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Giurisprudenza
n. 4-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 10 aprile 2002 n. 1974 - Pres. Quaranta, Est. De Ioanna - Preatoni (Avv.ti Pandolfi e Romanelli) c. Comune di Garbagnate Milanese (Avv. Viviani) - (respinge l'appello e conferma con diversa motivazione T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 14 giugno 2001, n. 4333).

1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Avverso il silenzio della P.A. - Ex art. 2 L. n. 205/2000 - Sopravvenuto diniego esplicito - Motivi aggiunti - Ammissibilità - Condizioni - Osservanza del rito ordinario e notifica ai controinteressati - Necessità.

2. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Avverso il silenzio della P.A. - Ex art. 2 L. n. 205/2000 - Specialità del rito - Conversione nel rito ordinario - Nel caso di provvedimento sopravvenuto impugnato mediante motivi aggiunti - Possibilità - Presupposti e condizioni.

2. Edilizia ed urbanistica - Strumenti urbanistici generali - Vincoli a contenuto espropriativo - Sopravvenuta inefficacia - Attribuzione alle aree interessate della destinazione a verde agricolo - Da parte delle norme di attuazione - Indennizzo - Esclusione.

1. Allorchè sia stato proposto ricorso giurisdizionale contro il silenzio-rifiuto della P.A. secondo il rito speciale previsto dall'art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art. 2 L. 21 luglio 2000 n. 205, il provvedimento di diniego sopravvenuto nel corso del processo può essere ritualmente impugnato con ricorso per motivi aggiunti, ai sensi dell'art. 21 comma 1 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, come sostituito dall'art. 1 L. 21 luglio 2000 n. 205, purchè risultino rispettati termini e modalità previsti per il rito ordinario a garanzia di tutti i controinteressati (1).

2. Il rito speciale previsto dall'art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art. 2 L. 21 luglio 2000 n. 205, può infatti essere convertito in quello ordinario tutte le volte che, attraverso la proposizione di motivi aggiunti, si riporta nel thema decidendum un provvedimento che si pone in rapporto di connessione diretta, oggettiva e soggettiva, con il comportamento asseritamente omissivo della P.A. Il limite a tale conversione è costituito solo dalla rigorosa tutela dei diritti processuali posti a garanzia della difesa di tutti i soggetti controinteressati, rispetto alla pretesa fatta valere dal ricorrente (2).

3. La previsione contenuta nelle norme di attuazione di un strumento urbanistico (conforme peraltro all'art. 49, lett. a), della legge reg. Lombardia n. 51 del 1975) secondo cui la sopravvenuta inefficacia dei vincoli preordinati all'espropriazione o che comunque determinano l'inedificabilità previsti dallo strumento urbanistico stesso, comporta che le aree interessate assumano la destinazione d'uso prescritta per le zone agricole, non configura un vincolo espropriativo o di inedificabilità assoluta nel tempo; tale prescrizione, pertanto, non può essere assimilata ad una forma di vincolo, soggetta ad a indennizzo nonchè al termine di validità temporale di cui all'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 (3).

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(1-2) Ha osservato la Sez. V che l'unità della giurisdizione amministrativa tende a concentrare i poteri di cognizione del giudice intorno alla complessiva vicenda dei rapporti giuridici che tutelano un determinato interesse o bene della vita del soggetto privato nei confronti dell'azione della pubblica amministrazione.

In questa ottica, l'attivazione della tutela giurisdizionale attraverso il rito semplificato previsto per il silenzio della PA dall'art. 21 bis della legge n.1074 del 1971, così come introdotto dall'art.2 della legge n. 205 del 2000, tende comunque, in ultima analisi, alla determinazione, attraverso la via giudiziale, del giusto assetto dei rapporti controversi: e questo obiettivo di giustizia, ove non si configurino limitazioni dei diritti degli altri soggetti portatori di interessi in conflitto potenziale ed attuale con quello del ricorrente, può ben essere perseguito attraverso lo strumento generale della introduzione di motivi aggiunti, secondo lo schema disciplinato dall'art.1 della legge n. 205 del 2000.

