CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 11 giugno 1999 n. 789 - Pres. Giovannini, Est. Balucani - ITALCAVE s.r.l.(Avv.ti Cristoni, Ferrerio, Mazzoli e Barbantini) c. Ministero Industria, Commercio e Artigianato (Avv.to Stato Fiengo), Comune di Loiano (n.c.) e LOIANO MINERARIA s.r.l. (Avv.ti Chirco, Di Tonno e Marucchi) - (conferma T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 10 febbraio 1998 n. 54 ed annulla la sentenza n. 55 emessa dallo stesso T.A.R. in pari data).
Cave e miniere - Attività di escavazione - Non autorizzata - Diffida a proseguire l'attività - Questioni circa la natura dell'atto autorizzativo e circa la proponibilità di istanza di concessione avanzata da altra ditta - In assenza di domanda di concessione - Inammissibilità
Cave e miniere - Concessione mineraria - Proroga - Va disposta prima che il termine originario sia scaduto - Proroga disposta dopo la scadenza - Illegittimità - Ragioni.
Cave e miniere - Concessione mineraria - Proroga - Attività istruttoria - Necessità - Mancanza - Illegittimità.
In sede di impugnativa di un provvedimento di diffida a proseguire l'attività di escavazione da parte di soggetto non autorizzato a proseguire l'attività, è del tutto irrilevante la questione se nella specie sussistano le condizioni per il riconoscimento di una miniera ovvero se sia proponibile l'istanza di concessione mineraria avanzata da altra ditta. Tali questioni, invero, possono assumere rilievo solo in un giudizio avente ad oggetto il diniego di autorizzazione alla prosecuzione dell'esercizio della cava, ovvero il rilascio di una concessione mineraria ad altro soggetto.
Il provvedimento di proroga di un permesso di ricerca mineraria, ex art. 6 R.D. n. 1443/1927, deve necessariamente intervenire prima che il termine originario sia scaduto, ovvero, se la proroga richiede una complessa attività istruttoria, è necessario che almeno l'istanza dell'interessato sia avanzata tempestivamente, perché solo ricollegando l'effetto finale del provvedimento di proroga alla domanda di parte tempestivamente proposta è possibile configurare giuridicamente un "continuum" temporale tra l'originario provvedimento permissivo e la protrazione dei suoi effetti (1).
Altrimenti, scaduto infruttuosamente il primo termine di efficacia dell'atto, l'istanza di parte dovrebbe essere intesa come diretta a provocare una nuova valutazione del pubblico interesse che giustifichi, non la proroga, ma la rinnovazione dell'intera fattispecie procedimentale secondo lo schema legale ad essa applicabile (nella specie l'art. 5 R.D. n. 1443/1927).
Sono illegittimi gli atti di proroga di una concessione mineraria allorchè risulti che l'Autorità emanante non ha compiuto quella attività istruttoria che è necessaria per verificare e quindi valutare la consistenza delle "opere eseguite" e i "risultati ottenuti", come prescritto espressamente dall'art. 6 R.D. n. 1443/1927.
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(1) Cfr. C.d.S., Sez. VI, dec. 16 luglio 1983, n. 591.
FATTO
I. Con provvedimento in data 17.10.1196 il distretto minerario di Bologna, preso atto che la Soc. Loiano Mineraria S.r.l. aveva proposto "istanza di concessione mineraria nell'area attualmente impegnata per l'attività estrattiva di cava intestata alla ITALCAVE S.r.l." diffidava quest'ultima a svolgere qualsiasi attività di coltivazione mineraria nell'area anzidetta.
Avverso l'anzidetto provvedimento la ITALCAVE S.r.l. proponeva impugnativa dinanzi al T.A.R. Emilia Romagna che però con la sentenza quivi appellata recante il n. 54/1998 dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di interesse, per la considerazione che all'atto della emanazione del provvedimento impugnato la società ricorrente non era più titolare di alcuna autorizzazione alla coltivazione della cava nella località in questione.
Con un successivo ricorso la Soc. ITALCAVE S.r.l. unitamente alla Soc. VISINELLI S.r.c. di Visinelli Lino e C. (quest'ultima quale proprietaria del terreno interessato dalla attività estrattiva della ITALCAVE e dalla domanda di concessione mineraria della LOIANO MINERARIA S.r.l.) impugnavano i provvedimenti con i quali il Distretto minerario di Bologna aveva via via prorogato sin al 10.7.1997 a favore della LOIANO MINERARIA S.r.l. il permesso di fare ricerche di minerali di feldopato e caolino nel territorio dei Comuni di Monzuno e Loiano per una estensione di h 320.
Anche questo ricorso veniva dichiarato inammissibile per difetto di interesse, con la sentenza quivi appellata n. 55 del 10 febbraio 1998, avendo il T.A.R. ritenuto che "l'interesse al presente ricorso è strettamente connesso e dipendente dall'interesse della medesima società ricorrente ad impugnare la diffida sopravvenuta alla coltivazione di cava nell'area in esame", sì che "la inammissibilità del ricorso presupposto... si estende in via necessariamente derivata anche al presente ricorso".
Nei confronti delle due suindicate sentenze le parti ricorrenti in primo grado hanno interposto distinti atti di appello recanti rispettivamente il n. 5044/1998 e n. 5227/1998.
Con il primo (avente ad oggetto la sentenza n. 54/1998) la ITALCAVE S.r.l. ha anzitutto dedotto il seguente motivo:
- violazione dell'art. 100 C.P.C. e dell'art. 26 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, nonché dei principi vigenti in materia di interesse a ricorrere; errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; insufficiente motivazione.
Sostiene l'appellante (con tale motivo) che l'interesse alla impugnativa della diffida derivava in particolare dal fatto di aver richiesto già da due mesi al Comune di Loiano l'approvazione del Piano Particolareggiato per l'ampliamento della "cava estrattiva a cielo aperto di sabbia silicea di monte denominata Sgalara 2B", per cui il divieto di coltivazione imposto dal Distretto minerario si traduceva nella impossibilità di svolgere per il futuro qualsiasi attività estrattiva di cava.
L'appellante ha anche prospettato la improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse sulla base delle seguenti considerazioni:
- che sull'istanza di concessione mineraria avanzata dalla LOIANO MINERARIA si è formato ex lege il silenzio rifiuto, non impugnato ex adverso;
- che essendosi in tal modo concluso il relativo procedimento, sono venuti meno gli effetti del provvedimento cautelare emesso dal Distretto minerario.
Infine vengono riproposti i motivi di censura già dedotti nel giudizio di primo grado, così titolati:
1) violazione ed errata applicazione dell'art. 14 R.D. n. 1443/1927 e dell'art. 10 D.P.R. n. 382/1994; eccesso di potere per difetto di presupposto, sviamento e ingiustizia manifesta; incompetenza;
2) violazione dei principi vigenti in materia di partecipazione al procedimento amministrativo introdotti dalla legge n. 241/1990; difetto assoluto di motivazione;
3) violazione degli art. 11 e 12 D.P.R. n. 382/1994; eccesso di potere per difetto di istruttoria;
4) difetto assoluto di motivazione e violazione degli art. 3 e 10 L. n. 241/1990; contraddittorietà manifesta;
5) eccesso di potere per travisamento di fatto ed errore nel presupposto; violazione degli art. 6 e 8 R.D. n. 1443/1927;
6) illegittimità derivata.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero intimato e la controinteressata S.r.l. LOIANO MINERARIA instando per la reiezione dell'appello. Quest'ultima ha anche riproposto le eccezioni di inammissibilità sollevate nel giudizio di primo grado sostenendo che la ricorrente avrebbe omesso di impugnare sia il decreto del Distretto minerario in data 11.7.1985 con il quale si conferiva all'intero territorio oggetto di ricerca la caratteristica di perimetro "indiziato per minerale"; sia la determinazione della Amministrazione con la quale si ritiene ammissibile l'istanza di concessione mineraria della LOIANO MINERARIA.
Con il secondo ricorso in appello (avente ad oggetto la sentenza del TAR n. 55/1998) le Società ITALCAVE S.r.l. e VISINELLI S.n.c. hanno proposto i seguenti motivi di gravame:
1) Violazione dell'art. 100 C.P.C. e dell'art. 26 R.D. n. 1054/1924 nonché dei principi vigenti in materia di interesse a ricorrere; errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; insufficiente motivazione; travisamento di fatto.
Si ribadisce l'interesse ad impugnare i provvedimenti di proroga del permesso di ricerca mineraria in favore della LOIANO MINERARIA osservando altresì che il TAR non ha tenuto conto - ai fini della sussistenza dell'interesse - che il ricorso originario era stato proposto non soltanto dalla ITALCAVE ma anche dalla società proprietaria del terreno interessato dal permesso di ricerca (la VISINELLI S.n.c.).
2) Violazione ed errata interpretazione degli art. 6 R.D. n. 1443/1927, 4 e segg. D.P.R. n. 382/1994; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria; travisamento di fatto; illegittimità derivata.
Con questo motivo, già dedotto nel giudizio di primo grado, le società appellanti lamentano che la proroga del permesso di ricerca è intervenuta quando il termine di validità era già scaduto, e che non è stata compiuta alcuna attività istruttoria per dimostrare l'utilità della continuazione della ricerca.
Anche in questo secondo giudizio si sono costituiti il Ministero dell'industria, commercio e artigianato, nonché la controinteressata Soc. LOIANO MINERARIA S.r.l., per chiedere la reiezione dell'appello.
DIRITTO
1. I ricorsi in appello di cui in narrativa debbono essere preliminarmente riuniti stante la connessione soggettiva e oggettiva che intercorre tra le due sentenze appellate.
2. Con la prima delle due anzidette sentenze (la n. 54 del 10 febbraio 1998) il T.A.R. Emilia Romagna ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto dalla ITALCAVE S.r.l. avverso il provvedimento del Distretto minerario di Bologna che la diffidava a svolgere qualsiasi attività di coltivazione mineraria in loc. Sgalara del Comune di Loiano, nell'area in cui la stessa era stata autorizzata ad esercitare attività estrattiva di cava.
Tale pronuncia di inammissibilità merita di essere confermata.
Al riguardo occorre premettere che all'atto della emanazione dell'atto di diffida, in data 17.10.1996, la società ricorrente - come è pacifico in causa - non era più titolare di alcuna autorizzazione alla coltivazione di cava nell'area in questione dal momento che l'ultima proroga era scaduta il 30.8.1995. E' bensì vero che due mesi prima di ricevere la diffida (e precisamente il 19.8.1996) la ITALCAVE (in qualità di affittuaria della azienda di escavazione di ghiaia e sabbia sita in territorio dei Comuni di Monzuno e Loiano, di proprietà della S.n.c. VISINELLI) aveva chiesto al Comune di Loiano "la approvazione del piano particolareggiato per l'ampliamento della cava estrattiva a cielo aperto di sabbia silicea di monte, denominata "Sgalara 2B"" (doc. n. 18 del fascicolo di 1° grado depositato l'1.6.1988 dalla difesa dell'appellante); ma siffatta approvazione, costituente il necessario presupposto per il successivo rilascio della autorizzazione comunale alla attività estrattiva, non era ancora intervenuta, come può desumersi agevolmente dalla circostanza che il Comune di Loiano ha deliberato di iniziare il procedimento per l'approvazione del piano anzidetto solo con atto consiliare del 23.2.1998 (cfr. doc. n. 3 del fascicolo di 1° grado sopra citato).
