CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 28 dicembre 2000 n. 7037 - Pres. Giovannini, Est. Millemaggi Cogliani - Soc. Eaton Services Limited (Avv.ti Angelo Ricci e Roberto Righi) c. Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Avvocatura dello Stato D'Avanzo) - (conferma TAR Toscana, Sez. I, 20 dicembre 1996 n. 746).
Lavoro - Riposo settimanale - Diniego di autorizzazione al riposo settimanale in giornata differente dalla domenica - Motivato con riferimento al fatto che la impresa richiedente era stata già autorizzata ad assumere lavoratori a tempo parziale nell'ambito del fine settimana (sabato e domenica) - Legittimità.
Lavoro - Riposo settimanale - Autorizzazione al riposo settimanale in giornata differente dalla domenica - Ipotesi previste dall'art. 5 della L. 22 febbraio 1934 n. 370 - Sono di stretta interpretazione.
Lavoro - Riposo settimanale - Riposo settimanale in giornata differente dalla domenica - Previsione generale di cui all'art. 36 Cost. - Non impedisce che siano introdotte delle eccezionali deroghe al principio.
Lavoro - Riposo settimanale - Riposo settimanale in giornata differente dalla domenica - Disciplina prevista dall'art. 5 della L. 22 febbraio 1934 n. 370 - D Decreto attuativo del Ministro del lavoro e della previdenza sociale - Disapplicabilità ed interpretazione da parte del G.O. - Possibilità.
Una volta accordata ad un'impresa l'autorizzazione alla assunzione di un certo numero di lavoratori a tempo parziale - di tipo "verticale" - nell'ambito del fine settimana (sabato e domenica), con contratto di formazione e lavoro, deve ritenersi legittimo il diniego di autorizzazione all'impiego di dipendenti a tempo pieno, garantendo a questi ultimi il riposo settimanale in giornata differente dalla domenica, in deroga a quanto stabilito dalla L. n. 370 del 1934 e dall'art. 2109 del codice civile.
Le ipotesi nelle quali il riposo settimanale di 24 ore consecutive, spettante al lavoratore dipendente, può essere fatto ricadere in giorno diverso dalla domenica, a seguito di turnazione tra gli addetti, sono solo quelle indicate dall'art. 5 della L. 22 febbraio 1934 n. 370, che ne rimette la puntuale determinazione al Ministro del lavoro e della previdenza sociale (al tempo: Ministro per le Corporazioni), senza che le predette disposizioni (e quelle contenute in altre leggi speciali) siano applicabili a casi non espressamente considerati (1).
La regola che si rinviene nell'art. 36 Cost. non è di ostacolo a che il legislatore nazionale, nell'esercizio della propria discrezionalità individui, in un segmento temporale ordinariamente comprensivo della domenica, il periodo di riposo cui il lavoratore ha diritto nell'arco di una settimana, e configuri, al contrario, in via di eccezioni tassativamente determinate, le ipotesi di deroga, o perché direttamente individuate o in quanto rimesse all'apprezzamento dell'autorità amministrativa preposta al settore.
Il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale - che, in virtù della delega contenuta nell'art. 5 della L. 22 febbraio 1934 n. 370, determina (con elencazione tassativa, non suscettibile di interpretazione estensiva o di applicazione analogica) le attività per le quali l'espletamento del lavoro domenicale corrisponde ad esigenze tecniche o a ragioni di pubblica utilità ed il relativo riposo settimanale può essere spostato in giornata diversa dalla domenica - può essere disapplicato dal giudice ordinario soltanto se preveda un'ipotesi che non sia riconducibile a quella delineata dalla legge citata, restando in suo potere (salvo sempre il limite di non far rientrare nella previsione del decreto un'attività che non sia specificamente compresa nell'elenco del decreto stesso) di interpretare la portata della detta elencazione anche con riferimento ad attività che per le loro caratteristiche siano di necessità ricomprese in una voce generica ovvero a quelle che evidenzino caratteri identici all'attività elencata (2).
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(1) Cons. Stato, Sez. VI, dec. 19 luglio 1996 n. 959.