V. in argomento in questa Rivista:

N. SAITTA, Ricorsi contro il silenzio della p.a.: quale silenzio?, pag. http://www.giustamm.it/articoli/saitta_silenziopa.htm

Id., Sette note sui motivi aggiunti, pag. http://www.giustamm.it/articoli/saitta_motiviaggiunti.htm

S. PELILLO, Il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, pag. http://www.giustamm.it/articoli/pelillo_silenziopa.htm

G. VIRGA, L'evoluzione dell'istituto del ricorso per motivi aggiunti (nota a TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. I, sentenza 15 maggio 2000 n. 922), pag. http://www.giustamm.it/tar1/tarcatania1_2000-922.htm#motivi

(3) Ha osservato la Sez. V che l'area in questione, per effetto della predetta prescrizione delle N.T.A., aveva assunto, a seguito del venir meno dell'efficacia dei vincoli e con una prospettiva temporalmente indeterminata, la configurazione d'uso prescritta per le zone agricole e rispetto a tale situazione: a) non si configurava a carico dell'area in questione alcun vincolo suscettibile di un ristoro di tipo indennitario; b) non si poneva alcun obbligo per l'Amministrazione comunale di attribuire a tale area una diversa destinazione.

L'ente locale, conseguentemente, non aveva alcun obbligo a provvedere in ordine ad una situazione che non configurava vincoli o limiti a carico del bene in oggetto che dovessero essere rimossi e comunque ristorati in via indennitaria.

 

 

FATTO

1. Con sentenza n.4333 del 13 giugno 2001, il TAR della Lombardia, sez. IIa, ha dichiarato non procedibile il ricorso in primo grado proposto da Preatoni Giuseppina contro il Comune di Garbagnate Milanese, per l'accertamento del silenzio rifiuto che si sarebbe formato sull'atto di diffida e messa in mora notificato dalla ricorrente al Comune predetto il 6 febbraio 2001.

2. Con tale atto, il Comune di Garbagnate Milanese veniva diffidato ad adottare una deliberazione che prevedesse l'inserimento dell'area di cui la Preatoni risulta comproprietaria, nel territorio comunale, in zona destinata all'edificazione; ed in via alternativa, a riconoscere e liquidare alla stessa ricorrente l'indennizzo stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n.179 del 1999, a partire dall'ultimo quinquennio e fino a quando fosse rimasto il vincolo che grava sull'immobile, vincolo ritenuto illegittimo.

3. Il ricorso in primo grado della Preatoni muove dalla considerazione che nel caso in questione sussista a carico del Comune un obbligo non derogabile a provvedere: la configurabilità di tale obbligo renderebbe operativo l'istituto del silenzio inadempimento e del silenzio rifiuto. Il giudice di primo grado, a prescindere dalle vicende giudiziarie che già avevano interessato l'area in questione con un precedente ricorso al TAR Lombardia, ha motivato la non procedibilità del ricorso in primo grado sulla base della verificata circostanza che in realtà il Comune di Garbagnate Milanese, con nota del 10 aprile 2001 del dirigente dell'area dei servizi al territorio, aveva dato risposta alla diffida della Preatoni, chiarendo che l'area in questione, ai sensi dell'art.11, terzo comma, delle Norme tecniche di attuazione del vigente PRG, a seguito della decadenza del vincolo già previsto dal PRG, ha assunto la destinazione d'uso prescritta per le zone agricole, destinazione tuttora in atto. L'inerzia, censurata nel ricorso in primo grado, sarebbe dunque cessata, con derivata non procedibilità per cessazione della materia del contendere.

Peraltro, la situazione giuridica dell'area di cui la ricorrente in primo grado è comproprietaria, aveva già formato oggetto di un precedente ricorso giurisdizionale, deciso con sentenza n.1024 del 2000, del TAR della Lombardia, sez. IIa. Con tale sentenza, in sostanza, era già stata accertata la piena legittimità della disciplina contenuta nell'art.11, terzo comma, delle NTA del PRG del Comune di Garbagnate Milanese.

Il giudice di primo grado, nella sentenza breve oggetto del presente appello, ha altresì ritenuto non potersi convertire in rito ordinario il ricorso speciale, ai sensi della legge n.205 del 2000, utilizzato dalla ricorrente per censurare il silenzio inadempimento dell'ente locale.

4. La sig.ra Preatoni ha proposto appello contro la sentenza breve in epigrafe. In via preliminare, l'appellante ha prospettato la violazione dell'art.1 della legge n.205 del 2000, nella parte relativa ai motivi aggiunti: in sostanza, il giudice di primo grado avrebbe interpretato in modo errato detto articolo 1, non consentendo, attraverso la proposizione di motivi aggiunti, di impugnare, in pendenza del ricorso speciale sul silenzio rifiuto dell'Amministrazione, la nota esplicita con la quale la stessa Amministrazione chiariva la sua posizione in ordine all'atto di diffida trasmesso dalla Preatoni. Il giudice di primo grado, secondo l'appellante, avrebbe dovuto convertire in rito ordinario la causa introdotta con la particolare procedura prevista per l'impugnazione del silenzio della PA, utilizzando la disposizione di cui al citato art.1 della legge n.205 del 2000, dove si stabilisce che tutti " i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti". Nel merito la Preatoni ripropone poi i motivi già svolti in primo grado, a sostegno della sua tesi secondo la quale il Comune erra nel ritenere che l'area di cui è comproprietaria possa essere ricondotta ad una forma di valida zonizzazione agricola.

