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n. 11-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 novembre 1999 n. 1706 - Pres. Ruoppolo, Est. Salvatore - Pepe (Avv. Campagnola) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica (Avv.ra Stato) ed altri (n.c.) - (conferma TAR Lazio, Sezione III ter, sentenza 28 ottobre 1996, n.1985).

L'art. 1 D.L. 29 settembre 1992, n. 93, convertito nella L. 26 novembre 1992, n. 460, rubricato «assunzioni nel pubblico impiego di lavoratori in cassa integrazione», nel prevedere che nel biennio 1992-1993 poteva essere assunto, anche in deroga ai limiti di età, presso uffici delle pubbliche amministrazioni situati nelle regioni dei centro-nord, personale in cassa integrazione, ha inteso provvedere al salvataggio occupazionale di dipendenti privati in cassa integrazione.

Ne consegue che la norma, secondo cui vanno stabilite le equiparazioni tra le professionalità possedute da ciascun lavoratore e le qualifiche funzionali e i profili professionali delle pubbliche amministrazioni, non può essere letta nel senso di garanzia assoluta della conservazione della professionalità acquisita; la norma, infatti, va interpretata in chiave sistematica, e cioè ritenendo che essa consente sì la salvaguardia della professionalità acquisita, ma non già in via assoluta, bensì con il limite che in ogni caso non possono essere attribuite qualifiche per le quali è prescritto un titolo di studio superiore al diploma di scuola media di secondo grado. Non è dunque normativamente stabilita la garanzia del trattamento economico in godimento, ma solo la previsione dell'attribuzione del trattamento economico iniziale delle qualifiche di nuovo inquadramento.

E' pertanto legittimo il provvedimento con il quale l'amministrazione non ha attribuito qualifiche superiori alla VI^ al personale proveniente dalla Federconsorzi, atteso che in base agli artt. 2 e 13 della legge 11 luglio 1980, n. 312, per le qualifiche funzionali dalla VII ^ in su occorre il diploma di laurea.

I consorzi agrari e la loro federazione ricevono dal legislatore una disciplina peculiare, che si discosta in parte da quella dettata dal codice civile per le altre società cooperative; in particolare, tali enti vedono fortemente limitata la loro autonomia statutaria (art. 32 d. lg. n. 1235 del 1948), e sono sottoposti a controlli pubblici più penetranti di quelli dettati per la generalità delle società cooperative (art. 35 d. lg, n. 1235 del 1948).  I controlli pubblici e la limitazione dell'autonomia statutaria hanno la loro giustificazione nelle finalità perseguite dai consorzi e dalla loro Federazione: da un lato, gli stessi hanno il fine di contribuire all'incremento e al miglioramento della produzione agricola e ad iniziative di carattere sociale e culturale nell'interesse degli agricoltori (artt. 2 e 3 d. lg. n. 1235 del 1948); dall'altro, è prevista la possibilità che tali enti perseguano fini propri dello Stato, quali strumenti dell'intervento dello stesso nel mercato agricolo (art. 2, n. 8, d. lg. n. 123 5 del 1944: «possono eseguire per conto e nell'interesse dello Stato le operazioni necessarie per il ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci e prodotti di qualsiasi specie: le gestioni connesse con tali operazioni saranno tenute separatamente da quelle normali»). Ma la possibilità che tali enti perseguano fini propri dello Stato, se da un lato giustifica la disciplina legislativa volta a limitarne l'autonomia statutaria e a sottoporli a penetranti controlli, tuttavia non è tale da far attribuire natura pubblica agli stessi.

Il divieto di reformatio in peius del trattamento economico, previsto dall'art. 202 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, si riferisce a ipotesi di impiego entro l'assetto statale (1), e non al caso di assunzione da parte dello Stato di personale proveniente da un ente privato; inoltre il principio della conservazione del trattamento economico in godimento presuppone che vi sia il passaggio dei dipendente dall'una all'altra amministrazione, ferma restando la continuità del rapporto di lavoro.

Il divieto della reformatio in peius vincola la pubblica amministrazione, ma non il legislatore, e non opera, pertanto, quando il trattamento economico viene disciplinato ex novo dalla legge (2).

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(1) Cons. Stato, Sez. IV, l maggio 1991, n. 389.

(2) Cons. Stato, Sez. V, 5 luglio 1991, n. 984.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti nn. 8109 e 6760 dei 1997, proposti:

a) il primo da PEPE Biagio, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Campagnola, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, viale Carso, n. 71;

CONTRO

Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica, in persona del Presidente del Consiglio in carica, Ministero dei Trasporti e Ministero dei Lavoro e della previdenza sociale, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliati presso gli uffici di quest'ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

b) il secondo dalla Presidenza dei Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica, in persona del Presidente del Consiglio in carica, dal Ministero dei Trasporti e dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliati presso gli uffici di quest'ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

CONTRO

PEPE Biagio, non costituito,

PER L'ANNULLAMENTO

della sentenza dei T.A.R. del Lazio - sede di Roma (Sezione 111 ter), 28 ottobre 1996, n. 1985.

Visti gli appelli con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni appellate,

Viste le memorie prodotte dalle parti 'a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Alla pubblica udienza del 16 aprile 1999 relatore il Consigliere Costantino Salvatore;

Uditi l'avv. Campagnola e l'avvocato dello Stato Noviello;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

FATTO

Biagio Pepe, già dipendente della Federconsorzi, in attuazione dell'art. 1 D.L. 29 settembre 1992, n. 393, convertito nella legge 26 novembre 1992, n. 460, veniva assunto alle dipendenze del Ministero dei trasporti, e inquadrato nei relativi ruoli con la IV ^ qualifica funzionale.

Premesso che nell'ente di provenienza rivestiva la qualifica di "Quadro C", in possesso di diploma di Scuola media di secondo grado e che aveva perciò titolo all'inquadramento nella VIII ^ qualifica funzionale, proponeva ricorso al T.A.R. Lazio avverso il provvedimento attributivo della IV ^ qualifica e avverso tutti gli atti presupposti, tra cui, in particolare, il D.P.C.M. 24 giugno 1993, recante le equiparazioni tra livelli presso la Federconsorzi e qualifiche funzionali presso le amministrazioni statali, deducendo la violazione D.L. 29 settembre 1992, n. 393, convertito nella legge 26 novembre 1992, n. 460, dei DPR 44/1990, della legge Il luglio 1980, n. 312, della legge 27 dicembre 1993, n. 537, dell'art. 3 della legge 7 agosto 190, n. 241, nonché eccesso di potere per difetto di motivazione e chiedendo, pertanto,, il riconoscimento dei diritto all'inquadramento nella VIII qualifica funzionale, con condanna delle amministrazioni al pagamento delle differenze retributive, maggiorate di interessi e rivalutazione

Il T.A.R. adito, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il gravame solo in parte, ritenendo illogica e carente di motivazione il D.P.C.M. 24 giugno 1993 e il D.M. 26 febbraio 1994 nella parte in cui, nell'ambito di un unico genus costituito dal diploma di scuola media superiore, hanno operato una discriminazione ai fini dell'accesso alla VI qualifica in favore di coloro che fossero in possesso delle qualifiche di geometra, ragioniere e programmatore, ai quali soltanto è stata attribuita la VI ^ qualifica.

La decisione è stata impugnata dall'interessata e, con distinto appello, anche dalle amministrazioni statali che ne chiedono la riforma nella parte in cui ha accolto il gravame di primo grado.

L'appellante con successiva memoria ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive, richiamando a sostegno della loro fondatezza le normativa introdotta con il D.L. 23 ottobre 1996, n. 552, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 642.

Gli appelli sono stati trattenuti in decisione alla pubblica udienza del 16 aprile 1999.

DIRITTO

In via preliminare i due appelli vanno riuniti perché rivolti contro la stessa sentenza, emessa tra le stesse parti.

Sempre in via preliminare, occorre verificare la procedibilità dell'appello sotto il profilo della permanenza dell'interesse, in quanto, nelle more della pubblicazione della sentenza di primo grado è intervenuto l'art. 5 D.L. 23 ottobre 1996, n., 552, convertito nella legge 20 dicembre. 1996, n. 642, recante «disposizioni urgenti per il personale della Federconsorzi», in attuazione dei quale l'appellante è stato inquadrato nella "VII ^ qualifica, con decorrenza 30 aprile 1997.

Siffatto inquadramento, peraltro, non rende improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l'appello del ricorrente, il quale aspira ad una qualifica (la VIII), più elevata rispetto a quella successivamente attribuita (la VII), e con una decorrenza anteriore a quella ottenuta.

2. Sempre in via preliminare, occorre precisare che ogni questione relativa alla legittimità della decorrenza assegnata con il nuovo inquadramento esula dalla presente controversia e deve essere valutata nell'ambito dei giudizio instaurato contro il nuovo provvedimento contenente la nuova qualifica, contestata anche per la decorrenza.

La nuova normativa di cui all'art. 5 D.L. 23 ottobre 1996., n. 552, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 642, non ha natura interpretativa e, quindi, non esplica alcuna rilevanza ai fini della presente decisione, che deve tenere conto solo della normativa del 1992, in applicazione della quale sono stati adottati i provvedimenti impugnati.

