia espressamente previsto nel contratto originario (1° c.) e ne limita la durata ad un periodo di tre anni.

Così ricostruito il complesso dei presupposti in presenza dei quali soltanto la rinnovazione del contratto in questione può ritenersi legittima, si rivelano fondate le censure con cui l'appellante ne lamenta la mancanza, non essendo controverso che la facoltà di procedere al rinnovo non era prevista nell'originario contratto di tesoreria, che essa sia stata esercitata a meno di tre mesi dalla conclusione del rapporto, estendendo la durata di questo per un ulteriore quinquennio.

Per le considerazioni tutte che precedono, assorbita ogni altra doglianza, va accolto l'appello principale e respinto quello incidentale. Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dev'essere accolto il ricorso proposto in primo grado ed annullato il provvedimento con esso impugnato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello principale e respinge quello incidentale e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.

Compensa spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 ottobre 2001 con l'intervento dei Signori:

Alfonso Quaranta - Presidente

Per Giorgio Trovato - Consigliere

Giuseppe Farina - Consigliere

Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.

Filoreto D'Agostino - Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata il 7 febbraio 2002.

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