CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 22 aprile 1999 n. 5 - Pres. Laschena, Est. Maruotti - S.p.A. Ferrovie dello Stato (Avv. Moscarini) c. Spagnardi (Avv. Ciccarese) - (conferma T.A.R. Puglia, Sez. I, 17 luglio 1997 n. 512 - la questione era stata rimessa con ord. della Sez. VI, n. 1320/1998).
Giurisdizione e competenza - Diritto di accesso - Nei confronti degli atti dei concessionari di servizi pubblici - Giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ex art. 25 della legge n. 241 del 1990 - Sussiste.
Giurisdizione e competenza - Attività amministrativa - Nozione - Attività di diritto privato svolta senza far uso di poteri autoritativi - Rientra nella nozione.
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Esercizio - Nei confronti degli atti della P.A. disciplinati dal diritto privato - Ammissibilità.
Atto amministrativo - Diritto di accesso - Esercizio - Nei confronti degli atti di diritto privato dei concessionari di pubblici servizi - Ammissibilità - Ragioni - Nozione di concessionario pubblico - Individuazione.
Ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di accesso agli atti amministrativi, anche nel caso in cui esse siano state proposte contro un concessionario di un pubblico servizio (1).
L'attività amministrativa è configurabile non solo quando l'amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa (nei limiti consentiti dall'ordinamento) persegue le proprie finalità istituzionali mediante una attività sottoposta, in tutto o in parte, alla disciplina prevista per i rapporti tra i soggetti privati (anche quando gestisca un servizio pubblico o amministri il proprio patrimonio o il proprio personale).
L'istituto dell'accesso agli atti e documenti trova applicazione nei confronti di ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione, ivi compresi gli atti dell'amministrazione disciplinati dal diritto privato; l'accesso, infatti, va escluso nei soli casi espressamente previsti dalla legge (cfr. l'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e l'art. 8 del D.P.R. n. 352 del 1992, l'art. 4 del decreto legislativo n. 39 del 1997), ma non per il solo fatto che sia rivolto verso gli atti che, tenuto conto delle leggi amministrative di settore, sono disciplinati dal diritto privato.
Nell'ambito dei "concessionari di pubblici servizi" - ai quali fa riferimento, in materia di accesso agli atti, l'art. 23 della legge n. 241 del 1990 e l'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 39 del 1997 - vanno annoverati tutti i soggetti, comunque denominati, che gestiscono un servizio pubblico (come inteso dall'art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998), sulla base di un titolo giuridico, sia esso la legge o un atto anche non avente il nome di concessione (ad esempio per conto del Servizio sanitario nazionale; Sez. Un., 12 luglio 1995 n. 7641; 27 aprile 1995 n. 4679; 24 novembre 1994 n. 9971; 9 ottobre 1990 n. 9923).
L'imprenditore privato, quando svolge un servizio pubblico in base ad una concessione, è assoggettato dall'art. 23 della legge n. 241 del 1990 ad un regime sostanziale particolare (che incide anche sulla sua organizzazione interna), perché è tenuto a soddisfare gli interessi pubblici e a far esercitare l'accesso (nei limiti consentiti dalla stessa legge e dal regolamento di cui al d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, ovvero, in materia di ambiente, dalla direttiva comunitaria n. 313 del 1990 e dal decreto legislativo n. 39 del 1997). Pertanto, quando il gestore di un servizio pubblico pone in essere un procedimento disciplinato dal diritto privato, prevale l'interesse pubblico alla trasparenza e può chiedere l'accesso chi abbia interesse ad accertare se vi sia stata un cattivo uso del potere.
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(1) Cass., Sez. Un., 28 maggio 1998 n. 5292; Sez. Un., 16 dicembre 1994 n. 11214.
