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n. 4-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 21 aprile 1999 n.  487 - Pres. Giovannini, Est. Caringella - S.p.A. S.E.A. Società Esercizi Aeroportuali (Avv. Sandulli) c. Ministero dei Trasporti e della Navigazione (Avv.ra Stato) - (annulla TAR Lombardia-Milano, Sez. I, 13 aprile 1992 n. 149).

Autorizzazione e concessione - Concessione servizi di handling negli aeroporti - Tariffe - Determinazione - Omessa considerazione dell'equo compenso spettante alla società concessionaria - Illegittimità.

Autorizzazione e concessione - Tariffe del concessionario - Determinazione - Spettanza al concessionario di un equo profitto - Necessità - Ragioni - Imposizione di un prezzo politico - Impossibilità.

Autorizzazione e concessione - Concessione servizi di handling negli aeroporti - Tariffe - Poteri della P.a. - Riguardano solo l'approvazione della tariffa - Attività di determinazione delle tariffe - Costituisce attività di diritto privato soggetto al controllo della p.a.

Sono illegittimi i provvedimenti con i quali il Ministero dei Trasporti e della Navigazione ha fissato le tariffe dei servizi ordinari e dei servizi a richiesta per l'assistenza a terra agli aeromobili, ai passeggeri, ai bagagli ed alle merci, da applicarsi negli aeroporti di Milano Linate e Malpensa, pretermettendo di valutare le voci della proposta della società concessionaria con la quale si chiedeva di attribuire, in sede di determinazione delle tariffe, un equo compenso per l'attività di impresa.

Invero, in sede di determinazione delle tariffe per i servizi espletati in sede di concessione, spetta al concessionario un equo profitto, per una esigenza di tutela non solo del concessionario, ma altresì del pubblico nel cui interesse il servizio è gestito, al fine di evitare che lo sfasamento congiunturale fra i costi e i ricavi possa influire sulla quantità e qualità del servizio offerto (1).

D'altra parte, al concessionario privato non si possono imporre criteri di gestione propri dello Stato, quali l'adozione di prezzi pubblici, in quanto lo spirito e la finalità dell'istituto concessorio, connotato dal ricorso alla flessibilità ed all'efficienza dello strumento imprenditoriale privato, sarebbe frustrato dalla generazione di inevitabili perdite e, comunque, dalla non remunerazione del capitale investito (2).

In ordine ai servizi aeroportuali di assistenza a terra affidati ad un concessionario la p.a. non dispone di un potere di determinazione della tariffa, ma soltanto di un potere di approvazione della tariffa già formata (3).

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(1) App. Milano 20 giugno 1997, n. 2022, secondo cui "non potrebbe pretendersi che un'impresa privata presti un servizio sotto costo; e ciò indipendentemente dal fatto che il servizio venga o meno svolto automaticamente ed isolatamente".

(2) Cons. Stato, Sez. VI, 29 novembre 1985, n. 615; id., 21 agosto 1993, n. 583.

(3) Cass. Sez. unite, 16 luglio 1985 n. 4151.

 

 

FATTO: Con decreti 15.3.1990 nn. 1 e 41, il Ministero dei Trasporti e della Protezione civile, determinandosi su istanza di incremento tariffario presentata dalla sea s.p.a. (nella misura del 9,9%), provvedeva a determinare, incrementandola del 7,75%, le tariffe dei servizi ordinari e dei servizi a richiesta per l'assistenza a terra agli aeromobili, ai passeggeri, ai bagagli ed alle merci, da applicarsi negli aeroporti di Milano Linate e Malpensa.

I primi Giudici hanno respinto il ricorso osservando che nella specie il macato recepimento della proposta formulata dalla Sea, la quale aveva dedotto una quota di aumento da imputare ad equo compenso per il profitto d'impresa, risulta adeguatamente motivato con la considerazione relativa all'unitarietà del rapporto concessiorio ed alla conseguente infondatezza della pretesa relativa ad una posta di compenso riferita non al complesso della gestione concessioria, ma al singolo ramo. (omissis)

 

DIRITTO: 1) L'oggetto della controversia riguarda i criteri la determinazione delle tariffe relative alla gestione dei servizi di handling presso gli aeroporti di Milano Linate e Malpensa da parte della s.p.a. SEA. Oggetto del contendere è in particolare l'intervento riduttivo operato dal Ministero dei Trasporti sulla proposta di aumento tariffario formulata dalla società in parola.

