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n. 1-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 gennaio 2000 n. 29 - Pres. Giovannini, Est. Caringella - Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali (Avv. Stato Guida) c. Camadini ed altri (Avv.ti Martinazzoli e Romanelli) - (conferma TAR Lombardia-Brescia, sent. 21 dicembre 1993, n. l059).

Atto amministrativo - Procedimento - Avviso di inizio del procedimento - In materia di procedimenti preordinati all'imposizione di un vincolo storico artistico - Necessità - Situazione di urgenza derivante dalla necessità di evitare l'alterazione dello stato dei luoghi - Non può far venir meno l'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento.

Le regole partecipative di cui agli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 debbono essere osservate nel caso di procedimenti relativi all'imposizione di vincoli ai sensi della legge 10 giugno 1939, n. 1089 (1). Tale principio si applica sia ai provvedimenti impositivi di vincoli diretti ai sensi degli artt. 1 e segg., che ai vincoli indiretti ex art. 21 della L. n. 1089/1939, e si fonda essenzialmente, oltre che sul carattere generale della previsione di cui all'art. 7 della legge n. 241, sulla necessità dell'apporto partecipativo del privato in ordine a provvedimenti connotati, sia da una cospicua incidenza sacrificativa sulla sfera giuridica dei titolari dei beni assoggettati a protezione vincolistica sia da un significativo tasso di discrezionalità tecnica in merito all'identificazione del pregio storico-artistico del bene nonché, quanto ai vincoli non diretti, in ordine all'opportunità dell'estensione del vincolo alla zona circostante ed all'ampiezza dell'area interessata.

L'obbligo di dare avviso dell'inizio del procedimento di imposizione di vincolo diretto od indiretto ai sensi della legge 10 giugno 1939, n. 1089 non può venire meno facendo riferimento alla situazione di urgenza legata alla necessità di evitare l'alterazione dei connotati dell'area o del bene nelle more della definizione del procedimento di vincolo, atteso che tale situazione è fronteggiabile attraverso l'utilizzo del potere cautelare tipizzato ai sensi dell'art. 20 della legge n. 1089/1939.

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1) Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 19 novembre 1996, n. 1603; 16 gennaio 1997, n. 57; 16 aprile 1998, n. 515; 11 novembre 1998, n. 1552; 22 luglio 1999, n. 1005.

 

 

FATTO

Con la decisione appellata il Giudice di prime cure ha accolto, previa riunione, i ricorsi proposti dal Comune di Capriano del Colle e dai signori Camadini, proprietari delle aree interessate, i decreti ministeriali del 9.12.1992o ministeriale 15.3.1995 impositivi di vincolo storico-artistico diretto sull'immobile denominato "Cascine in via Trento 53, 55 e 57" e di vincolo indiretto sull'area adiacente "contraddistinta in catasto dai mappali 4, 5, 6, 18 e 22".

Il Tribunale amministrativo ha reputato fondata ed assorbente la censura con la quale i ricorrenti si erano doluti dell'omessa comunicazione della notizia relativa all'avvio del procedimento sfociato nella statuizione vincolistica gravata. Il Ministero appellante chiede l'annullamento della sentenza di primo grado contestando l'assunto relativo alla necessità di rispettare le formalità garantistiche di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 in tema di procedimenti relativi all'imposizione di vincolo ex lege 1° giugno 1939, n. 1089. Resistono i proprietari dell'area in parola, che ripropongono i motivi assorbiti in primo grado.

All'udienza del 12 novembre 1999, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Viene all'attenzione del Collegio la questione relativa all'applicabilità delle regole partecipative di cui agli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 ai procedimenti relativi all'imposizione di vincoli ai sensi della legge 10 giugno 1939, n. 1089. Il Ministero appellante, con riguardo a fattispecie di vincolo diretto contesta la tesi, posta a fondamento del decisum di primo grado, a tenore della quale anche per i procedimenti de quibus verrebbe in rilievo la necessità di attendere alla comunicazione della notizia dell'avvio dell'iter procedimentale ex lege n. 241/1990 cit.