PREMESSO IN FATTO: 1. La signora Maria Spagnardi, dipendente della s.p.a. Ferrovie dello Stato, ha partecipato al concorso per l'ammissione al corso di formazione quadri per il passaggio di 3 dipendenti dall'area IV all'area V, profilo di segretario superiore di prima classe, classificandosi all'ottavo posto.
Ella ha chiesto alla società di accedere a tutti gli atti riguardanti il corso, rilevando che nel caso di silenzio avrebbe proposto ricorso al T.A.R. ai sensi dell'art. 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241.
La società ha respinto l'istanza con una nota del 24 aprile 1997, rilevando che l'accesso non sarebbe ammissibile nei confronti degli atti di diritto privato dei concessionari di pubblico servizio.
Col ricorso n. 1482 del 1997, proposto al T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, la signora Spagnardi ha impugnato il silenzio serbato dalla s.p.a. Ferrovie dello Stato ed ha dedotto la violazione dell'art. 23 della legge n. 241 del 1990 e dell'art. 2 del d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352.
Il T.A.R., con la sentenza n. 512 del 17 luglio 1997, ha accolto il ricorso ed ha ordinato alla società di esibire alla ricorrente la documentazione riguardante il procedimento concorsuale.
2. Con l'unico motivo di appello, in esame, la s.p.a. Ferrovie dello Stato ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia respinto il ricorso di primo grado, poiché, a seguito della trasformazione dell'Ente Ferrovie in s.p.a., la sua attività non si inquadra nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione, è disciplinata dal diritto privato e non rientra nell'ambito di applicazione degli articoli 23 e 25 ella legge n. 241 del 1990, sicché neppure vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia.
L'appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che il gravame sia respinto.
3. Con l'ordinanza n. 1320 del 1998, la Sesta Sezione:
a) ha ravvisato un contrasto di giurisprudenza circa la sussistenza del diritto di accesso in relazione all'attività privatistica della pubblica amministrazione;
b) ha rimesso l'esame dell'appello all'Adunanza Plenaria.
4. Alla camera di consiglio del 22 marzo 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO: 1. Nel presente giudizio, è controverso se gli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, si applichino quando un dipendente della s.p.a. Ferrovie dello Stato chieda alla società di accedere agli atti di un procedimento concorsuale, cui abbia partecipato per ottenere il passaggio ad un profilo superiore.
Con il gravame in esame, la s.p.a. Ferrovie dello Stato ha impugnato la sentenza con cui il T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, le ha ordinato di esibire all'appellata gli atti del procedimento cui essa ha partecipato, e con l'unico motivo d'appello, ha dedotto che, a seguito della trasformazione dell'Ente Ferrovie in s.p.a., la sua attività non si inquadra nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione, è disciplinata dal diritto privato e non rientra nell'ambito di applicazione degli articoli 23 e 25 della legge n. 241 del 1990, sicché neppure vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia.
La Sesta Sezione ha richiamato i contrapposti orientamenti giurisprudenziali che si sono formati sulla questione se possa esercitarsi il diritto d'accesso nei confronti dell'attività privatistica della pubblica amministrazione ed ha manifestato la propria adesione al c.d. orientamento restrittivo.
Peraltro, considerato l'evidente carattere di massima della questione, la Sesta Sezione ha ritenuto opportuno deferire la soluzione della controversia all'Adunanza Plenaria, per una composizione dei vari orientamenti delle Sezioni e, "ove dovesse prevalere la tesi dell'interpretazione estensiva", affinché "vengano adeguatamente precisati i limiti oltre i quali la disciplina sull'accesso non può spingersi in tema di attività privatistica".
2. Preliminarmente, va respinto il profilo del gravame con cui è stato dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Per le controversie in materia di accesso, e pure per le liti proposte contro un concessionario di un pubblico servizio, l'art. 25 della legge n. 241 del 1990 ha previsto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Sez. Un., 28 maggio 1998 n. 5292; Sez. Un., 16 dicembre 1994 n. 11214), sicché l'esame della fondatezza o meno del ricorso originario non coinvolge questioni di giurisdizione.
