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Giurisprudenza
n. 7/8-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 21 giugno 2002 n. 3395 - Pres.ff. Buonvino, Est. Cerreto - Gatta (Avv.ti B. Caravita di Toritto, S. Nespor e G. Vitale) c. Ospedale Maggiore di Milano (Avv.ti E. Asti ed E. Romanelli) - (conferma T.A.R. Lombardia, sez. III, 12 novembre 1996, n. 1602).

1. Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Rinnovazione - A seguito di annullamento giurisdizionale del provvedimento disciplinare per difetto di motivazione - Rispetto del termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza - Ex art. 119, 1° comma, del T.U. imp. civ. Stato - Necessità - Fattispecie.

2. Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Estinzione - Per omesso rispetto del termine di 90 giorni tra un atto ed un altro - Ex art. 120 del T.U. imp. civ. Stato - Altri termini previsti per il procedimento disciplinare ed in particolare quello fissato per la trattazione orale - Hanno carattere non perentorio ma sollecitatorio.

3. Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Estinzione - Per omesso rispetto del termine di 90 giorni tra un atto ed un altro - Ex art. 120 del T.U. imp. civ. Stato - Interruzione del termine - Adozione di un atto, anche se meramente interno - Sufficienza.

1. Nel caso in cui il provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico sia stato annullato in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, l'Amministrazione può rinnovare il relativo procedimento ai sensi dell'art. 119, 1° comma, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; alla stregua di quest'ultima norma, l'inizio della rinnovazione del procedimento disciplinare, a partire dal primo degli atti annullati, deve avvenire a pena di decadenza entro 30 giorni dalla notificazione, a cura del dipendente, della sentenza all'Amministrazione (1).

2. Una volta tempestivamente iniziato il procedimento disciplinare, al fine di impedirne l'estinzione, per superamento del termine perentorio di 90 giorni di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3/1957, è sufficiente che tra i vari atti del procedimento non intercorra un periodo di tempo superiore a tale periodo di tempo (2), dal momento che gli altri termini previsti per la prosecuzione del procedimento disciplinare, tra cui anche quello fissato per la trattazione orale (entro trenta giorni dalla scadenza dei venti giorni assegnati al dipendente per la visione del fascicolo ai sensi dell'art. 111 D.P.R. n. 3/1957) hanno carattere sollecitatorio (3).

3. Il termine perentorio di 90 giorni di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3/1957 si interrompe ogni qualvolta, prima della scadenza, venga adottato un atto, anche interno, proprio del procedimento disciplinare (4).

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(1) Alla stregua del principio nella specie la rinnovazione del procedimento disciplinare è stata ritenuta tempestiva, atteso che, dopo la comunicazione della sentenza che aveva annullato il provvedimento di destituzione del dipendente per difetto di motivazione, era stata adottata entro il prescritto termine di 30 giorni una ordinanza presidenziale d'urgenza (poi ratificata con delibera del Consiglio di Amministrazione) con la quale gli atti erano stati rimessi alla Commissione di disciplina per una più approfondita e puntuale valutazione degli addebiti contestati al dipendente.

Ha aggiunto la Sez. V che era irrilevante nella specie la circostanza che la ratifica fosse stata adottata dopo il termine di 30 giorni, atteso che, per principio generale, la ratifica di un atto, una volta intervenuta, ha effetto ex tunc (v. Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1998, n. 1027, in Foro amm. 1998, 2068, che ha affermato altresì il principio secondo il quale "il provvedimento, con cui l'organo competente decide di ratificare e di far propria la statuizione assunta da un organo incompetente, deve necessariamente contenere: a) la precisa menzione dell'atto che intende sanare; b) l'esatta indicazione del vizio d'incompetenza relativa che lo inficia; c) il c.d. animus confitendi, ossia la chiara ed univoca volizione d'eliminare detto vizio").

Irrilevante è stata altresì ritenuta la circostanza che la trasmissione degli atti alla Commissione di disciplina era poi avvenuta in data successiva e che la comunicazione di inizio del nuovo procedimento, era stata recapitata al dipendente ancor dopo, in quanto si trattava di adempimenti meramente esecutivi rispetto alla determinazione di rinnovare il procedimento, avvenuta nei 30 giorni prescritti.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° dicembre 1993, n. 1226, in Foro amm. 1993, f. 11-12 ed in Il Cons. Stato 1993, I, 1602.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 maggio 1977, n. 500.

