CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza
5 settembre 2002 n. 4483 - Pres. Giovannini, Est. Maruotti - I.N.P.S (Avv.ti Zicavo e Collina) c. s.r.l. Idrocalor Adriatica (Avv. Scudieri) - (riforma T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sent. n. 474 del 1996).Contratti della P.A. - Gara - Dichiarazioni - Dichiarazione sostitutiva - Resa dal legale rappresentante di una società - Attestante l'assenza di condanne penali - Nel caso in cui, tramite apposita certificazione, detta dichiarazione risulti non veritiera - Esclusione dalla gara per difetto del requisito della moralità - Va disposta.
Va esclusa da una gara di appalto una società il cui rappresentante legale - avvalendosi delle disposizioni della legge n. 15 del 1968 - abbia attestato con apposita dichiarazione resa sotto la propria responsabilità che, nei suoi confronti, non era stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla propria moralità professionale o per delitti finanziari, allorché la commissione di gara abbia poi accertato, tramite il certificato rilasciato dalla cancelleria della procura della Repubblica, che con decreto penale divenuto esecutivo, il predetto legale rappresentante era stato condannato per un reato (nella specie, di emissione di assegni a vuoto). In tale ipotesi, infatti, l'affermazione non corrispondente al vero nella dichiarazione sostitutiva è tale da fare ritenere non sussistente il requisito della moralità professionale e giustifica l'estromissione dalla gara della società (1).
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(1) Come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, nella specie la lettera d'invito prevedeva che le imprese partecipanti dovevano presentare, tra i vari documenti richiesti, anche il certificato del casellario giudiziale del loro legale rappresentante.
Il legale rappresentante della società appellata - avvalendosi delle disposizioni della legge n. 15 del 1968 - aveva attestato "sotto la propria responsabilità" che, nei suoi confronti, non era stata pronunciata "una condanna con sentenza passata in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla propria moralità professionale o per delitti finanziari".
Dalla lettura del certificato rilasciato dalla cancelleria della procura della Repubblica presso il tribunale di Teramo, tuttavia, la commissione di gara aveva invece constatato che con decreto del pretore di Pescara, divenuto esecutivo il 20 aprile 1991, lo stesso legale rappresentante era stato condannato per il reato di emissione di assegni a vuoto.
La Sez. V ha ritenuto legittima l'esclusione della società in questione, atteso che la commissione di gara aveva constatato come l'affermazione non corrispondente al vero - contenuta nella 'dichiarazione di responsabilità' - fosse tale da non ritenere sussistente il requisito della moralità professionale, considerato dalla lettera di invito quale requisito di partecipazione. Con una motivazione sintetica, ma chiara, e di per sé espressione di valutazioni discrezionali coerenti con i canoni della ragionevolezza, l'Amministrazione ha in tal modo constatato come fosse assente il requisito di ordine soggettivo, specificamente prescritto dal bando.
E' stato a questo punto ritenuto irrilevante l'esame della ulteriore censura relativa all'altra ragione posta a base dell'esclusione (e cioè la mancata produzione del certificato richiesto della lettera di invito).
FATTO
1. Con un atto del 3 novembre 1993, la sede regionale per l'Abruzzo dell'I.N.P.S. ha invitato la s.r.l. Idrocalor Adriatica a partecipare alla licitazione privata per l'appalto annuale di manutenzione degli impianti tecnologici della sede di Sulmona.
In data 20 dicembre 1993, la commissione di gara ha disposto l'esclusione dalla gara della società.
Col ricorso n. 180 del 1994, proposto al TAR per l'Abruzzo, la società ha impugnato l'atto di esclusione, chiedendone l'annullamento.
Il TAR, con la sentenza n. 474 del 1996, ha accolto il ricorso ed ha annullato l'atto impugnato.
2. Col gravame in esame, l'I.N.P.S. ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che in sua riforma il ricorso sia dichiarato inammissibile o improcedibile, ovvero sia respinto perché infondato.
La società appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che il gravame sia respinto.
L'I.N.P.S. ha depositato una memoria difensiva, con cui ha insistito nelle gi formulate conclusioni.
3. All'udienza del 21 maggio 2002 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del provvedimento di data 20 dicembre 1993, con cui l'I.N.P.S. ha escluso la società appellata dalla licitazione privata per l'affidamento dell'appalto annuale per la manutenzione degli impianti tecnologici della sede di Sulmona.
Con la sentenza impugnata, il TAR per l'Abruzzo ha annullato l'esclusione, ritenendo insussistenti le due ragioni che sono state poste a sua base.
L'I.N.P.S., con il gravame in esame, ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile o improcedibile, ovvero che esso sia respinto, perché infondato.
2. Ritiene la Sezione che, poiché il ricorso di primo grado va respinto perché infondato, può prescindersi dall'esame delle questioni attinenti alla sua ammissibilità e procedibilità.
3. A p. 6 s. dell'atto di appello, l'I.N.P.S. ha dedotto che la commissione di gara:
- ha constatato che il certificato del casellario giudiziale, riguardante il rappresentante legale della società, riportava due condanne;
- ha rilevato che era stata resa una dichiarazione non veritiera, in violazione della legge n. 15 del 1968 e delle previsioni della lettera di invito
- ha legittimamente valutato le condanne "indipendentemente da ogni forma di automatismo", concludendo nel senso che il rappresentante legale, avendo anche attestato l'assenza di condanne penali, fosse privo dei prescritti requisiti soggettivi di moralità.
4. Ritiene la Sezione che le doglianze dell'appellante siano fondate e vadano accolte.
4.1. Va premesso che il punto B4 della lettera di invito, a p. 3, ha disposto che l'impresa partecipante alla gara dovesse presentare, tra i vari documenti richiesti, anche il certificato del casellario giudiziale del suo legale rappresentante.
La successiva lettera E (di per sé non impugnata) ha disposto che l'inosservanza di una delle prescrizioni previste dalla lettera B avrebbe comportato l'inammissibilità dell'offerta e l'esclusione dalla gara.
4.2. Ciò posto, dalla documentazione acquisita risulta che il legale rappresentante della società appellata - avvalendosi delle disposizioni della legge n. 15 del 1968 - ha attestato 'sotto la propria responsabilità' che, nei suoi confronti, non era stata pronunciata "una condanna con sentenza passata in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla propria moralità professionale o per delitti finanziari".
Dalla lettura del certificato rilasciato dalla cancelleria della procura della Repubblica presso il tribunale di Teramo, la commissione di gara ha invece constatato (già nella seduta del 18 dicembre e poi in quella del 10 gennaio 1994) che con decreto del pretore di Pescara, divenuto esecutivo il 20 aprile 1991, il legale rappresentante è stato condannato per il reato di emissione di assegni a vuoto.
La commissione di gara, dunque, ha specificamente valutato la posizione della società appellata ed ha constatato come l'affermazione non corrispondente al vero - contenuta nella 'dichiarazione di responsabilità - fosse tale da non ritenere sussistente il requisito della moralità professionale, considerato dalla lettera di invito quale requisito di partecipazione.
Contrariamente a quanto ha ritenuto il TAR (secondo cui l'assenza del requisito della moralità sarebbe stato tratto unicamente dalla condanna risultata dal certificato), la commissione ha dato decisivo rilevo alla dichiarazione non veritiera, avente per oggetto l'assenza di condanne.
Con una motivazione sintetica, ma chiara, e di per sé espressione di valutazioni discrezionali coerenti con i canoni della ragionevolezza, l'Amministrazione ha in tal modo constatato come fosse assente il requisito di ordine soggettivo, specificamente prescritto dal bando.
4.3. Poiché il provvedimento impugnato in primo grado si fonda sulla constata assenza del requisito rilevante per il punto B4 della lettera di invito, diventa irrilevante l'esame delle ulteriori censure dell'I.N.P.S sulla effettiva sussistenza dell'altra ragione posta a base dell'esclusione (e cioè la mancata produzione del certificato richiesto dal punto B3 della lettera di invito).
5. Per le ragioni che precedono, l'appello è fondato e va accolto. Per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l'appello n. 645 del 1997 e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. 180 del 1994.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 21 maggio 2002, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l'intervento dei signori:
Giorgio Giovannini Presidente
Sergio Santoro Consigliere
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Pietro Falcone Consigliere
Lanfranco Balucani Consigliere
Depositata in segreteria il
5 settembre 2002.