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Giurisprudenza
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 5 gennaio 2001 n. 25 - Pres. Giovannini, Est. Chieppa - Regione Campania (Avv. Baroni) e IRITECNA s.p.a. (Avv.ti Acquarone, Gerbi, Marone e Villani) c. Associazione "Italia Nostra" (n.c.), SPI - Promozione e Sviluppo Imprenditoriale s.p.a. (Avv.ti Satta e Lattanti), Ministero per i beni e le attività culturali (Avv.ra Stato) - (annulla in parte TAR Campania, Sez. I, 10 novembre 1999 n. 2911/99).

1. Giustizia amministrativa - Appello - Motivi dichiarati assorbiti nel giudizio di primo grado - Nel caso di mancata costituzione in giudizio dell'appellato vittorioso - Non possono essere esaminati in appello.

2. Ambiente - Piani paesistici - Nozione - Distinzione rispetto ai piani urbanistici territoriali.

3. Ambiente - Piani territoriali paesistici - Modifica mediante accordi di programma - Possibilità.

4. Ambiente - Piani territoriali paesistici - Modifica mediante accordi di programma - Rispetto della norme in materia di competenza - Necessità.

5. Ambiente - Piani territoriali paesistici - Mancata approvazione in sede regionale - Intervento sostitutivo statale - Non determina la decadenza della Regione a provvedere.

6. Ambiente - Strumenti urbanistici generali - Piani territoriali paesistici - Mancata approvazione in sede regionale - Intervento sostitutivo statale - Potere dello Stato di introdurre successivamente delle varianti - Non sussiste.

1. I motivi di ricorso dichiarati assorbiti dalla sentenza di primo grado che non siano stati riproposti in appello, sono soggetti al principio espresso dall'art. 346 c.p.c. e non possono essere esaminati nel grado di appello anche nel caso di mancata costituzione in giudizio dell'appellato vittorioso (1).

2. Il piano paesistico è finalizzato alla protezione delle bellezze naturali e più precisamente alla fase di pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico - ambientali con strumenti idonei ad assicurare il superamento dell'episodicità, inevitabilmente connessa a semplici ed isolati interventi autorizzatori (2). Il piano paesistico costituisce, pertanto, uno strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesaggistico, mediante l'individuazione delle incompatibilità assolute e dei criteri e parametri di valutazione delle incompatibilità relative, condizionando, prevalentemente in negativo, la successiva attività di pianificazione del territorio vincolato anche sotto il profilo urbanistico (3).

Il piano urbanistico territoriale, invece, pur avendo natura paesistica, e non (solo) urbanistica, non presuppone necessariamente un preesistente vincolo e può anche riguardare ambiti non vincolati. Secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale, sono indici di riconoscimento della categoria dei piani urbanistici territoriali: l'estensione della loro efficacia all'intero territorio regionale con l'assenza di un limite territoriale riferito alle sole zone vincolate, l'utilizzo di tecniche ed effetti propri degli strumenti di pianificazione urbanistica ancorché teologicamente orientati verso l'obiettivo preminente della protezione di valori estetico - culturali e la formulazione di generali criteri di orientamento per la successiva attività di pianificazione ovvero di vincoli per l'attività di utilizzazione e trasformazione del suolo (4).

3. La realizzazione di opere ed interventi che comportino la modifica di un piano territoriale paesistico, può rientrare nel contenuto di un accordo di programma, non potendosi ritenere che l'art.27, commi 4 e 5, della legge n.142/90 limiti l'oggetto dell'accordo di programma alla variazione dei soli strumenti urbanistici (5). Lo strumento dell'accordo di programma, infatti, ha ormai portata generale ed i suoi limiti oggettivi devono essere individuati con il solo riferimento all'ampia definizione, contenuta nel primo comma dell'art.27 della legge n.142/90.

4. L'accordo di programma, che prevede anche la variante di un P.T.P., non può tuttavia derogare agli ordinari criteri di competenza, fissati dal legislatore per l'approvazione di una variante ad un P.T.P.

5. La scadenza del termine per l'approvazione dei piani da parte delle Regioni non determina la decadenza dal potere di provvedere (6) ed anche l'esercizio dei poteri sostitutivi statali non determina l'esaurimento dei poteri regionali.

6. Nel caso di mancata approvazione in sede regionale del P.T.P., una volta esercitato il potere sostitutivo da parte dello Stato, viene meno l'esigenza di dare attuazione al primario interesse, costituito dal valore estetico-culturale del paesaggio e di conseguenza cessa il presupposto per l'esercizio del potere sostitutivo statale, rientrando nell'ordinaria competenza della regione l'approvazione di varianti al piano od anche la sostituzione del piano con altro successivo. In sostanza, in relazione all'approvazione dei piani territoriali paesistici ai sensi dell'art. 1 bis della legge n. 431/85, il potere sostitutivo è esercitabile una tantum e non attribuisce all'amministrazione statale anche il potere di procedere alle varianti del piano.

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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 1/1999 e Cons. Stato, Sez. VI, n. 1274/99.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 29/1993.

(3) Cfr. Corte Cost. n. 417/95; Cons. Stato, Sez. II, n. 548/98.

(4) Corte Cost., sent. n. 327/90 e n. 378/2000; applicando i richiamati criteri al caso in esame, la Sez. VI nella specie ha ritenuto la natura paesistica del P.T.P. dei Paesi Vesuviani, modificato con l'accordo di programma impugnato, attenendo questo alla fase attuativa della tutela di una particolare zona sottoposta a vincolo e rientrando nell'attuazione del vincolo anche una funzione non di mero contenimento e conservazione dei pregi ambientali, ma anche di valorizzazione e recupero dei beni protetti.

(5) Ha osservato in proposito la Sez. VI che il rapporto che intercorre tra l'art. 15 della legge n. 241/90 e l'art. 27 della legge n. 142/90 (sugli accordi di programma) è un rapporto di genere a specie, assumendo gli accordi organizzativi di cui al citato art. 15 una valenza generale e gli accordi di programma di cui all'art. 27 una sotto-categoria relativa ad un'individuata fattispecie ("definizione ed attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici").In tale definizione devono essere ricercati i limiti oggettivi dell'accordo, riferendosi le successive disposizioni dell'art. 27 alle modalità e agli effetti dell'utilizzo dello strumento o alla disciplina di alcune particolari ipotesi (come appunto quella prevista dai commi 4 e 5).

In tale ambito rientra senz'altro il progetto per la reindustrializzazione ed il riassetto territoriale dell'area costiera di Torre Annunziata, attuato con l'accordo di programma in esame, trattandosi di un programma di intervento che richiede l'azione integrata di comuni, province e regioni, amministrazioni statali ed altri soggetti.

Infatti, il termine "interventi o programmi di intervento", inserito nell'art. 27, comma 1, in aggiunta alla "definizione e attuazione di opere" deve essere interpretato come possibilità di utilizzo dello strumento non solo per qualsiasi tipo di opera pubblica, ma anche per la programmazione di attività ulteriori e complementari rispetto alla realizzazione delle opere (come, nel caso di specie, i previsti interventi a sostegno dell'occupazione).

(6) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 1560/98.

 

 

FATTO

L'associazione Italia Nostra proponeva ricorso davanti al TAR per la Campania chiedendo l'annullamento del decreto n.15295 del 12.10.1996, con cui il Presidente della regione Campania aveva approvato e reso esecutivo l'accordo di programma stipulato in data 4.7.1996 tra la Regione Campania, il Comitato di coordinamento delle iniziative per l'occupazione, il Ministero del bilancio e della programmazione economica, il Ministero dei beni culturali ed ambientali, l'amministrazione provinciale di Napoli, il Comune di Torre Annunziata, il Consorzio ASI di Napoli, con l'adesione dell'Ilva in liquidazione s.p.a. e della S.P.I. s.p.a.

