CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 13 maggio 2003 n. 2549 - Pres. Giovannini, Est. Millemaggi Cogliani - Ministero per i beni e le attività culturali ed altro (Avv. Stato Fiengo) c. Repubblica di Francia (n.c.) - (conferma T.A.R. Lazio, Sez. II, 11 dicembre 2002, n. 12020).
1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Legittimazione - Va riconosciuta a chi sia titolare di un interesse personale e concreto alla tutela - Natura giuridica della pretesa azionata - Irrilevanza.
2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Legittimazione - Del cittadino straniero - Sussiste.
1.
La formula adoperata dall'art. 22 della L. n. 241 del 1990, nel riconoscere "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti" il diritto di accesso ai documenti amministrativi, non pone alcuna riserva in favore delle sole posizioni di interesse legittimo, per cui non vi è dubbio che intenda includervi, ai fini della legittimazione, le situazioni nelle quali la rilevanza giuridica sia piena e diretta, quali le situazioni di diritto soggettivo di cui sia titolare (o pretenda di essere titolare) il richiedente. Deve comunque essere confermata la linea interpretativa secondo cui l'esercizio dell'accesso ben può essere prodromico alla tutela di posizioni di diritto soggettivo, purché la richiesta provenga dal soggetto che sia titolare di un interesse personale e concreto alla tutela.2. Lo status di cittadino del richiedente non assume alcun rilievo in sede di accesso agli atti amministrativi, atteso che ai sensi dell'art. 22 della L. n. 241 del 1990 il diritto di accesso va riconosciuto "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", cosicché è indifferente che il soggetto sia cittadino italiano o comunitario, o straniero, ovvero anche un Ente che ha nel territorio italiano un centro di interessi giuridicamente rilevante per l'ordinamento italiano, o che, altrimenti risulti titolare, rispetto all'ordinamento giuridico italiano di situazioni giuridicamente rilevanti (1).
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(1) Alla stregua del principio nella specie la Sez. VI, che ha confermato sul punto la sentenza del T.A.R. del Lazio, ha ritenuto che non poteva respingersi l'istanza di accesso della Repubblica di Francia, avanzata in persona del suo ambasciatore, nell'ambito di contrasti insorti nel corso di lavori di realizzazione di un'opera pubblica effettuata a ridosso del bene immobile di cui la suddetta Repubblica di Francia è titolare, in regime di diritto comune interno dello Stato italiano.
La documentazione cui ineriva l'accesso, atteneva alla gestione del contratto di opera pubblica, disciplinata (quanto ai rapporti fra stazione appaltante ed appaltatore) dalle norme di diritto comune.
FATTO
1. Con ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (r.r.n. 7891/2002), la Repubblica di Francia, in persona dell'Ambasciatore in Italia in carica è insorta avverso la limitazione d'accesso ai documenti amministrativi, comunicata con nota della Sovrintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale, prot. n. 5272 del 27 maggio 2002, in ordine ad istanza presentata in data 24-26 aprile 2002, volta a conseguire il rilascio dei documenti relativi all'allibramento ed al controllo dei lavori effettivamente e materialmente svolti sulla falesia di sua proprietà in occasione della realizzazione di un viale pedonale di collegamento tra la Villa Poniatowski ed il compendio di Villa Strohl-Fern, di proprietà della odierna appellante per successione testamentaria, e tuttora sede del liceo Chateaubriand.
L'istanza anzidetta era volta dichiaratemente a verificare se le opere in questione avessero indebolito, con l'eccessiva mole di materiale asportato, la falesia in questione e ciò essenzialmente, da un lato, allo scopo di difendersi dalle accuse di responsabilità per le frane che si erano verificate nel corso dei lavori e, d'altra parte, con l'obiettivo ulteriore di azionare la tutela giudiziaria contro pretesi abusi commessi dalla Sovrintendenza.
La Sezione Seconda del Tribunale Amministrativo Regionale adito, con sentenza n. 1202 del 2002, ha accolto il ricorso, dichiarando l'obbligo della competente Amministrazione di esibire, nel temine di trenta giorni dalla partecipazione della sentenza, i documenti richiesti, consentendone l'eventuale estrazione di copia ed avendo cura, comunque, di garantire alla ricorrente la visione degli atti ove fossero venute eventualmente in considerazione concrete e specifiche esigenze di riservatezza di soggetti terzi.