3. Nell'ordine logico delle questioni dedotte con l'appello della parte privata, vanno anzitutto esaminate le critiche rivolte al capo di sentenza che ha riconosciuto legittimo la previsione dell'inquadramento fino alla VI ^ qualifica, anziché anche nelle ulteriori, e al capo di sentenza che ha ritenuto inapplicabile il divieto di reformatio in peius per quanto riguarda il trattamento economico.

Ad avviso del T.A.R. in base all'art. 1 D.L. n. 393 dei 1992, il personale della Federconsorzi poteva essere assunto alle dipendenze di amministrazioni statali solo in qualifiche per cui fosse richiesto un titolo di studio pari od inferiore al diploma di scuola media superiore, vale a dire per qualifiche dalla I ^ alla VI ^, donde l'impossibilità da un lato di inquadrare il personale della Federconsorzi in qualifiche superiori alla VI ^, e dall'altro lato che l'operazione di equiparazione tra le professionalità possedute presso la Federconsorzi e le qualifiche funzionali delle pubbliche amministrazioni, prevista dal citato art. 1 D.L. n. 393/1992, potesse tradursi in una mera trasposizione orizzontale, con necessaria piena salvaguardia della professionalità acquisita. Al contrario potendo il nuovo inquadramento avvenire in qualifiche fino alla VI ^, era possibile un parziale sacrificio di detta professionalità da ritenere, peraltro, non irragionevole, atteso che obiettivo dei legislatore è stato quello del salvataggio dal licenziamento di dipendenti privati in cassa integrazione, e che tale obiettivo contingente ben poteva essere realizzato al prezzo di un parziale sacrificio del contenuto della precedente posizione lavorativa.

Nessun rilievo al riguardo assumerebbe, secondo il giudice di primo grado, il confronto con altre leggi speciali, che hanno disciplinato il passaggio presso amministrazioni statali di dipendenti provenienti da altri enti, sia perché nella maggior parte dei casi si tratta di ipotesi di successione tra amministrazioni pubbliche, sia perché l'obiettivo del salvataggio occupazionale, in sé contingibile e urgente, può essere di volta in volta perseguito con strumenti e istituti normativi diversi e variabili in funzione delle circostanze dei momento (disponibilità finanziarie, conflittualità sociale, etc.).

Per quanto concerne il principio del divieto di reformatio in peius in relazione al pregresso trattamento economico, il T.A.R. lo ha ritenuto nella specie inapplicabile, sia per espresso dettato dell'art. 1 D.L. n. 393/1992, che prevede che al personale proveniente dalla Federconsorzi è attribuito il trattamento economico iniziale della qualifica di inquadramento, senza cenno alcuno alla salvaguardia dei precedente trattamento economico sia in base ad altre considerazioni.

L'appellante a confutazione di tali statuizioni osserva in primo luogo che la Federconsorzi ha natura di ente pubblico, per cui devono trovare applicazione i principi, valevoli in caso di passaggio di dipendenti da una amministrazione pubblica ad un'altra, della salvaguardia della professionalità acquisita e del divieto di reformatio in peius del trattamento economico già in godimento e, in secondo luogo, che sia 'l'amministrazione che il T.A.R. avrebbero ignorato l'esistenza del D.P.C.M. 16 settembre 1994, n. 716, recante la disciplina della mobilità dei dipendenti della pubblica amministrazione, i cui artt. 9 e 18 garantiscono la salvaguardia della professionalità e del trattamento economico in godimento.

Essa si duole, inoltre, dell'omessa pronuncia sulla eccezione di incostituzionalità dell'art. 1 D.L. n. 393 del 1992, da ritenere illegittimo per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost., per la ingiustificata disparità di trattamento dei dipendenti della Federconsorzi rispetto ai dipendenti, provenienti da altri enti disciolti, transitati nei ruoli delle amministrazioni statali con piena- salvaguardia della professionalità acquisita e dei trattamento economico in godimento.

4. La questione è stata già affrontata da questo Consiglio di Stato con decisione (Sez. IV) del 14 gennaio 1999, n. 24, dalle cui conclusioni non. vi è ragione per discostarsi.

L'art. 1 D.L. 29 settembre 1992, n. 93, convertito nella L. 26 novembre 1992, n. 460, rubricato «assunzioni nel pubblico impiego di lavoratori in cassa integrazione», prevedeva che nel biennio 1992-1993 potesse essere assunto, anche in deroga ai limiti di età, presso uffici delle pubbliche amministrazioni situati nelle regioni dei centro - nord, personale in cassa integrazione, dipendente da aziende del centro nord per le quali fossero state accertate le condizioni di intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria da almeno dodici mesi e stabiliva che il personale da ricollocare non poteva eccedere le 1.500 unità.

Le assunzioni potevano avvenire per la copertura di vacanze in organico verificatesi nelle varie qualifiche funzionali; e il personale da assumere poteva accedere alle qualifiche funzionali e ai profili professionali per cui è richiesto un titolo di studio pari o inferiore al diploma di scuola media superiore.

Sempre secondo il citato art. 1, il procedimento di assunzione si sviluppava attraverso più fasi: 1) con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuate le aziende di provenienza; 2) queste ultime inviano alle agenzie regionali per l'impiego l'elenco dei lavoratori dichiaratisi disponibili, 3) le agenzie regionali per l'impiego formano la graduatoria dei lavoratori interessati utilizzando i criteri di cui alla legge 28 febbraio 1987, n. 56, e la trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, 4) quest'ultimo, d'intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, «stabilisce le equiparazioni tra le professionalità possedute da ciascun lavoratore e le qualifiche funzionali e i profili professionali delle pubbliche amministrazioni», 5) l'idoneità a svolgere le mansioni proprie di ciascun profilo professionale proposto è accertata da una o più commissioni: l'accertamento avviene mediante prova pratica o colloquio, ovvero mediante prova pratica e colloquio; il colloquio è comunque obbligatorio per i profili professionali per l'accesso ai quali è richiesto un titolo di studio pari al diploma di scuola media superiore; 6) il Ministro per la funzione pubblica dispone l'assegnazione del personale dichiarato idoneo, secondo l'ordine della graduatoria, in relazione alle carenze di personale degli uffici delle pubbliche amministrazioni situati nelle regioni del centro - nord; 7) entro i successivi trenta giorni le amministrazioni interessate provvedono alla nomina e dispongono l'immediata chiamata in servizio.

In attuazione dell'art. 1 in commento, sono stati emanati i seguenti atti 1) con il D.P.C.M. 28 dicembre 1992 sono state individuate le aziende interessate, tra cui la Federconsorzi, dalla quale dipendeva l'odierna appellante, ed è stato fissato in 250 il numero di dipendenti della Federconsorzi che potevano essere assunti in uffici pubblici aventi sede nel centro - nord; 2) con il D.P.C.M. 24 giugno 1993 sono state fissate le equiparazíoni tra livelli presso la Federconsorzi e qualifiche funzionali presso la pubblica amministrazione; 3) con decreto del Ministro per la funzione pubblica 16 ottobre 1993 sono stati fissati i contenuti delle prove di idoneità per ciascuna qualifica e profilo da assegnare; 4) con decreto dei Ministro per la funzione pubblica 29 ottobre 1993 è stata nominata la commissione di esame- 5) con decreto del Ministro per la funzione pubblica 30 novembre 1993 è stata prevista la possibilità di inquadramento, a domanda, in qualifiche inferiori a quelle previste nel decreto di equiparazione; 6) con decreto del Ministro per la funzione pubblica 26 febbraio '1994 i dipendenti dichiarati idonei sono stati assegnati al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.

4.1 L'esame di tale normativa dimostra che il legislatore ha inteso provvedere al salvataggio occupazionale di dipendenti privati in cassa integrazione, senza garantire la piena salvaguardia della professionalità acquisita e del trattamento economico in godimento.

Da un lato, infatti, ha previsto che il personale da assumere poteva accedere solo alle qualifiche funzionali e ai profili professionali per cui è richiesto, un titolo di studio pari o inferiore al diploma di scuola media superiore, senza prendere in considerazione, dunque, né l'eventualità che detto personale possedesse un titolo di studio superiore al diploma di scuola media superiore, né l'eventualità che possedesse qualifiche superiori a quelle per le quali è prescritto il possesso dei diploma di scuola media superiore.

Ne consegue che la norma, secondo cui vanno stabilite le equiparazioni tra le professionalità possedute da ciascun lavoratore e le qualifiche funzionali e i profili professionali delle pubbliche amministrazioni, non può essere letta nel senso, preteso dall'appellante, di garanzia assoluta della conservazione della professionalità acquisita; la norma, infatti, va interpretata in chiave sistematica, alla luce della precedente previsione secondo cui le assunzioni possono avvenire solo per qualifiche per cui è richiesto titolo di studio pari o inferiore al diploma di scuola media superiore.

In chiave sistematica, la norma consente sì la salvaguardia della professionalità acquisita, ma non già in via assoluta, bensì con il limite che in ogni caso non possono. essere attribuite qualifiche per le quali è prescritto un titolo di studio superiore al diploma di scuola media di secondo grado.

Dall'altro lato, il legislatore ha previsto che «il trattamento economico spettante è pari a quello iniziale delle qualifiche iniziali di inquadramento. I lavoratori conservano il trattamento previdenziale vigente presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti».

Non è dunque normativamente stabilita la garanzia del trattamento economico in godimento, ma solo la previsione dell'attribuzione del trattamento economico iniziale delle qualifiche di nuovo inquadramento. Tali previsioni normative che, da un lato, consentono le assunzioni solo per qualifiche che richiedono titoli di studio inferiori al diploma di laurea, e che dall'altro lato, non prevedono la salvaguardia del trattamento economico in godimento, rendono evidente che l'obiettivo del legislatore è stato quello di evitare il licenziamento di dipendenti in cassa integrazione, facendosene carico e assumendoli alle dipendenze dello Stato, ma tale obiettivo è stato perseguito attraverso una soluzione di compromesso tra i due contrapposti interessi, quello dei dipendenti a non perdere il posto di lavoro, e quello dello Stato ad assumere secondo le proprie effettive esigenze di organico e secondo le proprie disponibilità di bilancio.

L'operazione delineata dal legislatore non è stata quella di una successione tra enti nel rapporto di lavoro, bensì quella della risoluzione del precedente rapporto di lavoro e di una nuova assunzione presso lo Stato, con instaurazione ex novo di un distinto rapporto di lavoro.

Del tutto legittimamente, pertanto, l'amministrazione non ha attribuito qualifiche superiori alla VI^ al personale proveniente dalla Federconsorzi, atteso che in base agli artt. 2 e 13 della legge 11 luglio 1980, n. 312, per le qualifiche funzionali dalla VII ^ in su occorre il diploma di laurea.

Potendo, per espresso dettato normativo, le assunzioni avvenire solo per qualifiche per le quali è richiesto il diploma di istruzione secondaria di secondo grado o per qualifiche inferiori, l'amministrazione, nel fissare le equiparazioni, poteva attribuire solo qualifiche dalla I ^ alla via e non qualifiche superiori.

Correttamente, altresì, stante l'espresso dettato legislativo, non è stata garantita la conservazione dei trattamento economico già in godimento.

Nessun rilievo, nella specie, può attribuirsi al D.P.C.M. 16 settembre 1994, n. 716, invocato dall'appellante. che disciplina la mobilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, prevedendo la garanzia della qualifica e del trattamento economico in godimento (artt. 9 e 18).

Deve anzitutto osservarsi che si tratta di una normativa regolamentare, che non può, secondo la gerarchia delle fonti, prevalere sulla norma di legge dettata specificamente per il personale della Federconsorzi.

In secondo luogo, il D.P.C.M. invocato disciplina la mobilità tra amministrazioni pubbliche, e deve escludersi che la Federconsorzi abbia natura di ente pubblico.

In terzo luogo, anche ove, in via di mera ipotesi, volesse accedersi alla tesi della natura pubblica della Federconsorzi, deve dubitarsi che il caso di specie rientri nell'ambito di applicazione del cennato D.P.C.M., il cui art. 1 individua le categorie di dipendenti cui si applica la procedura di mobilità disciplinata dal medesimo.

Ad avviso dell'appellante, il personale della Federconsorzi rientrerebbe nella previsione della lettera b) dell'art. 1 del D.P.C.M. n. 7q16 del 1994, laddove è menzionato il personale risultante in esubero a seguito delle gestioni commissariali governative. Ma va in contrario osservato che la Federconsorzi non ha formato oggetto di gestione commissariale governativa, bensì era sottoposta, all'epoca dei fatti per cui è processo, a procedura dì concordato preventivo secondo la comune legge fallimentare, procedura che si svolge innanzi al Tribunale civile - sezione fallimentare (Trib. Roma, 5 ottobre 1992).

L'operato dell'amministrazione è stato, dunque, conforme al dettato testuale e inequivoco della norma in base alla quale è stato assunto alle dipendenze dello Stato il personale proveniente dalla Federconsorzi.

5. Le considerazioni che precedono sarebbero di per sé sufficienti a respingere l'appello, ma, per completezza, è opportuno esaminare le ulteriori censure sollevate dall'appellante, che muovono dalla natura di ente pubblico dell a Federconsorzi e che invocano il principio del divieto di reformatio in peius in ordine al trattamento economico.

Quanto alla natura giuridica, pubblica o privata, della Federconsorzi, deve anzitutto ribadirsi, come già osservato dal T.A.R. in prime cure, che la stessa è nella specie ininfluente, atteso che il legislatore ha espressamente disciplinato le qualifiche e il trattamento economico dei dipendenti della Federconsorzi che transitano alle dipendenze dello Stato. Sicché, dalla pretesa e supposta natura pubblica della Federconsorzi non può trarsi la conseguenza, invocata dall'appellante, della spettanza del diritto alla piena conservazione della professionalità acquisita e dei trattamento economico in atto.

Ma va, soprattutto, osservato che è errata la premessa su cui si basa l'atto di appello, vale a dire l'affermazione della natura pubblica della Federconsorzi.

Non è esatto che la Federconsorzi sia stata qualificata ente pubblico dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 3 marzo 1988, n. 312 e dalla pronuncia della Corte costituzionale 12- 25 luglio 1995, n. 384.

La citata pronuncia n. 312/1988 non reca, nel corpo della motivazione, alcuna affermazione sulla natura pubblica della Federconsorzi, che viene qualificata semplicemente come «Ente» senza alcuna ulteriore aggettivazione. La qualificazione della Federconsorzi come ente pubblico è contenuta, peraltro in via incidentale, solo nella massima della decisione in commento, ed è perciò da ritenere frutto di un'aggiunta del massimatore, aggiunta non corrispondente al reale contenuto della pronuncia.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 384 del 1995 non si occupa della Federconsorzi, bensì dei Consorzi agrari provinciali, in relazione ai quali non viene affermata la natura di enti pubblici degli stessi, ma solo che gli stessi sono strumenti dell'intervento pubblico statale nel mercato agricolo.

5.l. Ciò premesso, deve ritenersi che la Federconsorzi e i consorzi agrari, pur avendo subito nel tempo alterne vicende in ordine alla loro natura pubblica o privata, attualmente abbiano natura di enti privati, ancorché siano volti a perseguire fini di rilevanza pubblica e siano perciò soggetti a controlli pubblici.

In particolare, la Federconsorzi è nata nel secolo scorso come società privata, con atto notarile del 10 aprile 1892 ed è solo in epoca fascista, in omaggio al corporativismo imperante, che, unitamente ai consorzi agrari, è stata eretta in ente morale di natura pubblica (r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1593, convertito nella l. 2 febbraio 1939, n. 159).

La originaria natura di società cooperative ai consorzi e alla loro federazione è stata restituita dal D. Lg. 7 maggio 1948, n. 1235, ratificato con 1. 17 aprile 1956, n. 56 1, il quale ha è espressamente attribuita agli enti in. questione natura di società cooperative a responsabilità limitata, e dunque forma giuridica privata (art. 1 d. lg. n. 123 5 del 1948), -così come sono privati gli strumenti del loro agire e il rapporto di lavoro con i loro dipendenti.

La giurisprudenza, dal canto suo, ha affermato la natura giuridica privata della Federconsorzi e dei consorzi agrari (C.d.S., sez. 11, 9 gennaio 1950, n. 6; Cass. pen., 22 gennaio 1959, C.d.S., sez. IV, 23 ottobre 1984, n. 790; Trib. Roma, 5 ottobre 1992, con riferimento alla Federconsorzi; v. inoltre C.d.S., sez. IV, 4 marzo 1993, n. 240, e C.d.S., sez. V, 19 settembre 1995, n. 1313, con riferimento ai consorzi agrari).

Si può convenire che i consorzi agrari e la loro federazione ricevono dal legislatore una disciplina peculiare, che si discosta in parte da quella dettata dal codice civile per le altre società cooperative; in particolare, tali enti vedono fortemente limitata la loro autonomia statutaria (art. 32 d. lg. n.1235 del 1948), e sono sottoposti a controlli pubblici più penetranti di quelli dettati per la generalità delle società cooperative (art. 35 d. lg, n. 1235 del 1948). Peraltro, sono, per espresso dettato legislativo, sottoposti anche alla disciplina dettata dal codice civile per le società cooperative (art. 1 d. lg. n.1235 del 1948).

I controlli pubblici e la limitazione dell'autonomia statutaria hanno la loro giustificazione nelle finalità perseguite dai consorzi e dalla loro Federazione: da un lato, gli stessi hanno il fine di contribuire all'incremento e al miglioramento della produzione agricola e ad iniziative di carattere sociale e culturale nell'interesse degli agricoltori (artt. 2 e 3 d. lg. n. 1235 del 1948); dall'altro, è prevista la possibilità che tali enti perseguano fini propri dello Stato, quali strumenti dell'intervento dello stesso nel mercato agricolo (art. 2, n. 8, d. lg. n. 123 5 del 1944: «possono eseguire per conto e nell'interesse dello Stato le operazioni necessarie per il ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci e prodotti di qualsiasi specie: le gestioni connesse con tali operazioni saranno tenute separatamente da quelle normali»).