L'accordo prevedeva la realizzazione di un programma per la reidustrializzazione, il riassetto territoriale e lo sviluppo economico dell'area Torrese-Stabiese.

Con l'impugnata sentenza il TAR per la Campania accoglieva il ricorso sotto il profilo dell'inidoneità dello strumento dell'accordo di programma ad introdurre modifiche alle previsioni contenute in un Piano Territoriale Paesistico.

Con il ricorso in appello in epigrafe la Regione Campania ha chiesto l'annullamento della menzionata sentenza, deducendo i seguenti motivi:

a) errata applicazione dell'art.27 della legge n.142/90, che non impedisce di utilizzare lo strumento dell'accordo di programma anche per variare le previsioni contenute in P.T.P.;

b) erroneità della sentenza del TAR, che non ha tenuto conto del fatto che il P.T.P. era stato approvato con atto del Ministro, il quale aveva partecipato alla stipula dell'accordo.

Con separato ricorso anche l'IRITECNA s.p.a. chiedeva l'annullamento della sentenza deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art.27 della legge n.142/90, potendo l'accordo di programma essere utilizzato per modificare sia la disciplina paesistica, sia piani territoriali ultra comunali.

Si costituivano in giudizio la SPI - Promozione e Sviluppo Imprenditoriale s.p.a., il Ministero del bilancio e della programmazione economica e il Ministero per i beni e le attività culturali chiedendo l'accoglimento dell'appello, mentre, benché regolarmente intimata, non si costituiva l'associazione Italia Nostra.

All'odierna udienza le due cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente deve essere disposta la riunione del ricorso n.3573/2000 al ricorso n.1648/2000, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2. Oggetto del presente giudizio di appello è un'unica questione di diritto: l'idoneità, o meno, dello strumento dell'accordo di programma ad introdurre modifiche delle previsioni contenute in un Piano Territoriale Paesistico.

L'Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto un'autorevole pronuncia su tale punto ed anche sulla diversa questione della partecipazione di terzi nelle fattispecie in cui le amministrazioni si determinano a perseguire la propria attività con moduli convenzionali, quali l'accordo di programma, in luogo di procedure amministrative "aperte".

Tale ulteriore censura, mossa in primo grado e relativa all'omessa partecipazione all'accordo delle associazioni ambientalistiche, è stata assorbita dal TAR e non è stata riproposta in appello; non deve pertanto essere esaminata, in quanto rinunciata a seguito della mancata costituzione in giudizio dell'associazione appellata, vittoriosa in primo grado

La giurisprudenza ha, infatti, chiarito che i motivi del ricorso proposti al TAR, se assorbiti e non esaminati, sono soggetti al principio espresso dall'art.346 c.p.c. e che la preclusione sussiste anche quando l'appellato vittorioso non si è costituito nel giudizio di appello (cfr., Cons. Stato, Ad. Plen., n.1/1999 e Cons. Stato, VI, n.1274/99).

3.1. Il giudice di primo grado, dopo aver respinto alcune eccezioni preliminari (non oggetto di appello), ha accolto il ricorso rilevando che l'art.27 della legge n.142/90 limita l'utilizzo di accordi di programma, consentendo solo la modifica degli strumenti urbanistici di competenza comunale.

Tale interpretazione ha condotto il TAR a ritenere l'illegittimità dell'accordo in esame sotto un duplice profilo: la natura paesistica, e non urbanistica, del P.T.P. modificato e l'ambito ultra comunale del piano.

3.2. Prima di procedere all'esame della prospettata questione di diritto, appare opportuno precisare il contenuto delle modifiche al P.T.P., apportate dall'accordo di programma.

Con l'accordo, nel prevedere la realizzazione di un progetto di reindustrializzazione, di riassetto territoriale e di sviluppo economico dell'area costiera di Torre Annunziata e, in particolare, dell'ex tubificio Dalmine Ilva, è stato stabilito che "la variante al piano territoriale paesistico sarà approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale ai sensi dell'art.27 della legge n.142/90".

