CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 novembre 1999 n. 1689 - Pres. Giovannini, Est. Allegretta - Ministero dei beni culturali ed ambientali (Avv.ra Stato) c. Ciminno e Ametrano (n.c.) - (annulla TAR Campania, Sez. I, sent. 21 ottobre 1993, n. 374).
Ambiente - Piani paesistici - Approvazione da parte delle Regioni - Termine del 31 dicembre 1986 - Previsto dall'art. 1 bis del D.L. 27 giugno 1985 n. 312 - Non è perentorio e non comporta la estinzione del potere regionale.
Ambiente - Piani paesistici - Divieto di modificazione dello stato dei luoghi - Previsto dall'art. 1 bis del D.L. 27 giugno 1985 n. 312 - Operatività dopo il 31 dicembre 1986 - Sussiste - Riferimento alla sentenza n. n. 417/95 della Corte costituzionale.
Il termine del 31 dicembre 1986, previsto dall'art. 1 bis del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in L. 8 agosto 1985 n. 431, per l'approvazione dei piani paesistici da parte delle Regioni, secondo i principi generali, non può ritenersi perentorio e, quindi, non implica l'estinzione del potere regionale di approvazione dei piani paesistici, ma ha soltanto la funzione di fissare il momento dopo il quale è legittimo l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Ministero dei beni culturali ed ambientali (1).
Il divieto di modificazione dello stato dei luoghi, previsto dall'art. 1 bis del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in L. 8 agosto 1985 n. 431, rimane in vigore anche successivamente alla data del 31 dicembre 1986, essendo connesso, non a quest'ultimo termine, ma a quello finale incertus quando, coincidente con l'adozione del piano paesistico da parte della singola Regione o, in via sostitutiva, da parte dello Stato (2).
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(1) Cons. Stato, Sez. VI, 27 agosto 1997 n. 1216; id., 21 ottobre 1994 n. 1525; id., 6 aprile 1987 n. 242.
(2) Cons. Stato, Sez. VI, 1 febbraio 1990 n. 100, id., 17 ottobre 1988 n. 1126; Cass., SS.UU., 22 aprile 1993 n. 3; Corte Costituzionale sentenza 28 luglio 1995, n. 417, secondo cui, in particolare, l'art. 1 quinques del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, contenendo disposizioni recanti vincoli generali dovuti a determinate qualità intrinseche, che la legge riconosce ai beni vincolati, non è illegittimo in riferimento agli artt. 3, 42 e 97 Cost., nella parte in cui consente che il divieto di modificazione dei beni di rilievo paesaggistico ed ambientale si protragga senza indennizzo anche oltre il termine del 31 dicembre 1986.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.858 dei 1994 proposto dal Ministero dei beni culturali ed ambientali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
contro
Cimmino Raffaele e Ametrano Carolina (o Rosa), non costituiti in giudizio,
e nei confronti
del Comune di Boscotrecase, non costituito in giudizio,
per l'annullamento
della sentenza n.347 del 21 ottobre 1993 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione I;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Udito alla pubblica udienza del 9 luglio 1999 l'avv. dello Stato Fiengo.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con due distinti ricorsi gli attuali appellati chiedevano al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania l'annullamento: a) del decreto in data 15 aprile 1989 col quale il Ministero dei beni culturali ed ambientali aveva annullato l'autorizzazione n.234 del 20 settembre 1988, rilasciata dal Sindaco di Borgotrecase a norma dell'art.7 L. 29 giugno 1939 n. 1497; e b) dell'ordinanza n. 140 del 16 ottobre 1999, con. la quale, in conseguenza, il Sindaco di Borgotrecase aveva disposto la sospensione dei lavori oggetto della concessione edilizia n. 19/89 rilasciata ai ricorrenti;.
Il Tribunale accoglieva il ricorso con la sentenza che l'Amministrazione dei beni culturali ed ambientali impugna con l'appello in esame, per ottenerne la riforma con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado.
Nessuna delle altre parti in causa si è costituita nel presente grado di giudizio.
La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 9 luglio 1999.
DIRITTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha annullato i provvedimenti impugnati, assumendo a fondamento della sentenza appellata il carattere perentorio del termine del 31 dicembre 1986, previsto dall'art. 1 bis dei D.L. 27 giugno 1985 n.312, convertito in L. 8 agosto 1985 n. 431, per l'approvazione dei piani paesistici da parte delle Regioni.
Attesa la sua natura, all'inutile decorso di tale termine conseguirebbe la decadenza del vincolo, d'inedificabilità assoluta gravante sulle aree di particolare valore paesaggistico ed ambientale a norma degli artt.1 bis ed 1 quinquies del citato D.L. n.312 del 1985.
L'assunto, tuttavia, non è condivisibile.
Giurisprudenza ormai costante afferma che il termine dei 31 dicembre 1986, secondo i principi generali, non può ritenersi perentorio e, quindi, non implica l'estinzione del potere regionale di approvazione dei piani paesistici, ma ha soltanto la funzione di fissare il momento dopo il quale è legittimo l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Ministero dei beni culturali ed ambientali (C.S., Sez. VI, 27 agosto 1997 n.1216, id., 21 ottobre 1994 n. 1525; id., 6 aprile 1987 n. 242).
Con specifico riguardo al divieto di modificazione dello stato dei luoghi, inoltre, è stato chiarito che esso rimane in vigore anche successivamente alla data del 31 dicembre.1986, essendo connesso, non a questo termine, ma quello finale "incertus quando", coincidente con l'adozione del piano paesistico da parte della singola Regione o, in via sostitutiva, da parte dello Stato (C.S., VI, 1 febbraio 1990 n.100, id., 17 ottobre 1988 n. 1126).
Negli stessi sensi, d'altra parte, sono orientate sia la Corte di Cassazione (SS.UU. 22 aprile 1993 n.3) che la Corte Costituzionale.
Questa, con sentenza n.417 del 28 luglio 1995, ha chiarito che i beni aventi valore paesistico, per la loro localizzazione o per il loro inserimento in un complesso dotato in modo coessenziale delle qualità ambientali indicate dalla legge, sono riconducibili ad una categoria omogenea originariamente di interesse pubblico la cui disciplina è estranea alla materia dell'espropriazione e dei relativi indennizzi, di cui all'art.42, comma 3, della Costituzione.
Essi sono invece perfettamente inscrivibili nella disciplina del secondo comma dello stesso articolo, che affida alla legge di determinare il regime della proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale.
L'art. 1 quinques del D.L. 27 giugno 1985 n.312, conseguentemente, trattandosi di disposizione recante vincoli generali dovuti a determinate qualità intrinseche, che la legge riconosce ai beni vincolati, non è illegittimo in riferimento agli artt. 3, 42 e 97 Cost., nella parte in cui consente che il divieto di modificazione dei beni di rilievo paesaggistico ed ambientale si protragga senza indennizzo anche oltre il termine sopra più volte menzionato.
Ad uguale conclusione, inoltre, la Corte è pervenuta riguardo all'apparente discriminazione tra i proprietari d'immobili, a seconda che i loro beni siano, o meno, situati in Regioni che abbiano approvato il piano paesistico, trattandosi di mera disparità di fatto, inerente a vicende applicative della legge e dunque irrilevante nel giudizio di costituzionalità; tenuto anche conto dei mezzi che l'ordinamento appronta per superare le eventuali inerzie di Regioni e Stato.
Alla luce dei principi così affermati, vengono meno i sospetti di illegittimità costituzionale che il giudice di primo grado ha posto a fondamento dell'interpretazione seguita nella sentenza impugnata.
Poiché non v'è ragione per discostarsi dall'orientamento esposto, al quale l'Amministrazione appellante conforma puntualmente le sue censure, l'appello dev'essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso proposto i n primo grado.
In mancanza di riproposizione da parte dell'appellata, non costituitasi, resta precluso l'esame dei motivi di ricorso non valutati dal Tribunale.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l'appello in epigrafe e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge i ricorsi proposti in primo grado. Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, nella camera di consiglio dei 9 luglio 1999 con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Paolo NUMERICO Consigliere
Corrado ALLEGRETTA Est Consigliere
Paolo D'ANGELO Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere