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n. 3-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 febbraio 2002 n. 1091 - Pres. Rosa, Est. Pinto - REGIONE LOMBARDIA (Avv.ti Gatto, Colombo, Ruggeri e Tedeschini) c. TARA UNO s.p.a. (già G.B.S. Italia s.p.a.) (Avv.ti Ribolzi, Invernizzi e Vaiano) - (annulla T.A.R. Lombardia, sez. III, sent. n. 1226 del 2000).

1. Commercio ed industria - Autorizzazione commerciale - Per grandi strutture di vendita - Determinazione preventiva dei criteri di rilascio - Da parte delle Regioni - Possibilità.

2. Commercio ed industria - Autorizzazione commerciale - Per grandi strutture di vendita - Determinazione preventiva dei criteri di rilascio - Da parte delle Regioni - Potere tecnico-discrezionale che compete in materia - Valutazione della compatibilità delle nuove strutture con la preesistente rete commerciale di vendita  - Necessità.

3. Commercio ed industria - Autorizzazione commerciale - Per grandi strutture di vendita - Determinazione preventiva dei criteri di rilascio - Da parte delle Regioni - Comporta un autolimite al potere tecnico-discrezionale molto ampio che compete alle Regioni - Esercizio di tale potere anche con riferimento ai beni non contingentati - Ammissibilità.

4. Commercio ed industria - Autorizzazione commerciale - Per grandi strutture di vendita - Criteri fissati in materia dalla Regione Lombardia - Legittimità - Diniego di rilascio di autorizzazione per esercizio di notevoli dimensioni che non corrisponde alla situazione di mercato - Legittimità.

1. In vista del migliore perseguimento dell'interesse pubblico ad esse affidato dal legislatore, le Regioni, in materia di grandi strutture di vendita, possono determinare in via preventiva, a tutto vantaggio della trasparenza e della imparzialità dell'azione amministrativa, i limiti per il rilascio di nuove autorizzazioni commerciali, al di là dei quali si produrrebbero effetti sfavorevoli (1).

2. In materia di rilascio di autorizzazioni commerciali per le grandi strutture di vendita al dettaglio (centri commerciali o ipermercati), la Giunta regionale gode di un particolare potere tecnico-discrezionale, in base al quale deve valutare gli interessi in conflitto, dovendo valutare la compatibilità di tali strutture con la preesistente rete commerciale di vendita e con effettive esigenza di razionalizzazione del mercato e dei relativi prezzi, al fine di stabilire se il rilascio del provvedimento autorizzativo sia conforme all'interesse pubblico (2).

3. I criteri adottati dalle Regione per decidere sulle domande di autorizzazioni commerciali per le grandi strutture di vendita, quindi, costituiscono espressione del potere di autolimitazione della elevata discrezionalità che compete alle Regioni stesse, anche per ciò che concerne i cosiddetti generi non contingentati.

4. I criteri adottati dalla Regione Lombardia in materia di autorizzazioni commerciali per le grandi strutture di vendita non sono né illogici, né contraddittori, né in contrasto con alcuna norma primaria. E' pertanto legittimo il provvedimento con il quale, in applicazione di tali criteri, è stato negato il rilascio di una nuova autorizzazione commerciale (nella specie era stato negato il rilascio di nulla osta all'apertura di un esercizio commerciale di complessivi 6.500 metri quadrati, che non era stato ritenuto compatibile con criteri dettati preventivamente dall'Amministrazione regionale).

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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 1998, n. 65, in Foro it. 1998, III, 157, in Foro amm. 1998, 49, ed in Il Cons. Stato 1998, I, 54 secondo cui «quando si tratta di definire le modalità d'impianto delle grandi strutture di vendita, è non solo ragionevole, ma pure doveroso sia individuare le superfici massime di vendita autorizzabili per i singoli bacini d'utenza sia disciplinare i possibili ampliamenti, all'evidente scopo di evitare squilibri nella rete distributiva generale, con negative conseguenze sul servizio reso ai consumatori»; v. anche Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2000, n. 5331, in Foro amm. 2000, f. 10.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 1996, n. 585, in Foro amm. 1996, 1553 ed in Il Cons. Stato 1996, I, 863, secondo cui in particolare «ai sensi dell'art. 27 comma 1, l. 11 giugno 1971 n. 426, il nullaosta per le grandi strutture di vendita al dettaglio (centri commerciali o ipermercati) spetta alla giunta regionale, la quale effettua una valutazione tecnico-discrezionale di tutti gli interessi in conflitto - con particolar riguardo all'eventuale compatibilità di tali strutture con la preesistente rete commerciale di vendita e con effettive esigenze di razionalizzazione del mercato e dei relativi prezzi -, previo parere della commissione di cui al precedente art. 17, la cui funzione è accertare, attraverso una congrua istruttoria in relazione ai predetti interessi confliggenti (riduzione dei prezzi, impatto negativo sui piccoli e medi esercizi, ecc.), se il rilascio del provvedimento autorizzativo sia o no giustificato da preminenti ragioni d'interesse pubblico».