Va altresì chiarito che il divieto impartito con l'atto di diffida concerneva, non già l'attività estrattiva di "cava", ma l'attività di coltivazione "mineraria", sul presupposto che nell'area in questione (già sede della cava esercitata dalla ITALCAVE) fossero presenti minerali classificabili di 1° categoria ai sensi dell'art. 2 R.D. n. 1443/1927; tant'è che la diffida richiamava nelle sue premesse il procedimento avviato dalla Soc. LOIANO MINERARIA S.r.l. per ottenere la concessione mineraria.
In proposito l'appellante contesta che nella fattispecie sussistano le condizioni per il riconoscimento di una miniera (sostenendo che le sabbie della cava Sgalara non possano essere considerate come sostanze appartenenti alla prima categoria di cui all'art. 2 R.D. n. 1443/1927), e contesta altresì che il Distretto minerario nell'impugnato atto di diffida abbia ritenuto proponibile l'istanza di concessione mineraria avanzata dalla LOIANO.
Ma le censure in parola - che semmai potrebbero assumere rilievo in un giudizio avente ad oggetto il diniego di autorizzazione alla prosecuzione dell'esercizio della cava, ovvero il rilascio di una concessione mineraria alla controinteressata - appaiono inconferenti in sede di giudizio sulla legittimità dell'anzidetto atto di diffida.
Alla stregua dei chiarimenti e delle considerazioni che precedono è dunque indubbia la carenza di interesse alla impugnativa proposta dalla ITALCAVE.
Invero, l'eventuale annullamento della diffida non consentirebbe alla ITALCAVE di svolgere alcuna attività: né di "cava", per la quale (anche se in precedenza già autorizzata) non era stato però portato a termine l'iter intrapreso per ottenere la prosecuzione; ne tantomeno di "miniera", non avendo la ITALCAVE mai richiesto una concessione in tal senso, ed anzi avendo la stessa sostenuto la inesistenza "in loco" di sostanze minerali di prima categoria.
Per altro verso può dirsi che l'atto di diffida (il cui vero scopo sembra essere stato quello di prevenire iniziative non giustificate) in realtà nulla toglie e nulla aggiunge alla sfera giuridica del suo destinatario, giacché anche in assenza di tale atto alla ITALCAVE era comunque precluso di proseguire nello sfruttamento della cava e, tanto più, di intraprendere la coltivazione della supposta miniera.
3. Per quanto procede deve essere respinto l'appello proposto avverso la sentenza del TAR Emilia Romagna - sede di Bologna, sez. I°, n. 54/1998, restando con ciò assorbite le altre eccezioni di inammissibilità del ricorso di I° grado riproposte dalla odierna appellata con cui veniva evidenziata la omessa impugnativa di atti presupposti.
Né occorre pronunciarsi sulla eccezione di improcedibilità del giudizio, formulata dalla stessa parte appellante - per asserita formazione del silenzio-rifiuto (non impugnato) sulla istanza di concessione mineraria della Soc. LOIANO - essendo evidente che nell'ordine logico delle questioni sottoposte all'esame del Collegio riveste carattere pregiudiziale il problema della ammissibilità del gravame.
4. Passando alla seconda sentenza quivi appellata (la n. 55 del 10 febbraio 1998), con la quale lo stesso TAR Emilia Romagna ha dichiarato ugualmente inammissibile il ricorso proposto congiuntamente dalla ITALCAVE S.r.l. e dalla VISINELLI S.n.c. avverso i provvedimenti di proroga dei permessi di ricerca rilasciati alla Soc. LOIANO, i motivi di appello appaiono fondati.
La pronuncia di inammissibilità (per carenza di interesse all'impugnativa) resa dal giudice di prime cure non può essere infatti condivisa, poiché non tiene conto che il gravame era stato proposto anche dalla VISINELLI S.n.c., per la quale non sono certamente pertinenti le considerazioni del giudice di prime cure tendenti ad escludere la sussistenza dell'interesse.
Questa infatti, presentandosi quale proprietaria dell'area per la quale erano stati concessi i permessi di ricerca mineraria, aveva a differenza della ITALCAVE (affittuaria di un azienda avente ad oggetto una attività di cava, momentaneamente priva di autorizzazione) una posizione qualificata che la legittimava ad impugnare i permessi di ricerca incidenti sul suo diritto di proprietà, e al tempo stesso un interesse concreto ed attuale a rimuovere l'aggravio derivante dalla attività di ricerca.