Attraverso tali modifiche la realizzazione del descritto programma di intervento è stata inserita tra le opere da eseguire in deroga alle norme di zona (con specifici indice e parametri) ai sensi dell'art.22, comma 5 delle norme di attuazione del piano territoriale paesistico dei Paesi Vesuviani.

3.3. Il giudice di primo grado ha affermato la natura paesistica, e non (solo) urbanistica del P.T.P. in questione e da ciò ha tratto la conseguenza della non modificabilità attraverso l'accordo di programma.

La Sezione ritiene di condividere il primo punto, ma non anche le conseguenze tratte circa l'inidoneità dello strumento utilizzato.

E' nota la differenza tra piano paesistico e piano urbanistico territoriale: il primo è finalizzato alla protezione delle bellezze naturali e più precisamente alla fase di pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico - ambientali con strumenti idonei ad assicurare il superamento dell'episodicità, inevitabilmente connessa a semplici ed isolati interventi autorizzatori (cfr., Cons. Stato, VI, n.29/1993). Il piano paesistico costituisce pertanto uno strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesaggistico, mediante l'individuazione delle incompatibilità assolute e dei criteri e parametri di valutazione delle incompatibilità relative, condizionando, prevalentemente in negativo, la successiva attività di pianificazione del territorio vincolato anche sotto il profilo urbanistico (cfr., Corte Cost. n.417/95; Cons. Stato, II, n.548/98).

Al contrario, il piano urbanistico territoriale, pur avendo anche valenza paesistico - ambientale, non presuppone necessariamente un preesistente vincolo e può anche riguardare ambiti non vincolati.

Sicuramente possono sorgere problemi interpretativi, connessi al fatto che le due tipologie si presentano a volte variamente combinate ed intrecciate.

La Corte Costituzionale ha indicato, quali indici di riconoscimento della categoria dei piani urbanistici territoriali: l'estensione della loro efficacia all'intero territorio regionale con l'assenza di un limite territoriale riferito alle sole zone vincolate, l'utilizzo di tecniche ed effetti propri degli strumenti di pianificazione urbanistica ancorché teologicamente orientati verso l'obiettivo preminente della protezione di valori estetico - culturali e la formulazione di generali criteri di orientamento per la successiva attività di pianificazione ovvero di vincoli per l'attività di utilizzazione e trasformazione del suolo (Corte Cost., n.327/90 e n.378/2000).

Applicando detti criteri al caso in esame, deve ritenersi la natura paesistica del P.T.P. dei Paesi Vesuviani, modificato con l'accordo di programma impugnato, attenendo questo alla fase attuativa della tutela di una particolare zona sottoposta a vincolo e rientrando nell'attuazione del vincolo anche una funzione non di mero contenimento e conservazione dei pregi ambientali, ma anche di valorizzazione e recupero dei beni protetti.

Come si vedrà oltre, è comunque irrilevante la questione circa la natura prevalentemente urbanistica delle prescrizioni contenute nella variante al P.T.P., in quanto anche la natura paesistica del piano non è di ostacolo all'utilizzo dello strumento dell'accordo di programma.

3.4. La Sezione ritiene, infatti, che la modifica di un piano territoriale paesistico possa rientrare nel contenuto di un accordo di programma nei sensi di cui si dirà oltre.

Non appare, infatti, condivisibile l'interpretazione del TAR, secondo cui l'art.27, commi 4 e 5, della legge n.142/90 limita l'oggetto dell'accordo di programma alla variazione dei solo strumenti urbanistici.

Con le suddette disposizioni è stata dettata una disciplina specifica in caso di variazione degli strumenti urbanistici di competenza comunale, ma non si è limitato l'utilizzo dello strumento dell'accordo.

Del resto, l'istituto dell'accordo di programma, già previsto nel nostro ordinamento da alcune leggi speciali, è stato reso di generale applicazione dall'art.15 della legge n.241/90 e dall'art.27 della legge n.142/90.

