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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 15 febbraio 2002 n. 919 - Pres. Quaranta, Est. Trovato - Azienda ospedaliera Vito Fazzi (Avv. E. Spro) e La Cascina s.c.r.l. (Avv. G. Pellegrino) c. D.A.R.I.S. s.r.l. (avv. E. Sticchi Damiani) - (annulla T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. II, sentenza 9 marzo 2001, n.290).

Contratti della P.A. - Appalti di servizi - Bando - Dimostrazione della capacità economica, finanziaria e tecnica - Prescrizione che impone la dimostrazione da parte dei concorrenti di aver eseguito servizi identici - Legittimità.

Nelle gare per l'affidamento di appalti di pubblici servizi, alla stregua delle disposizioni dettate dagli artt. 13 e 14 del D.L.vo 17 marzo 1995, n. 157, deve ritenersi legittima la clausola del bando con la quale l'Amministrazione, allo scopo di ottenere la dimostrazione della capacità economica, finanziaria e tecnica dei partecipanti, limiti l'ammissione ai soli concorrenti che abbiano svolto servizi identici a quelli oggetto dell'appalto nei tre anni precedenti, anche per ciò che concerne la tipologia delle strutture destinatarie (1).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4237.

Ha osservato la Sez. V nella parte motiva della sentenza in rassegna che, in base all'art. 13 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (cfr. anche l'art. 31 della direttiva n. 92/50/CEE), le amministrazioni "precisano nel bando i documenti che i concorrenti devono presentare per dimostrare la propria capacità finanziaria ed economica". Tra questi, l'amministrazione può richiedere una dichiarazione che indichi "il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi identici a quello oggetto della gara realizzati negli ultimi tre anni".

Ai sensi del successivo art. 14 (cfr. art. 32 della citata direttiva), comma 1, lett. a) e comma 2, inoltre, la stazione appaltante può disporre nel bando o nella lettera invito che i concorrenti dimostrino le proprie capacità tecniche, in relazione all'oggetto della gara, con "l'elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi stessi; se trattasi di servizi prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse possono essere provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o degli enti medesimi". Il successivo comma 3 precisa che i requisiti tecnici "non possono eccedere l'oggetto dell'appalto".

Ora, secondo la Sez. V, è pur vero, che, alla stregua del quadro normativo comunitario (direttive n. 92/50/CEE, modificata dalla direttiva n. 97/52/CEE) e statale (d.lgs. n. 157/1995 e successive modifiche), i "servizi identici" sono i servizi cui si riferisce l'appalto e vanno individuati, tenendo conto degli allegati I e II al d.lgs. n. 157/1995; ma è altrettanto vero però che dal cennato quadro normativo non sembra emergere alcun divieto per le amministrazioni di richiedere nell'ambito di detti servizi una esperienza qualificata in un determinato settore, quale requisito anzitutto tecnico per lo svolgimento ottimale del servizio.

Tale potestà, quindi, non risulta esclusa da alcuna previsione, non può ritenersi estranea all'oggetto dell'appalto (ex art. 14 comma 3) e può pertanto essere esercitata sempre che detto esercizio sia giustificato da ragioni logiche.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con atto pubblicato l'1 giugno 2000, l'Azienda ospedaliera Vito Fazzi di Lecce bandì una pubblica gara per l'affidamento del servizio mensa degenti e personale, per il periodo di tre anni e per un importo annua di lire 3.800.000.000.

Per l'accesso alla gara veniva richiesto, a pena di esclusione, un fatturato globale dell'impresa e un importo relativo a servizi identici oggetto della gara, in strutture sanitarie publiche e private non inferiore a 10 miliardi, realizzato negli ultimi tre esercizi (1997/1998/1999) .

Relativamente a tale clausola, il bando era impugnato dalla società DARIS avanti al TAR Puglia, Lecce, con ricorso n.2249/2000, sull'assunto che la clausola stessa si poneva in contrasto con gli artt.13, 14 e 15 del d.lgs. 17 marzo 1995, n.157, che non consentirebbero di differenziare i servizi identici in relazione al soggetto destinatario. Ne conseguirebbe che illegittimamente il requisito era stato richiesto per un servizio di ristorazione (mensa) in strutture sanitarie, anziché per il servizio di ristorazione in genere indicato nell'allegato B del d.lgs. n.157/1995.

Successivamente la società DARIS notificava ulteriori motivi, sviluppando la tesi già accennata nel ricorso introduttivo, secondo la quale nelle predette disposizioni il riferimento ai destinatari del servizio riguarderebbe solo la prova delle capacità tecniche (art.14) e non anche la soglia minima di fatturato, riguardante le capacità economiche e finanziarie (art.13).

Si costituiva l'Azienda ospedaliera eccependo la tardività dei motivi aggiunti.

