CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 10 marzo 2003 n. 1289 - Pres. Elefante, Est. D'Ottavi - SEA S.p.A. (Avv.ti Narese e Benussi,) c. Focalia S.p.A. (Avv.ti Soncini, Soncini e Manzi) e Comune di Viareggio (n.c.) - (conferma T.A.R. Toscana, Sez. II, 24 luglio 2001, n. 712).
1. Comune e Provincia - Servizi comunali - Servizio di riscaldamento e manutenzione degli impianti - Affidamento diretto ad Azienda speciale comunale - Ex art. 22 L. n. 142/1990 - Illegittimità - Indizione di apposita gara - Necessità.
2. Comune e Provincia - Servizi comunali - Gestione diretta od affidamento ad Azienda speciale - Ex art. 22 L. n. 142/1990 - Presupposti - Semplice riconducibilità del servizio ad un ente pubblico - Insufficienza - Realizzazione di prevalenti fini sociali e di promuovimento dello sviluppo economico e civile delle relative comunità - Necessità.
1. E' illegittima una deliberazione del Consiglio comunale con la quale è stato affidato senza gara ad una Azienda speciale comunale il servizio di riscaldamento degli immobili comunali (con affidamento anche dei relativi lavori di manutenzione), essendo necessario in tale ipotesi il previo esperimento di una procedura concorsuale, non potendosi procedere all'affidamento diretto del servizio, atteso che quest'ultimo esula dalla previsione di cui all'art. 22 della L. n. 142/1990 (1).
2. Per applicare l'art. 22 della L. n. 142/1990 (confermato dal successivo art. 112 del D.P.R. n. 267/2000) - secondo cui gli Enti locali possono provvedere direttamente alla gestione dei "servizi pubblici" (anche tramite proprie aziende speciali), servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali - non è sufficiente la semplice riconducibilità del servizio ad un ente pubblico, occorrendo invece che il servizio abbia una sua (soggettiva ed) oggettiva qualificazione che deve garantire (anche alla prestazione economica) una realizzazione di prevalenti fini sociali e di promovimento dello sviluppo economico e civile delle relative comunità, realizzazione che certo non può essere riferita ad una mera prestazione economica svolta a favore di un Comune (2).
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(1) Ha osservato in proposito la Sez. V, condividendo l'opinione del giudice di primo grado, che nella specie non solo la natura oggettiva del servizio de quo (approvvigionamento di gasolio e manutenzione degli impianti di esercizio per gli immobili comunali) non costituiva una produzione di beni o attività rivolti ai fini sociali e di promozione economica (secondo la tassativa enucleazione della richiamata norma), ma al contrario di quanto stabilito dall'art. 22 della L. n. 142/1990, il servizio non veniva svolto dal Comune a favore della collettività, ma sarebbe stato erogato in senso inverso, cioè a favore del Comune, con notevoli conseguenti perplessità sulla qualificazione "pubblica" di tale erogazione che, viceversa, pare più esattamente potersi qualificare quale pura e semplice "prestazione economica" sia pure svolta nei confronti di un soggetto pubblico.
Nè poteva invocarsi la precedente sentenza della Sez. V, 11 maggio 2001, n. 2605 (in Foro amm. 2001, 1172 ed in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2002, 171, con nota di PERFETTI), secondo cui "è legittimo l'affidamento diretto ad un consorzio, costituito da più comuni ai sensi dell'art. 25 l. n. 142 del 1990, del "servizio calore" per gli edifici comunali destinati ad uso pubblico, nell'ambito di un servizio pubblico già espletato dal consorzio medesimo".
Tale sentenza, come precisato con la decisione in rassegna, solo apparentemente è relativa ad una fattispecie analoga, perché in quel caso la finalità del servizio era più marcatamente pubblicistica e non riguardava l'affidamento di un servizio pubblico, ma di un appalto di natura mista di forniture e lavori, con la conseguente inapplicabilità del Decreto n.157/92 e della pretesa esenzione dalla procedura concorsuale da questo stabilita, ed applicabilità della più generale normativa di riferimento.
(2) Alla stregua del principio la Sez. V ha ritenuto che la gestione del "servizio calore", così come ipotizzata ed attuata nella fattispecie, non poteva annoverarsi nella nozione richiamata dalla menzionata norma di "pubblico servizio", non solo per le rilevate modalità (pura attività economica, erogazione non "del" Comune ma "al" Comune, rilevanza della manutenzione ecc.) ma soprattutto perché mancano quelle connotazioni "sociali" che giustificano l'eccezionale previsione.