Il ricorso è infondato

Il Collegio non ritiene di doversi discostare dall'orientamento a più riprese espresso dalla Sezione in ordine all'assoggettamento dei procedimenti di cui alla normativa del 1939 alle regole di cui alla legge sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo (cfr., ex multis, Cons. Stato, sezione VI, 19 novembre 1996, n. 1603; 16 gennaio 1997, n. 57; 16 aprile 1998, n. 515; 11 novembre 1998, n. 1552; 22 luglio 1999, n. 1005). L'avviso espresso dal Consiglio, relativo sia ai provvedimenti impositivi di vincoli diretti ai sensi degli artt. 1 e segg., che ai vincoli indiretti ex art. 21 della normativa del 1939, si fonda essenzialmente, oltre che sul carattere generale della previsione di cui all'art. 7 della legge n. 241, sulla necessità dell'apporto partecipativo del privato in ordine a provvedimenti connotati, sia da una cospicua incidenza sacrificativa sulla sfera giuridica dei titolari dei beni assoggettati a protezione vincolistica sia da un significativo tasso di discrezionalità tecnica in merito all'identificazione del pregio storico-artistico del bene nonché, quanto ai vincoli non diretti, in ordine all'opportunità dell'estensione del vincolo alla zona circostante ed all'ampiezza dell'area interessata.

A fronte di dette linee argomentative, non decisive si appalesano in senso contrario le considerazioni articolate anche in altre occasioni dall'Amministrazione appellante in merito al carattere ricognitivo dei provvedimenti di vincolo, intesi, in un'ottica aliena di profili di discrezionalità amministrativa, a far risaltare, senza che venga innestato un procedimento distinto rispetto alla scelta finale, una qualitas connaturata alla res di volta in volta in rilievo. In disparte la vexata quaestio dell'estensibilità della disciplina partecipativa agli atti vincolati, assume valore dirimente la circostanza che la valutazione circa la natura pregiata o meno di un determinato bene, e quindi in merito alla necessità della tutela, pur se non contraddistinta dall'esplicazione di discrezionalità amministrativa, sub specie di ponderazione comparativa di interessi pubblici e privati, è espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica e, come tale, risente dei profili di opinabilità connaturati alle specificità delle regulue artis da applicare.

"Il fatto stesso che il momento decisionale della scelta (poco importa che questa abbia un carattere ricognitivo di qualcosa che esiste nella realtà, giacché questa scelta ha pur sempre un effetto determinante sulla qualitas di un bene) sia (e debba) essere logicamente preceduto da una fase di valutazione tecnica che accerti il valore culturale del bene da vincolare, comporta che questa valutazione non è (neppure logicamente) indistinta rispetto alla scelta stessa" (Cons. Stato, sezione VI, n. 515/1998, cit.).

Parimenti non convincente risulta il richiamo dell'appellante all'inutilità della partecipazione del privato, capace esclusivamente di sortire un effetto ritardante sul dispiegarsi dell'azione amministrativa. La nuova concezione della partecipazione annette all'intervento del privato un duplice ruolo difensivo-collaborativo, in forza del quale la determinazione provvedimentale, anche nell'ipotesi di emersione di interessi pubblici forti ontologicamente prevalenti sull'interesse privato antagonista, costituisce portato di una scelta nella quale indispensabile è, a livello potenziale, l'apporto costitutivo del privato. In sostanza la partecipazione del privato, nella forma della presentazione di memorie ed osservazioni a norma dell'articolo 10 della legge 241, consente a quest'ultimo, ove portatore di posizione differenziata, di concorrere alle scelte dell'amministrazione.