Il rapporto tra le due norme è un rapporto di genere a specie, assumendo gli accordi organizzativi di cui al citato art.15 una valenza generale e gli accordi di programma di cui all'art.27 una sotto-categoria relativa ad un'individuata fattispecie ("definizione ed attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici").

In tale definizione devono essere ricercati i limiti oggettivi dell'accordo, riferendosi le successive disposizioni dell'art.27 alle modalità e agli effetti dell'utilizzo dello strumento o alla disciplina di alcune particolari ipotesi (come appunto quella prevista dai commi 4 e 5).

Non può negarsi che la generalizzazione dell'utilizzo di tale strumento appare in linea con l'ancora più generale tendenza del legislatore a favorire l'esercizio consensuale della potestà amministrativa (art.11 della legge n.241/90).

Nelle ipotesi di accordi tra privati ed amministrazione è evidente che l'accordo con i soggetti interessati garantisce l'esigenza del contemperamento tra interesse generale ed interessi particolari dei privati e del rispetto del principio di proporzionalità che impone di perseguire l'interesse generale con il minor sacrificio possibile per i privati.

A favore degli accordi tra diverse amministrazioni pubbliche vi è una ragione aggiuntiva: il pubblico interesse si presenta, sotto il profilo delle amministrazioni che devono provvedere alla sua tutela, non come un'entità unitaria, ma come una realtà frazionata (ciascuna organizzazione amministrativa se ne occupa sotto uno specifico profilo).

In molti casi solo il positivo esercizio di più poteri amministrativi autonomi consente il raggiungimento dei risultati prefissati e l'accordo tra le amministrazioni interessate costituisce il migliore strumento per garantire una forma di coordinamento idonea al soddisfacimento del pubblico interesse (o meglio dei diversi interessi pubblici, di cui sono portatrici le differenti amministrazioni interessate).

Sulla base di tali considerazioni di ordine generale risulta ancor più evidente la portata generale dello strumento dell'accordo di programma, i cui limiti oggettivi devono essere individuati con il solo riferimento all'ampia definizione, contenuta nel primo comma dell'art.27 della legge n.142/90.

L'individuazione dell'ambito oggettivo in modo ampio, ed anche generico, evidenzia l'intenzione del legislatore di rendere il più possibile generale lo strumento dell'accordo di programma.

In tale ambito rientra senz'altro il progetto per la reindustrializzazione ed il riassetto territoriale dell'area costiera di Torre Annunziata, attuato con l'accordo di programma in esame, trattandosi di un programma di intervento che richiede l'azione integrata di comuni, province e regioni, amministrazioni statali ed altri soggetti.

Infatti, il termine "interventi o programmi di intervento", inserito nell'art.27, comma 1, in aggiunta alla "definizione e attuazione di opere" deve essere interpretato come possibilità di utilizzo dello strumento non solo per qualsiasi tipo di opera pubblica, ma anche per la programmazione di attività ulteriori e complementari rispetto alla realizzazione delle opere (come, nel caso di specie, i previsti interventi a sostegno dell'occupazione).

3.5. Sulla base delle considerazioni svolte risulta agevole risolvere la seconda questione prospettata dagli appellanti: l'assenza di un limite territoriale, che impedirebbe, secondo quanto affermato dal TAR, di modificare strumenti (anche urbanistici) ultra comunali.

Anche in questo caso, tale limitazione non trova fondamento nel dato normativo, in quanto, come già detto, la previsione dell'art.27, comma 5, della legge n.142/90 introduce una disciplina specifica in caso di variazione degli strumenti urbanistici di competenza comunale, senza limitare a tale ambito l'utilizzo dello strumento dell'accordo.

Il riferimento, contenuto nel primo comma della norma e relativo alla competenza a promuovere la conclusione dell'accordo, conferma la possibilità di utilizzare detto strumento anche in caso di opere ed interventi di ambito provinciale o regionale.