In seguito, la DARIS, con ricorso n.2815/2000 impugnava anche la delibera n. 735 in data 17 luglio 2000, con la quale il Direttore generale dell'Azienda aveva escluso dalla gara la società per carenza del fatturato, nonché la nota di comunicazione 25 luglio 2000, n.8960.

Erano dedotte le stesse censure, già fatte valere con il ricorso n.2249/2000.

Il TAR, riuniti i ricorsi, li accoglieva, con sentenza n.290/2001, che è stata appellata: :

A) con ricorso n. 2689/2001, dell'Azienda ospedaliera Vito Fazzi, notificato il 21 febbraio 2001 e depositato il 20 marzo 2001, contro il dispositivo, con riserva di motivi e ai fini della sospensiva e poi, dopo il deposito della sentenza, con motivi d'appello notificati il 13 aprile 2001 e diretti a contestare nel merito la sentenza impugnata;

B) con ricorso n. 5240/2001 proposto da La Cascina s.c.r.l. in proprio e quale legale rappresentante dell'A.T.I. costituita con la ditta Kemihospital (risultata aggiudicataria della gara), che ha dedotto:

- la improcedibilità dei ricorsi di primo grado per mancata impugnazione della aggiudicazione disposta in favore dell'ATI La Cascina;

- l'infondatezza dei ricorsi medesimi;

- l'inopponibilità della sentenza appellata all'ATI La Cascina, per avere la stessa stipulato con l'Azienda ospedaliera contratto d'appalto 13 luglio 2001, n.35/01 rep.

L'ATI La Cascina è intervenuta ad adiuvandum in relazione all'appello n. 2689/2001 dell'Azienda.

Si è costituita in relazione ad entrambi gli appelli la D.A.R.I.S. s.r.l., che ha svolto puntuali controdeduzioni e che da ultimo ha depositato copia di ricorso notificato al TAR Puglia contro l'aggiudicazione alla ATI La Cascina.

La DARIS, nel costituirsi in relazione all'appello n.2689/2001 notificato dall'Azienda contro il dispositivo, ha altresì eccepito la inammissibilità dell'appello medesimo, in quanto depositato oltre il termine dimidiato di 15 giorni ex art.23 bis comma 7 della legge 6 dicembre 1971, n.1034, come introdotto dall'art.4 della legge 21 luglio 2000, n.205.

La Sezione, con ordinanza n.2101, in data 3 aprile 2001, ha accolto la domanda cautelare proposta dalla Azienda e intesa ad ottenere la sospensione della esecuzione della sentenza appellata disattendendo la eccezione pregiudiziale di irricevibilità, sul rilievo che l'appello era fondato su una norma legislativa di recente applicazione e non estranea a dubbi interpretativi.

2.1. In effetti l'art.23 bis della legge n.1034/1971, al comma 7 prevede che il termine per la proposizione dell'appello è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza.

Aggiunge il comma 7 citato che la parte, al fine di ottenere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, può proporre appello nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione del dispositivo, con riserva dei motivi.

La norma non specifica se debba considerarsi dimezzato anche il termine per il deposito.

La ratio acceleratrice del giudizio di secondo grado, sottesa alla norma, induce a ritenere che anche tale termine debba essere dimezzato, rientrando d'altra parte il deposito nella fase processuale di "proposizione" del ricorso.

Il carente dato letterale della norma giustifica tuttavia il riconoscimento dell'errore scusabile, avuto riguardo al fatto che l'appello è stato proposto in epoca prossima all'entrata in vigore dell'art. 23 bis.

L'eccezione va quindi disattesa, anche a prescindere dall'approfondimento della rilevanza della questione nel giudizio di merito contestata dalla Azienda sul rilievo che la tardività del deposito dell'appello contro il dispositivo può precludere l'esame nel merito della domanda cautelare, ma non determina improcedibilità nel giudizio di merito attivato tempestivamente con i motivi di ricorso proposti dopo la pubblicazione della sentenza.

2.2. Infondata è l'eccezione di improcedibilità dei ricorsi in primo grado, sollevata dall'ATI La Cascina nel suo intervento ad adiuvandum in relazione all'appello n.2689/2001 dell'Azienda e nell'appello n. 5240/2001.

Sostiene l'ATI La Cascina che tale improcedibilità consegue alla mancata impugnativa dell'aggiudicazione definitiva dell'appalto e del contratto stipulato tra le odierne appellanti, in conseguenza di detta aggiudicazione.

La tesi va disattesa, in quanto la DARIS ha nel frattempo impugnato avanti al TAR anche l'aggiudicazione definitiva. Rispetto al giudizio così attivato quello odierno ha carattere pregiudiziale riguardando il bando di gara e la esclusione della DARIS, che si configurano come atti presupposti e comunque antecedenti alla aggiudicazione definitiva.

Va aggiunto che la DARIS ha in ogni caso un interesse a far valere l'illegittimità del bando e della esclusione, anche a prescindere dalla impugnativa dell'aggiudicazione definitiva, in particolare per i risvolti risarcitori che l'accertamento di tale illegittimità comporterebbe.