3. Passando all'esame degli altri profili del gravame, ritiene l'Adunanza Plenaria che, potendosi seguire l'impostazione dell'ordinanza di rimessione, vada dapprima esaminato l'ambito di applicabilità nei confronti della pubblica amministrazione degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e vadano poi verificati i limiti entro i quali l'accesso possa avere luogo nei confronti dell'attività dei concessionari dei pubblici servizi.
4. Per quanto riguarda l'accesso agli atti di diritto privato della pubblica amministrazione, si sono formati vari orientamenti.
4.1. Per quello definito "restrittivo" dall'ordinanza di rimessione, in linea di principio va escluso l'accesso, sulla base delle seguenti considerazioni:
- gli obiettivi del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione sarebbero perseguibili solo quando essa "si presenti come autorità", e non anche quando "agisca con il diritto dei privati, senza godere di potestà particolari o di posizioni di supremazia";
- non sarebbe "giustificabile alcuna intrusione" quando l'ente agisca con il diritto dei privati, poiché "il diritto di accesso rappresenta una sorta di contrappeso in favore dell'amministrato nei confronti di una posizione del soggetto pubblico o assimilato che si trovi in una condizione di potestà ed eserciti strumenti pubblicistici" (Sez. V, 17 dicembre 1996 n. 1559, in tema di accesso alla relazione inviata ad un Comune dal direttore dei lavori di cui all'art. 63 del r.d. 25 maggio 1895 n. 350).
Gli stessi principi sono stati enunciati dalle decisione che hanno escluso l'accesso nei confronti dell'attività, non riferibili a poteri autoritativi, degli enti pubblici economici (Sez. VI, 11 dicembre 1996 n. 1734, riguardante l'Ente Poste; Sez. IV, 5 giugno 1995 n. 412, in materia di accesso agli atti dell'ente S.A.C.E.) e dei concessionari (Sez. VI, 2 aprile 1997 n. 539, riguardante un procedimento di assegnazione di un incarico dirigenziale da parte della s.p.a. Ferrovie dello Stato).
In sintesi, si è qualificato il diritto di accesso come il "contrapposto in favore dell'amministrato nei confronti del soggetto pubblico che gode di posizioni di supremazia derivanti dall'esercizio della funzione autoritativa" (Sez. IV, 5 giugno 1995 n. 412, cit.).
4.2. L'opposto orientamento è stato seguito dalle decisioni per le quali anche l'attività di diritto privato "costituisce cura concreta di interessi della collettività non meno dell'attività di diritto amministrativo", non potendosi "discriminare l'attuazione della trasparenza e dell'imparzialità in base al criterio formale del regime giuridico dell'attività delle pubbliche amministrazioni" (Sez. IV, 17 giugno 1997 n. 649; Sez. VI, 3 giugno 1997 n. 843; Sez. IV, 4 febbraio 1997 n. 82, rispettivamente riguardanti l'attività del Ministero delle Finanze, dell'I.N.A.I.L. e del Ministero del Tesoro).
Si è al riguardo precisato che "l'accesso agli atti di diritto privato posti in essere da un soggetto pubblico o da un concessionario di pubblici servizi è ammissibile allorché detti atti accedano ad un'attività che, indipendentemente dal regime giuridico formale, costituisca, nella sua essenza, cura concreta di interessi della collettività (Sez. VI, 14 aprile 1998 n. 484).
4.3. Per un orientamento intermedio, l'accesso agli atti di diritto privato delle pubbliche amministrazioni (e degli enti pubblici economici) va ammesso, tranne quando si tratti "di attività esclusivamente privatistica e del tutto disancorata dall'interesse pubblico di settore istituzionalmente rimesso alle cure dell'apparato amministrativo" (Sez. IV, 15 gennaio 1998 n. 14, che ha ammesso l'accesso agli atti della S.A.C.E., riguardanti una pratica di indennizzo in relazione ad un contratto da eseguire all'estero per la costruzione di un tronco stradale).