3.6. Accertato, quindi, che non esula dall'ambito oggettivo di un accordo di programma la realizzazione di opere ed interventi che comportino la modifica di un piano territoriale paesistico, deve essere affrontata l'ulteriore questione relativa agli effetti dell'accordo con particolare riguardo alla efficacia sostitutiva che tale accordo può avere in relazione ai provvedimenti amministrativi necessaria in via ordinaria per raggiungere l'effetto.

Con riguardo al caso in esame la questione può essere così riportata: può l'accordo di programma, che prevede anche la variante di un P.T.P., derogare agli ordinari criteri di competenza, fissati dal legislatore per l'approvazione di una variante ad un P.T.P.?

La Sezione ritiene di dare riposta negativa al quesito.

Innanzi tutto, gli effetti discendono direttamente dall'accordo, in quanto la fonte dell'accordo è costituita dall'atto convenzionale, su cui è intervenuto il consenso delle amministrazioni, svolgendo il decreto di approvazione solo una funzione di esternazione.

L'effetto giuridico di un accordo di programma è quello di obbligare le parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti con l'accordo, nel rispetto delle competenze che caratterizzano ciascuna amministrazione.

In mancanza di espressa disposizione legislativa non appare, infatti, legittimo alcuno spostamento di competenze e dal fatto che l'accordo venga approvato dal Presidente della Regione non può certo derivare che con tale atto, avente peraltro funzione di mera esternazione, si possano determinare modifiche agli ordinari criteri di competenza.

In una precedente decisione della Sezione era già stato rilevato che le funzioni di propulsione e di approvazione dell'accordo riconosciute (in quel caso) al sindaco, non implicano, in carenza di espressa previsione normativa, il trasferimento di funzioni sostanziali che fanno capo al consiglio comunale (cfr. Cons. Stato, VI, n.182/96)

Ciò comporta che, anche in sede di conclusione dell'accordo, gli impegni assunti possono riguardare soltanto ciò che era nella disponibilità dei soggetti che hanno partecipato all'accordo.

In ipotesi di competenze attribuite ad organi collegiali, la partecipazione all'accordo di diverso organo dello stesso ente non può sostituire decisioni riservate ad altro organo, a meno che tale organo non si sia già espresso in via preventiva o non vi sia un'espressa previsione normativa.

Ad eccezione di tali ultime ipotesi, la partecipazione di un organo non competente comporta l'impegno da parte di questi a sottoporre la questione all'organo competente, la cui decisione dovrà essere istruita e motivata anche con specifico riferimento all'accordo di programma (nel senso che un eventuale decisione in senso diverso da quanto previsto nell'accordo dovrà essere supportata da adeguata istruttoria e motivazione).

Del resto, gli appellanti e la stessa avvocatura dello stato hanno richiamato, a fondamento della tesi della possibilità di utilizzare lo strumento dell'accordo di programma per variare piani paesistici, numerose leggi regionali che prevedono e disciplinano tale ipotesi, argomentando che, qualora l'art.27 della legge n.142/90 dovesse essere interpretato come ha fatto il TAR, tali leggi regionali sarebbero tutte costituzionalmente illegittime per contrasto con l'art.117 della Costituzione.

Si deve, invece, rilevare che tali leggi, nel disciplinare in modo specifico le modalità di utilizzo dell'accordo di programma in caso di variazione di atti di pianificazione territoriale, non si pongono in contrasto con l'art.27 della legge n.142/90 ed anzi espressamente prevedono l'utilizzo di detto strumento anche in caso dei c.d. "procedimenti aperti" alla partecipazioni di terzi, nei quali è prevista la possibilità di proporre osservazioni e proposte da parte dei soggetti interessati, di enti o associazioni di categoria.

Al riguardo, come già detto in precedenza, la questione posta dall'Avvocatura dello stato circa l'ammissibilità della partecipazione di terzi in caso di "procedimenti aperti" assorbiti nell'accordo di programma, è estranea all'oggetto del presente giudizio di appello, non essendo stato riproposto il motivo assorbito in primo grado.

