CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Sentenza
25 febbraio 2003 n. 1076 - Pres. Elefante, Est. Fera - Comune di Napoli (Avv.ti Barone, Tarallo e Ricci) c. Taglialatela (Avv.ti Iadanza e Biamonte) e Ministero dell'interno (Avv.ra Stato) - (conferma T.A.R. Campania-Napoli, sez. II, 23 aprile 2002, n. 2354).1. Giustizia amministrativa - Sentenza - Condanna alle spese - Presupposti - Applicabilità del principio della causalità e non di quello della responsabilità.
2. Giustizia amministrativa - Sentenza - Condanna alle spese - Per giudizio elettorale - Nei confronti dell’amministrazione comunale - Legittimità - Possibilità dell’amministrazione comunale di agire in separata sede nei confronti di coloro che hanno, con il loro comportamento, provocato la condanna - Sussiste.
1. La disciplina delle spese processuali contenuta nell'articolo 91 e seguenti del codice di procedura civile si basa non già sul principio della responsabilità, bensì su quello della causalità, nel senso che la condanna alle spese è conseguenza della soccombenza, cioè di un dato oggettivo che non tiene in considerazione la colpa della parte. L’elemento soggettivo, infatti, è preso in considerazione dal codice di procedura, all'articolo 96 c.p.c., solo nel caso in cui la parte soccombente abbia agito o resistito in un giudizio con mala fede o colpa grave: ma si tratta di una figura autonoma rispetto a quella disciplinata dalle norme generali sulla soccombenza.
2. E’ legittima una sentenza con la quale il giudice amministrativo, nell'accogliere un ricorso elettorale, condanna l'amministrazione comunale al pagamento delle spese del giudizio, salva la possibilità per l'ente locale, ove sussistano i presupposti per una azione di risarcimento del danno, di far valere in altra sede il pregiudizio subito a causa del comportamento tenuto da altri soggetti intervenuti nel procedimento elettorale (1).
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(1) Ha osservato in proposito la Sez. V che nel procedimento elettorale, anche se l'ente locale è tenuto a subire eventuali effetti negativi della condotta posta in essere da organi non incardinati nel proprio apparato organizzativo (nel caso di specie, l'ufficio elettorale), il consolidamento di tali effetti in capo all'ente medesimo fa sì che questo divenga il portatore istituzionale dell’interesse alla conservazione dei propri organi nella composizione ad essi conferita dall'atto di proclamazione degli eletti.
In questo senso, l’ente locale oltre ad essere parte necessaria del giudizio proposto per l'annullamento dell'atto di proclamazione degli eletti e per la correzione del risultato elettorale, nel caso di accoglimento del ricorso, viene ad assumere anche il ruolo di parte soccombente e, in tale qualità, può essere condannato alle spese.
Ciò non toglie, che in altra sede l'ente locale, ove sussistano i presupposti per una azione di risarcimento del danno, possa far valere il pregiudizio subito a causa del comportamento tenuto da altri soggetti intervenuti nel procedimento elettorale.
Sul regime delle spese nel giudizio amministrativo e sui limiti della sindacabilità delle sentenze di condanna v. da ult. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 4 febbraio 2003 n. 569, in questa Rivista n. 2-2003; v. anche Sez. IV, sent. 13 dicembre 2001 n. 6238, ivi n. 12-2001.
Commento di
ALESSANDRO BIAMONTE
Il regime della condanna alle spese nel giudizio elettorale
Con la sentenza gravata il TAR Campania, nell’accogliere il ricorso elettorale proposto dall’odierno appellato, estrometteva dal giudizio l’Amministrazione dell’Interno evocata, condannando il solo Comune al pagamento delle spese di giudizio.
Affermava, infatti, il Tribunale, invocando sul punto la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. V, n. 499/96) che, nell’ipotesi dell’impugnativa diretta a contestare i risultati dell’elezione di organi comunali parte necessaria è esclusivamente l’Amministrazione comunale, destinataria ultima degli effetti prodotti dall’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti. Di qui la carenza di legittimazione passiva del Ministero degli Interni, della Prefettura e dell’Ufficio Elettorale, il quale, tra l’altro è organo straordinario, destinato allo scioglimento una volta effettuata la proclamazione e, al pari del Ministero, non può qualificarsi portatore di interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti in ragione della neutralità che assume nella competizione elettorale (Cons. St., Ad. Plen., n. 19/96).
L’Amministrazione comunale impugnava la decisione limitatamente alla disciplina delle spese processuali, ritenendo che, da un lato, la posizione di neutralità assunta in sede di giudizio, e, dall’altro, la qualità di mera parte necessaria – semplice destinataria degli effetti – la dovessero esimere dalla soccombenza alle spese, anche in ragione della circostanza che il macroscopico errore (attribuzione di voti inesistenti) che aveva cagionato il vizio di legittimità, poi censurato dal TAR, doveva ascriversi a fatto dell’ufficio elettorale (organo del Ministero). A sostegno della propria tesi richiamava una decisione del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. V, 3.2.1999 n. 115) nella quale si affermava che il Comune – pur essendo unica parte necessaria nel giudizio – per la sua estraneità al procedimento elettorale gestito da altra amministrazione e per il fatto di essere evocato solo in quanto destinatario del risultato della consultazione (criterio dell’imputazione dei risultati e non già degli atti formali).
Il Consiglio di Stato nella decisione in rassegna si mostra di diverso avviso, confermando il ragionamento del Giudice di primo grado. La qualità di parte necessaria del Comune implica, in virtù di un evidente rapporto di causalità, la soccombenza nel giudizio e, pertanto, legittima una sua condanna alle spese.
In materia di rimborso delle spese in sede di giudizio
amministrativo, l’art. 26
Orbene, afferma il Consiglio che la disciplina delle spese
processuali contenuta nell’art.
