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Giurisprudenza
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 27 marzo 2003 n. 1605 - Pres. Giovannini, Est. Chieppa - Confederazione Generale del Commercio, del Turismo, dei Servizi e delle Piccole e Medie Imprese ed altri (Avv.ti Scoca e Rinella) Ministero delle attività produttive (Avv. Stato Mangia), Gestore della Rete di Trasmissione nazionale s.p.a. (Avv.ti Pinnarò e Scuricini), Dalmine Energie s.r.l. (Avv.ti Capria e Donnini), Enel Trade s.p.a. (Avv. Clarich), Società Edison Energia s.p.a. (Avv.ti Bucello e Travi) - (riforma T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. I, 5 febbraio 2002, n. 437).

1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Oggetto del giudizio - Individuazione - Criteri.

2. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Rito abbreviato previsto dall'art. 23 bis della L. TAR - Nel caso in cui, assieme a provvedimenti assoggettati a tale rito, siano stati impugnati provvedimento assoggettati al rito ordinario - Applicabilità del rito abbreviato all'intera controversia - Ragioni - Fattispecie.

1. L'oggetto del processo amministrativo si è ormai definitivamente spostato dall'atto impugnato al rapporto controverso, o comunque alla pretesa fatta valere; l'oggetto di un giudizio amministrativo non viene quindi delimitato solamente e formalmente dagli atti impugnati, ma soprattutto dalle domande proposte attraverso i motivi di ricorso.

2. L'art. 23 bis della legge n. 1034/1971, introdotto dall'art. 4 della legge n. 205/2000, va interpretato nel senso che il rito speciale ivi previsto si applica in tutti i casi in cui sia impugnato un provvedimento rientrante in quelli indicati dal comma 1, anche se unitamente ad esso sia impugnato altro provvedimento di diversa natura; in questi casi, ciò che rileva per l'applicabilità del rito speciale di cui all'art. 23 bis della legge n. 1034/1971, non è la formale imputazione del provvedimento impugnato all'autorità indipendente, bensì il dato sostanziale dell'imputazione decisionale (alla stregua del principio è stato ritenuto che, pur in presenza di un cumulo di domande - annullamento del decreto ministeriale ed annullamento della deliberazione dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas - assoggettate rispettivamente al rito ordinario ed al rito speciale di cui al citato articolo 23 bis, quest'ultimo rito andava applicato all'intera controversia; in considerazione tuttavia della novità della questione e delle difficoltà interpretative, è stato concesso ai ricorrenti il beneficio dell'errore scusabile) (1).

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(1) In particolare la Sez. VI, per risolvere la questione della determinazione del rito, ha ritenuto inapplicabile  la disciplina dell'articolo 40, comma 3, c.p.c. il quale prevede, nei casi di concorrenza tra rito ordinario e rito speciale, la regola della prevalenza del rito ordinario, con la sola eccezione del rito del lavoro e del rito previdenziale, destinati in ogni caso a prevalere anche sul rito ordinario.

Ha osservato in proposito la Sez. VI che le finalità acceleratorie, poste a fondamento del rito speciale di cui all'art. 23 bis, derivano dall'esigenza non tanto di definire in modo rapido i ricorsi proposti unicamente avverso gli specifici provvedimenti indicati nel comma 1 della disposizione, ma piuttosto di concludere in modo sollecito quei giudizi aventi ad oggetto determinati provvedimenti in considerazioni degli interessi, che detti provvedimenti coinvolgono.

E' stato pertanto ritenuto che il citato articolo 23 bis deve essere interpretato nel senso che il previsto rito speciale si applichi in tutti i casi in cui sia impugnato un provvedimento rientrante in quelli indicati dal comma 1, anche se unitamente a provvedimento di diversa natura. In questi casi, ciò che rileva per l'applicabilità del rito speciale di cui all'art. 23 bis non è la formale imputazione del provvedimento impugnato all'autorità indipendente, bensì il dato sostanziale dell'imputazione decisionale; quindi, il rito speciale si applica anche quando unitamente al provvedimento adottato dall'autorità indipendente, sia impugnato l'atto ministeriale connesso.

Ritenuta l'applicabilità alla controversia de quo del rito speciale, introdotto dal citato art. 23 bis della legge n. 1034/1971, il ricorso in appello risultava essere stato tardivamente notificato (oltre il termine di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza). E' stato comunque essere concesso agli appellanti il beneficio dell'errore scusabile, tenuto conto della novità della questione e delle difficoltà interpretative.

 

 

 

FATTO

Con il ricorso in appello in epigrafe la Confederazione Generale del Commercio, del Turismo, dei Servizi e delle Piccole e Medie Imprese; la ditta C.O.R.I. Alimentari e panificio di Claudio Conti & C.; la Ungheria Società alberghiera s.r.l. e i Supermercati Drago s.r.l. hanno chiesto l'annullamento della sentenza n. 437/202 con la quale il Tar per la Lombardia ha respinto il ricorso proposto avverso : a) il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 21-11-2000, avente ad oggetto la "cessione dei diritti e delle obbligazioni relativi all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL S.p.a. al Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a."; b) la deliberazione n. 223/2000 del 13-12-2000, adottata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

L'appello viene proposto per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto le procedure concorsuali per la cessione dell'energia elettrica sono nei fatti aperte alla sola partecipazione dei clienti idonei, con esclusione, priva di giustificazione, dei clienti vincolati, che non possono accedervi neanche in via indiretta, causa l'assenza di operatività della neo costituita Società Acquirente Unico;