L'utilità di detto apporto si presenta, come osservato sopra, di particolare pregnanza per procedimenti, quale quello di specie, nei quali assai rilevante è il tasso di discrezionalità tecnica connaturato alla statuizione vincolistica e, per l'effetto, evidente risulta l'opportunità, anche sotto il profilo della economicità di anticipare alla fase procedimentale il confronto, normalmente tipico del momento processuale, tra le valutazioni dell'amministrazione e le considerazioni dell'interessato in merito ai connotati del bene. Contrariamente a quanto reputato dall'appellante, l'atto di cui trattasi è in definitiva frutto di un procedimento amministrativo in senso stretto, connotato da un atto di iniziativa e da una fase istruttoria che precede il momento costitutivo. Donde l'ineludibilità delle regole in tema di partecipazione del privato, espressione del principio generale del giusto procedimento da ultimo valorizzato in materia di dichiarazione anche implicita, di pubblica utilità, dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione n. 14/1999.

A diversa conclusione non è dato modo di approdare in considerazione dei motivi di urgenza ventilati dall'appellante. Merita sul punto rimarcare, per un verso, che la situazione di urgenza legata alla necessità di evitare l'alterazione dei connotati dell'area o del bene nelle more della definizione del procedimento di vincolo è fronteggiabile attraverso l'utilizzo del potere cautelare tipizzato ai sensi dell'art. 20 della legge n. 1089/1939; per altro assorbente profilo che nella specie l'Amministrazione non ha fornito alcun supporto motivazionale circa la ricorrenza di ragioni di celerità e di urgenza ostanti, a mente del comma 1 dell'art. 7 della legge 241/1990, alla praticabilità della comunicazione rituale (cfr. in materia Cons. Stato, sez. VI, 23.3.1998, n. 358, ove si fa peraltro riferimento ad una situazione di urgenza intrinseca non ravvisabile nel caso che occupa il Collegio).

Da ultimo non corretta risulta l'impostazione a dire della quale i procedimenti in menzione risulterebbero sottratti alle garanzie procedimentali in virtù della previsione dell'articolo 13 della legge n. 241/1990, che esclude dall'applicazione delle norme del capo IV della legge stessa, gli atti normativi, generali, di pianificazione e di programmazione. Alla tesi secondo cui i provvedimenti di vincolo produrrebbero effetto nei confronti della collettività (alla quale pertiene la qualitas del bene), è agevole replicare che il carattere collettivo dell'interesse tutelato con l'esercizio del potere amministrativo, e più in generale con lo svolgimento dell'azione pubblica, non toglie rilievo all'incidenza del singolo episodio decisionale su interessi privati qualificati suscettibili di incisione.

La circostanza che la caratteristica di pregio del bene posta a fondamento della statuizione vincolistica interpreti un interesse della collettività, o per così dire appartenga alla collettività, non esclude che, come avviene nella generalità delle determinazioni amministrative, il provvedimento infligge un vulnus specifico al proprietario, depauperato nelle sue possibilità di sfruttamento del bene che continua ad appartenere alla sua sfera dominicale; pertanto il provvedimento, nonostante i risvolti collettivi, conserva una connotazione individuale che non consente la sottrazione ai presidi partecipativi. Ciò a prescindere - come affermato nella decisione di questa sezione, n. 57/1997 cit. - dalla "difficoltà di concepire il provvedimento di imposizione di vincolo come atto generale e pianificatorio, atteso il suo incontestabile carattere singolare, che attua "il passaggio dall'astratto al concreto", individuando l'interesse primario alla salvaguardia del patrimonio artistico; storico e altro", la cui tutela è astrattamente affidata dalla legge n. 1089/1939 al Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, nel bene sottoposto a vincolo".

Le considerazioni che precedono consentono di concordare con le conclusioni raggiunte dal primo giudice in merito all'illegittimità dei provvedimenti impugnati. E' in punto di fatto incontestabile, invero, che l'amministrazione ha adottato i provvedimenti de quibus senza procedere alla formale comunicazione dell'avvio del procedimento ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990. In atti non vi è inoltre prova alcuna di comunicazioni, o forme equipollenti di avviso circa l'avvia del procedimento.

Il ricorso va in definitiva respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l'appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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