Inoltre, secondo la normativa (nazionale ed europea) vigente, l'affidamento de quo doveva comunque avvenire previo il necessario espletamento di una procedura concorsuale, in quanto nell'appalto controverso si doveva anche registrare una pacifica prevalenza dei lavori (di manutenzione straordinaria degli impianti) sulla fornitura, per cui comunque - ai sensi della disposizione di cui all'art.2, comma 1, della L. n.109/1994 e s.m. - consegue l'applicabilità della normativa generale sui lavori pubblici, con la conseguente necessità della scelta del contraente secondo una delle procedure tassativamente previste dalla legge-quadro (e dalla normativa comunitaria).
V. in argomento in questa Rivista T.A.R. LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III - Sentenza 29 giugno 1999, n. 2523.
FATTO
L'odierna appellante, S.p.A. SEA, succeduta all'Azienda Speciale Servizi Pubblici di Viareggio, A.S.S.P., in punto di fatto rappresenta che con deliberazione del Consiglio comunale di Viareggio, n.43, del 27 aprile 2000, contenente indirizzi programmatici all'A.S.S.P., l'Amministrazione si determinava ad affidare alla medesima Azienda il servizio per la gestione del calore di tutti gli edifici di competenza comunale, con atto della Giunta municipale e previo apposito progetto che dimostrasse condizioni migliorative nel rapporto costi/qualità, rispetto ad un affidamento a terzi.
Tale determinazione traeva il proprio fondamento dallo Statuto dell'A.S.S.P., in forza del quale l'Azienda avrebbe potuto gestire tutti i servizi e le attività che ad essa fossero affidate dal Comune di Viareggio.
L'appellante rileva che sino alla fine del 2000, il servizio di "gestione calore" era affidato alla S.p.A. Focalia, in forza di contratto stipulato in data 16 dicembre 1996, la cui durata - anche a seguito di proroghe - era fissata al 31 ottobre 2000.
Con deliberazione della Giunta municipale di Viareggio n.580 del 7 novembre 2000 venivano assunte le seguenti determinazioni: "1) di procedere alla gestione diretta tramite l'A.S.S.P. di Viareggio a titolo sperimentale del servizio di gestione calore negli edifici di proprietà comunale relativamente alla stagione termica 1 novembre 2000-30 aprile 2001 alle condizioni evidenziate nelle relazioni ASSP (.). La gestione diretta ha decorrenza dal giorno 30 ottobre 2000; 2) di stabilire che la gestione diretta del servizio, così come affidata all'ASSP, è comprensiva dell'onere di esecuzione diretta degli interventi di straordinaria manutenzione degli impianti indicati nel progetto approvato con deliberazione di G.C. n.585/99 per l'importo di £.1.321.185.589 (.)".
Con ricorso al T.A.R. per la Toscana n.3/2000, la S.p.A. Focalia impugnava tale deliberazione sostenendo che per affidare all'Azienda speciale comunale il servizio di cui trattasi, sarebbe occorso il previo esperimento di una procedura concorsuale, essendo illegittimo l'affidamento diretto del servizio da parte dell'Amministrazione comunale.
In data 17 aprile 2001 veniva depositato il dispositivo della sentenza n.712, recante accoglimento del ricorso: dispositivo che veniva notificato in data 23 maggio 2001; la motivazione veniva depositata in data 24 luglio 2001.
Avverso tale sentenza, la S.p.A. SEA deduce i seguenti motivi:
1) travisamento dei fatti ed errore sui presupposti.
Secondo l'appellante Società, che riporta per esteso un precedente in materia di questa stessa Sezione (C.d.S. V, 11 maggio 2001, n. 2605) il Tribunale ha errato nel ritenere che il servizio in questione non rientrasse nella nozione di servizio pubblico affidabile ad un'azienda speciale ex art.22 della L. n.142/1990, e che nella fattispecie si sia illegittimamente affidato un appalto di natura mista di forniture e lavori. Viceversa secondo l'appellante l'affidamento dell'erogazione del "servizio calore" per gli immobili comunali destinati ad uso pubblico, deve configurarsi come l'affidamento di un compito specifico ad un ente dipendente nel quadro di una più complessa e coordinata attività di organizzazione dei servizi di competenza del Comune.
Il "servizio calore" è indispensabile per lo svolgimento di altri servizi (basta, come esempio, il servizio scolastico) così come è parimenti essenziale per essi la manutenzione degli immobili, l'apprestamento del personale di custodia e di pulizia ed altro.
2) Inammissibilità del ricorso di primo grado.