Ma la possibilità che tali enti perseguano fini propri dello Stato, se da un lato giustifica la disciplina legislativa volta a limitarne l'autonomia statutaria e a sottoporli a penetranti controlli, tuttavia non è tale da far attribuire natura pubblica agli stessi.

E, invero, anzitutto gli enti in questione perseguono anche fini privati, ancorché di rilevanza pubblica; in secondo luogo, l'assunzione di fini pubblici dello Stato non è prevista in via obbligatoria, ma solo in via facoltativa ed eventuale, e il perseguimento di fini pubblici solo in via eventuale è inidoneo a rendere l'ente di natura pubblica; in terzo luogo, non è ignoto all'ordinamento giuridico italiano il fenomeno del perseguimento di fini pubblici attraverso enti di natura privata.

Una volta stabilita la natura di. ente privato della Federconsorzi, avente veste giuridica di società cooperativa, cade la premessa da cui muove l'atto di appello, e va perciò ribadito che all'assunzione di personale della Federconsorzi da parte dello Stato non possono automaticamente, e in difetto di espresso dettato legislativo, trovare applicazione i principi, valevoli, di regola, per la mobilità tra amministrazioni pubbliche, della piena salvaguardia della qualifica e dei trattamento economico in godimento.

6. Quanto, in particolare, al principio, invocato dall' appellante, del divieto di reformatio in peius del trattamento economico, deve affermarsi, in aggiunta a quanto già osservato, che non può trovare applicazione al caso di specie l'art. 202 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, (testo unico degli impiegati civili dello Stato), norma che, nello stabilire la salvaguardia del trattamento economico in godimento, si riferisce a ipotesi di impiego entro l'assetto statale (C.d.S., sez. IV, l maggio 1991, n. 389), e non al caso, quale è quello in oggetto, di assunzione da parte dello Stato di personale proveniente da un ente privato.

Inoltre, il principio della conservazione del trattamento economico in godimento presuppone che vi sia il passaggio dei dipendente dall'una all'altra amministrazione, ferma restando la continuità del rapporto di lavoro: nella specie, invece, il legislatore ha ipotizzato la risoluzione del rapporto di lavoro con la Federconsorzi e l'instaurazione ex novo di un distinto rapporto di servizio con lo Stato.

Del resto il divieto della reformatio in peius vincola la pubblica amministrazione, ma non il legislatore, e non opera pertanto quando il trattamento economico viene disciplinato ex novo dalla legge (C.d.S., sez. V, 5 luglio 1991, n. 984), come è avvenuto nel caso di specie.

Né può ritenersi costituzionalmente illegittimo l'operato dei legislatore che disattenda siffatto divieto, iá quanto quest'ultimo, pur costituendo un principio generale dell'ordinamento, non ha rilevanza costituzionale, e come tale può essere disatteso dal legislatore in ipotesi particolari obiettivamente giustificate (C.d.S., sez. IV, 3 luglio 1985, n. 262).

Nella specie, la deroga legislativa al divieto di reformato in peius ha una giustificazione ragionevole nell'esigenza di salvaguardare il posto di lavoro di dipendenti privati, evitando al contempo che tale tutela occupazionale si traduca in un aggravio eccessivo per il bilancio dello Stato.

7. Le considerazioni che precedono evidenziano pure la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata da parte appellante, la quale assume il contrasto dell'art. 1 D.L. n. 460 dei 1992 con gli artt. 3, 36 e 97 Costituzione, per la ingiustificata disparità di trattamento dei,dipendenti della Federconsorzi rispetto ad altri dipendenti di enti disciolti, che sono transitati nei ruoli dello Stato, in virtù di altre leggi speciali, conservando la propria qualifica e il proprio trattamento economico.

La tesi non può essere condivisa perché, a prescindere dal rilievo che i casi cui si riferisce l'appellante quale tertium comparationis si riferiscono a ipotesi di passaggio nei ruoli statali di personale proveniente da enti pubblici, mentre nella specie si è dimostrato che la Federconsorzi ha natura di ente privato, è assorbente la considerazione che gli interventi legislativi a tutela dell'occupazione sono connotati da elevatissima discrezionalità in ordine all'an e al quomodo. Il legislatore può scegliere i mezzi con cui salvaguardare i livelli occupazionali, e può ben conciliare l'interesse di chi vuoi conservare il posto di lavoro con altri interessi pubblici. Risponde al principio costituzionale di solidarietà sociale che lo Stato si faccia carico di dipendenti privati in cassa integrazione guadagni, ma siffatta solidarietà richiede il contemperamento dei sacrificio economico dell'intera collettività con quello del singolo lavoratore.

