CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 novembre 1999 n. 1693 - Pres. Giovannini, Est. Balucani - Ministero per i beni culturali ed ambientali (Avv.ra Stato) c. Pendibene (n.c.) - (conferma TAR Liguria, Sez. I, sent. 7 marzo 1997, n. 99).
Ambiente - Zone soggette a tutela paesaggistica - Nulla osta regionale - Ex art. 7 L. n. 1497/1939 - Annullamento da parte del Ministero beni culturali - Termine di 60 giorni - Dies ad quem per l'esercizio - E' quello della adozione dell'annullamento - Comunicazione o notificazione dell'annullamento stesso - Non occorre.
Ambiente - Zone soggette a tutela paesaggistica - Nulla osta regionale - Ex art. 7 L. n. 1497/1939 - Annullamento da parte del Ministero beni culturali - Va disposto per soli motivi di legittimità - Annullamento adottato in base ad una diversa valutazione di merito - Illegittimità.
Il termine di sessanta giorni stabilito dall'articolo 82, 9° comma, D.P.R. n. 616/1997 (nel testo modificato dall'articolo 1 D.L. n. 312/1985 convertito in legge n. 431/1985), ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte della Amministrazione statale della autorizzazione paesaggistica, sia perché è estranea alla prescrizione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione, sia perché l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. Quanto a quest'ultimo profilo è stato infatti messo in evidenza che il provvedimento ministeriale incide in una sfera giuridica non ancora definita perché la sola autorizzazione regionale (o sub-regionale), ex articolo 7 Legge n. 1439 cit., non produce alcuna espansione dello ius ædificandi, ma una semplice aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza della Amministrazione statale (1).Il potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica attribuito al Ministero per i beni culturali dall'articolo 82 D.P.R. n. 616, non comporta un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionale compiute dalla Regione (o dall'Ente da questa delegato), tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio della autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità che peraltro può riguardare tutti i possibili visi dell'eccesso di potere; è pertanto da ritenere illegittimo l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica adottato dal Ministero in base ad una diversa valutazione di merito rispetto a quella compiuta in sede regionale (2).
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(1) In tal senso, tra le più recenti, v. Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 1998, n. 1581; 6 ottobre 1998, n. 1348; 4 settembre 1998, n. 1210; 18 maggio 1998, n. 754; 9 aprile 1998, n. 460; 4 marzo 1998, n. 233; 3 febbraio 1998, n. 129.
(2) Cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 1998, n. 1581: alla stregua del principio nella specie il CdS, "escluso . che l'autorizzazione della Provincia fosse inficiata da vizi di legittimità, ed in quanto tale suscettibile di caducazione in virtù dei poteri di controllo attribuiti alla Autorità ministeriale" ha ritenuto che era da considerare illegittimo il decreto di annullamento impugnato, il quale "si atteggia come una inammissibile sovrapposizione di una diversa valutazione di merito rispetto a quella compiuta dalla Provincia".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
(SEZIONE SESTA)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dal Ministero per i beni culturali e ambientali in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
il Sig. Luigi Pendibene, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Cocchi ed Enrico Romanelli ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Cosseria n. 5;
e nei confronti
della Provincia di La Spezia in persona del Presidente della Giunta pro tempore non costituita
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione 1, 7 marzo 1997, n. 99.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto ratto di costituzione in giudizio di Pendibene Luigi;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 18 dicembre 1998 il Consigliere Lanfranco Balucani e uditi, altresì, l'Avvocato dello Stato Giacobbe e l'Avvocato Romanelli;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con decreto ministeriale 4 febbraio 1994 il Ministero per i beni culturali ed ambientali annullava il provvedimento 19 novembre 1993, n. 399 con il quale la Provincia di La Spezia autorizzava ai sensi dell'articolo 7 Legge n. 1497/1939 il Signor Luigi Rendibene a costruire una casa per civile abitazione in località San Giorgio del Comune di Bonassola.
Avverso l'anzidetto decreto ministeriale l'interessato proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Liguria deducendo i seguenti motivi di gravame:
1) violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 Legge n. 431/1985 in quanto il provvedimento di annullamento è stato comunicato oltre il termine perentorio di sessanta giorni;
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 7 Legge n. 241/1990 in quanto all'interessato non è stato dato avviso dell'avvio del procedimento e non gli è stato consentito di intervenire al procedimento stesso;
3) violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 Legge n. 43111985 in relazione all'articolo 7 Legge n. 1497/1939 e articolo 82 D.P.R. n. 61611977, nonché eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento e difetto di istruttoria e/o di motivazione, illogicità e sviamento: ciò in relazione alle motivazioni adottate nel decreto ministeriale che ha espresso un mero giudizio di merito di. segno, contrario a quello della Provincia;
4) violazione e falsa applicazione dell'articolo 49 N.A. del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria, in quanto la motivazione espressa dall'Autorità statale, contrariamente a quanto dalla stessa affermato, sarebbe in netto contrasto con la destinazione ed il regime previsto dal P.T.C.P..