2) La SEA, società il cui capitale è per la quasi totalità detenuto dalla Provincia e dal Comune di Milano, è deputata, in base alla legge 18 aprile 1962, n. 194 ed alla convenzione n. 191 stipulata con l'Amministrazione statale il 7 maggio dello stesso anno, a gestire, ai sensi degli articoli 704 e seguenti del codice della navigazione, i servizi relativi all'Aeroporto di Milano, scali di Linate e Malpensa. A mente dell'articolo 704 del codice della navigazione le tariffe relative all'esercizio di un'infrastruttura aeroportuale, determinate dall'ente gestore, sono soggette ad approvazione ministeriale. L'art. 9, ultimo comma, della legge 5 maggio 1976, n. 324, recante "nuove norme in materia di diritti per l'uso civile degli aeroporti", normativa vigente all'epoca dei fatti per cui è causa, disponeva che la anzidetta approvazione ministeriale avesse luogo per quanto riguarda, tra l'altro, "la misura delle tariffe dei servizi di assistenza a terra agli aeromobili ai passeggeri, ai bagagli ed alle merci", previa audizione di apposita commissione (di cui al comma 1° della stessa norma), presieduta dal Ministro (o da un Sottosegretario) e costituita da funzionari dell'amministrazione e rappresentanti delle categorie interessate.

In sede di enucleazione dei criteri di determinazione della tariffe la giurisprudenza amministrativa, in ossequio a collaudati principi comunitari in tema di remuneratività dei servizi espletati in sede di concessione, ha messo a fuoco il principio della spettanza al concessionario di un equo profitto, e tanto in risposta ad un'"esigenza di tutela non solo del concessionario ma altresì del pubblico nel cui interesse il servizio è gestito", al fine di evitare che "lo sfasamento congiunturale fra i costi e i ricavi possa influire sulla quantità e qualità del servizio offerto". Segnatamente, si è rimarcato che "al concessionario privato non si possono imporre criteri di gestione propri dello Stato, quali l'adozione di prezzi pubblici", in quanto lo spirito e la finalità dell'istituto concessorio, connotato dal ricorso alla flessibilità ed all'efficienza dello strumento imprenditoriale privato, sarebbe frustrato dalla generazione di inevitabili perdite e, comunque, dalla non remunerazione del capitale investito (Cons. Stato, sezione VI, 29 novembre 1985, n. 615; 21 agosto 1993, n. 583). La trama dei rapporti tra fissazione delle tariffe da parte della società gerente e ambito del controllo ascritto al plesso ministeriale è stata oggetto di scrutinio da parte della Corte di legittimità (Cass. Sezioni unite, 16 luglio 1985 n. 4151). La S.C. ha chiarito che "in ordine ai servizi di assistenza a terra la p.a. non dispone di un potere di determinazione della tariffa ma soltanto di un potere di approvazione della tariffa già formata". La formazione della tariffa è dunque espressione dell'autonomia privata, e, in definitiva, esercizio del diritto d'impresa del soggetto privato S.E.A., che ovviamente non dismette la qualità di soggetto di diritto privato per il solo fatto di avere acquistato anche quella di concessionario di pubblico servizio, che viene reso al pubblico anche se alcuni atti - come quelli appunto concernenti la formazione delle tariffe - pur essendo sempre atti di autonomia privata, sono sottoposti al controllo del pubblico potere". Dal carattere imprenditoriale dell'organizzazione e dell'attività del concessionario deriva in linea retta, ad avviso della Corte regolatrice, la necessità che il controllo statale sulle tariffe, espressione del potere di cui al secondo comma dell'articolo 41 della Carta Fondamentale, sia esplicato in armonia con i precipitati giuridico-economici, dei diritto costituzionale di impresa e di iniziativa economica. Pertanto, "esclude che attraverso l'esercizio del potere di approvazione, il Ministero dei trasporti possa realizzare un effetto sostanzialmente espropriativo dell'impresa (e tale si verifica quando dal concetto di impresa venga eliminato quello della economicità), occorre puntualizzare che l'approvazione in questione di esaurisce in un mero riscontro della congruità del prezzo o tariffa. La p.a. può e deve soltanto verificare che il prezzo e la tariffa non risultino incongrui rispetto alla somma costituita dagli elementi del costo effettivo e del giusto profitto. Trattasi di vera e propria discrezionalità tecnica, essendo questa legata a verifiche d'ordine tecnico e il relativo apprezzamento - di tipo scientifico - è agevolmente controllabile alla stregua di discipline tecniche". Donde la conclusione che l'illegittimo diniego o ritardo nell'approvazione ministeriale delle tariffe si concreta in una conculcazione di un diritto soggettivo da parte della p.a., si da determinare il radicamento della giurisdizione ordinaria ai fini delle controversie risarcitorie conseguenti.