5. Dovendosi dunque ritenere ammissibile il ricorso originario, quantomeno per la parte in cui è stato proposto dalla VISINELLI S.n.c., occorre procedere all'esame dei motivi dedotti in primo grado e che sono stati riproposti con il presente atto di appello.
Al riguardo gli atti impugnati (id est: gli atti di proroga del permesso di ricerca) si appalesano viziati sotto entrambi i profili di censura ivi prospettati.
Secondo quanto è stato rilevato da questa stessa Sezione in una precedente pronuncia (cfr. dec. 16 luglio 1983, n. 591), il provvedimento di proroga di un permesso di ricerca mineraria, ex art. 6 R.D. n. 1443/1927, deve necessariamente intervenire prima che il termine originario sia scaduto, ovvero, se la proroga richiede una complessa attività istruttoria, è necessario che almeno l'istanza dell'interessato sia avanzata tempestivamente perché solo ricollegando l'effetto finale del provvedimento di proroga alla domanda di parte tempestivamente proposta è possibile configurare giuridicamente un "continuum" temporale tra l'originario provvedimento permissivo e la protrazione dei suoi effetti. Altrimenti, scaduto infruttuosamente il primo termine di efficacia dell'atto, l'istanza di parte dovrebbe essere intesa come diretta a provocare una nuova valutazione del pubblico interesse che giustifichi, non la proroga, ma la rinnovazione dell'intera fattispecie procedimentale secondo lo schema legale ad essa applicabile (nella specie l'art. 5 R.D. n. 1443/1927).
Orbene, dall'esame della documentazione in atti è dato evincere che i provvedimenti di proroga n. 12/25 dell'11.11.1991 e n. 3 del 7.3.1994 sono stati emessi in accoglimento di domande presentate dopo la scadenza del termine già in precedenza prorogato. In particolare, a fronte di proroghe venute a scadere rispettivamente il 10.7.1991 e il 10.7.1993 (vedi doc. 1 nn. 13 e 15 del fascicolo di I° grado), la domanda di ulteriore proroga è stata presentata rispettivamente il 13.7.1991 e il 16.7.1993 (doc. 1 nn. 14 e 16).
Ne consegue la illegittimità dei rispettivi provvedimenti di proroga e, in via derivata, dell'ultimo tra quelli impugnati, in quanto trova nei precedenti il suo necessario supporto.
6. Ma gli anzidetti atti di proroga si appalesano illegittimi anche per la considerazione che l'Autorità emanante non ha compiuto affatto quella attività istruttoria che è necessaria per verificare e quindi valutare la consistenza delle "opere eseguite" e i "risultati ottenuti", come prescritto espressamente dall'art. 6 R.D. cit.: alcuna indagine al riguardo risulta infatti espletata alla stregua di quanto è dato leggere vuoi negli atti di proroga oggetto di impugnativa, vuoi nelle relative domande avanzate dalla LOIANO MINERARIA S.r.l. (cfr. doc. 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 del fascicolo di 1° grado).
7. Per quanto precede l'appello avverso la sentenza n. 55/1998 deve essere accolto e per l'effetto, in riforma della anzidetta sentenza, debbono essere annullati gli atti con i quali il Distretto minerario di Bologna aveva concesso alla LOIANO la proroga del permesso di ricerca.
8. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di giudizio relative ad entrambi gli appelli tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, riunisce i ricorsi in appello in epigrafe indicati e, definitivamente pronunziando sui medesimi, respinge l'appello proposto nei confronti della sentenza del TAR Emilia Romagna sede di Bologna sez. I°, n. 54/1998; accoglie l'appello proposto nei confronti della sentenza dello stesso TAR n. 55/1998 e per l'effetto annulla gli atti di proroga del permesso di ricerca impugnati in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.