(4) V. per tutte Cons. Stato, Ad. Plen, 26 giugno 2000, n. 15, in Foro it. 2000, III, 489, in Foro amm. 2000, 2081 ed in Riv. amm. R. It. 2000, 876.

V. in argomento in questa Rivista:

CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza 28 maggio 1999 n. 197.

CORTE COSTITUZIONALE - Sent. 12-27 luglio 2000 n. 375.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sent. 2 agosto 2000 n. 3102, con commento di A. BIAMONTE, La natura del termine previsto per la durata del procedimento disciplinare.

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I - Sentenza 5 marzo 2001 n. 1012, con nota di A. BIAMONTE.

R. NOBILE, L'interferenza fra procedura disciplinare e processo penale: la sentenza assolutoria, la sentenza di condanna e la sentenza di patteggiamento.

 

FATTO

1.Il Sig Gatta, con l'appello in epigrafe, ha fatto presente che era stato assunto dall'Ospedale Maggiore di Milano prima quale aiutante avventizio, in data 7.1.1970, e poi di ruolo dal 2.1.1976 con mansioni di perito tecnico di laboratorio; che con lettere del 31.3.1977, 10.6.1977, 27.6.1977, 11.7.1977, 17.8.1977, 6.10.1977, 30.11.1977 e 14.3.1978 gli erano state comunicate da parte dell'Ospedale innumerevoli infrazioni disciplinari, collegate alle azioni sindacali all'epoca in corso con partecipazione di un gran numero di dipendenti; che ne era seguito un procedimento disciplinare avanti alla Commissione di disciplina conclusosi nella seduta del 10.11.1978, al termine della quale, ritenuti comprovati alcuni degli addebiti ed in considerazione della gravità di due di essi, veniva proposta a suo carico la sanzione della destituzione, poi irrogata con la delibera 10.11.1978 n.973; che avverso detta delibera aveva proposto ricorso al TAR Lombardia, che lo aveva respinto con sentenza n.567 del 5.7.1985; che presentato appello al Consiglio di Stato, la sez.V lo aveva accolto con decisione n.195 del 30.3.1994 (notificata all'Ospedale dalla Segreteria del Consiglio di Stato in data 13.4.1994), con annullamento della delibera n.973/78; che il Presidente dell'Ospedale aveva adottato in data 10.5.1994 ordinanza presidenziale d'urgenza (poi ratificata con deliberazione n.944 del 18.5.1994) con la quale, rilevato che nella motivazione della sentenza del Consiglio di Stato erano fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Autorità amministrativa, aveva ritenuto di rinnovare il procedimento disciplinare, rimettendo gli atti alla Commissione di disciplina per una più approfondita e puntuale valutazione degli addebiti contestati al dipendente; che di ciò veniva dato comunicazione all'interessato con lettere del 10.5.1994 e 25.6.1994 ed il 26.5.1994 gli atti venivano trasmessi alla commissione di disciplina; che con nota del 30.5.1994 gli veniva data comunicazione del procedimento ai sensi dell'art. 228 del Regolamento organico dell'Ospedale, con facoltà di prendere visione degli atti; che con lettera del 15.6.1994 aveva chiesto di essere reintegrato in servizio in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, contestando l'ammissibilità e la legittimità del nuovo procedimento disciplinare; che la Commissione di disciplina, con nota del 30.6.1994, gli aveva comunicato che il decorso dei termini doveva ritenersi sospeso, in applicazione analogica dell'art.1 L.n.742/1969, per il periodo 1 agosto-15 settembre; che poi, con lettera del 15.7.1994, era stata fissata la trattazione del procedimento disciplinare per il 26.9.1994, data poi spostata al 29.9.1994; che la Commissione di disciplina si era riunita nei giorni 29.9.1994, 3.10.1994 e 16.1.1995 e quindi il Commissario straordinario dell'Ospedale con deliberazione del 4.4.1995, comunicata con nota del 10.4.1995, gli aveva comminato la destituzione dal servizio con effetto dal 10.11.1978, in relazione agli addebiti di cui alle contestazioni del 31.3.1977, 6.10.1977 e 30.11.1977; che, adito nuovamente il TAR Lombardia, il ricorso veniva respinto con sentenza n. 1602/96, per cui aveva proposto il presente appello.