L'appellante ripropone l'eccezione di inammissibilità del ricorso, in ragione della mancata impugnazione dell'atto presupposto a quello oggetto di giudizio.
Come evidenziato nella trattazione in fatto secondo l'istante infatti il "bersaglio" dell'impugnazione è soltanto la determinazione dell'Amministrazione comunale di affidare direttamente il servizio all'Azienda speciale comunale, senza il previo (e indispensabile, secondo la prospettazione di controparte) esperimento di una gara secondo le procedure di pubblica evidenza; tale determinazione, però, non è stata assunta con il provvedimento impugnato nel presente giudizio, bensì con la presupposta deliberazione del Consiglio comunale n.43/2000 - contenente indirizzi programmatici all'Azienda Speciale Servizi Pubblici di Viareggio - nonché con le deliberazioni consiliari n.109/1994, n.21/1995 e n.94/1998, con le quali era stato approvato lo Statuto dell'Azienda medesima, attribuendo ad essa le funzioni ed i compiti inerenti (anche) il servizio in questione.
Tali deliberazioni consiliari non sono state impugnate, né in via autonoma, né con il ricorso di primo grado, per cui ne consegue l'inammissibilità del ricorso, per difetto di interesse, non essendo stato impugnato il provvedimento presupposto, rispetto al quale quello oggetto del ricorso medesimo assume il carattere di atto meramente esecutivo e consequenziale: ciò, almeno per quanto riguarda i profili attivati con il ricorso stesso, e cioè la legittimità (o meno, secondo il punto di vista di controparte) della facoltà, per il Comune di Viareggio, di affidare direttamente il servizio in questione all'Azienda speciale comunale.
L'appellante conclude per l'accoglimento dell'impugnazione con il conseguente annullamento della richiamata sentenza, con vittoria di spese.
La controinteressata Soc. Focalia S.p.A. si è costituita in giudizio e con articolata memoria deduce l'infondatezza delle prospettate censure concludendo per la reiezione dell'appello con ogni consequenziale statuizione di legge.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2002, il ricorso veniva trattenuto in decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.
DIRITTO
Come riportato nella narrativa che precede con l'appello in esame viene impugnata la sentenza n.712/01, del 24 luglio 2001, con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Seconda, accoglieva il ricorso proposto dall'attuale appellata e per l'effetto annullava il provvedimento suindicato con cui il Comune di Viareggio affidava all'A.S.S.P. il servizio di "gestione calore" negli edifici di proprietà comunale.
Si può prescindere dall'esame dell'eccezione preliminare di inammissibilità (per carenza di interesse attuale) dell'appello, proposta dall'appellata Società Focalia, stante l'infondatezza - nel merito - dell'appello medesimo.
Come pure riportato in precedenza l'appellante reitera principalmente in questa sede le censure (estrapolate in relazione al contenuto --riportato per esteso - di una pronuncia resa da questa stessa Sezione) già dedotte dinanzi al Tribunale avverso l'originario ricorso proposto dall'attuale appellata, e da questo puntualmente disattese, censure secondo cui il servizio in questione è annoverabile nella nozione di servizio pubblico affidabile ad un'azienda speciale ex art.22 della L. n.142/1990, in quanto trattasi di attività specifica gestibile da un organismo dipendente dal Comune.
L'appellante ribadisce poi l'eccezione preliminare (ma svolta in via subordinata) di inammissibilità dell'originario ricorso per la mancata impugnazione dell'atto presupposto (determinazione generale di affidamento diretto de servizio) a quello oggetto della presente controversia.
Le censure sono infondate e l'appello va respinto.
La problematica fondamentale sottoposta all'esame del Collegio concerne la possibilità, da parte del Comune, con riferimento alla specifica normativa (nazionale e comunitaria) di settore, di "affidare" direttamente in gestione ad una propria azienda speciale il servizio - denominato "gestione calore" - di riscaldamento degli immobili comunali (con affidamento anche dei relativi lavori di manutenzione), senza alcuna preventiva procedura concorsuale.
L'esame di tale problematica presuppone una precisa identificazione del servizio in questione, per valutare se effettivamente questo esuli dalla previsione di cui al menzionato art. 22 della L. n. 142/1990.