In particolare, nella motivazione della sentenza in rassegna si afferma che il divieto di far ricadere il riposo settimanale di 24 ore consecutive, spettante al lavoratore dipendente, in giorno diverso dalla domenica, a seguito di turnazione tra gli addetti, al di fuori delle ipotesi indicate dall'art. 5 della L. 22 febbraio 1934 n. 370 trova conferma nelle seguenti disposizioni contenute nella L. 22 febbraio 1934, n. 370:
- l'art. 1, il quale afferma il diritto del personale che presta la sua opera alle dipendenze al riposo settimanale di 24 ore consecutive, con le eccezioni stabilite dallo stesso articolo, salvi i poteri di determinazione attribuiti in materia, al Ministro delle corporazioni (ora Ministro del lavoro e della previdenza sociale), intese le (soppresse) corporazioni;
- l'art. 5, primo comma, dalla cui formulazione è dato desumere che il riposo settimanale deve ordinariamente cadere di domenica, fatte salve le ipotesi espressamente previste dal suddetto articolo, con i poteri determinativi attribuiti in materia all'Autorità di vertice competente.
Il principio ha assunto, nell'ordinamento, una portata di ordine generale, con l'inserimento, nel codice civile del 1942, della formula secondo cui "il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica" (art.2109, comma 1) si trova affermato in altre numerose disposizioni interne.
(2) Cassazione civile, Sez. lav., 21 agosto 1986 n. 5117.
FATTO
1. La società in epigrafe costituisce articolazione italiana di un gruppo multinazionale produttore di punterie per motori automobilistici, che impiega 500 persone nel proprio stabilimento di Massa.
La stessa, sulla base di progetto approvato ed autorizzato in conformità a circolare 22 novembre 1994 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ha assunto n.52 lavoratori con contratti di formazione e lavoro "a destinazione verticale" dell'orario, nell'ambito del fine settimana (c.d. contratti week-end), da impiegare nel suddetto stabilimento, ma si è vista negare l'autorizzazione al lavoro domenicale per nn.5-7 lavoratori esperti, impiegati a tempo pieno nello stesso stabilimento, ai quali affidare l'incarico di "tutori", per la sicurezza e la formazione professionale dei lavoratori di cui al progetto sopra specificato, ancorché fosse garantito il riposo settimanale in giornata differente dalla domenica.
Il provvedimento negativo dell'Ispettorato provinciale del lavoro (n.0342 del 25 gennaio 1996) è stato impugnato, dall'interessata, con ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, che lo ha respinto con sentenza n.746 del 20 dicembre 1996 della Sezione prima, sulla considerazione che l'attività esercitata dalla società ricorrente non può essere ricompresa fra quelle per le quali è riconosciuta la deroga del riposo domenicale, né alle stesse assimilata, secondo quanto previsto dell'art.5 della L. n.370 del 1934 e dalle determinazioni adottate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale con D.M. 22 giugno 1935 e successive modificazioni ed integrazioni, negandosi che l'autorizzazione ad assumere lavoratori con contratto di formazione-lavoro a tempo parziale di tipo verticale, con prestazioni limitate ai soli giorni di sabato e domenica, imponesse anche, all'Amministrazione di consentire l'utilizzazione di un congruo numero di "esperti", impiegati a tempo pieno, per la formazione professionale e la sicurezza dei primi.
2. Avverso l'anzidetta sentenza propone appello la EATON, deducendone l'erroneità ed ingiustizia e chiedendone l'annullamento e/o la riforma, per pretesa violazione degli artt.1 e 3 della L. 7 agosto 1990 n.241, dell'art.3 L. 19 dicembre 1984 n.864; violazione e falsa applicazione degli artt.1, 3, 5 L. 22 marzo 1934 n.370 e del D.M. 22 giugno 1935 (e successive modificazioni); nonché per eccesso di potere sotto il profilo dell'erronea e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Al giudice di primo grado sarebbe sfuggita la rilevanza della stretta correlazione esistente fra contratti di formazione e lavoro, e funzione di sicurezza e formazione per cui, una volta autorizzati i primi, per lo svolgimento di prestazioni nei soli giorni del sabato e della domenica (con ciò ritenendosi lecita e corrispondente ad apprezzabili finalità socio-economiche la costituzione di contratti part-time), sarebbe contrario alla finalità della vigente legislazione negare la possibilità di impiego, nella funzione tutoria, di dipendenti a tempo pieno dello stesso stabilimento in cui deve svolgersi il part-time, in quanto ne andrebbe della stessa concreta operatività dell'autorizzazione accordata, volta alla non interruzione del ciclo produttivo.