Si rileva incidentalmente che alcune leggi regionali prevedono l'anticipazione alla fase istruttoria dell'accordo di programma della fase di presentazione delle osservazioni (v. art.11, commi 4 e 5, della L.R. Toscana n.76/96) e che, in mancanza di previsione legislativa, devono comunque essere trovate in via interpretativa analoghe modalità idonee a consentire la partecipazione al procedimento dei soggetti interessati, prevista nei procedimenti ordinari (si ribadisce comunque che in relazione all'accordo in esame tale questione non può essere fatta valere, non essendo stato riproposto il relativo motivo di ricorso).

3.7. Non può non rilevarsi, però, che le stesse leggi regionali prevedono che "qualora l'accordo di programma comporti modifiche a piani regionali aventi valenza territoriale queste devono essere approvate dal Consiglio regionale" (v. art.6 L.R. Lombardia n.14/93; art.6 L.R. Puglia n.4/95; art.27 L.R. Valle d'Aosta n.11/98; art.7 L.R. Molise n.17/99) o ratificate dal competente orano consiliare (v. art.11, comma 7, L.R. Toscana n.76/96).

In nessuna legislazione regionale è previsto che l'accordo di programma possa derogare agli ordinari criteri di competenza, previsti per gli atti di programmazione e pianificazione territoriale.

3.8. Nel caso di specie, quindi, non essendosi mai pronunciato (né preventivamente, né successivamente), il Consiglio regionale della Campania, competente in via ordinaria ad approvare una variante al P.T.P., dall'accordo di programma poteva derivare solamente l'impegno a sottoporre per l'approvazione al competente organo consiliare le varianti al P.T.P..

Secondo l'Avvocatura dello Stato, anche ammettendo la necessità di una pronuncia del Consiglio regionale, l'accordo di programma resta validamente firmato con la conseguenza che solo al momento della effettiva modifica del vigente P.T.P. sorgerebbe l'interesse al ricorso. Il motivo addotto in primo grado dalla associazione ricorrente sarebbe, quindi, inammissibile.

L'eccezione è infondata.

Come detto in precedenza, con l'accordo di programma le parti stipulanti non si sono limitate a prevedere la successiva modifica al P.T.P., ma hanno espressamente convenuto che "la variante al P.T.P. sarà approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale ai sensi dell'art.27 della legge n.142/90" (art.4, comma 2, dell'accordo).

Ferma restando la validità dell'accordo per il resto, sussiste certamente l'interesse al ricorso da parte dell'associazione Italia Nostra quanto meno in relazione a detta disposizione dell'accordo, con cui si è voluto espressamente modificare l'ordinario criterio di competenza per l'approvazione di una variante al P.T.P..

Al riguardo, si osserva che, come riconosciuto dal giudice di primo grado, l'originario ricorso è nella sostanza diretto a contestare l'accordo di programma e non solo il decreto di approvazione, avente funzione di esternazione.

Infatti, pur potendosi ricavare dalla stessa epigrafe del ricorso che l'impugnazione era diretta anche contro l'accordo di programma, comunque, anche argomentando diversamente, l'oggetto del giudizio deve essere individuato in base a criteri sostanziali e non formali, verificando, anche in base ai motivi, gli atti (pur non espressamente indicati tra quelli impugnati) contro i quali il ricorrente ha mosso specifiche doglianze (cfr., Cons. Stato, IV, n.465/1981). E non vi è dubbio che i motivi di ricorso fossero diretti avverso l'accordo in questione.

3.9. Premesso che l'accordo di programma non può modificare gli ordinari criteri di competenza, stabiliti per l'approvazione di un P.T.P., deve essere affrontata un'ulteriore questione sollevata dagli appellanti: la rilevanza a tal fine della partecipazione all'accordo del Ministro per i beni e le attività culturali in considerazione del fatto che il P.T.P. variato era stato approvato, in via sostitutiva, dallo stesso Ministro.