5. Ritiene l'Adunanza Plenaria che l'istituto dell'accesso trovi applicazione nei confronti di ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione.
5.1. L'art. 22 della legge n. 241 del 1990 ha disciplinato il "diritto di accesso ai documenti amministrativi", "al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale", e ha dato attuazione all'art. 97 della Costituzione, per il quale la legge assicura "il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione".
Tali principi costituiscono i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento dell'amministrazione.
Le esigenze del buon andamento e della imparzialità "dell'amministrazione" (come disciplinate dall'art. 97 della Costituzione) riguardano allo stesso modo l'attività volta all'emanazione dei provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti giuridici disciplinati dal diritto privato.
Ogni attività dell'amministrazione, anche quando le leggi amministrative consentono l'utilizzazione di istituti del diritto privato, è vincolata all'interesse collettivo, in quanto deve tendere alla sua cura concreta, mediante atti e comportamenti comunque finalizzati al perseguimento dell'interesse generale.
L'attività amministrativa è quindi configurabile non solo quando l'amministrazione eserciti pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa (nei limiti consentiti dall'ordinamento) persegua le proprie finalità istituzionali mediante una attività sottoposta, in tutto o in parte, dalla disciplina prevista per i rapporti tra i soggetti privati (anche quando gestisca un servizio pubblico o amministri il proprio patrimonio o il proprio personale).
5.2. In attuazione del principio costituzionale per cui l'attività amministrativa nel suo complesso deve essere trasparente e controllabile, l'art. 22 della legge n. 241 del 1990 (nonché l'art. 1 ss. del decreto legislativo 24 febbraio 1997 n. 39, attuativo della direttiva comunitaria n. 313 del 1990 in materia di ambiente) non ha attribuito decisivo rilievo alla natura pubblicistica o privatistica degli atti nei cui confronti si chieda l'accesso e non ha indicato una particolare tipologia di atti dell'amministrazione nei cui confronti sia radicalmente precluso.
Mediante la disciplina sull'accesso, il legislatore:
- ha permesso una più diffusa conoscenza dei processi decisionali (agevolando il concreto perseguimento dei valori dell'imparzialità e del buon andamento);
- ha favorito la partecipazione ed il controllo degli amministrati sui comportamenti dei soggetti che agiscono per l'amministrazione, che sono pertanto stimolati a comportarsi responsabilmente, con attenzione, diligenza e correttezza e sulla base di parametri di legalità, con il conseguente svolgimento di un'attività controllabile e, pertanto, qualitativamente migliore;
- ha introdotto un istituto che può anche avere un effetto deflattivo dei giudizi, poiché la conoscenza dei documenti rilevanti, "o corroborando la legittimità degli atti amministrativi o comunque ingenerando il convincimento dell'inopportunità dell'impugnazione, può dissuadere dall'azione giurisdizionale" (Sez. V, 18 dicembre 1997 n. 1591; Sez. IV, 6 marzo 1995 n. 158).
Né la ratio né il testo dell'art. 22 della legge n. 241 del 1990 consentono di affermare che l'accesso vada escluso per gli atti dell'amministrazione disciplinati dal diritto privato;
- tali atti rientrano nell'attività di amministrazione in senso stretto degli interessi della collettività;
- la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operatività dei principi della trasparenza e dell'imparzialità e non ha garantito alcuna "zona franca" nei confronti dell'attività disciplinata dal diritto privato.
L'accesso, quindi, va escluso nei soli casi espressamente previsti dalla legge (cfr. l'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e l'art. 8 del D.P.R. n. 352 del 1992, l'art. 4 del decreto legislativo n. 39 del 1997), ma non per il solo fatto che sia rivolto verso gli atti che, tenuto conto delle leggi amministrative di settore, sono disciplinati dal diritto privato.