Siffatta considerazione avrebbe dovuto indurre il giudice di primo grado ad una interpretazione delle norme che disciplinano la materia in senso adeguato alla introduzione, nell'ordinamento, delle nuove figure contrattuali, nel campo del rapporto di lavoro subordinato - nel senso indicato dalla ricorrente nel ricorso introduttivo - non essendo sfuggita, fra l'altro, al Tribunale, l'incongruità del divieto, in un ordinamento che ammette, nelle linee generali, forme sostitutive del riposo domenicale.
Il differente orientamento del T.A.R. Toscana indurrebbe fra l'altro il sospetto di illegittimità costituzionale della L. n.370 del 1934, per violazione degli artt.2, 3, 36, 41 e 97 Cost..
Conclude, pertanto l'appellante, chiedendo l'accoglimento del ricorso originario, in riforma della sentenza appellata.
3. Costituitasi l'Amministrazione per resistere all'impugnazione, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 14 luglio 2000 e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. E' posto il problema se, una volta accordata, ad un'impresa, l'autorizzazione alla assunzione di un certo numero di lavoratori a tempo parziale - di tipo "verticale" - nell'ambito del fine settimana (sabato e domenica), con contratto di formazione e lavoro, possa ritenersi rispondente a logica ed alle finalità degli stessi contratti di formazione e lavoro autorizzati nonché conforme alla legge regolatrice (salvo il sospetto di illegittimità costituzionale), il diniego di autorizzazione all'impiego, in funzione tutoria, di dipendenti a tempo pieno, garantendo a questi ultimi il riposo settimanale in giornata differente dalla domenica, in deroga a quanto stabilito dalla L. n.370 del 1934 e dall'art.2109 del codice civile.
1.2. Il caso, riguarda una società straniera (la EATON SERVICES LIMITED) titolare, in Italia, di uno stabilimento industriale che produce punterie per motori automobilistici.
L'attività dello stabilimento non è riconducibile fra quelle per le quali l'art.5 della L. n.370 del 1934 consente la deroga al riposo domenicale, né è ricompresa negli elenchi allegati ai decreti ministeriali che, nel tempo, hanno provveduto alle determinazioni contemplate nell'ultimo comma del citato articolo.
Lo scopo prefissosi dall'impresa (garantire la continuità produttiva dello stabilimento di Massa, per mantenere le proprie quote di mercato e le forniture in atto con le case automobilistiche) é stato ritenuto apprezzabile per la stipulazione di contratti di formazione e lavoro a tempo parziale, per attività da svolgersi nelle sole giornate di sabato e di domenica, sulla base di una circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (in data 22 novembre 1994), con la quale l'Autorità centrale si è espressa nel senso che la regola del riposo settimanale coincidente con la domenica non trova applicazione alle prestazioni di attività lavorativa a tempo parziale con articolazione verticale (e cioè in un limitato numero di giorni della settimana, fra cui la domenica).
I contratti (per 52 unità) sono stati autorizzati e stipulati, previa approvazione (in data 8 settembre 1995) della Commissione bilaterale regionale toscana (costituita sulla base di accordo interconfederale 18 dicembre 1988 CGIL, CISL, UIL, CONFINDUSTRIA).