2) ingiustificato vantaggio attribuito ai clienti idonei, tenuto conto che il prezzo a base d'asta risulta sensibilmente inferiore alla tariffa media praticata ai clienti vincolati, i quali inoltre non possono beneficiare dei vantaggi derivanti dall'acquisto di energia prodotta da impianti c.d. "CIP 6";

3) il vantaggio per i clienti idonei di poter acquistare l'energia prodotta dagli impianti CIP 6 ad un prezzo più basso comporta un aumento degli oneri del sistema, che gravano principalmente sui clienti vincolati;

4) illegittima previsione di una base d'asta più bassa per i clienti idonei, disponibili a distacchi di energia, considerata la sovra capacità produttiva del sistema italiano e l'ulteriore aumento degli oneri del sistema, gravante principalmente sui clienti vincolati;

5) illegittimità del decreto ministeriale impugnato, con cui è stato introdotto un sistema, solo apparentemente temporaneo, che si pone in contrasto con le disposizioni del D. Lgs. n. 79/1999, che imponeva l'attivazione della c.d. borsa elettrica e soprattutto dell'Acquirente Unico, la cui figura è stata elusa nel sistema delineato dal D.M. 21-11-2000.

L'amministrazione intimata e le altre parti resistenti si sono costituite in giudizio, chiedendo la reiezione dell'appello ed eccependo in via preliminare l'irricevibilità e l'inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso in appello.

All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.1. Con l'impugnata sentenza il Tar per la Lombardia ha respinto il ricorso proposto dalle odierne parti appellanti avverso il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 21-11-2000, avente ad oggetto la "cessione dei diritti e delle obbligazioni relativi all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL S.p.a. al Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a.", ed avverso la deliberazione n. 223/2000 del 13-12-2000, adottata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di irricevibilità del ricorso in appello per tardività, fondata sull'applicazione dell'art. 23 bis della legge n. 1034/1971, introdotto dall'art. 4 della legge n. 205/2000.

Secondo alcune parti appellate, essendo stato impugnato anche un provvedimento dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas, alla presente controversia si applica l'articolo 23 bis, della L. n. 1034/1971.

Ai sensi del comma 7 della citata disposizione, il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui al comma 1 è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza.

Nel caso di specie, la sentenza del Tar è stata pubblicata il 5-2-2002, mentre l'appello è stato notificato in data 26/27-7-2002 e, quindi, oltre il termine di 120 giorni.

Replicano gli appellanti, evidenziando che il ricorso di primo grado non aveva come principale oggetto il provvedimento dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas, ma un decreto del Ministero dell'industria, rispetto al quale l'impugnata deliberazione dell'autorità costituisce atto meramente consequenziale ed applicativo.

1.2. La questione da risolvere presenta carattere di assoluta novità: si tratta, infatti, di verificare l'applicabilità del rito speciale, di cui al citato art. 23 bis, ai giudizi in cui vengono impugnati più atti, non tutti rientranti tra quelli indicati dal primo comma della citata disposizione.

Nel caso di specie, si è in presenza di un cumulo di domande (annullamento del decreto ministeriale ed annullamento della deliberazione dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas), assoggettate rispettivamente al rito ordinario ed al rito speciale di cui al citato articolo 23 bis.

Si tratta di una fattispecie, che non è espressamente regolata dal legislatore.

Secondo una prima tesi, l'interprete dovrebbe in tal caso fare ricorso alle disposizioni del codice di procedura civile.

Si osserva che la disciplina delle modificazioni della competenza in ragione della connessione, contenuta negli articoli da 31 a 36 del c.p.c., è tutta ispirata alla realizzazione del simultaneus processus.

L'articolo 40, comma 3, c.p.c. prevede, nei casi di concorrenza tra rito ordinario e rito speciale, la regola della prevalenza del rito ordinario, con la sola eccezione del rito del lavoro e del rito previdenziale, destinati in ogni caso a prevalere anche sul rito ordinario.

L'applicazione in via analogica di tale disposizione al processo amministrativo condurrebbe a ritenere la prevalenza del rito ordinario in ipotesi di cumulo di domande, assoggettate a riti diversi.

Tale soluzione non appare però convincente, quanto meno con riguardo all'ipotesi di un ricorso con cui vengono contestualmente impugnati diversi atti, non tutti rientranti tra quelli elencati nel comma 1 dell'art. 23 bis.

Si osserva, infatti, in via generale, che il sistema processuale amministrativo presenta caratteristiche autonome e distinte da quello civile e, in particolare, che non è possibile individuare all'interno di tale sistema alcuno dei riti speciali, cui fa riferimento l'articolo 40, comma 3, c.p.c..

Sotto il profilo sostanziale, inoltre, la tesi criticata potrebbe indurre il ricorrente a promuovere ricorsi separati, allo scopo di non veder svanire la possibilità di ottenere una rapida definizione della lite, secondo le cadenze indicate dalla disposizione speciale di cui all'art. 23 bis.

In questo modo, però, la proposizione di ricorsi separati, si porrebbe in contrasto sia con la ratio acceleratoria, che ha ispirato le maggiori novità introdotte dalla legge n. 205/2000 (prima fra tutte quella prevista dall'art. 23 bis), sia con l'esigenza di realizzare il simultaneus processus, che anche ha ispirato la riforma del processo amministrativo, come dimostra la norma che prevede che tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti.

Tali considerazioni conducono a ritenere che la soluzione alla questione prospettata non debba essere ricercata tramite l'automatica trasposizione di disposizioni del c.p.c., che non si pongono in armonia con il sistema processuale amministrativo e che, quindi, la risposta debba essere trovata all'interno dello stesso sistema processuale.