5. Il Comune di Garbagnate Milanese, a sua volta, propone appello incidentale per l'annullamento della sentenza impugnata per carenza di interesse della ricorrente in primo grado, sia rispetto all'asserito silenzio rifiuto, sia rispetto ai motivi aggiunti.

6. L'appello è stato trattenuto per la decisione nell'udienza del 30 novembre 2001.

DIRITTO

1. La questione procedurale posta dall'appellante merita di essere esaminata con cura, trattandosi di un tema che investe un profilo attuativo della legge n.205 del 2000, particolarmente delicato, sia dal punto di vista della tutela dei diritti della difesa, sia dal punto di vista della salvaguardia degli obiettivi di celerità e di concentrazione dei giudizi, prioritari nell'architettura della legge in questione.

E' difficile negare che la legge n.205 è ispirata al criterio di fondo di ricondurre ad una più salda unità sistematica e procedurale il campo della giustizia amministrativa, con il dichiarato obiettivo di rendere più semplice, efficace e , dunque, reale, la tutela dei beni della vita messi in gioco dal rapporto tra cittadini e organizzazione dei poteri amministrativi. In questa ottica, la specialità del rito semplificato sul silenzio della PA può essere ricostruita come una variante nell'ambito del genus del processo amministrativo; variante che ha ragione di essere percorsa in modo distinto, fino a quando permangono tutte le condizioni che ne sorreggono il carattere di specialità.

Del resto correttamente l'appellante ricorda che anche prima della legge n.205 si era consolidata una linea giurisprudenziale che tendeva ad allargare la possibilità di presentare motivazioni aggiuntive allorchè si riferissero a provvedimenti ulteriori, rispetto a quelli oggetto del ricorso iniziale, a condizione che fossero a questi ultimi connessi in modo diretto ed immediato. L'ampiezza e la generalità della formulazione dell'art.1 della legge n.205 sono tali da far propendere per una linea di lettura della disposizione che valorizzi, nella maggior misura possibile, il principio di concentrazione dei processi sotteso a tale formulazione. Si tratta di rendere tecnicamente possibile la concentrazione dei processi in tutti quei casi nei quali procedimenti e provvedimenti diversi sono tuttavia soggettivamente ed oggettivamente connessi, nonché teleologicamente collegati da una comune finalità dell'azione amministrativa.

Il carattere speciale del rito può dunque essere risolto e convertito nella disciplina processuale generale tutte le volte che, attraverso la proposizione di motivi aggiunti, si riporta nel thema decidendum un provvedimento che si pone in rapporto di connessione diretta, oggettiva e soggettiva, con il comportamento asseritamente omissivo della PA. Il limite a tale conversione è costituito solo dalla rigorosa tutela dei diritti processuali posti a garanzia della difesa di tutti i soggetti controinteressati, rispetto alla pretesa fatta valere dal ricorrente.

L'unità della giurisdizione amministrativa tende a concentrare i poteri di cognizione del giudice intorno alla complessiva vicenda dei rapporti giuridici che tutelano un determinato interesse o bene della vita del soggetto privato nei confronti dell'azione della pubblica amministrazione. In questa ottica, l'attivazione della tutela giurisdizionale attraverso il rito semplificato previsto per il silenzio della PA dall'art. 21 bis della legge n.1074 del 1971, così come introdotto dall'art.2 della legge n.205 del 2000, tende comunque, in ultima analisi, alla determinazione, attraverso la via giudiziale, del giusto assetto dei rapporti controversi: e questo obiettivo di giustizia, ove non si configurino limitazioni dei diritti degli altri soggetti portatori di interessi in conflitto potenziale ed attuale con quello del ricorrente, può ben essere perseguito attraverso lo strumento generale della introduzione di motivi aggiunti, secondo lo schema disciplinato dal citato art.1 della legge n.205 del 2000.