Successivamente, l'Ispettorato provinciale del lavoro territorialmente competente - contestata l'utilizzazione nello stabilimento, nella giornata domenicale del 17 settembre 1995, di un lavoratore impiegato a tempo pieno con qualifica di Capo reparto e riservati separati provvedimenti per l'inosservanza degli artt.1 e 3 della legge n.370 del 1934, limitatamente alla suddetta contestazione - interrogava l'impresa sulle concrete modalità di svolgimento del rapporto di formazione e lavoro, chiedendo di conoscere come fosse risolto il problema della sicurezza e della formazione di detto personale, cui necessariamente è da affiancare un certo numero di tutori durante tutto il corso dello svolgimento dell'attività.
Soltanto a seguito di tale contestazione, l'interessata ha chiesto di essere autorizzata alla utilizzazione, per la funzione tutoria, di 5-7 dipendenti a tempo pieno, salva la concessione del riposo settimanale in giornata differente dalla domenica.
Ha fatto seguito il provvedimento negativo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, oggetto del presente giudizio.
2. Tali, in fatto, termini della questione, devono essere condivise, in diritto, le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana.
3.1. La Sezione, anche di recente (dec. n.959 del 19 luglio 1996), ha ribadito che le ipotesi nelle quali il riposo settimanale di 24 ore consecutive, spettante al lavoratore dipendente, può essere fatto ricadere in giorno diverso dalla domenica, a seguito di turnazione tra gli addetti, sono quelle indicate dall'art.5 della L. 22 febbraio 1934 n.370, che ne rimette la puntuale determinazione al Ministro del lavoro e della previdenza sociale (al tempo: Ministro per le Corporazioni), senza che le predette disposizioni (e quelle contenute in altre leggi speciali) siano applicabili a casi non espressamente considerati.
3.2. Il quadro normativo dal quale muove tale affermazione è costituito da un complesso di disposizioni contenute nella L. 22 febbraio 1934, n.370, di cui assumono rilievo, specificamente, nel presente giudizio:
- l'art.1, il quale afferma il diritto del personale che presta la sua opera alle dipendenze al riposo settimanale di 24 ore consecutive, con le eccezioni stabilite dallo stesso articolo, salvi i poteri di determinazione attribuiti in materia, al Ministro delle corporazioni (ora Ministro del lavoro e della previdenza sociale), intese le (soppresse) corporazioni;
- l'art.5, primo comma, dalla cui formulazione è dato desumere che il riposo settimanale deve ordinariamente cadere di domenica, fatte salve le ipotesi espressamente previste dal suddetto articolo, con i poteri determinativi attribuiti in materia all'Autorità di vertice competente.
Il principio ha assunto, nell'ordinamento, una portata di ordine generale, con l'inserimento, nel codice civile del 1942, della formula secondo cui "il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica" (art.2109, comma 1) si trova affermato in altre numerose disposizioni interne.
Di contro (come non manca di evidenziare il giudice di primo grado, nella sentenza appellata) esso non ha assunto - per quanto concerne l'ordinaria coincidenza del riposo settimanale con la domenica - il rango di garanzia costituzionale.
L'art.36 della Costituzione italiana, infatti, si limita ad affermare solennemente soltanto il diritto al riposo settimanale e la sua irrinunciabilità.
3.3. Dal canto suo, la Corte costituzionale, prendendo in esame sotto varie angolazioni e con riferimento a differenti fattispecie il problema della coincidenza del riposo settimanale con la domenica, ha avuto modo di affermare che l'art.36, comma 3, Cost., con il termine "riposo settimanale" intende affermare la periodicità del riposo, nel rapporto, in linea di massima, di un giorno su sei di lavoro, chiarendo, peraltro che la varietà di qualità e di tipi di lavoro non consente un'uniforme disciplina, che urterebbe contro gli interessi del mondo del lavoro e degli stessi lavoratori, per cui deve necessariamente ammettersi la legittimità di una periodicità differenziata, sempre che risponda ai seguenti principi:
a) che si tratti di casi di necessità a tutela di apprezzabili interessi;
b) non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore, soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso.
In tal senso si esprimono le non più recenti sentenze nn.65 del 16-23 maggio 1973 (in tema di dipendenti di trasporti in concessione) e 105 del 9-15 giugno 1972 (in tema di giornalisti, con cui, in particolare, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt.13, 14 comma 1, 22, 23, 24, 25, 26 e 28 della stessa L. n.370 del 1934 di cui ora si tratta, per contrasto con l'art.21 Cost.).