2. Avverso l'anzidetta sentenza propongono appello le amministrazioni in epigrafe, assumendone la lesività per i diritti e gli intessi pubblici di cui sono titolari, e l'illegittimità in quanto il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto di due aspetti della questione, i quali, a giudizio di parte appellante, assumerebbero rilevanza pregnante nella soluzione del problema ingenerato dalla richiesta di accesso in esame.
I - In primo luogo, è posto il problema dell'applicabilità dell'istituto dell'accesso alla sfera degli interessi di natura squisitamente privatistica nascenti dai rapporti di vicinato.
In buona sostanza il rapporto cui inserisce la richiesta di accesso della Repubblica di Francia è di natura squisitamente intersoggettiva, essendo mossa, l'originaria ricorrente, esclusivamente, dall'interesse di tutelare la sua proprietà, limitrofa all'area in cui sono stati svolti i lavori della Soprintendenza: per tale ragione, l'istituto dell'accesso ai documenti amministrativi non potrebbe trovare ingresso.
A tale problema, le appellanti, ne correlano un altro, dipendente dallo status soggettivo della richiedente: affermano infatti che, attraverso la conoscenza e l'estrazione di copia dei documenti richiesti (concernente i contratti intercorsi fra l'Amministrazione e la SME e la contabilità dei lavori), si consentirebbe alla Repubblica di Francia di farsi portatrice, sia pure indirettamente, della tutela di interessi pubblici italiani.
Dalle riflessioni che precedono conseguirebbe, secondo le appellante, l'inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
II - Sotto differente profilo le appellanti sostengono la tesi che l'accesso alla contabilità dei lavori ed ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni altererebbe il quadro della duplicazione dei procedimenti attraverso cui il legislatore consente alle pubbliche amministrazioni di pervenire ala cura concreta degli interessi pubblici, facendo soggiacere alla disciplina pubblicistica tutte le questioni strettamente connesse alla cura dell'interesse pubblico e lasciando invece alla disciplina di diritto comune la gestione del contratto.
La normativa vigente dovrebbe essere interpretata restrittivamente, nel senso che la relazione interprivatistica fra l'amministrazione ed il terzo, privato contraente, dovrebbe potersi svolgere secondo le modalità e l'informalità tipica dei rapporti disciplinati dal diritto comune.
In conclusione, la sentenza appellata andrebbe riformata, nel senso della declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e, in ogni caso, della sua reiezione, con conseguenti statuizioni.
3. Successivamente, alla Camera di consiglio del 25 febbraio 2003, ulteriormente illustrate, da parte ricorrente, le ragioni poste a fondamento dell'appello, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente bisogna dare atto che l'interesse dell'Amministrazione alla coltivazione dell'appello non viene meno per effetto del verbale congiunto sottoscritto in data 23 gennaio 2003 - per la parte italiana dal Segretario generale del Ministro degli affari esteri, Ambasciatore Giuseppe Baldocci e, per la parte francese, dall'Ambasciatore di Francia Loic Hennekinne - per la sistemazione delle questioni relative a Villa Strohl-Fern ed al Liceo Chateaubriand, in quanto, da un lato, l'atto anzidetto non definisce le questioni relative all'oggetto e, d'altra parte, la Repubblica di Francia non ha rinunciato all'esercizio dell'accesso riconosciutole dalla sentenza favorevole impugnata dall'Amministrazione.
2. Come precisato in narrativa, l'istanza di accesso della Repubblica di Francia, in persona del suo ambasciatore, è intervenuta nell'ambito di contrasti insorti nel corso di lavori di realizzazione di un'opera pubblica effettuata a ridosso del bene immobile di cui la suddetta Repubblica di Francia è titolare, in regime di diritto comune interno dello Stato italiano.
L'interesse sostanziale della richiedente è relativo a posizione di diritto soggettivo nascente dal diritto di proprietà del bene, nell'ambito di rapporti di vicinato.
La documentazione cui inerisce l'accesso, attiene, secondo quanto sottolineato dall'amministrazione appellante, alla gestione del contratto di opera pubblica, disciplinata (quanto ai rapporti fra stazione appaltante ed appaltatore) dalle norme di diritto comune.
Non si pone un problema di dati sensibili; in ogni caso la sentenza impugnata contiene una clausola significativa di tutela delle posizioni dei terzi, disponendo che alla richiedente sia garantita la visione (e non anche l'estrazione di copie) per quegli atti in cui vengano in con considerazione concrete e specifiche esigenze di riservatezza.
3. I problemi posti dalla parte appellante concernono:
a) la legittimazione a richiedere l'accesso;
b) l'oggetto della richiesta.
4.1. Quanto al primo dei problemi proposti, rileva la Sezione che la formula adoperata dall'art. 22 della L. n. 241 del 1990, nel riconoscere, "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", il diritto di accesso ai documenti amministrativi, non pone alcuna riserva in favore delle sole posizioni di interesse legittimo, per cui non vi è dubbio che esse intenda includervi, ai fini della legittimazione, le situazioni nelle quali la rilevanza giuridica sia piena e diretta quale appunto le situazioni di diritto soggettivo di cui sia titolare (o pretenda di essere titolare) il richiedente.
La posizione legittimante non risulta incisa (per tale profilo) dalla formula, maggiormente esplicita, dell'art. 1 del D.P.R. 352 del 1992 (contente il regolamento di attuazione dell'art. 24, comma 2, della legge in questione), che definisce la necessità che il richiedente sia mosso da un interesse "personale e concreto" per la tutela delle "situazioni giuridicamente rilevanti", cui si riferisce la fonte primaria.
Deve dunque essere confermata la linea interpretativa, del resto pacifica, secondo cui l'esercizio dell'accesso ben può essere prodromico alla tutela di posizioni di diritto soggettivo, purché la richiesta provenga dal soggetto che sia titolare di un interesse personale e concreto alla tutela.
Più delicato è, invero, il problema posto dall'appellante (più nei termini di un vero e proprio "quesito" che in forma impugnatoria), quale emerge dalla duplice considerazione, contenuta al punto 1) del ricorso in appello, secondo cui:
- da un lato il diritto soggettivo a tutela del quale è esercitato l'accesso assumerebbe rilievo in forza di una posizione assoluta (diritto di proprietà) che vede contrapposta l'Amministrazione statale non in quanto titolare dei poteri che ne caratterizza la natura pubblica, ma in identica posizione del richiedente, nella relazione interpersonale nascente dai rapporti di vicinato;
- dall'altro, la particolare natura della richiedente (la Repubblica di Francia) renderebbe anomala la richiesta di applicazione di un istituto (l'accesso ai documenti amministrativi) che si concreterebbe, sostanzialmente, nella cura (sia pure indiretta) dell'interesse pubblico dello Stato italiano (quello ciò della trasparenza e lo svolgimento imparziale dell'azione amministrativa), cui è espressamente finalizzato l'istituto a norma del più volte citato art. 22, comma 1, L. n. 241 del 1990.
4.2. Per il primo aspetto si osserva che, anche nelle relazioni interprivatistiche, esistono istituti i quali consentono al soggetto il quale ha interesse a promuove, in via preventiva, l'acquisizione di elementi di conoscenza, idonei alla tutela del proprio personale e concreto interesse (669 quaterdecies e segg., c.p.c.).
A parte la considerazione che l'applicazione di siffatti istituti incontra concreti ostacoli, allorché titolare delle posizioni soggettive contrapposte, nel cui ambito si pone l'esigenza della acquisizione preventiva, sia un soggetto pubblico, la tutela della posizione di diritto soggettivo facente capo al titolare del diritto dominicale (nella specie la Repubblica di Francia) si connota della esigenza di conoscenza preventiva di elementi del tutto precipui, allorché la lesione subita (o anche soltanto paventata) derivi, come nella specie, dalla realizzazione dell'opera pubblica.
In tal caso, infatti, ancorché la pretesa sostanziale discenda (nei confronti del proprietario limitrofo) dalla relazione di vicinato corrente fra le proprietà immobiliari (di cui una, nella specie, è pubblica e, non è chiaro, se a titolo patrimoniale o demaniale), essa rinviene la sua causa efficiente nella realizzazione dell'opera (pubblica) causativa (secondo le allegazioni della richiedente) il danno derivante alla stabilità del fondo, dal che anche deriva da un lato che l'opera pubblica, in sé, si pone come direttamente interferente con il diritto dominale, e dall'altro, che al soggetto, che assume leso il proprio diritto assoluto di proprietà dalla realizzazione dell'opera, fa capo anche un interesse, personale e concreto a conoscere i documenti dai quali è possibile acquisire contezza compiutamente, del modo di essere o della realizzazione dell'opera medesima, anche al fine di potere individuare e definire l'ambito stesso della tutela fruibile, in rapporto altresì alle modalità di esecuzione dei lavori, le quali, ancorché non indissolubilmente connesse col il modo di essere proprio del risultato di interesse pubblico perseguito, assumono rilievo nella relazione con l'interesse del privato al quale appartiene il bene della vita leso dalla realizzazione.
In definitiva ritiene la Sezione che il problema della legittimazione all'accesso, nell'ambito di una relazione interprivatistica quale è quella della quale si discute, debba essere risolto affermativamente ogni qual volta, come nella specie, la domanda inerisce ad una esigenza di tutela nell'ambito di una relazione di diritto privato corrente con il soggetto pubblico nella quale interferisce, in modo immediato e diretto, o anche indirettamente, un'attività della stessa pubblica amministrazione tipicamente rivolta (come, nella specie, si configura la realizzazione dell'opera pubblica) ad un risultato di interesse pubblico.
4.3. La seconda proposizione evidenziata al punto 4.1. che precede consegue ad un equivoco di fondo nel quale è incorsa parte appellante, nella prospettazione della questione.
Appartiene allo Stato comunità l'interesse pubblico "di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale", il cui obiettivo è solennemente enunciato in apertura della norma che riconosce "il diritto" di accesso ai documenti amministrativi.
Esso è attuato direttamente con l'attribuzione normativa primaria contenuta nell'art. 241 del 1990 di cui costituisce esecuzione (nell'interesse pubblico specifico dell'Autorità alla quale si rivolge poi la domanda dell'interessato), l'adozione di misura positive (o anche negative) conseguenti alla domanda.
E' poi, in concerto, il giudice amministrativo, chiamato ad esercitare il controllo sul comportamento dell'amministrazione, a dare concreta attuazione alla norma, nell'esercizio della giurisdizione.
In nessun caso il richiedente è chiamato a dare attuazione (neppure indiretta) al dettato normativo.
Egli soltanto se ne avvalla ed intanto, è legittimato ad avanzare la richiesta in quanto è titolare di un interesse "personale e concreto" (art. 22 L. n. 241 del 1992, in relazione all'art. 1 del regolamento del 1993), "per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti" di cui lo stesso sia titolare.
Nessun eccesso, pertanto, da parte della Repubblica di Francia nel richiedere e da parte del giudice di primo grado nel riconoscere, l'accesso del quale si tratta.
Sotto differente profilo è dato rilevare che lo status di cittadino del richiedente non assume alcun rilievo, nella formulazione della norma di cui si tratta, cosicché è indifferente che il soggetto sia cittadino italiano o comunitario, o straniero, ovvero anche un Ente che ha nel territorio italiano un centro di interessi giuridicamente rilevante per l'ordinamento italiano, o che, altrimenti risulti titolare, rispetto all'ordinamento giuridico italiano di situazioni giuridicamente rilevanti.
La qualità di Ente deve riconoscersi allo Stato estero che opera nel territorio quale titolare di un diritto di proprietà.
Pertanto maggior ragione, non rileva la condizione del richiedente nell'ipotesi, quale è quella in esame, in cui la Stato estero opera ed esercita il proprio diritto di accesso non già in quanto soggetto fornito di sovranità riconosciuta dallo Stato italiano, per il tramite dell'Ambasciatore accreditato, sulla base delle norme di diritto internazionale ed interno che disciplinano i rapporti fra Stati, ma esclusivamente sulla base delle norme interne dello Stato italiano che regolano le relazioni interprivatistiche nascenti dalla titolarità di diritti reali su beni immobili esistenti sul territorio italiano (art. 16 disposizioni di attuazione al codice civile e leggi collegate).
4.4. E' dunque infondato il primo dei profili di illegittimità della sentenza impugnata dedotti con il ricorso di appello.
5. Il successivo profilo, che investe propriamente l'oggetto dell'istanza di accesso, pone problemi che non si discostano da quelli esaminati e risolti dall'Adunanza Plenaria con la decisione n. 4 del 1999, del cui indirizzo dà atto la stessa parte appellante, peraltro affermando che permane l'esigenza di chiarimenti ulteriori, per definire l'ambito di operatività degli strumenti di diritto privato che, sulla base di tale indirizzo residuano alle amministrazioni appaltanti.
Anche a tale proposito ritiene la Sezione che la proposizione di tale ulteriore problema è frutto, ancora, di un errore di impostazione, in cui incorre la parte ricorrente.