5.3. Il legislatore, nel sancire che l'accesso possa avere luogo anche nei confronti degli atti dell'amministrazione disciplinati dal diritto privato, ha determinato una regola coerente con le più recenti tendenze volte a ridurre il tradizionale rilievo della distinzione tra gli atti amministrativi autoritativi e quelli di diritto privato della pubblica amministrazione.
Se in passato i criteri di riparto della giurisdizione (in assenza di specifiche norme di settore) si basavano sulla distinzione tra gli interessi legittimi e i diritti soggettivi (col rilievo inevitabile da attribuire alla natura pubblicistica o privatistica degli atti dell'amministrazione), in alcune materie e anche per l'influsso del diritto comunitario (in tema di accesso, anche ai sensi della direttiva n. 313 del 1990, nonché di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture) le leggi più recenti hanno introdotto normative sostanziali la cui applicabilità prescinde dalla distinzione tra soggetti pubblici e privati e dalla natura dei loro atti.
Già per le controversie in materia di accesso, e pure per le liti proposte contro un concessionario di un pubblico servizio, l'art. 25 della legge n. 241 del 1990 ha previsto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Più in generale, in materia di appalti, nei limiti previsti dalle leggi di recepimento delle direttive comunitarie, anche agli atti delle imprese è stato da tempo attribuito un rilievo pubblicistico, tale da configurare la giurisdizione amministrativa di legittimità per le controversie sorte prima del 1° luglio 1998 (Cass., Sez. Un., 13 febbraio 1999 n. 64; Sez. Un., 5 febbraio 1999 n. 24; Cons. Stato, Sez. VI, 28 ottobre 1998 n. 1478, Sez. V, 20 dicembre 1996 n. 1577).
Per le controversie sorte dal 1° luglio 1998, il legislatore ha poi ritenuto di porre un'ampia deroga al criterio tradizionale di riparto della giurisdizione e di devolvere alla giurisdizione amministrativa esclusiva anche le controversie intercorrenti tra soggetti privati, in settori in cui sono coinvolti interessi pubblici (art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998).
Per converso, le leggi di riforma del pubblico impiego (tranne alcune eccezioni) hanno ritenuto di sottoporre i relativi rapporti alla giurisdizione ordinaria ed alla disciplina generale dei rapporti di lavoro privato (sia pure con gli inevitabili adattamenti, imposti dall'art. 97 della Costituzione: cfr. Corte Cost., 16 ottobre 1997 n. 309), anche quando si controverta di atti aventi un indubbia incidenza sull'organizzazione amministrativa e, dunque, sulle strutture istituite per soddisfare gli interessi pubblici.
Il legislatore, oltre ai casi di privatizzazione di soggetti tenuti a svolgere servizi in favore della collettività ed ai peculiari poteri delle autorità indipendenti (legge 14 novembre 1995 n. 481), ha introdotto altresì nel sistema:
- la figura dell'accordo di diritto amministrativo (artt. 11 e 15 della legge n. 241 del 1990), per i quali si applicano, "ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili", prevedendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ragione degli interessi pubblici coinvolti;
- la disciplina di soggetti formalmente privati ma istituzionalmente tenuti a soddisfare interessi pubblici anche sulla base del diritto comunitario e di quello amministrativo, quali le società miste e in genere gli organismi di diritto pubblico che non rientrano nel novero delle pubbliche amministrazioni.
Il legislatore, pertanto, nell'ambito di un fenomeno di reciproca interferenza del diritto amministrativo e del diritto privato, ha disciplinato alcuni settori in cui vanno soddisfatti gli interessi della collettività, individuando la normativa sostanziale applicabile e determinando il giudice che conosca delle controversie, senza trarre rigide conseguenze e contrapposizioni tra la natura pubblicistica o privatistica degli atti dell'amministrazione, del resto a volte neppure identificabile sulla base di precostituiti canoni legislativi (come risulta dalle oscillazioni giurisprudenziali del passato).