A prescindere dal fatto che l'accordo ha previsto l'approvazione della variante con decreto del Presidente della Giunta Regionale e non con atto del Ministro, si osserva che è del tutto irrilevante che il P.T.P. in questione sia stato approvato dal Ministro.

Il P.T.P. è stato approvato dal Ministro, che ha esercitato i poteri sostitutivi spettanti ai sensi dell'art.1 bis, comma 2, della legge n. 431/85 in caso di inerzia della Regione ad approvare i piani paesistici o i piani urbanistico territoriali nel termine previsto.

La scadenza del termine per l'approvazione dei piani da parte delle Regioni non determina la decadenza dal potere di provvedere (cfr., Cons. Stato, VI, n.1560/98) ed anche l'esercizio dei poteri sostitutivi statali (avvenuto nel caso in esame) non determina l'esaurimento dei poteri regionali.

Al contrario, il potere sostitutivo, comprensivo dell'adozione dei suddetti piani, ha come presupposto l'inerzia della regione e l'assenza del piano paesistico o del piano urbanistico territoriale.

Una volta esercitato il potere sostitutivo da parte dello Stato, viene meno l'esigenza di dare attuazione al primario interesse, costituito dal valore estetico - culturale del paesaggio e di conseguenza cessa il presupposto per l'esercizio del potere sostitutivo, rientrando nell'ordinaria competenza della regione l'approvazione di varianti al piano od anche la sostituzione del piano con altro successivo.

In sostanza, in relazione all'approvazione dei piani ai sensi dell'art.1 bis della legge n.431/85, il potere sostitutivo è esercitabile una tantum e non attribuisce all'amministrazione statale anche il potere di procedere alle varianti del piano.

Del resto, nella fase istruttoria dell'accordo di programma, era stato lo stesso Ministero a precisare che la variante al P.T.P. era di competenza della regione.

Infatti, nella nota del 22.2.2000, prodotta dall'Avvocatura dello Stato, viene riepilogato l'iter procedimentale preliminare alla conclusione dell'accordo e viene evidenziato che durante la riunione tecnica del 14.5.1996 "il Ministero si dichiarava disponibile ad un approfondito riesame della normativa del P.T.P., precisando comunque che la variante di tale normativa era di competenza della Regione".

Ciò dimostra che il Ministero non ha partecipato all'accordo nella veste di soggetto competente ad approvare la variante al P.T.P..

Non può, quindi, dubitarsi che la competenza ordinaria in ondine all'approvazione della variante al P.T.P. spetta al Consiglio regionale della Campania, che non si è, invece, mai pronunciato in merito.

4. Le considerazioni svolte conducono a ritenere solo parzialmente fondati i ricorsi in appello proposti, nel senso che l'accoglimento del motivo proposto in primo grado non travolge l'intero accordo di programma ed il suo decreto di approvazione, ma sola parte dell'accordo (esternata con il decreto) in cui è specificato che la variante al P.T.P. sarà approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale (art.4, comma 2 dell'accordo).

Ne consegue che l'accordo di programma resta valido e che dall'accordo deriva l'impegno degli organi regionali intervenuti a sottoporre la variante al P.T.P. al competente Consiglio regionale per l'approvazione.

In conclusione, gli appelli riuniti devono essere accolti in parte ed, in parziale riforma della sentenza di primo grado, deve essere disposto l'annullamento della sola parte degli atti impugnati, in cui è prevista l'approvazione della variante al P.T.P. con decreto del Presidente della Giunta Regionale (art.4, comma 2 dell'accordo, approvato con il decreto del Presidente della Giunta regionale), anziché da parte del competente Consiglio regionale.

5. Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, previa riunione dei ricorsi in appello indicati in epigrafe, li accoglie in parte e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, annulla i provvedimenti impugnati nei limiti e nei sensi di cui in parte motiva.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 14-7-2000 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere

Paolo D'ANGELO Consigliere

Roberto CHIEPPA Consigliere Est.

Depositata il 05.01.2001.

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