Non è infatti in discussione la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di avvalersi degli strumenti di diritto privato per la cura degli interessi pubblici dei quali sono titolari. E neppure si discute su quali degli istituti siano governati dalla norme di diritto pubblico (e più specificamente, dalle norme di diritto amministrativo) e quali invece dalle norme di diritto comune.
Non vengono dunque in gioco profili sostanziali dei poteri delle pubbliche amministrazioni, neanche nella scelta dei mezzi, o delle forme per pervenire alla realizzazione degli interessi.
La verità è che, piuttosto che un di un problema di forme, il discorso dovrebbe incentrarsi sui fini e sulla organizzazione.
E, che, d'altra parte l'attività della pubblica amministrazione, neanche quella di diritto privato, è mai destinata a configurarsi alla stregua di attività totalmente "libera".
Il fine pubblico è infatti e deve essere sempre presente, e la legge, come il precetto costituzionale che è la sua base, non introducono eccezioni alla esigenza di trasparenza ed imparzialità che sta alla base dell'attività amministrativa.
La formula (attività amministrativa) è assunta dalla legge in senso lato e vi rientrano tutte le espressioni di volontà e le attività materiali che al fine pubblico sono strettamente collegate, come chiaramente è detto dall'Adunanza Plenaria nella più volte citata decisione n. 4 /99, al punto 4.1. della motivazione, là dove è precisato che "ogni attività dell'Amministrazione, anche quando le leggi amministrative consentono l'utilizzazione di istituti del diritto privato, è vincolata all'interesse collettivo, in quanto deve tendere alla sua cura concreta, mediante atti e comportamenti comunque finalizzati al perseguimento dell'interesse generale".
La Sezione condivide tale orientamento, al quale è improntata tutta la giurisprudenza successiva alla citata decisione dell'Adunanza Plenaria, ancorché in precedenza, il prevalente orientamento della stessa (per tutte, VI Sez., 11 dicembre 1996 n. 1734 e 2 aprile 1997 n. 539) e di altre Sezioni del Consiglio di Stato (per tutte, IV Sez., 5 giugno 1995 n. 412) era nel senso di un orientamento restrittivo.
Le ragioni che avevano aveva indotto la Sezione a richiedere l'intervento dell'Adunanza Plenaria, con ordinanza 2 settembre 1998 n. 1205 - il conflitto interpretativo nascente dalla contestuale sussistenza di un'interpretazione intermedia (IV Sez., 17 giugno 1997 n. 649) e di altra di segno decisamente opposto (VI Sez., 3 giugno 1997 n. 843; IV Sez., 4 febbraio 1997 n. 82) - sono superate dalla decisione del Supremo consesso e dagli argomenti che la sorreggono in motivazione.
Ancorché il caso portato ora all'esame della Sezione non coincida con alcuna delle esemplificazioni contenute nella decisione citata, rispetto alle decisioni dell'Adunanza Plenaria non può dirsi che costituisca argomento nuovo che richieda una qualche ulteriore e particolare riflessione l'esigenza di libertà di forme prospettata dalla difesa pubblica.
E' indubbio, infatti, per quanto riguarda il caso concreto, che tale "libertà" in radice non può ritenersi consentita, se non altro, dalla spendita di danaro pubblico, cui ineriscono i documenti relativi all'allibramento ed al controllo dei lavori.
Sotto il profilo dell'interesse privato alla cui cura è rivolta la richiesta di accesso, i documenti in parola sono quelli attraverso cui è possibile risalire, propriamente, al modo di essere, dell'opera e della sua realizzazione, che, quale che sia poi la normativa che disciplina, in concreto, per tale aspetto, i rapporti fra stazione appaltante ed appaltatore, deve rispondere alla esigenza di non arrecare danni al terzo estraneo al rapporto.
Alla luce di tale considerazione non vi è dunque dubbio che l'accesso alla documentazione in questione non beneficia di alcuna "zona franca", come correttamente posto in luce nella sentenza appellata.
Anche il motivo in esame, pertanto, deve essere respinto.
6. In conclusione deve essere respinto l'appello.
Nulla deve essere liquidato per spese in favore della Repubblica di Francia, non costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello in epigrafe;
Nulla per spese in favore dell'appellata non costituita.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 25 febbraio 2003, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. VI) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Alessandro PAJNO Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere Est.
Pietro FALCONE Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Depositata in segreteria il 13 maggio 2003.