Il legislatore ben può, pertanto, prevedere di assicurare al dipendente la conservazione del posto di lavoro - il che si traduce in un costo per l'intera collettività - richiedendo al contempo al lavoratore un parziale sacrificio in termini di professionalità e di trattamento economico.

Come è stato già osservato dal giudice di prime cure, gli interventi legislativi a tutela dell'occupazione sono di volta in volta mossi da finalità contingenti e possono utilizzare diversi strumenti e istituti, secondo le circostanze del momento; di talché ogni singola disciplina speciale, proprio per il suo carattere eccezionale e temporaneo, non è suscettibile di fornire principi generali, e pertanto non può essere assunta a tertium comparationis per desumerne l'illegittimità di altre discipline speciali di minor favore, sotto il profilo di pretese disparità di trattamento o di violazione di presunti principi generali.

Alla luce delle considerazioni svolte l'appello di parte privata va respinto.

8. Anche l'appello delle amministrazioni, con il quale si censura il capo di sentenza che ha ritenuto illegittimi gli atti impugnati nella parte in cui escludono dall'inquadramento in VI ^ qualifica coloro che avevano qualifica di "quadri e "impiegati di livello B" presso la Federconsorzi, è infondato.

Il T.A.R. ha ritenuto viziato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 giugno 1993 per illogicità e difetto di motivazione nella parte in cui, nell'ambito dei dipendenti in possesso del diploma di scuola media superiore, ha attribuito la VI ^ qualifica solo a quelli muniti dei titoli di geometra, ragioniere e programmatore, con una irragionevole discriminazione in danno degli altri dipendenti in possesso. di un diverso diploma di scuola media superiore.

Ad avviso del giudice di primo grado, dovendo il decreto impugnato limitarsi a stabilire equiparazioni di carattere generale, non si comprenderebbe perché la VI ^ qualifi.ca è stata attribuita solo a dipendenti dei ruoli tecnici.

Né la discriminazione- potrebbe fondarsi sull'intento di riservare la VI ^ qualifica solo a esperienze professionali più marcate, atteso che se per i ruoli tecnici il possesso del diploma di ragioniere, geometra o programmatore comporta una maggiore professionalità, così non è per i ruoli amministrativi.

Le amministrazioni appellanti criticano tale capo di sentenza deducendo che in sede di equiparazione non si è tenuto conto solo dei titolo di studio, ma pure della professionalità acquisita nell'impiego di provenienza: ciò che l'amministrazione ha ritenuto differenziante non è il semplice possesso del titolo di studio, ma la correlativa attività contrattuale svolta.

La censura è infondata.

La circostanza che l'amministrazione, nell'attribuire la VI ^ qualifica solo a geometri, ragionieri e programmatori, abbia inteso tenere conto, oltre che del titolo di studio, anche della professionalità maturata presso l'ente di provenienza, non fa venire meno il riscontrato vizio di illogicità e difetto di motivazione dell'atto impugnato: non è dato comprendere, infatti, perché solo i geometri, ragionieri e programmatori avrebbero acquisito una professionalità tale da meritare la VI ^ qualifica, e non anche altre categorie di dipendenti in possesso di titolo di studio dello stesso rango, e che, ,nell'ente di provenienza, ricoprivano un livello addirittura superiore a quello dì geometri, ragionieri e, programmatori.

Se realmente l'amministrazione, nello stabilire le equiparazioni tra livelli di provenienza e qualifiche funzionali, avesse inteso tenere conto della professionalità acquisita oltre. che dei titolo di studio, come assume ora in sede di appello, sarebbe stata necessaria.una congrua motivazione in tal senso, che desse conto dell'iter logico seguito. Sarebbe stato necessario che il decreto di equiparazione chiarisse perché solo per ragionieri, geometri e programmatori si è ritenuto che la professionalità maturata fosse tale da consentire l'inquadramento in VI ^ qualifica, e perché, invece, non era possibile l'inquadramento in VI ^ qualifica per impiegati che ricoprendo nell'ente di provenienza un livello superiore a quello di geometri, ragionieri, e programmatori, si deve supporre avessero maturato una professionalità del pari superiore.

In conclusione entrambi gli appelli vanno respinti, mentre sussistono peraltro giusti motivi per compensare integralmente le spese e gli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI), riuniti gli appelli in epigrafe specificati, definitivamente pronunciando sui medesimi, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma addì 16 aprile 1999 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente

Costantino Salvatore est. Consigliere

Paolo Numerico Consigliere

Marilena Franco Consigliere

Francesco Caringella Consigliere

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