In proposito, come correttamente rilevato dal Tribunale non solo la natura oggettiva del servizio - approvvigionamento di gasolio e manutenzione degli impianti di esercizio per gli immobili comunali - non costituisce una produzione di beni o attività rivolti ai fini sociali e di promozione economica (secondo la tassativa enucleazione della richiamata norma), ma al contrario di quanto stabilito dalla norma medesima, il servizio non viene svolto dal Comune a favore della collettività, ma viene erogato in senso inverso, cioè a favore del Comune, con notevoli conseguenti perplessità sulla qualificazione "pubblica" di tale erogazione che, viceversa, pare più esattamente potersi qualificare quale pura e semplice "prestazione economica" sia pure svolta nei confronti di un soggetto pubblico.
Pertanto deve condividersi l'argomentazione di fondo svolta dal Tribunale e - contemporaneamente vanno disattese le prospettate censure, enucleate riportando la motivazione di una decisione di questa Sezione le cui conclusioni sono solo apparentemente relative ad una fattispecie analoga perché in quel caso la finalità del servizio era più marcatamente pubblicistica, conclusioni che non sono comunque condivise dal Collegio - secondo cui la fattispecie non riguarda l'affidamento di un servizio pubblico, ma di un appalto di natura mista di forniture e lavori con la conseguente inapplicabilità del Decreto n.157/92 e della pretesa esenzione dalla procedura concorsuale da questo stabilita, ed applicabilità della più generale normativa di riferimento.
Peraltro, anche per meglio chiarire le (solo) apparenti difformità di giudizio svolte dalla Sezione, ritiene il Collegio di dover meglio puntualizzare la qualificabilità del servizio pubblico ex art.22 L. n.142/1990, confermata dal successivo art.112 del D.P.R. n.267/2000, che prevede che gli Enti locali possono provvedere direttamente alla gestione dei "servizi pubblici" (anche tramite proprie aziende speciali), servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
Orbene, ritiene il Collegio, che la gestione del "servizio calore", così come ipotizzata ed attuata nella fattispecie, non possa annoverarsi nella nozione richiamata dalla menzionata norma di "pubblico servizio", non solo per le rilevate modalità (pura attività economica, erogazione non "del" Comune ma "al" Comune, rilevanza della manutenzione ecc.) ma soprattutto perché mancano quelle connotazioni "sociali" che giustificano l'eccezionale previsione.
In altri termini la possibilità, derogatoria, prevista dall'ordinamento di poter prescindere dal rispetto delle regole generali sul previo esperimento di idonee procedure selettive - stabilite dalla normativa nazionale e comunitaria -, deve trovare la sua giustificazione non in una vuota rilevanza pubblicistica basata sulla semplice riconducibilità del servizio ad un ente pubblico, ma su una sua (soggettiva ed) oggettiva qualificazione che deve garantire (anche alla prestazione economica) una realizzazione di prevalenti fini sociali e di promovimento dello sviluppo economico e civile delle relative comunità, realizzazione che certo non può essere riferita ad una mera prestazione economica svolta a favore di un Comune.
In tale contesto di riferimento è altresì certo che, secondo la normativa (nazionale ed europea) vigente, l'affidamento de quo doveva comunque avvenire previo il necessario espletamento di una procedura concorsuale, in quanto nell'appalto controverso si deve anche registrare una pacifica prevalenza dei lavori (di manutenzione straordinaria degli impianti) sulla fornitura, per cui comunque - ai sensi della disposizione di cui all'art.2, comma 1, della L. n.109/1994 e s.m. - consegue l'applicabilità della normativa generale sui lavori pubblici, con la conseguente necessità della scelta del contraente secondo una delle procedure tassativamente previste dalla legge-quadro (e dalla normativa comunitaria).
Inoltre, va pure confermato che essendo l'appalto in questione di importo complessivo compreso tra i duecentomila e i cinque milioni di ECU esso era ed è soggetto (ex art.2, comma 5, della L.Q. e D.Lgs n.158/1995) a procedure selettive che, in ogni caso, escludono l'affidamento diretto.
Del tutto infondata è poi la reiterata censura sulla pretesa inammissibilità dell'originario ricorso in quanto la vera lesività postulata dall'originaria ricorrente attuale appellata va effettivamente ricondotta all'autonoma delibera impugnata dinanzi al Tribunale (delibera con cui veniva concretamente affidato l'appalto de quo ) e non derivava dalla precedente determinazione di carattere meramente programmatorio e generico.
Conclusivamente pertanto l'appello deve essere respinto.
Sussistono tuttavia validi motivi per disporre, tra le parti, la corresponsione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, respinge l'appello.
Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2002, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l'intervento dei Signori Magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Francesco D'Ottavi Consigliere estensore
Aniello Cerreto Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Francesco D'Ottavi f.to Agostino Elefante
Depositata in segreteria in data 10 marzo 2003.