3) Applicando le ricordate coordinate ermeneutiche al caso di specie, fondate si appalesano le censure mosse dall'appellante all'indirizzo della tesi, sostenuta dall'amministrazione in sede di provvedimento di parziale accoglimento della richiesta di adeguamento tariffario presentata dalla SEA e confermata dai primi Giudici con il decisum in questa sede appellato, a dire della quale l'amministrazione controllante ben potrebbe limitarsi alla valorizzazione delle sole componenti dei costi ai fini della valutazione delle tariffe per i singoli servizi, dovendosi parametrare la voce relativa al giusti profitto all'attività imprenditoriale globale espletata dalla società concessorio non già, in via necessaria, ai singoli rami d'azienda.

Si è già osservato in precedenza, che la sfera di discrezionalità di cui gode l'amministrazione controllante non incide nella sostanza sulla necessaria conformità della fissazione delle tariffe, operazione atteggiantesi ad esplicazione di autonomia privata, ai principi economici propri della libertà di impresa e di iniziativa economica. Connotato essenziale della libertà d'impresa è la capacità di consapevole autodeterminazione da parte dell'imprenditore in merito ad una determinata iniziativa economica, ossia la possibilità di valutare, relativamente ad ogni settore in cui si esplica la propria attività, i fattori di costo in relazione alle energie umane, materiali ed immateriali da impiegare, in uno con l'idoneità dei proventi a coprire gli esborsi ed assicurare un margine fisiologico di profitto. La valutazione specifica dei possibili margini di profitto o degli eventuali rischi di perdita non può che essere calibrata relativamente ad ogni settore, autonomamente considerato, di un'attività di impresa, perché relativamente ad ogni ramo l'imprenditore deve essere in grado di effettuare un'attenta programmazione degli investimenti e delle spese da affrontare in una logica programmatoria e, in definitiva, di valutare l'opportunità o meno, di convogliare le proprie energie. Una valutazione di diversa natura, che escludesse la rilevanza del singolo settore sotto il profilo dei profitti, finirebbe per impegnare l'imprenditore di una non semplice verifica della compensabilità della mancata percezione di profitti per un settore con un surplus dei profitti relativamente ad altri campi di intervento e, in definitiva in una comparazione di situazioni disomogenee prima facie contrastante con le esigenze di programamzione specifica che sono elemento fondante della libertà di impresa e di iniziativa economica e, in sostanza, dello stesso concetto di autonomia privata. I rilievi svolti assumono una particolare pregnanza con riferimento ad caso che occupa il Collegio, attesa la varietà delle prestazioni che interessano la società deputata alla gestione aeroportuale, prestazioni a cui corrispondono strutture economiche e logiche gestionali ed organizzative affatto eterogenee. L'economicità della gestione imprenditoriale non può postulare l'obbligata gestione in perdita (o in ogni caso senza attivo) di determinati settori ma implica la tensione all'economicità dei singoli settori, ossia la possibilità, per l'impresa, di conseguire per ogni ramo un equilibrio economico, sub specie di equo profitto remunerativo del capitale investito, dell'attività organizzativa e dell'assunzione del rischio.

In definitiva sembra al Collegio, con particolare riguardo al caso in oggetto, che ogni settore dell'attività economica aeroportuale si atteggi, sul versante, che qui rileva, del rapporto tra prezzo e tariffa, ed entità avente autonomia economica, con autonomi costi e ricavi. Tanto sulla base del fondamentale principio a guisa del quale "costituisce nucleo essenziale e caratterizzante del diritto di impresa il diritto alla remuneratività di ciascun servizio dalla stessa reso, sicchè ognuno di essi non si svolga in perdita, ma copra i propri costi ed assicura un utile". (App. Milano 20 giugno 1997, n. 2022, la quale precisa che "non potrebbe invero pretendersi che un'impresa privata presti un servizio sotto costo; e ciò indipendentemente dal fatto che il servizio venga o meno svolto automaticamente ed isolatamente"; vedi altresì la citata decisione delle Sezioni Unite del 1985, ove si pone l'accento sulla remuneratività "del prezzo di un qualsiasi prodotto").