3.4. Nel sistema comunitario, la direttiva CE n.104 del 13 dicembre 1993 aveva affermato la regola dell'ordinario riposo domenicale nell'art.5, comma 2, il quale si esprimeva testualmente nel senso che "il periodo minimo di riposo di cui al primo comma comprende in linea di principio la domenica".
La disposizione è stata, tuttavia, espunta dalla Corte di giustizia della Comunità, con sentenza 12/11/1996, 84/94/1996, sulla considerazione che il Consiglio aveva omesso di motivare per quale ragione la domenica, come giorno di riposo settimanale, "soddisfi in maggior misura le istanze di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori rispetto ad un diverso giorno della settimana".
Rimane, pertanto, soltanto la regola comunitaria di un periodo minimo ininterrotto di 24 ore di riposo, su un periodo di sette giorni (art.5, comma 1).
La direttiva in questione, contiene, peraltro, nelle premesse la rilevante considerazione (non incise dalla pronuncia della Corte) che "per quanto concerne il periodo di riposo settimanale, é opportuno tenere debitamente conto della diversità dei fattori culturali, etnici, religiosi ed altri, negli Stati membri" per cui "in particolare, spetta ad ogni Stato membro decidere se ed in quale misura la domenica deve essere compresa nel riposo settimanale".
Successivamente alla citata sentenza della Corte di giustizia, sulla questione è intervenuta la risoluzione di iniziativa del Parlamento europeo del 12 dicembre 1996, con la quale, ribadito il diritto dei lavoratori al riposo settimanale, gli Stati membri e le parti sociali sono invitati "a tenere debito conto, nel trasporre in norme di diritto nazionale la direttiva sull'orario di lavoro, delle tradizioni e delle esigenze culturali, sociali, religiose e familiari dei loro cittadini e a riconoscere il carattere particolare della domenica come giorno di riposo, giacché di solito in tale giorno tutti i membri della famiglia sono liberi (paragrafo 1)", con la raccomandazione ulteriore di prendere in considerazione, nel formulare la legislazione di adeguamento in parola "la particolare situazione di coloro che sollevano un'obiezione di coscienza al lavoro domenicale in un'industria o servizio non essenziale (paragrafo 2).
4. Nel citato contesto può ragionevolmente affermarsi che la regola che si rinviene nell'art.36 Cost., non è di ostacolo a che il legislatore nazionale, nell'esercizio della propria discrezionalità individui, in un segmento temporale ordinariamente comprensivo della domenica, il periodo di riposo cui il lavoratore ha diritto nell'arco di una settimana, e configuri, al contrario, in via di eccezioni tassativamente determinate, le ipotesi di deroga, o perché direttamente individuate o in quanto rimesse all'apprezzamento dell'autorità amministrativa preposta al settore.
La circostanza che l'art.36 della Costituzione non includa, fra i diritti fondamentali, quello del riposo domenicale, non costituisce, infatti, di per sé, ragione di illegittimità costituzionale delle norme legislative che lo prevedono, annettendo carattere eccezionale a un differente individuazione del giorno di riposo.
I parametri di valutazione indicati dagli atti comunicati sopra citati, validi anche dopo la pronuncia della Corte di giustizia, si attagliano, infatti, in pieno alla specificità del costume nazionale italiano e conferiscono attualità alla norma di carattere generale che deve essere ricercata, allo stato, non più nella legge n.370 del 1934, bensì nell'art.2109, comma 1, del codice civile.
Eventuali esigenze di cittadini italiani i quali, per motivi di coscienza, abbiano difficoltà a prestare la propria attività lavorativa in giorni della settimana differenti dalla domenica, non vengono in evidenza nel presente giudizio e non è escluso, del resto, che abbiano emersione, nella vigente disciplina del rapporto di lavoro (anche di natura contrattuale) e nei singoli rapporti individuali.