Ha quindi riproposto le censure di primo grado, deducendo quanto segue:

1.violazione art. 119 D.P.R. n.3/1957 ed art. 235 Regolamento organico , in quanto la rinnovazione del procedimento non aveva riguardato solo il primo degli atti annullati , che era il provvedimento di destituzione, ed inoltre, essendo stata comunicata la sentenza del Consiglio di Stato all'Ospedale il 13.4.1994, la rinnovazione non era avvenuta entro i trenta giorni successivi ma quasi un anno dopo, essendo intervenuto il nuovo provvedimento di destituzione il 4.4.1995; né poteva seguirsi il giudice di 1° grado nel ritenere che l'annullamento avesse investito anche il parere della commissione di disciplina; che del resto la stessa Commissione di disciplina, nella seduta del 16.1.1995, aveva espresso l'opinione che il Consiglio di Stato aveva annullato unicamente la deliberazione di destituzione n.973/1978; che peraltro il termine di 30 giorni era stato in ogni caso superato, in quanto la trasmissione degli atti alla Commissione di disciplina era avvenuta in data 26.5.1994 e perfino la comunicazione di inizio del nuovo procedimento, datata 10.5.1994, gli era stata recapitata successivamente al 13.5.1994;

2.illegittimità del procedimento e del provvedimento disciplinare per superamento dei termini di legge e regolamentari per violazione artt. 111 e 120 D.P.R. n.3/1957 ed artt. 228 e 236 del Regolamento organico; estinzione del procedimento disciplinare e conseguente illegittimità del provvedimento di destituzione; in quanto la trattazione orale non era avvenuta entro trenta giorni dalla scadenza dei venti giorni assegnati al dipendente per prendere visione degli atti ed estrarne copia, essendosi essa svolta il 29.9.1994 e cioè circa due mesi dopo il termine previsto; che di ciò era consapevole la stessa Commissione di disciplina, la quale con nota del 30.6.1994 gli aveva comunicato la sospensione dei termini procedimentali in applicazione analogica dell'art. 1 L.n.742/1969, ma tale nota doveva ritenersi irrilevante in quanto la sospensione è applicabile solo ai termini processuali dei procedimenti giurisdizionali; che il TAR, per escludere l'estinzione del procedimento, aveva rilevato che dopo l'audizione del dipendente, avvenuta il 26.9.1994, la Commissione di disciplina si era riunita il 3.10.1994, chiedendo di avvalersi di un esperto esterno, ma poi l'Amministrazione aveva deciso di non accogliere tale richiesta e quindi la Commissione si era pronunciata il 16.1.1995; che le argomentazioni del TAR erano prive di fondamento in quanto, a parte che l'estinzione già era avvenuta il 22.7.1994, la richiesta della commissione di avvalersi di un esperto non poteva avere effetto interruttivo in quanto non rientrava tra gli atti del procedimento disciplinare, per cui tra il 26.9.1994 ed il 16.1.1995, le due date considerate dal TAR, era trascorso un intervallo di tempo superiore ai prescritti 90 giorni; che comunque dopo l'audizione del dipendente avvenuta il 26.9.1994 (recte:29.9.1994) non era stata svolta atra attività fino al 4.4.1995;

3.violazione del giudicato e inottemperanza alle statuizioni della sentenza n.195/1994 ed eccesso di potere per sviamento, in quanto in base a detta sentenza non poteva essere reiterato il provvedimento di destituzione e comunque non poteva operarsi la rivalutazione di tutti gli addebiti di cui alle note del 31.3.1977, 6.10.1977 e 30.11.1977; che inoltre le due specifiche contestazioni (aver percorso le corsie di degenza il 12.10.1977 ed aver effettuato la registrazione di campioni in modo non conforme alle prescrizioni) erano state illegittimamente rielaborate dal Commissario straordinario dell'Ospedale;

4.violazione delle norme sulla ricusazione (art.150 del Regolamento ) e illegittima composizione della commissione di disciplina per incompatibilità di un suo membro, in quanto della Commissione di disciplina era stato chiamato a far parte il Prof. Marangoni, che nelle fasi preliminari del procedimento lo aveva ritenuto responsabile ed aveva sollecitato l'adozione di provvedimenti disciplinari a carico dell'istante; nè poteva condividersi la statuizione del TAR in ordine all'inammissibilità di detta censura in quanto su di essa non si era formato alcun giudicato e comunque vi era stata la rinnovazione della procedura;

5.violazione artt. 114 D.P.R. n.3/57 e 231 del Regolamento in quanto l'Amministrazione si era discostata dal parere della Commissione di disciplina, che si era espressa per la non rinnovabilità della destituzione;