2.3. Nel merito gli appelli, da riunire in quanto diretti contro la stessa sentenza (art.335 c.p.c.), sono fondati.

Per indirizzo giurisprudenziale che la Sezione condivide (cfr.C.S.,V, 6 agosto 2001, n.4237), alla stregua delle disposizioni dettate dagli artt.13 e 14 del d.lgs. 17 marzo 1995, n.157, in tema di gare per l'affidamento di appalti per lo svolgimento di pubblici servizi, deve ritenersi legittima la clausola del bando con la quale l'Amministrazione, allo scopo di ottenere la dimostrazione della capacità economica, finanziaria e tecnica dei partecipanti, limiti l'ammissione ai soli concorrenti che abbiano svolto servizi identici, anche quanto alla tipologia delle strutture destinatarie, a quelli oggetto dell'appalto nei tre anni precedenti.

Invero, in base all'art.13 (cfr.art.31 della direttiva n.92/50/CEE), le amministrazioni "precisano nel bando i documenti che i concorrenti devono presentare per dimostrare la propria capacità finanziaria ed economica". Tra questi, l'amministrazione può richiedere una dichiarazione che indichi "il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi identici a quello oggetto della gara realizzati negli ultimi tre anni".

Per il successivo art.14 (cfr.art.32 della direttiva), comma 1, lett.a) e comma 2, inoltre la stazione appaltante può disporre nel bando o nella lettera invito che i concorrenti dimostrino le proprie capacità tecniche, in relazione all'oggetto della gara, con "l'elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi stessi; se trattasi di servizi prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse possono essere provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o degli enti medesimi". Il successivo comma 3 precisa che i requisiti tecnici "non possono eccedere l'oggetto dell'appalto".

Ora, è pur vero, che, come rilevato dal TAR con una puntuale ricostruzione del quadro normativo comunitario (direttive n.92/50/CEE, modificata dalla direttiva n.97/52/CEE) e statale (d.lgs. n.157/1995 e successive modifiche), i "servizi identici" sono i servizi cui si riferisce l'appalto e vanno individuati, tenendo conto degli allegati I e II al d.lgs. n.157/1995, che in particolare al n.17 (allegato II) contempla genericamente i "servizi alberghieri e di ristorazione".

E' altrettanto vero però che dal cennato quadro normativo non sembra emergere alcun divieto per le amministrazioni di richiedere nell'ambito di detti servizi una esperienza qualificata in un determinato settore, quale requisito anzitutto tecnico per lo svolgimento ottimale del servizio.

Tale potestà non risulta esclusa da alcuna previsione, non può ritenersi estranea all'oggetto dell'appalto (ex art.14 comma 3) e può essere quindi esercitata sempre che detto esercizio sia giustificato, come nella specie, da ragioni logiche.

In proposito va osservato che oggetto dell'appalto:

- è un servizio mensa non solo per i dipendenti ospedalieri ma anche per i degenti;

- per questi ultimi il servizio ha caratteristiche del tutto peculiari, essendo previsti nella sostanza una distribuzione dei pasti nei reparti di degenza e il confezionamento dei pasti secondo 35 differenti tipologie di dieta;

- sotto quest'ultimo profilo, la specialità del servizio è indirettamente confermata dall'art.59, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n.488 che impone la utilizzazione nelle diete ospedaliere "di prodotti biologici, tipici e tradizionali, nonchè di quelli a denominazione protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell'Istituto nazionale della nutrizione".

Appare quindi esente da vizi logici la scelta dell'Amministrazione di richiedere un'esperienza tecnica qualificata nel settore ospedaliero, con prescrizione che non risulta incompatibile con il d.lgs. n.157/1995.

D'altra parte la ditta DARIS non risulta avere svolto alcun servizio di ristorazione in strutture ospedaliere. Il che rende oggettivamente evidente, per quanto detto, la carenza tecnica nello specifico settore.

2.3. Restano assorbite ogni altra questione e in particolare la eccezione di inopponibilità della sentenza appellata all'ATI La Cascina, per avere la stessa stipulato con l'Azienda ospedaliera contratto d'appalto 13 luglio 2001, n.35/01 rep.

3. Per le ragioni che precedono gli appelli vanno accolti.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, riuniti gli appelli, li accoglie come da motivazione e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge i ricorsi n. 2269/2000 e n.2815/2000 proposti avanti al TAR Puglia, Sezione di Lecce dalla D.A.R.I.S. s.r.l.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 30 ottobre 2001 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, riunito in camera di consiglio con l'intervento dei signori:

Alfonso Quaranta Presidente

Pier Giorgio Trovato Consigliere estensore

Giuseppe Farina Consigliere

Corrado Allegretta Consigliere

Filoreto D'Agostino Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata il 15 febbraio 2002.

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