Permane, pertanto, anche l'attualità delle disposizioni che (ancor prima della novella del 1942) sono state introdotte eccezioni alla cadenza domenicale del riposo settimanale e specificamente, quelle contenute nell'art.5 della legge n.370 del 1934, che individua tipologie per le quali è consentita la deroga, rimettendone all'Autorità amministrativa la puntuale determinazione.
Tali disposizioni non soggiacciono al sospetto di illegittimità costituzionale sollevato dall'appellante, con formulazione generica (oltretutto riferita all'intera legge).
Come si è avuto modo di precisare, la Corte costituzionale, nell'affermare che una periodicità differenziata del riposo settimanale deve necessariamente ritenersi ammessa in considerazione della varietà di qualità e di tipi di lavoro, pone, tuttavia limiti ben precisi alla utilizzazione, nella giornata di domenica, del lavoratore le cui prestazioni si articolino per sei giornate consecutive, qualificando tale ipotesi come eccezionale, in forza della sua rispondenza a "necessità a tutela di apprezzabili interessi", a condizione che "non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore, soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso".
L'indicazione che deve trarsi dall'insegnamento della Corte e dalle indicazioni comunitarie è nel senso che:
- rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale di individuare la giornata di riposo settimanale ordinariamente spettante al lavoratore impiegato in un rapporto di lavoro subordinato organizzato sulla base di sei giorni lavorativi nell'arco della settimana;
- la scelta in questione legittimamente è fatta ricadere sulla domenica, allorché, come nel caso della legislazione dello Stato italiano, essa sia conforme alle tradizioni ed alle esigenze culturali, sociali, religiose e familiari dei cittadini;
- essa è suscettibile di eccezioni, allorché la deroga risponda alla necessità di tutelare apprezzabili interessi e soddisfare le esigenze particolari emergenti dalla specialità del lavoro;
- peraltro, l'apprezzabilità degli interessi e la specificità delle particolari esigenze di lavoro devono essere misurate secondo parametri oggettivi e non possono derivare, dunque, dalla valutazione e dalle scelte economico-organizzative del singolo imprenditore.
5.1. Nel presente giudizio è pacifico che l'attività svolta nello stabilimento EATON di Massa non è compresa nelle ipotesi contemplate dall'art.5 della L. n.370 del 1934 e nelle indicazioni derivanti dalle tabelle allegate al D.M. 22 giugno 1935 e successive modificazioni ed integrazioni.
L'appellante, tuttavia, sviluppa la tesi secondo cui, approvato il progetto di assunzione di lavoratori con contratto di formazione e lavoro ed autorizzate le prestazioni a tempo parziale di tipo verticale con utilizzazione della forza lavoro in questione nei soli giorni di sabato e domenica, la rilevanza delle finalità sociali perseguite con i contratti di formazione e lavoro - da un lato - e l'apprezzamento dell'obiettivo imprenditoriale in concreto perseguito con la stipulazione dei contratti (continuità produttiva per mantenere le quote di mercato e le forniture in atto) - dall'altro - giustificherebbero, sul piano logico-sistematico, l'assimilazione del caso in esame a quelli per i quali è consentita la deroga in forza del "collegamento" necessario fra l'attività svolta in regime di "formazione e lavoro" e attività tutoria.
Al riguardo è richiamata copiosa giurisprudenza del giudice ordinario del lavoro e della Corte suprema di cassazione, e dello stesso giudice amministrativo, che però investe problemi affatto differenti da quello in esame.
5.2. Invero, l'insegnamento della Corte Suprema di cassazione è nel senso che il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale - che, in virtù della delega contenuta nell'art.5 della L. 22 febbraio1934 n.370, determina (con elencazione tassativa, non suscettibile di interpretazione estensiva o di applicazione analogica) le attività per le quali l'espletamento del lavoro domenicale corrisponde ad esigenze tecniche o a ragioni di pubblica utilità ed il relativo riposo settimanale può essere spostato in giornata diversa dalla domenica - può essere disapplicato dal giudice ordinario soltanto se preveda un'ipotesi che non sia riconducibile a quella delineata dalla legge citata, restando in suo potere (salvo sempre il limite di non far rientrare nella previsione del decreto un'attività che non sia specificamente compresa nell'elenco del decreto stesso) di interpretare la portata della detta elencazione anche con riferimento ad attività che per le loro caratteristiche siano di necessità ricomprese in una voce generica ovvero a quelle che evidenzino caratteri identici all'attività elencata (Cassazione civile, Sez. lav., 21 agosto 1986 n.5117).