Con sentenza n. 99 del 1997 il Tribunale amministrativo regionale della Liguria accoglieva il ricorso avendo ritenuto fondato sia il primo motivo di gravame (relativo alla tardività dell'atto di annullamento), sia le censure di difetto dì istruttoria e travisamento dei fatti di cui al terzo motivo.
Ha interposto appello il Ministero per i beni culturali e ambientali il quale ha dedotto che il Tribunale amministrativo regionale ha errato «nel considerare di natura ricettizia l'atto di annullamento ministeriale», ed ha altresì errato «nel ritenere che l'Amministrazione statale si sia surrogata in un giudizio di merito riservato alla autorità delegata, per giunta travisando la reale situazione dello stato dei luoghi».
Si è costituito in giudizio l'appellato il quale ha ribadito la fondatezza dei motivi di gravarne condivisi dal Tribunale amministrativo regionale.
DIRITTO
Con la sentenza quivi appellata il giudice di primo grado ha accolto il ricorso proposto avverso l'annullamento ministeriale della autorizzazione paesaggistica ex articolo 7 Legge n. 1497/1939 avendo ritenuto fondato sia il primo motivo di gravame - con il quale si lamentava che l'annullamento era stato comunicato oltre il prescritto termine di sessanta giorni -, che il terzo motivo - il quale si appuntava sulle motivazioni con cui il Ministero aveva accertato la "incompatibilità" della progettata costruzione - .
Il motivo d'appello con il quale il Ministero censura la decisione del Tribunale amministrativo regionale circa la tardività dell'annullamento è fondato.
Invero è ormai consolidato nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo cui il termine di sessanta giorni stabilito dall'articolo 82, 9° comma, D.P.R. n. 616/1997 (nel testo modificato dall'articolo 1 D.L. n. 312/1985 convertito in legge n. 431/1985), ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte della Amministrazione statale della autorizzazione paesaggistica, sia perché è estranea alla prescrizione normativa l'ulteriore fase della comunicazione. o notificazione, sia perché l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. Quanto a quest'ultimo profilo è stato infatti messo in evidenza che il provvedimento ministeriale incide in una sfera giuridica non ancora definita perché la sola autorizzazione regionale (o sub-regionale), ex articolo 7 Legge n. 1439 cit., non produce alcuna espansione dello ius ædificandi, ma una semplice aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza della Amministrazione statale (in tal senso tra le più recenti Cons. St. VI 20 novembre 1998, n. 1581; 6 ottobre 1998, n. 1348; 4 settembre 1998, n. 1210; 18 maggio 1998, n. 754; 9 aprile 1998, n. 460; 4 marzo 1998, n. 233; 3 febbraio 1998, n. 129).
E' pertanto errata la sentenza quivi appellata nella parte in cui ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso di primo grado, basato sulla affermata illegittimità del decreto di annullamento ministeriale, in quanto emanato nel termine di sessanta giorni, ma comunicato all'interessato dopo la scadenza di tale termine.
Passando all'esame dell'altro motivo di appello sono. invece da condividere, contrariamente a quanto prospettato dall'appellante, le censure dedotte nel giudizio di primo grado nei confronti delle motivazioni dell'annullamento.
Al riguardo giova premettere in punto di fatto che l'Amministrazione provinciale di La Spezia, recependo il parere conforme espresso dalla apposita Commissione tecnica, aveva autorizzato la costruzione di una casa di civile abitazione in località dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi della Legge n. 1497/1939 (con D.M. 3 agosto 1959), e compresa tra quelle classificate dal "Piano territoriale di coordinamento paesistico" della Regione Liguria come zona "IS - MA" (Insediamenti sparsi - mantenimento"), avendo ritenuto che l'intervento edificatorio non comportasse alcuna compromissione degli equilibri ambientali della zona interessata, sia «in relazione alle situazioni esistenti nell'immediato contorno», sia «in rapporto ai valori d'insieme del quadro paesaggistico nel quale l'intervento si colloca», ed avendo altresì ritenuto l'ammissibilità dell'intervento' stesso anche alla stregua della normativa del P.T.C.P.
Per contro la Soprintendenza, nella relazione trasmessa al Ministero ha rilevato che il nuovo intervento costituisce «elemento di forte disturbo» in quanto, essendo ubicato tra una . torre di avvistamento del XVI secolo e tracc%- archeologiche di un insediamento pre-romano, ed in prossimità di un edificio monumentale (la Chiesa dì San Giorgio), «impedisce una corretta lettura delle emergenze paesistiche e storiche da punti di pubblico belvedere .... ». La realizzazione del manufatto - prosegue la relazione della Soprintendenza - comprometterebbe anche gli "equilibri ambientali della zona laddove sono previsti sbancamenti e movimenti di terra.
Queste essendo le valutazioni espresse rispettivamente dalla Provincia e dalla Autorità statale, giova osservare che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Sezione (cfr. da ultimo Cons. St. VI, 20 novembre 1998, n. 1581), il potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica attribuito al Ministero per i beni culturali dall'articolo 82 D.P.R. n. 616, non comporta un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionale compiute dalla Regione (o, come nel caso di specie, dall'Ente da questa delegato), tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio della autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità che peraltro può riguardare tutti i possibili visi dell'eccesso di potere.