6.eccesso di potere per sviamento per il carattere antisindacale del provvedimento e disparità di trattamento, in quanto all'epoca dei fatti contestati il dipendente era membro e segretario dell'Esecutivo del consiglio dei delegati e d'altra parte vi era stata anche disparità di trattamento in quanto nei confronti di altri dipendenti non era stato assunto alcun provvedimento e sussisteva anche sproporzione fra le pretese violazioni e la sanzione inflitta;

7.eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà, travisamento, difetto dei presupposti e violazione dell'art. 238 del Regolamento, atteso che il nuovo provvedimento di destituzione era carente di motivazione sia sulla prova dei fatti addebitati, sia sulla non accoglibilità delle argomentazioni difensive del dipendente, né la motivazione poteva desumersi dalla proposta della Commissione di disciplina che a sua volta non era motivata, tanto più che non era stato tenuto conto dell'assoluzione del dipendente, per non aver commesso il fatto, pronunciata dal Tribunale di Milano, sez. 4°, con sentenza n.2335/1978 in relazione all'imputazione connessa ala partecipazione all'episodio del 12.10.1997.

L'Ospedale intimato, costituitosi in giudizio, ha rilevato che il dipendente aveva proposto al Consiglio Stato sia ricorso per esecuzione del giudicato, dichiarato inammissibile con sentenza della sez. V n.240/96, sia il presente appello, che era infondato sulla base di quanto ritenuto dal giudice di 1° grado.

Alla pubblica udienza del 15.1.2002, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

1.Il TAR Lombardia, Sez. 3°, con la sentenza n.1062/1996, ha respinto il ricorso proposto dal Sig. Gatta avverso la delibera n. 511 del 4.4.1995, con la quale il Commissario straordinario dell'Ospedale Maggiore di Milano aveva disposto la destituzione del dipendente con effetto dal 10.11.1978, a seguito della rinnovazione del procedimento disciplinare.

Avverso detta sentenza ha proposto appello l'interessato.

2. L'appello è infondato.

2.1. La rinnovazione del procedimento disciplinare è avvenuta per effetto della decisione di questa Sezione n.195/1994, che aveva annullato l'originario provvedimento di destituzione n.973/1978 per difetto di motivazione ( sia in quanto non si evinceva la particolare gravità dei due episodi posti a base della misura espulsiva, sia in quanto non erano state indicate le specifiche ragioni che avevano indotto l'Amministrazione a scegliere detta misura), facendo salva l'adozione di ulteriori provvedimenti ai sensi dell'art. 119, 1° comma, D.P.R. 10.1.1957 n.3 .

Detto art. 119 (come del resto l'art. 235 del Regolamento organico dell'Ospedale) prevede che l'inizio della rinnovazione del procedimento disciplinare, a partire dal primo degli atti annullati, debba avvenire a pena di decadenza entro 30 giorni dalla notificazione, a cura del dipendente, della sentenza all'Amministrazione (dovere di attivazione che sussiste anche nel caso in cui la sentenza sia comunicata, nelle forme di rito, sulla base della menzionata disposizione regolamentare).

Nella specie l'inizio del nuovo procedimento è avvenuto senz'altro nel prescritto termine di 30 giorni in quanto, essendo pervenuta la comunicazione della sentenza il 13.4.1994, in data 11.5.1994 è stata adottata ordinanza presidenziale d'urgenza (poi ratificata con delibera del Consiglio di Amministrazione del 18 successivo) di rimessione degli atti alla Commissione di disciplina per una più approfondita e puntuale valutazione degli addebiti contestati al dipendente. Invero la ratifica di un atto, una volta intervenuta, ha effetto ex tunc (V. la decisione di questa Sezione n.1027 dell'8.7.1998).

Irrilevante è poi la circostanza che la trasmissione degli atti alla Commissione di disciplina sia avvenuta in data 26.5.1994 e che la comunicazione di inizio del nuovo procedimento, datata 10.5.1994, sia stata recapitata al dipendente successivamente al 13.5.1994, in quanto si tratta di adempimenti meramente esecutivi rispetto alla determinazione di rinnovare il procedimento, avvenuta nei 30 giorni prescritti.

Né può ritenersi illegittima la decisione dell'Amministrazione di rimettere l'affare alla Commissione di disciplina, in quanto essendo intervenuto l'annullamento giurisdizionale del provvedimento di destituzione del 1978 per difetto di motivazione, tale annullamento ha indubbiamente investito anche la proposta della Commissione di disciplina, che fornisce normalmente la base motivazionale del provvedimento finale, ai sensi dell'art. 114 D.P.R. n.3/1957.