Si tratta, come è dato rilevare, di un orientamento che non differisce, nelle linee essenziali, dai principi affermati in argomento dalla Sezione, con la decisione citata sub 3.1.
5.3. Peraltro, non è per nulla convincente la prospettazione del "collegamento" necessario fra i contratti di formazione e lavoro di cui si tratta e l'impiego (per la sicurezza e l'istruzione professionale) di dipendenti operanti, nello stabilimento, a tempo pieno.
E' appena il caso di sottolineare che le considerazioni svolte dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nella citata circolare del 22 novembre 1994 investono, nella globalità, il problema di conciliare scelte economico-organizzative di singoli imprenditori - richiedenti l'impiego di forze lavorative nella giornata domenicale - con la tassatività delle ipotesi derogatorie stabilite dall'art.5 della L. n.370 del 1934, offrendone una soluzione di carattere generale attraverso l'indicazione della possibilità di stipulare contratti a tempo parziale di tipo verticale (c.d. contratti "weekend") non riconducibili, per loro natura, nella disciplina generale del riposo settimanale.
Le indicazioni in essa contenute - pur contenendo un'autorizzazione di massima a farne applicazione anche per la stipulazione di contratti di formazione e lavoro - non giustificano in nessun modo una strumentalizzazione dell'autorizzazione, per eludere (in forza di un preteso "collegamento") il divieto di lavoro domenicale per dipendenti impiegati a tempo pieno ed avvalorano, al contrario, le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado.
Nell'ambito della vigente normativa, la non utilizzabilità di personale a tempo pieno nella funzione tutoria di lavoratori assunti per prestare servizio soltanto il sabato e la domenica non rende irrisolvibile i problemi posti dalla specificità dei contratti di formazione e lavoro a tempo parziale di tipo verticale, quali, appunto, quelli che l'impresa è stata autorizzata a contrarre.
Pertanto, del tutto correttamente è stato rilevato, dal giudice di primo grado, che la soluzione non può essere ricercata attraverso un "collegamento" fra elementi disomogenei.
Non sfugge infatti che le funzioni tutorie che andrebbero attribuite agli esperti esulano dalle ordinarie attribuzioni dei capi-squadra, e che, d'altra parte, l'impiego di lavoratori con contratto di formazione e lavoro a tempo determinato, inteso alla non interruzione del ciclo produttivo nella giornata domenicale, non esaurisce le possibilità di impiego part-time, nel sistema dello stesso D.L. 30 ottobre 1984, n.726 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art.1, L. 19 dicembre 1984, n.863).
L'art.5, del citato decreto, pone regole in tema attività "ad orario inferiore rispetto a quello ordinario previsto dai contratti collettivi di lavoro o per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno".
Ed invero, è agevole rilevare che il collegamento sussiste fra gli obblighi che, per effetto del contratto di formazione e lavoro, incombono sul datore di lavoro e non anche fra l'impiego di personale assunto con tale tipo di contratto e l'impiego, nelle medesime giornate, di dipendenti "esperti", impiegati a tempo pieno, non rinvenendosi da nessuna parte il precetto in forza del quale la salvaguardia delle norme di sicurezza e la funzione tutoria nei riguardi dei dipendenti assunti con contratti di formazione e lavoro debbano essere necessariamente espletate attraverso personale impiegato a tempo pieno nello stabilimento industriale.
6. In forza di tutte le considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere confermato, non rinvenendosi, nel diniego impugnato, i vizi denunciati dalla società appellante.
In considerazione della complessità e novità della questione, possono essere interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello in epigrafe;
Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 14 luglio 2000, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez.VI) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Sergio SANTORO Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere Est.
Paolo D'ANGELO Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Depositata il 28.12.2000.