Le considerazioni svolte sono avvalorate dalla ricordata perimetrazione dei poteri della p.a. nel settore in esame. Compito dell'amministrazione non è la fissazione ex novo delle tariffe, ma la verifica, in un'ottica essenzialmente tecnica, della plausibilità delle tariffe fissate dalla società concessionaria con un atto che non smarrisce la sua connotazione privatistica per il solo fatto di essere sottoposto a successiva verifica pubblicistica. il sindacato amministrativo, proprio in quanto incidente su atto squisitamente privatistico, non può spingersi fino a disconoscere il diritto dell'impresa a vedersi riconosciuto un margine di remuneratività delle tariffe relative ai servizi svolti. L'amministrazione è di certo legittimata a verificare la congruità tecnica delle scelte sottoposte al suo vaglio ovvero a contenere il margine di profitto preteso dalla società in ragione del servizio espletato al fine di evitare un eccessivo aggravio a carico degli utenti ma non può pretendere, sortendo esiti rischiosi per la stessa qualità del servizio, che l'imprenditore rinunci, per ogni singolo ramo di attività, ad un margine di compenso.

Una conclusione di diversa natura, oltre che pregiudizievole per la qualità del servizio, risulterebbe in contrasto con le esigenze degli utenti dei servizi anche sotto altro profilo.

Non solo è paventabile una contrazione della qualità del servizio a cagione della sua non remuneratività ma si registrerebbe l'illogica traslazione, a carico degli utenti di altri servizi, parimenti di rilievo pubblico, di costi economici rapportati al servizio espletato in chiave forzosamente diseconomica. La necessità, per l'impresa, di pretendere una surplus compensativo di profitto per altri servizi svolti nello svolgersi del rapporto concessorio, si rinfrangerebbe infatti in una lievitazione delle tariffe relative ad altri servizi pubblici, calibrate in modo sproporzionato alle effettive esigenze di copertura delle relative voci di costo e di profitto, dando la stura ad un effetto di irrazionale penalizzazione per gli utenti interessati. Non si può sottacere inoltre che l'opinione ermeneutica abbracciata dalla P.A. comporterebbe l'ulteriore irrazionale effetto di differenziare il costo di un servizio sulla base del dato causale, estraneo alla natura del servizio ed al conseguente soppesamento dell'onere economico riversabile sull'utenza, rappresentato dall'espletamento, o meno, da parte del gestore, di ulteriori servizi rispetto ai quali operare nei descritti termini di compensazione.

La necessità di un approccio atomistico all'opera di determinazione delle tariffe per i singoli servizi è infine corroborato dal dato positivo. L'art. 9 della legge 5 maggio 1976, n. 325, istitutiva della richiamata Commissione consultiva presso il Ministero dei Trasporti, prevede, all'ultimo comma, che la relativa audizione si rende necessaria al fine di valutare la congruità delle singole tariffe per gli specifici servizi, tra i quali per l'appunto i servizi di assistenza a terra. Compito dell'organo consultivo è quindi la commisurazione della tariffa al singolo servizio, senza che sia avallata la possibilità di valorizzare, in un'ottica globale estranea al dettato normativo, gli elementi relativi alle altre tariffe.

L'inammissibilità di una manovra di compensazione d'altronde confermata dallo stesso operato della P.A., posto che nell'istruttoria che ha preparato i provvedimenti de quibus, e segnatamente nei verbali della commissione di cui sopra, non vi è alcun riferimento specifico alle tariffe degli altri servizi ed alla correlativa produzione di compensi riequilibratori.

4) Le considerazioni svolte evidenziano l'illegittimità dei provvedimenti impugnati con i quali l'Amministrazione, in contrasto con i principi di cui si è detto, ha fissato le tariffe pretermettendo di valutare le voci della proposta della società appellante relative all'equo compenso dell'attività di impresa. Si impone pertanto l'accoglimento del ricorso e, in riforma della decisione appellata, l'accoglimento del ricorso introduttivo e l'annullamento, nei sensi sopra precisati, dei provvedimenti impugnati in primo grado. Restano salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi.

La complessità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

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