In sostanza vi è una unità del potere di cognizione e di decisione del giudice amministrativo, speculare a quello del giudice ordinario, che rende possibile tale conversione del rito, tutte le volte che risultino rispettati i termini e le modalità previsti per il rito ordinario, a garanzia di difesa per tutti i soggetti contro interessati.

2. Nel caso in esame, tutti i termini e le modalità procedurali disciplinati per la introduzione di motivi aggiunti nel rito ordinario risultano rispettati. Non vi sono altri controinteressati che potrebbero essere in qualche modo limitati nei rispettivi diritti alla difesa in ragione di una tale conversione di rito. Queste considerazioni devono condurre all'accoglimento dell'appello nel suo primo motivo. La sentenza di primo grado deve dunque essere riformata, nella parte in cui il TAR non ha conosciuto dei motivi aggiunti, dichiarandoli improcedibili. Si può dunque procedere nella cognizione del merito del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti in primo grado ed integralmente riproposti in appello.

3. Tali motivi in sostanza ripropongono la questione della legittimità dell'art.11, terzo comma, delle NTA del PRG del Comune de quo; tale disposizione stabilisce che "ove le previsioni del piano regolatore, nella parte in cui incidono su beni determinati e assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportino l'inedificabilità, avessero a perdere efficacia in forza di disposizioni di legge, le aree interessate da dette previsioni assumeranno la destinazione d'uso prescritta per le zone agricole". Ora,a prescindere dalla considerazione che tale articolo non è stato a suo tempo impugnato e che la richiamata sentenza del TAR Lombardia n.1024 del 2000 aveva già conosciuto questo profilo, in via generale sembra comunque utile ribadire che la destinazione d'uso prescritta per le zone agricole non configura un vincolo espropriativo o di inedificabilità assoluta nel tempo: essa cioè presenta una efficacia temporale indeterminata e non può essere assimilata ad una forma di vincolo, soggetta al termine di validità temporale di cui all'art.2 della legge n.1187 del 1968. Dunque l'invocata sentenza della Corte Costituzionale non incide sulla situazione de qua, in quanto non si configura a carico dell'area in questione alcun vincolo suscettibile di un ristoro di tipo indennitario.

4. Poiché questa ricostruzione non è contestabile, si tratta di capire se si è legittimamente prodotta la situazione prevista dal citato art.11, terzo comma, delle NTA del PRG. Ora, come è stato riconosciuto nella sentenza n.161 del 2000, resa tra le stesse parti dal TAR della Lombardia, il richiamato art.11 delle NTA, si applica all'area di cui è comproprietaria la Preatoni a partire dal 7 maggio 1990, cioè dalla scadenza del vincolo imposto a questa area dal PRG del 1985. Alla scadenza di tale vincolo, la norma di legge che regola il caso in esame, è l'art.49, lett.a), della legge regionale n.51 del 1975: e si tratta di una disposizione il cui contenuto è sostanzialmente analogo a quello del più volte citato art.11 delle NTA. L'area in questione ha dunque in atto assunto, con una prospettiva temporalmente indeterminata, la configurazione d'uso prescritta per le zone agricole e rispetto a tale configurazione non si pone alcun obbligo per l'Amministrazione comunale di attribuire a tale area una diversa destinazione. E' questa la ragione giuridica , ben spiegata nella nota del Comune di Garbagnate Milanese del 10 aprile 2001, per cui nel caso in esame non si configura la situazione di silenzio rifiuto o silenzio inadempimento invocata dalla ricorrente in primo grado, utilizzando il rito speciale previsto dall'art.21 bis della legge n.1074 del 1971; in sostanza, l'ente locale non aveva alcun obbligo a provvedere in ordine ad una situazione che non configurava vincoli o limiti a carico del bene in oggetto che dovessero essere rimossi e comunque ristorati in via indennitaria.

5. Queste considerazioni in diritto conducono alla conclusione che l'appello, procedibile nel merito, con il rito ordinario, attraverso la cognizione dei motivi aggiunti, deve tuttavia essere respinto. Deve in conseguenza essere respinto anche il ricorso incidentale proposto dal Comune di Garbagnate Milanese. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge. Respinge altresì il ricorso incidentale proposto dal Comune di Garbagnate Milanese.

Spese di lite interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 30 novembre 2001, con la partecipazione di:

Alfonso Quaranta Presidente

Giuseppe Farina Consigliere

Corrado Allegretta Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Paolo De Ioanna Consigliere est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Paolo De Ioanna f.to Alfonso Quaranta

Depositata in cancelleria il 10 aprile 2002.

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