 

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. per la Lombardia accoglieva il ricorso proposto dalla GBS Italia s.p.a. per l'annullamento della delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 42615 del 23 aprile 1999, nella parte in cui aveva negato il nulla osta all'apertura di un esercizio commerciale.

Osservava il Tribunale che la Regione avrebbe errato nell'esaminare le domande tenendo conto dei dati predisposti dagli uffici al fine della redazione del programma biennale di cui all'articolo 4 della legge regionale 24 dicembre 1997, n. 49, senza però che il predetto programma fosse stato approvato dal consiglio regionale.

Inoltre, secondo il T.A.R., dall'allegato A della deliberazione impugnata si ricaverebbe che la Regione avrebbe inteso coordinare l'applicazione dei principi contenuti nella legge regionale con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 114 del 1998, in violazione -così- dell'articolo 25, comma 5, del citato d. lgs. che imponeva di esaminare le domande ivi indicate secondo i criteri dettati nella previgente normativa. Infine, i criteri posti a fondamento degli atti regionali sembravano mirati a salvaguardare l'equilibrio tra domanda ed offerta in relazione allo specifico obiettivo di evitare un drastico e rapido ridimensionamento del comparto dei piccoli negozi. Ma tale criterio, secondo il primo giudice, doveva essere armonizzato con i fondamentali principi dettati nell'ordinamento in materia di rapporti economici.

Quindi, una valutazione negativa fondata su un semplice superamento di un prefissato coefficiente di riduzione dell'offerta esistente doveva considerarsi inammissibile. Né, in assenza di criteri programmatori dettati dal Consiglio regionale, la giunta avrebbe potuto autolimitare la propria discrezionalità senza compiere una nuova istruttoria specifica sulla singola domanda.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Regione Lombardia.

La società Tara Uno (già Gbs Italia) resisteva al gravame.

DIRITTO

L'appello è fondato.

Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, reca la riforma della disciplina del settore del commercio.

L'articolo 25, dedicato alla disciplina transitoria, dispone che "le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma secondo attestazione del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data".

Con la delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 42615 del 23 aprile 1999 si provvedeva a dare attuazione all'anzidetta disposizione, decidendo su tutte le domande già trasmesse alla giunta stessa.

La decisione veniva adottata, a seguito di parere della commissione regionale del commercio, sulla base dei criteri indicati nell'allegato A della delibera, predisposti dagli Uffici della Regione.

Il diniego di nulla osta impugnato in primo grado si fonda sul parere negativo della Commissione.

La valutazione negativa si fonda sul rilievo che il nulla osta era finalizzato all'apertura di un esercizio commerciale di complessivi 6.500 metri quadrati. Tale esercizio commerciale, in base ai criteri dettati dall'Amministrazione sarebbe "inammissibile" rispetto all'offerta.

Tale valutazione negativa effettuata dall'Amministrazione non può essere disattesa.

La Sezione non ritiene di doversi discostare dall'orientamento assunto in materia (Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 1996, n. 585).

In materia la Giunta regionale gode di un particolare potere tecnico-discrezionale, in base al quale deve valutare gli interessi in conflitto. In particolare, occorre valutare la compatibilità di tali strutture con la preesistente rete commerciale di vendita e con effettive esigenza di razionalizzazione del mercato e dei relativi prezzi, al fine di stabilire se il rilascio del provvedimento autorizzativo sia conforme all'interesse pubblico.

I criteri da essa utilizzati per decidere sulle domande costituiscono espressione del potere di autolimitazione della propria elevata discrezionalità.

Le scelte conclusive dell'Amministrazione scaturiscono da un quadro globale di valutazioni e si correlano ad obiettivi finali da conseguire nel particolare settore considerato, sicchè appare non solo ragionevole ma anche doveroso che, trattandosi di definire l'installazione delle grandi strutture di vendita, la cui presenza incide profondamente sull'assetto del mercato, la Regione abbia prefissato criteri che tengono conto anche dell'esigenza di evitare squilibri nella rete distributiva.

E tale esigenza - sembra appena il caso di precisare - riguarda anche i cosiddetti generi non contingentati.

Vale la pena di ribadire (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 1998, n. 65; sez. VI, 6 ottobre 2000, n. 5331) che, proprio in vista del migliore perseguimento dell'interesse pubblico ad esse affidato dal legislatore, le Regioni possono determinare, in via preventiva, a tutto vantaggio della trasparenza e della imparzialità dell'azione amministrativa, i limiti al di là dei quali si produrrebbero effetti sfavorevoli.

I criteri adottati dalla Regione non sono né illogici, né contraddittori, né in contrasto con alcuna norma primaria.

Il provvedimento di rigetto, che è conforme ai predetti criteri, è quindi da ritenersi immune dai vizi ravvisati dal primo giudice, la cui pronuncia, quindi, non può essere confermata.

In conclusione, l'appello va accolto. Per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere rigettato.

Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello. Per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 aprile 2001, con l'intervento dei signori

Salvatore Rosa Presidente

Pier Giorgio Trovato Consigliere

Corrado Allegretta Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Marco Pinto Consigliere estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Marco Pinto f.to Salvatore Rosa

IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi

Depositata il 25 febbraio 2002.

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