Nel procedimento elettorale, anche se l’ente locale è tenuto a subire eventuali effetti negativi della condotta posta in essere da organi non incardinati nel proprio apparato organizzativo (id est: ufficio elettorale), «il consolidamento di tali effetti in capo all’ente medesimo fa sì che questo divenga il portatore istituzionale dell’interesse alla conservazione dei propri organi nella composizione ad essi conferita dall'atto di proclamazione degli eletti».
Ciò induce a concludere che l’ente locale oltre ad essere parte necessaria del giudizio promosso per l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti e per la correzione del risultato elettorale, nel caso di accoglimento del ricorso, viene ad assumere anche il ruolo di parte soccombente.
Ovviamente, conclude il Consiglio, ben potrà, l’ente locale, in altra sede, ove sussistano i presupposti, far valere il pregiudizio subito a causa del comportamento di terzi mediante un giudizio risarcitorio.
FATTO
Il Comune di Napoli propone appello contro la sentenza del Tar della Campania specificata in epigrafe, che, dopo aver estromesso dal giudizio il Ministero dell'interno, ha accolto il ricorso elettorale proposto dal signor Taglialatela e, per l'effetto, lo ha dichiarato eletto alla carica di consigliere circoscrizionale in luogo della signora Marotta. L'appello è circoscritto alla parte della sentenza con la quale il primo giudice ha condannato l'amministrazione comunale al pagamento delle spese del giudizio liquidate in € 2500.
Sostiene l'amministrazione di aver partecipato al giudizio di primo grado solo perché a lei vengono imputati i risultati elettorali e quindi solo quale destinataria ultima degli effetti prodotti dall’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti. Nel caso di specie, il pregiudizio subito dal ricorrente è dipeso unicamente dal comportamento tenuto dall'ufficio elettorale (organo del ministero dell'interno) che commise l'errore che ha inficiato la legittimità delle elezioni. Pertanto, l'amministrazione comunale, che nella vicenda si è comportata in modo neutrale, non può essere considerata parte soccombente.
Il signor Taglialatela, a sua volta, propone ricorso incidentale, sostenendo che, ove non dovesse essere configurata la soccombenza del Comune di Napoli, le spese del giudizio dovrebbero essere poste a carico del Ministero dell'interno o della controinteressata. Di certo non a carico del vincitore.
Il Ministero dell'interno, costituito nel giudizio di appello, sostiene che, una volta estromesso dal giudizio, viene meno il presupposto per la sua condanna alle spese, le quali giustamente sono state poste a carico del comune di Napoli che è il solo soggetto legittimato passivamente.
DIRITTO
L’appello proposto dal Comune di Napoli è infondato.
L'appello è circoscritto alla parte della sentenza con la quale il Tar della Campania, nell'accogliere il ricorso elettorale proposto dal signor Taglialatela, ha condannato l'amministrazione comunale al pagamento delle spese del giudizio.
In materia di rimborso delle spese del giudizio amministrativo, l'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, fa espresso rinvio alle norme del codice di procedura civile, che si basano sul principio generale della condanna della parte soccombente, salvo che sussistano giusti motivi che inducano il giudice, sulla base di un apprezzamento latamente discrezionale, a disporre da loro compensazione anche parziale. Ora, l'amministrazione comunale nega di essere parte soccombente, facendo riferimento a quel filone giurisprudenza che configura la posizione processuale dell'ente locale quale parte necessaria alla quale vanno imputati i risultati della consultazione elettorale (Consiglio Stato sez. V, 17 settembre 2001, n. 4847). Tanto più perché, nel caso di specie, la sua difesa nel giudizio di primo grado tenne un comportamento di indifferenza rispetto alle parti private.
La tesi non può essere condivisa.
La disciplina delle spese processuali contenuta nell'articolo 91 e seguenti del codice di procedura civile si basa non sul principio della responsabilità, bensì su quello della causalità, nel senso che la condanna alle spese è conseguenza della soccombenza, cioè di un dato oggettivo che non tiene in considerazione la colpa della parte. L’elemento soggettivo, infatti, è preso in considerazione dal codice di procedura, all'articolo 96, solo nel caso in cui la parte soccombente abbia agito o resistito in un giudizio con mala fede o colpa grave. Ma in tal caso si tratta di una figura autonoma rispetto a quella disciplinata dalle norme generali sulla soccombenza.
Ora, nel procedimento elettorale, anche se l'ente locale è tenuto a subire eventuali effetti negativi della condotta posta in essere da organi non incardinati nel proprio apparato organizzativo (nel caso di specie, l'ufficio elettorale), sta per certo che il consolidamento di tali effetti in capo all'ente medesimo fa sì che questo divenga il portatore istituzionale dell’interesse alla conservazione dei propri organi nella composizione ad essi conferita dall'atto di proclamazione degli eletti. In questo senso, l’ente locale oltre ad essere parte necessaria del giudizio proposto per l'annullamento dell'atto di proclamazione degli eletti e per la correzione del risultato elettorale, nel caso di accoglimento del ricorso, viene ad assumere anche il ruolo di parte soccombente. Ciò non toglie, che in altra sede l'ente locale, ove sussistano i presupposti per una azione di risarcimento del danno, possa far valere il pregiudizio subito a causa del comportamento tenuto da altri soggetti intervenuti nel procedimento elettorale.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l’appello.
Condanna il comune appellante al rimborso, nei confronti delle controparti costituite, delle spese del giudizio, che liquida, unitamente agli onorari, in complessivi € 5000.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 novembre 2002, con l’intervento dei signori:
Agostino Elefante Presidente
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Francesco D’Ottavi Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Aldo Fera F.to Agostino Elefante
Depositata in segreteria in data 25 febbraio 2003.