Si tratta allora di stabilire con riguardo alla fattispecie in esame, se le motivazioni addotte dalla Soprintendenza (e recepite nel decreto ministeriale di annullamento) possano essere lette come indicazione dei vizi di legittimità che inficiano l'autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia, ovvero estrinsechino niente altro che una diversa e autonoma valutazione di merito (come tale esorbitante dai limiti del potere di annullamento).
E' pur vero che l'Autorità ministeriale a conclusione del proprio "iter" argomentativo ha avuto cura dì specificare che l'autorizzazione provinciale risulta viziata da eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione, e da violazione di legge perché in contrasto con l'articolo 82, 3' comma, D.P.R. n. 616 e con l'articolo 49 del Piano territoriale di coordinamento paesistico della regione. Ma in realtà tali vizi sono del tutto insussistenti.
In tanto è inconferente sostenere che con l'autorizzazione in parola si sarebbe consentita - in violazione di quanto previsto nell'articolo 82, V comma, cit. - una modifica dal provvedimento di vincolo paesaggistico. Nella specie, trattandosi di un vincolo relativo -che non preclude affatto interventi edificatori ma li subordina ad un giudizio di compatibilità con le esigenze di tutela ambientale l'Amministrazione provinciale si è limitata ad autorizzare la realizzazione del manufatto dopo aver positivamente valutato tale compatibilità. La norma invocata (articolo 82, V comma) non appare dunque idonea a sorreggere la motivazione del disposto annullamento. Ugualmente non è dato ravvisare la violazione dell'articolo 49 del P.T.C.P. in quanto la disposizione m essere (costituente la normativa di, zona del progettato edificio) consente anche interventi di nuova edificazione nel rispetto delle forme insediative esistenti.
Il decreto ministeriale, pur non denunciando espressamente un vizio di travisamento dei fatti (ma solo di difetto di motivazione) sembra adombrare una illegittimità di tal genere laddove tende a dimostrare che in sede di autorizzazione paesaggistica non si è tenuto conto delle "emergenze paesistiche e storiche" presenti nella zona, né delle alterazioni del paesaggio conseguenti alla necessità di sbancamenti e movimenti di terra.
Ma al riguardo va osservato che è stata semmai la Soprintendenza a non apprezzare nei suoi esatti termini la effettiva realtà dei luoghi e l'impatto ambientale del progettato edificio. Invero, come è stato bene evidenziato nella sentenza appellata (che sul punto non viene minimamente contrastata), e come del resto si evince anche dalla documentazione fotografica depositata in giudizio, l'area del progettato intervento non è compresa tra i due "manufatti emergenti" (id est: torre di avvistamento e tracce dell'insediamento pre-romano), né è situata in prossimità della Chiesa di San Giorgio «sicché il costruendo edificio non interferisce in alcun modo né compromette minimamente la visuale dei medesimi».
D'altra parte non è esatto che l'esecuzione delle opere comporterebbe rilevanti sbancamenti e riporti, tali da modificare la morfologia del sito. Come emerge dalle considerazioni contenute nella autorizzazione provinciale e dal parere della competente Commissione tecnica (espresso sulla base della acquisizione di ampia documentazione fotografica e di ben due sopralluoghi), il progetto è stato elaborato in modo da assicurare il migliore inserimento possibile nell'ambiente circostante, evitando eccessive alterazioni del terreno.
Si deve dunque concludere che se travisamento dei fatti e/o difetto di istruttoria vi è stato, esso è piuttosto da ravvisare nella fase del controllo culminato con l'annullamento della autorizzazione, piuttosto che nel momento del rilascio di detta autorizzazione; sì che appare corretta la decisione del giudice di prime cure laddove ha ritenuto fondato il terzo motivo dì gravame con cui si deduceva difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
Escluso pertanto che l'autorizzazione della Provincia fosse inficiata da vizi di legittimità, ed in quanto tale suscettibile di caducazione in virtù dei poteri di controllo attribuiti alla Autorità ministeriale, il decreto di annullamento impugnato in primo grado si atteggia come una inammissibile sovrapposizione di una diversa valutazione di merito rispetto a quella compiuta dalla Provincia.
Per le considerazioni suesposte l'appello deve essere respinto e la sentenza appellata deve essere confermata nel suo dispositivo stante la fondatezza del terzo motivo di gravame (come ritenuto dal giudice di primo grado).
Sussistono giusti motivi di compensare, tra le parti in causa, le spese inerenti il presente grado di giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), respinge il ricorso in appello di cui in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, nella Camera di consiglio del 18 dicembre 1998, con l'intervento dei signori:
Giorgio Giovannini - Presidente
Calogero Piscitello - Consigliere
Franco Zeviani Pallotta - Consigliere
Paolo D'Angelo - Consigliere
Lanfranco Balucani - Cons. rel ed est.