2.2. Infondata è anche la dedotta illegittimità del procedimento e del provvedimento disciplinare per superamento dei termini prescritti.

Una volta tempestivamente iniziato il procedimento disciplinare, al fine di impedirne l'estinzione, per superamento del termine perentorio di 90 giorni di cui all'art. 120 D.P.R. n.3/1957, è sufficiente che tra i vari atti del procedimento non intercorra un periodo di tempo superiore a tale periodo di tempo (V. la decisione di questa Sezione n.1226 del del 1°.12.1993), dal momento che gli altri termini previsti per la prosecuzione del procedimento disciplinare, tra cui anche quello fissato per la trattazione orale (entro trenta giorni dalla scadenza dei venti giorni assegnati al dipendente per la visione del fascicolo ai sensi dell'art. 111 D.P.R. n.3/1957) hanno carattere sollecitatorio ( V. la decisione di questo consiglio, sez. IV, n. 500 del 27.5.1977).

Di conseguenza il procedimento in questione non poteva ritenersi estinto il 22.7.1994, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante.

Neppure è trascorso tra i vari atti del procedimento un lasso di tempo superiore ai 90 giorni.

Al riguardo il Collegio non ha motivi per discostarsi dall'orientamento consolidato di questo Consiglio, in base al quale il termine perentorio di 90 giorni si interrompe ogni qualvolta, prima della scadenza, venga adottato un atto, anche interno, proprio del procedimento disciplinare (V. A.P. n.15 del 26.6.2000).

Con nota del 30.5. 1994, il Presidente della commissione di disciplina ha comunicato all'interessato di poter prendere visione degli atti, entro venti giorni dal ricevimento di detta nota.

Con nota del 17.7.1994, il Segretario della commissione ha comunicato al medesimo che la trattazione orale era fissata per il 26.9.1994 (poi spostata al 29.9.1994).

Per cui, tra i due atti (entrambi previsti nel procedimento disciplinare) è senz'altro trascorso un periodo inferiore ai 90 giorni, anche senza considerare la nota del 30.6.1994, con la quale gli era stata comunicata la sospensione del procedimento in applicazione analogica dell'art. 1 L.n.742/1969, poi in effetti non attuata; donde l'inconsistenza e oggettiva irrilevanza del profilo di doglianza con il quale viene dedotta l'inapplicabilità al procedimento disciplinare della sospensione feriale di cui alla stessa legge n. 742/1969.

Inoltre,la tesi dell'appellante, secondo cui tra le due date considerate dalla sentenza appellata (26.9.1994 e 16.1.1995) non sarebbe stato compiuto alcun atto rilevante per l'interruzione del termine di 90 giorni, è smentita dalla documentazione prodotta dallo stesso dipendente presso il TAR Lombardia in data 6.7.1995 in quanto da essa risulta che con nota del 6.12.1994 il Segretario della commissione di disciplina lo aveva avvisato della riunione della Commissione fissata per il giorno 2.1.1995 (e poi spostata al 16 successivo) per la trattazione orale. Tale comunicazione rientra senz'altro tra gli atti del procedimento disciplinare in quanto espressamente contemplata dall'art. 111, ultimo comma, D.P.R. n.3/1957.

2.3.Priva di pregio è anche la dedotta violazione del giudicato e inottemperanza alle statuizioni della sentenza n.195/1994 ed eccesso di potere per sviamento.

Innanzitutto nella specie deve escludersi l'elusione del giudicato di cui alla decisione di questa Sezione n.195/95, che espressamente aveva previsto la rinnovazione del procedimento disciplinare, come del resto già ritenuto da questa Sezione con sentenza n.240/96, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per esecuzione del giudicato proposto dallo stesso dipendente.

Inoltre, potendosi procedere alla rinnovazione del procedimento, sia pure nei limiti del precedente giudicato, non vi era alcuna preclusione in ordine agli addebiti da rivalutare ed in particolare a quelli di cui alle note del 31.3.1977, 6.10.1977 e 30.11.1977, che sono stati espressamente ripresi in esame nel nuovo provvedimento di destituzione e che già erano stati ritenuti comprovati dalla Commissione di disciplina nella seduta del 10.11.1978, anche se poi si era in concreto soffermata sulla particolare gravità di due soli episodi (aver percorso alla testa di altri colleghi le corsie di degenza il 12.10.1977 facendo uso del megafono ed aver effettuato la registrazione di campioni in modo non conforme alle prescrizioni in modo da ingenerare errori e confusione negli ulteriori accertamenti diagnostici).

2.4 Non può condividersi neppure la dedotta violazione delle norme sulla ricusazione (art.150 del Regolamento) e l'illegittimità della composizione della commissione di disciplina per incompatibilità di un suo membro, per essere stato chiamato a far parte della commissione il Prof. Marangoni.

Trattasi di aspetti relativi alla composizione della commissione di disciplina riguardanti l'originario procedimento disciplinare del 1978 (la commissione di disciplina del 1994 non aveva tra i suoi membri il prof. Marangoni), che non sono stati toccati dalla decisione di questa Sezione n.194/95 per cui, come correttamente evidenziato dal TAR, la questione non può essere riesaminata nel presente giudizio.

2.5.Né può condividersi la censura con la quale si sostiene che l'Amministrazione si sarebbe discostata dall'indicazione della Commissione di disciplina espressasi per la non rinnovabilità del provvedimento di destituzione, in quanto una proposta del genere non risulta dal verbale del 16.1.1995, come riportato nelle premesse della delibera n.511/95, avendo piuttosto precisato la Commissione di non avere elementi integrativi di giudizio rispetto a quanto già effettuato dalla precedente Commissione nel 1978.

2.6.Il lamentato carattere antisindacale del provvedimento di destituzione non è fornito di sufficienti elementi di prova, atteso che la mera appartenenza dell'interessato all'esecutivo del Consiglio dei delegati non appare di per sé elemento probante.

Neppure la circostanza che vi siano state numerose contestazioni di addebiti a carico del dipendente può far presumere un intento antisindacale, atteso che la stessa Commissione di disciplina nella seduta del 1978 ha ritenuto provati alcuni fatti e non provati altri (di cui alle note del 27.6.1977 e 14.3.1978).

L'asserita disparità di trattamento è poi inammissibile per genericità, non avendo l'interessato fornito elementi concreti per consentire al Collegio di procedere al confronto con i casi che avrebbero ricevuto una più benevola considerazione da parte dell'Ospedale.

2.7.Infine, non può accogliersi la censura di difetto di motivazione.

Il contenuto nuovo dell'attuale provvedimento di destituzione, rispetto a quello del 1978, consiste nel fatto che la sanzione espulsiva è stata fondata non tanto su singoli episodi già ascritti al dipendente in relazione all'originario procedimento quanto piuttosto sull'insieme delle infrazioni commesse (di cui alle note del 31.3.1977, 6.10.1977 e 30.11.1977) ed unitariamente considerate con conseguente sussunzione degli addebiti nelle previsioni di cui alle lettere a), b), d), g) f) ed h) dell'art. 84 D.P.R. n.3/1957 (quest'ultima in relazione all'art. 81 lett. e), per le ragioni ivi indicate.

Né occorreva fornire una specifica prova in ordine agli addebiti posti a base del provvedimento di destituzione, in quanto quelli di cui alle note del 31.3.1977, 6.10.1977 e 30.11.1977 erano già stati ritenuti comprovati dalla Commissione di disciplina del 1978 e su tale aspetto non aveva inciso la decisione di questa Sezione n.195/94.

Non rileva poi l'assoluzione del dipendente dai reati di turbativa di pubblico servizio e di oltraggio aggravato per non aver commesso il fatto, di cui alla sentenza del Tribunale penale di Milano n.2335/78, in quanto questa concerne l'aspetto penalistico della vicenda, che non ha disconosciuto la partecipazione del dipendente al corteo svoltosi nelle corsie di degenza dell'Ospedale il 12.10.1977. I riflessi di detta sentenza penale sugli addebiti a carico del dipendente peraltro erano stati già valutati dalla Commissione di disciplina nella riunione del 10.11.1978, per cui la doglianza per essere concreta e puntuale doveva tener conto di tale aspetto, che invece non è stato considerato dall'appellante.

3.Per quanto considerato, l'appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V)

Respinge l'appello indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.1.2002 con l'intervento dei Signori:

Paolo Buonvino ....-Presidente f.f.

Goffredo Zaccardi.....-Consigliere

Francesco D'Ottavi.......-Consigliere

Claudio Marchitiello ....Consigliere

Aniello Cerreto.....Consigliere rel. est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

F.to Aniello Cerreto F.to Paolo Buonvino

Deposiitata in data 26 giugno 2002.

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