1.3. Le finalità acceleratorie, poste a fondamento del rito speciale di cui all'art. 23 bis, derivano dall'esigenza non tanto di definire in modo celere i ricorsi proposti unicamente avverso gli specifici provvedimenti indicati nel comma 1 della disposizione, ma piuttosto di concludere in modo sollecito quei giudizi aventi ad oggetto determinati provvedimenti in considerazioni degli interessi, che detti provvedimenti coinvolgono.

Come è noto, l'oggetto del processo amministrativo si è ormai definitivamente spostato dall'atto impugnato al rapporto controverso, o pretesa fatta valere secondo alcuni (la già richiamata norma sui motivi aggiunti è indice di tale evoluzione del processo amministrativo).

L'oggetto di un giudizio amministrativo non viene quindi delimitato solamente e formalmente dagli atti impugnati, ma soprattutto dalle domande proposte attraverso i motivi di ricorso.

Le descritte esigenze acceleratorie si manifestano, quando la domanda proposta coinvolge provvedimenti indicati dal comma 1 dell'art. 23 bis e non vengono meno solo perché con il ricorso sono stati impugnati anche altri provvedimenti.

Basti pensare al caso, analogo a quello di specie, in cui esiste un rapporto di derivazione tra il provvedimento rientrante nell'art. 23-bis ed un diverso provvedimento presupposto.

Non appare ragionevole ipotizzare che in questi casi la impugnazione dell'atto presupposto impedisca, o comunque ritardi, l'operatività del giudizio speciale diretto a consentire la più rapida definizione della lite; parimenti irragionevole sarebbe precludere l'applicabilità del rito speciale nell'ipotesi in cui venga proposto un ricorso incidentale contro un atto diverso da quello impugnato con il ricorso principale e non rientrante, a differenza del primo, tra quelli elencati espressamente dalla norma (la parte resistente potrebbe così impedire al ricorrente di beneficiare del rito accelerato di cui all'art. 23 bis, attraverso la mera proposizione, anche strumentale, di un ricorso incidentale contro un diverso atto).

E' quindi preferibile ritenere che il citato articolo 23 bis debba essere interpretato nel senso che il previsto rito speciale si applichi in tutti i casi in cui sia impugnato un provvedimento rientrante in quelli indicati dal comma 1, anche se unitamente a provvedimento di diversa natura.

Del resto, anche sotto il profilo letterale, la disposizione ha previsto l'applicazione del rito speciale ai giudizi aventi ad oggetto gli indicati provvedimenti e non ai giudizi aventi ad oggetto solo tali provvedimenti.

In considerazione dei rilevanti interessi che detti provvedimenti coinvolgono, il legislatore ha voluto introdurre un rito speciale, più veloce, che si applica ogni volta che uno di quei determinati provvedimenti viene impugnato e a prescindere dalla contestuale impugnazione di altri atti, che non sminuisce certo la rilevanza degli interessi coinvolti.

1.4. Inoltre, proprio con riferimento alla lettera d) del citato comma 1, che qui interessa (i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti), la dottrina ha evidenziato che il termine adottati, al posto "dei provvedimenti delle" o "emanati dalle" o simili altre formule descrittive dell'imputabilità del provvedimento ad un'autorità amministrativa indipendente, non sia stato scelto a caso, ma tiene conto di quei procedimenti in cui alla sostanziale decisione affidata ad una autorità indipendente, segue l'emanazione formale di un atto da parte di un Ministero.

In questi casi, ciò che rileva per l'applicabilità del rito speciale di cui all'art. 23 bis non è la formale imputazione del provvedimento impugnato all'autorità indipendente, bensì il dato sostanziale dell'imputazione decisionale; quindi, il rito speciale si applica anche quando unitamente al provvedimento adottato dall'autorità indipendente, sia impugnato l'atto ministeriale connesso.

Nel caso di specie, si è in presenza di un procedimento, in cui accanto a decisioni assunte dal Ministero sono intervenute le decisioni dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas; entrambe ai fini della disciplina del mercato dell'energia elettrica e della sua liberalizzazione.

In tal caso, le esigenze di realizzare il simultaneus processus e di definire lo stesso in modo celere conducono, per le considerazioni sopra svolte, a ritenere applicabili al presente giudizio le disposizioni di cui al citato art. 23 bis.

Essendo tale soluzione interpretativa fondata sulla diretta applicabilità dell'art. 23 bis, che presuppone l'impugnazione di uno dei provvedimenti elencati nel primo comma della norma, è irrilevante accertare se il provvedimento dell'autorità indipendente costituisca, o meno, l'oggetto principale dell'impugnazione, in quanto comunque la tesi accolta conduce a ritenere applicabile il rito speciale. Una distinzione, fondata sull'individuazione dell'oggetto principale dell'impugnazione, condurrebbe ad una estrema incertezza applicativa, introducendo un criterio basato principalmente sulle valutazioni del giudice, che potrebbero non coincidere con quelle del ricorrente.

Ovviamente, si tratta di una soluzione applicabile alla fattispecie di un ricorso cumulativamente proposto avverso provvedimenti rientranti tra quelli indicati dall'art. 23 bis ed avverso provvedimenti diversi e non estensibile al diverso caso di concorrenza tra rito ordinario e rito speciale previsto per i ricorsi avverso il silenzio, in relazione al quale la problematica assume connotati completamenti diversi, che attengono principalmente alla possibilità di convertire il rito da speciale ad ordinario.

2. Ritenuta l'applicabilità alla presente controversia del rito speciale, introdotto dal citato art. 23 bis della legge n. 1034/1971, il ricorso in appello risulta essere stato tardivamente notificato (oltre il termine di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza).

Deve comunque essere concesso ai ricorrenti il beneficio dell'errore scusabile, tenuto conto della novità della questione e delle difficoltà interpretative.

3. A questo punto prima di passare ad esaminare le ulteriori eccezioni preliminari, appare opportuno ricostruire il quadro normativo, all'interno del quale sono stati adottati gli impugnati provvedimenti.

Il mercato interno dell'energia elettrica è disciplinato dal D. Lgs. n. 79/1999, con cui, in attuazione della direttiva 96/92/CE, è stato regolamentato il processo di liberalizzazione del settore.

Le linee guida di tale processo di liberalizzazione possono essere così sintetizzate:

a) eliminazione di riserve legali sulle attività di produzione, importazione, acquisto e vendita d'energia elettrica e dismissione da parte dell'Enel di 15.000 megawatt di potenza da destinare alle tre Generation Company;

b) affidamento in concessione ad una società per azioni in mano pubblica (Gestore della rete di trasmissione s.p.a., di seguito GRTN) delle attività di trasmissione nella rete nazionale e di dispacciamento;

c) costituzione di una società per azioni, denominata Acquirente unico, deputata a stipulare e gestire i contratti di fornitura d'energia, al fine di assicurare parità di trattamento tariffario ai clienti finali che non sono idonei a stipulare contratti di fornitura con produttori, distributori, grossisti ed importatoti d'energia (c.d. clienti vincolati);

d) creazione di un mercato all'ingrosso dell'elettricità (c.d. "borsa elettrica), in cui il prezzo dell'energia si forma sulla base dell'incontro tra la domanda (proveniente dagli acquirenti privati all'ingrosso e dall'Acquirente unico) e l'offerta (da parte delle società con impianti di produzione), la cui gestione è affidata ad una società per azioni (Gestore del mercato s.p.a.).

Il D.lgs. n. 79/99 disciplina l'attività di fornitura energetica ai clienti finali distinguendo due mercati: il c.d. mercato dei clienti vincolati e quello dei clienti idonei. Il primo riguarda la fornitura dell'energia elettrica ai clienti finali legittimati a stipulare i contratti di somministrazione elettrica esclusivamente con il distributore che, in forza di concessione, esercita il servizio in ambiti territoriali delimitati (art. 2, comma 7, D.lgs. n. 79/99; si tratta di quei consumatori, che non dispongono di forza negoziale necessaria per stipulare contratti di fornitura con i produttori a condizioni vantaggiose). Il secondo mercato riguarda la categoria dei clienti idonei, che possono direttamente scegliere il fornitore di energia elettrica.

In ragione delle esistenti asimmetrie negoziali, il D.lgs. 79/99 ha imposto la costituzione di una società per azioni, denominata Acquirente Unico, costituita dal Gestore della rete di trasmissione nazionale; l'Acquirente Unico, agendo come una sorta di intermediario obbligato, ha il compito di garantire ai clienti vincolati la disponibilità di energia elettrica in condizioni di sicurezza e di efficienza del servizio, nonché di parità di trattamento anche tariffario (art. 4, comma 1, d.lg. n. 79/99).

Per organizzare il mercato elettrico secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e di concorrenza tra produttori, l'art. 5, comma 1, del decreto 79/99 ha disposto che la sua gestione economica deve essere affidata ad un soggetto indipendente, il Gestore del mercato, preposto a gestire il mercato di scambio tra domanda e offerta energetica (la c.d. borsa elettrica). Questo scambio si sostanzia, più precisamente, negli impegni ad immettere e prelevare energia secondo una quantità determinata in una unità di tempo.

L'art. 5 del D. Lgs. n. 79/1999 prevede che "entro il 1° gennaio 2001 l'ordine di entrata in funzione delle unità di produzione di energia elettrica nonché la selezione degli impianti di riserva e di tutti i servizi ausiliari offerti è determinato, salvo quanto previsto dall'articolo 11, secondo il dispacciamento di merito economico. Dalla data in cui questo viene applicato, il gestore del mercato assume la gestione delle offerte di acquisto e di vendita dell'energia elettrica e di tutti i servizi connessi. Fino alla medesima data il gestore di cui all'articolo 3 pone a disposizione degli operatori una sede di negoziazione dei contratti bilaterali."

Nonostante il decorso del predetto termine, fissato al 1-1-2001, l'avvio della c.d. borsa elettrica non è avvenuto, né è stato reso operativo l'Acquirente Unico.

Il mercato si trova quindi ancora nella fase di transizione fino all'entrata in funzione del sistema di dispacciamento di merito economico, nel corso della quale, ai sensi dell'art. 1, comma 3, del D. Lgs. n. 79/99, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (oggi delle attività produttive) emana apposite direttive ed in particolare determina con propri provvedimenti l'assunzione di responsabilità da parte del gestore della rete di trasmissione nazionale, dell'acquirente unico e del gestore del mercato di cui agli articoli 3, 4 e 5.

Con l'impugnato decreto ministeriale del 21-11-2000, è stata appunto disciplinata la cessione dei diritti e delle obbligazioni relativi all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL S.p.a. al Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a..

Nelle premesse del citato decreto viene ravvisata l'opportunità che, in attesa dell'operatività del sistema delle offerte di cui all'art. 5, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, l'energia ritirata dal Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a., ai sensi dell'art. 3, comma 12, del medesimo decreto legislativo, sia collocata sul mercato con procedure concorsuali ad un prezzo base che rifletta il costo di produzione dell'energia elettrica, valorizzando eventuali disponibilità della domanda a contribuire, attraverso l'interrompibilità o la modulabilità dei carichi, alla sicurezza del sistema elettrico nazionale.

Ai sensi dell'art 4 dell'impugnato decreto, "fino all'entrata in funzione del sistema delle offerte di cui all'art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 79 del 1999, il Gestore della rete cede l'energia elettrica acquisita ai sensi dell'art. 2, mediante procedure concorsuali, disciplinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas secondo criteri di pubblicità, trasparenza e non discriminazione, secondo le disposizioni del presente decreto e comunque con modalità preventivamente comunicate al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Alle procedure concorsuali possono partecipare i clienti idonei inclusi nell'elenco all'art. 2, della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 91/1999, nonché l'acquirente unico a partire dalla data di assunzione della funzione di garante della fornitura per i clienti vincolati.

Fino all'entrata in funzione del sistema delle offerte di cui all'art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 79 del 1999, o alla data di assunzione della funzione di garante della fornitura per i clienti vincolati da parte dell'acquirente unico, l'energia non collocata tramite procedure concorsuali è offerta e ceduta direttamente ai distributori al prezzo riconosciuto dall'Autorità."

Sulla base del menzionato decreto il GRTN provvede a collocare sul mercato dei clienti l'energia prodotta dai c.d. impianti CIP 6 (fonti energetiche rinnovabile ed assimilate, di cui si dirà oltre).

In attuazione del decreto 21-11-200, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha adottato la impugnata deliberazione n. 223 del 13-12 2000, con cui vengono disciplinate le predette procedure concorsuali.

Attualmente la fornitura di energia elettrica ai clienti idonei avviene ancora sulla base di tale contrattazione bilaterale, cui non partecipano i clienti vincolati, attesa la perdurante non operatività dell'Acquirente Unico.

4.1. Ciò premesso, si può passare ad esaminare le ulteriori eccezioni preliminari sollevate dalla parti resistenti.

In primo luogo, è infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata da Enel Trade, che contesta la richiesta di annullamento dell'intero decreto ministeriale, anziché delle sole parti coinvolte dai motivi di ricorso.

E' infatti evidente che la richiesta di annullamento del decreto non può che essere letta unitamente ai motivi di ricorso con conseguente eventuale annullamento delle sole parti del decreto contestate e che risulteranno illegittime.

4.2. Dalmine ha sollevato un ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dei successivi D.M. 10-12-2001 e 22-11-2002, con cui la cessione dell'energia elettrica è stata regolamentata per gli anni 2002 e 2003.

L'eccezione è priva di fondamento, in quanto da un lato con l'impugnato D.M. 21-11-2000 è stato dettato un regime transitorio, non limitato temporalmente al solo anno 2001 e, dall'altro lato, con i successivi decreti sono state solamente aggiornate le procedure concorsuali di assegnazione dell'energia elettrica definite nel citato D.M. 21 novembre 2000, tramite alcune modifiche che non incidono sull'oggetto della presente controversia.

Pertanto, non vi era alcuna necessità di impugnare anche i successivi decreti ministeriali (peraltro, anche aderendo all'erronea prospettazione dell'eccezione, permarrebbe l'interesse a contestare il sistema che ha regolato il mercato nell'anno 2001).

4.3. E' anche infondata l'eccezione, sollevata sempre da Dalmine, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per l'omessa impugnazione dei provvedimenti amministrativi afferenti all'acquisto di energia da impianti CIP 6.

Si tratta dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed assimilate, per la quale il provvedimento del CIP prevede un prezzo di vendita maggiormente remunerativo (rispetto a quello fissato per l'energia prodotta attraverso fonti tradizionali), al fine di coprire i maggiori costi di produzione ed incentivare così l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.

La differenza tra il costo supportato dal GRTN per l'acquisto di energia prodotta da impianti CIP 6 e il ricavato della vendita della stessa attraverso le procedure concorsuali (la collocazione sul mercato libero di tale energia è prevista appunto dall'impugnato decreto) è recuperata attraverso gli oneri di sistema, di cui all'art. 3. comma 13 del D. Lgs. n. 77/99.

Si osserva che il ricorso non tende a contestare il meccanismo attraverso cui è stato introdotto il sistema di incentivi per le fonti rinnovabili, né viene lamentato che tali incentivi contribuiscono a far aumentare gli oneri generali del sistema elettrico; i ricorrenti si limitano a dedurre che sulla base del decreto impugnato i clienti vincolati non possono beneficiare dei vantaggi derivanti dall'acquisto di energia prodotta da impianti c.d. "CIP 6" e nel contempo subiscono in via maggioritaria l'aumento degli oneri del sistema.

Sotto tale profilo, non assumono rilevanza, e non dovevano quindi essere impugnati, i precedenti provvedimenti del Ministero e dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, inerenti la ripartizione degli oneri afferenti l'acquisto di energia da impianti CIP 6, in quanto la lesione asserita deriva direttamente dall'impugnato decreto con cui l'energia da impianti CIP 6 è stata collocata sul mercato libero.

4.4. Priva di fondamento è anche l'eccezione di Dalmine, relativa all'omessa impugnazione delle procedure di assegnazione dell'energia da parte del GRTN per l'anno 2001, in quanto, come si vedrà oltre, la lesione lamentata dai ricorrenti non consiste tanto nell'attivazione delle procedure concorsuali (che peraltro costituiscono atto meramente consequenziale rispetto al decreto impugnato), ma dalla mancata attivazione dell'Acquirente Unico, che avrebbe dovuto partecipare a dette procedure per i clienti vincolati.

4.5. Ancora Dalmime sostiene l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, rilevando che nessun danno si è prodotto in capo agli appellanti.

Per dimostrare l'infondatezza di tale ulteriore eccezione, è sufficiente considerare che i ricorrenti, quali clienti vincolati, hanno esercitato un'ordinaria azione di annullamento, lamentando una lesione alla propria sfera soggettiva, rispetto alla quale l'esistenza di un eventuale danno risarcibile è elemento ultroneo e non rilevante.

4.6. Con l'ultima eccezione preliminare, Dalmine contesta la legittimazione a ricorrente degli odierni appellanti, evidenziando che gli stessi, quali clienti vincolati, non possono acquistare in proprio energia sul mercato libero e comunque lo potranno fare in futuro solo tramite l'Acquirente Unico; quindi unici soggetti legittimati a ricorrere sarebbero lo stesso Acquirente Unico o Enel, che, nelle more della sua attivazione, assicura la fornitura di energia ai distributori.

L'eccezione è infondata, in quanto proprio la mancata attivazione dell'Acquirente Unico e la previsione di un sistema di cessione dell'energia, che esclude i clienti vincolati dall'acquisto di energia sul mercato anche in via indiretta, costituiscono le principali doglianze dei ricorrenti, che assumono i essere stati lesi, quali clienti vincolati, dall'impugnato decreto ministeriale e sono quindi legittimati ad impugnarlo.

5. Si può ora passare ad esaminare i motivi di appello.

Si premette che alcune censure riguardano sia la specifica regolamentazione del sistema transitorio delle negoziazioni bilaterali, sia la penalizzazione per i clienti vincolati derivante non tanto dal sistema in sé, quanto dalla mancanza di operatività dell'Acquirente Unico. Tale seconda questione viene affrontata in modo compiuto nel primo e nel quinto motivo del ricorso, che verranno esaminati congiuntamente in seguito.

Gli appellanti lamentano l'ingiustificato vantaggio attribuito ai clienti idonei, tenuto conto che il prezzo a base d'asta delle procedure concorsuali risulta sensibilmente inferiore alla tariffa media praticata ai clienti vincolati, i quali inoltre non possono beneficiare dei vantaggi derivanti dall'acquisto di energia prodotta da impianti c.d. "CIP 6" (secondo motivo); inoltre, il vantaggio per i clienti idonei di poter acquistare l'energia prodotta dagli impianti CIP 6 ad un prezzo più basso comporterebbe un aumento degli oneri del sistema, che gravano principalmente sui clienti vincolati (terzo motivo).

Le censure sono infondate, salvo quanto si dirà in seguito circa la mancanza di operatività dell'Acquirente Unico.

Si ricorda che, come già detto, con il provvedimento del CIP n. 6/92 è stato realizzato un sistema di incentivazione per la produzione di energia elettrica, prodotta da fonti rinnovabili ed assimilate.

Innanzi tutto, come già affermato al precedente punto 4.3., il motivo di ricorso non mira a contestare il favor per le fonti di energia rinnovabili, che, come già rilevato dalla Sezione (Cons. Stato, VI, n. 4363/2002 e n. 4451/2002), emerge chiaramente da alcune disposizioni normative (art. 1 della legge n. 10/91; artt. 1 e 3, comma 2, della legge n. 481/85; art. 11 del D. Lgs. n. 79/99).

La cessione dell'energia prodotta dai c.d. impianti CIP 6 con il sistema disciplinato dal decreto impugnato non lede di per sè le posizioni dei clienti vincolati, in quanto sulla tariffa prevista per i clienti vincolati comunque graverebbero gli oneri relativi all'energia prodotta da impianti CIP 6 e il maggior onere gravante sui clienti vincolati deriva dall'attuazione del principio di degressività, previsto dall'articolo 3, comma 11, del D. Lgs. n. 77/99, in base al quale la quota parte del corrispettivo a copertura degli oneri generali afferenti al sistema elettrico è definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori.

Inoltre, se è vero che al momento di attivazione della borsa elettrica, l'energia da impianti CIP 6 dovrà essere ivi collocata, non vi è alcun divieto di collocare principalmente sul mercato libero tale energia prima dell'attivazione della borsa elettrica.

Nella sostanza, come verrà meglio evidenziato al punto 7, i clienti vincolati risultano lesi non dalla collocazione sul mercato libero dell'energia da impianti CIP 6, ma dalla impossibilità di partecipare alle procedure concorsuali per il tramite dell'acquirente unico e quindi di beneficiare dei vantaggi derivanti dall'acquisto di energia prodotta da impianti c.d. "CIP 6" senza subire solamente in via maggioritaria l'aumento degli oneri del sistema.

Del resto, è evidente che la vendita di energia elettrica prodotta dagli impianti c.d. CIP 6 da parte del GRTN costituisce elemento, che contribuisce a ridurre lo squilibrio fra domanda ed offerta nel mercato liberalizzato e, quindi, ad aumentare il grado di apertura dello stesso mercato.

6. E' infondato anche l'ulteriore motivo, con cui si contesta l'illegittima previsione di una base d'asta più bassa per i clienti idonei, disponibili a distacchi di energia, considerata la sovra capacità produttiva del sistema italiano e l'ulteriore aumento degli oneri del sistema, gravante principalmente sui clienti vincolati.

Al riguardo, si osserva che:

a) le clausole di interrompibilità della fornitura possono rilevarsi funzionali ad esigenze di sicurezza del sistema elettrico;

b) ovviamente, ciò presuppone che vi sia in concreto il rischio di interruzioni; il GRTN, nella memoria del 4-10-2002, ha richiamato diversi casi di interruzioni che hanno interessato nel 2001 alcune aree di rete e tale circostanza non è stata specificatamente contestata dagli appellanti (è altrettanto ovvio che il mantenimento di tali clausole presuppone la persistenza, in concreto, del rischio di interruzioni, ma tale questione è estranea all'oggetto della controversia)

c) in presenza dei presupposti di cui al punto precedente, è evidente che solo determinate categorie di clienti idonei possono stipulare contratti di questo tipo.

La previsione delle clausole di interrompibilità della fornitura, quindi, non è illegittima, salva per il futuro la verifica della persistenza dei presupposti per il mantenimento di tali clausole.

7. Con il primo motivo gli appellanti deducono il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto le procedure concorsuali per la cessione dell'energia elettrica sono nei fatti aperte alla sola partecipazione dei clienti idonei, con esclusione, priva di giustificazione, dei clienti vincolati, che non possono accedervi neanche in via indiretta, causa l'assenza di operatività della neo costituita Società Acquirente Unico.

La censura viene ulteriormente sviluppata al punto 5 del ricorso in appello, dove si sostiene l'illegittimità del decreto ministeriale impugnato, con cui è stato introdotto un sistema, solo apparentemente temporaneo, che si pone in contrasto con le disposizioni del D. Lgs. n. 79/1999, che imponeva l'attivazione della c.d. borsa elettrica e soprattutto dell'Acquirente Unico, la cui figura è stata elusa nel sistema delineato dal D.M. 21-11-2000.

I motivi sono fondati nei termini che seguono.

Come già evidenziato, l'impugnato decreto è stato approvato dal Ministero per disciplinare la cessione dell'energia, in attesa dell'operatività del sistema delle offerte, previsto dall'art. 5 del D. Lgs. n. 79/99 (c.d. borsa elettrica).

In effetti, l'art. 3, comma 12 del D. Lgs. n. 79/99 prevede che "il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (oggi delle attività produttive), con proprio provvedimento ai sensi del comma 3 dell'articolo 1, determina la cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, comunque prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL S.p.a. al gestore della rete di trasmissione nazionale."

Con l'impugnato decreto è stata quindi esercitata una competenza espressamente attribuita al Ministero dal legislatore.

Tale competenza viene però espressamente ricondotta da parte del legislatore ai poteri attribuiti al Ministero, dal comma 3 dell'art. 1 del citato D. Lgs., "nella fase di transizione fino all'entrata in funzione del sistema di dispacciamento di merito economico di cui al comma 2 dell'articolo 5".

Il potere esercitato dal Ministero si colloca quindi nell'ambito della fase transitoria antecedente l'entrata in funzione della borsa elettrica.

Il termine per tale entrata in funzione era stato posto dallo stesso legislatore al 1-1-2001, ma ad oggi non è stato ancora rispettato.

Con i due motivi riuniti, i ricorrenti non si lamentano tanto della mancata entrata in funzione della c.d. borsa elettrica, ma soprattutto della mancanza di operatività dell'Acquirente Unico, che avrebbe dovuto rappresentare i clienti vincolati anche nel sistema (transitorio) delle procedure concorsuali regolate dal decreto.

Innanzi tutto, si osserva che, come riconosciuto dalle stesse parti appellate, la futura partecipazione dell'acquirente unico alle procedure concorsuali comporterà benefici per i clienti vincolati, che potranno risentire di effetti positivi di acquisti di energia a prezzo inferiore da parte del loro fornitore.

Ciò dimostra che sussiste l'interesse degli appellanti a contestare l'impugnato decreto, oltre che per i vizi (risultati in precedenza infondati), relativi alle concrete modalità di cessione dell'energia, anche con riguardo al profilo della mancata attivazione dell'acquirente unico.

Le amministrazioni appellate replicano, sottolineando come alcun termine è stato fissato dal legislatore per l'operatività dell'Acquirente Unico.

Tale ultimo assunto è erroneo e si fonda su una lettura non coordinata delle disposizioni del D. Lgs. n. 79/99.

L'art 4, comma 8, di tale decreto prevede, infatti, che "la data di assunzione da parte dell'acquirente unico della funzione di garante della fornitura dei clienti vincolati è stabilita dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato con proprio provvedimento ai sensi del comma 3 dell'articolo 1. Fino a tale data, l'ENEL S.p.a. assicura la fornitura ai distributori sulla base dei vigenti contratti e modalità."

Anche in questo caso la riconosciuta competenza del Ministero per stabilire la data di effettiva entrata in funzione dell'Acquirente Unico deve essere inquadrata nell'ambito dei poteri, previsti dal comma 3 dell'art. 1 per la disciplina transitoria.

Come già detto, il termine della disciplina transitoria è stato fissato dallo stesso legislatore al 1-1-2001 (art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 77/99).

Entro tale termine, dunque, non solo doveva essere avviata la c.d. borsa elettrica, ma doveva anche essere reso operativo l'Acquirente Unico, per il quale la discrezionalità del Ministero nello stabilire la data di assunzione della funzione di garante della fornitura dei clienti vincolati era temporalmente limitata dal termine del 1-1-2001, fissato da legislatore e derogabile solo con modifica legislativa.

Con l'impugnato decreto, il Ministero ha introdotto un meccanismo di cessione dell'energia tramite procedure concorsuali, prevedendo espressamente (e genericamente) la partecipazione a tale sistema dei clienti vincolati per il tramite dell'Acquirente Unico "a partire dalla data di assunzione di garante per la fornitura per i clienti vincolati".

In altri termini, il Ministero, proprio nel momento in cui stava scadendo il termine per l'avvio della borsa elettrica e per l'operatività dell'Acquirente Unico, ha disciplinato le modalità di cessione dell'energia per il 2001 (anno di partenza della borsa elettrica, secondo le previsioni del legislatore), senza neanche farsi carico di affrontare il problema del mancato rispetto del predetto termine.

Anzi, dalla lettura dell'impugnato decreto sembra quasi che l'attivazione della borsa elettrica e l'operatività dell'Acquirente Unico costituiscano elementi che non sono nella disponibilità del Ministero, come invece è.

Quindi, non solo risulta violato il termine del 1-1-2001, da intendersi fissato anche per l'operatività dell'Acquirente Unico (e ciò già sarebbe sufficiente a rendere illegittimo in parte qua il decreto), ma è stata introdotta una disciplina transitoria in attesa di decisioni che spettavano allo stesso Ministero che procedeva, senza che quest'ultimo si sia fatto carico di spiegare i motivi del mancato rispetto del termine o di esercitare le proprie competenze per consentire l'operatività del nuovo sistema, compatibilmente con le operazioni tecniche necessarie.

Al contrario, quella di non avviare il nuovo sistema (e per quanto qui interessa di non avviare l'Acquirente Unico) appare essere stata una scelta dell'amministrazione, che però concerne i tempi di liberalizzazione del mercato elettrico, disciplinati dal legislatore e non rientranti quindi nella disponibilità del Ministero.

Ciò premesso, risulta evidente che il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 413 del 2002, contenuto nella memoria del GRTN, non è pertinente, in quanto il principio di gradualità nella liberalizzazione del mercato del gas è stato affermato dal giudice delle leggi con riferimento alla legittimità costituzionale delle previsioni legislative di cui al D. Lgs. n. 164/2000.

Per quanto attiene al sistema elettrico, qui in esame, il legislatore ha espressamente disciplinato anche sotto il profilo temporale il processo di liberalizzazione, con scelte che, si ribadisce, non possono essere disattese dal ministero.

Peraltro, il termine fissato dal legislatore assumeva una particolare valenza nell'ambito del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, in cui accanto alla dismissione da parte di Enel di 15.000 megawatt di potenza alle tre Generation Company, era stata appunto prevista l'attivazione dell'acquirente unico a garanzia della fornitura dei clienti vincolati e l'affidamento della gestione economica del mercato elettrico alla borsa elettrica, quale luogo di scambio di quasi tutta l'energia necessaria al soddisfacimento della domanda.

La mancata realizzazione di tali ultimi due adempimenti può creare conseguenze negative sulla effettiva concorrenza nel mercato elettrico, vanificando in parte le previsioni del legislatore.

L'evidenziato ritardo del ministero determina, da un lato, che Enel continui ad assicurare la fornitura di energia elettrica ai distributori, che la vendono nel mercato vincolato, e, dall'altro lato, che anche sul mercato dei clienti idonei vengano limitati gli incentivi sia per la nascita di imprese indipendenti e concorrenti, sia per effettivi comportamenti di impresa indipendenti, tenuto conto che solo con l'operatività dell'acquirente unico Enel cesserà di assolvere all'ultimo suo compito di natura pubblicistica e solo con l'entrata in funzione della borsa elettrica ogni produttore deciderà singolarmente la quantità ed il prezzo dell'energia che intende offrire in borsa.

In definitiva, l'impugnato decreto ministeriale del 21-11-2000 è illegittimo, nella parte in cui è stata introdotta la disciplina della cessione dei diritti e delle obbligazioni relativi all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL S.p.a. al Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a., senza prevedere contestualmente l'assunzione da parte dell'acquirente unico della funzione di garante della fornitura dei clienti vincolati.

In particolare, risultano illegittimi i commi 3 e 4 dell'articolo 4 dell'impugnato decreto, nella parte in cui la partecipazione dell'acquirente unico alle procedure concorsuali viene prevista dalla data di assunzione della funzione di garante della fornitura dei clienti vincolati senza che, nel contenpo, venga anche predisposto quanto necessario per l'immediata operatività dell'acquirente unico.

Il ministero dovrà ottemperare alla presente decisione, esercitando le proprie competenze, assegnate dal legislatore per consentire l'assunzione da parte dell'acquirente unico della funzione di garante della fornitura dei clienti vincolati.

Come già detto, tali competenze, unitamente a quelle connesse, relative all'avvio della cosiddetta borsa elettrica, dovevano essere esercitate entro il 1-1-2001, mentre nulla è stato fatto in adempimento di un preciso obbligo previsto dal legislatore.

8. In conclusione, l'appello deve essere accolto in parte con conseguente annullamento in parte del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 21-11-2000 nei sensi e nei limiti di cui sopra, in riforma della sentenza di primo grado.

L'accoglimento del ricorso sul punto non comporta anche l'annullamento della impugnata deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, con cui sono state definite le procedure concorsuali previste dal D.M. in questione, trattandosi di adempimento che comunque doveva essere effettuato dall'Autorità.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla in parte l'impugnato decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 21-11-2000 nei sensi di cui in parte motiva;

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 4-2-2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio Giovannini Presidente

Sergio Santoro Consigliere

Luigi Maruotti Consigliere

Pietro Falcone Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere Est.

Presidente

Consigliere Segretario

Depositata in segreteria in data 27 marzo 2003.

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