Tuttavia, pur nell'ambito della progressiva osmosi tra le discipline pubblicistiche e quelle privatistiche, resta determinante il rispetto dei valori dell'imparzialità e del buon andamento, sanciti dall'art. 97 della Costituzione.
La normativa sull'accesso ha il medesimo ambito di applicazione dell'art. 97 e riguarda quindi gli atti dell'amministrazione in quanto tali:
- ai fini dell'accesso, non rileva la loro disciplina sostanziale pubblicistica o privatistica e neppure se, nel caso di controversia, vi sia la giurisdizione ordinaria o quella amministrativa (di legittimità, esclusiva o di merito);
- tranne le eccezioni tassativamente previste dalla legge, per tutti gli atti dell'amministrazione sussistono le esigenze della trasparenza, che agevola il concreto perseguimento dei valori costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità.
5.4. L'amministrazione non può dunque negare l'accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica.
Chi ne ha interesse, anche quale dipendente, può accedere agli atti di un procedimento dominato dai principi di buona fede e correttezza oltre che da quello di legalità.
Anche in relazione a trattative in corso per il sorgere di obbligazioni e contratti, chi ne ha interesse può formulare l'istanza di accesso proprio per verificare se è stata violata la normativa pubblicistica (cfr. art. 24 della legge 11 febbraio 1994 n. 109, e art. 56 della legge 1990 n. 142, come interpretati da Sez. V, 31 dicembre 1998 n. 1996; Sez. V, 22 marzo 1995 n. 454, per cui l'imprenditore del settore può contestare la sussistenza dei presupposti posti a base di una trattativa privata conclusa con altri).
L'amministrazione può invece negare l'accesso, per tutelare se stessa, nei soli casi previsti dall'art. 24 della legge n. 241 del 199è, dall'art. 8 del d.P.R. n. 352 del 1992, e dall'art. 4 del decreto legislativo n. 39 del 1997, ad esempio, quando il soggetto, senza averne un interesse, nel corso di trattative consentite dalla legge o nella fase dell'esecuzione di un contratto intenda accedere ad atti interni che riguardano la sfera delle libere valutazioni dell'amministrazione in ordine alla convenienza delle scelte da adottare.
6. Occorre a questo punto esaminare l'ambito di applicazione dell'art. 23 della legge n. 241 del 1990 e l'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 39 del 1997, per i quali l'accesso si esercita anche nei confronti degli "enti pubblici" e dei "concessionari di pubblici servizi".
6.1. Dal punto di vista soggettivo, nell'ambito dei "concessionari di pubblici servizi" vanno annoverati tutti i soggetti, comunque denominati, che gestiscono un servizio pubblico (come inteso dall'art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998), sulla base di un titolo giuridico, sia esso la legge o un atto anche non avente il nome di concessione (ad esempio per conto del Servizio sanitario nazionale; Sez. Un., 12 luglio 1995 n. 7641; 27 aprile 1995 n. 4679; 24 novembre 1994 n. 9971; 9 ottobre 1990 n. 9923).
L'imprenditore privato, quando svolge in base a tale titolo il servizio pubblico, è assoggettato dall'art. 23 della legge n. 241 de 1990 ad un regime sostanziale particolare (che incide anche sulla sua organizzazione interna), perché è tenuto a soddisfare gli interessi pubblici e a far esercitare l'accesso (nei limiti consentiti dalla stessa legge e dal regolamento di cui al d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, ovvero, in materia di ambiente, dalla direttiva comunitaria n. 313 del 1990 e dal decreto legislativo n. 39 del 1997).
6.2. Dal punto di vista oggettivo dell'attività svolta dal gestore, il legislatore (in coerenza con la tendenza che non attribuisce rilievo decisivo alla natura del soggetto che cura gli interessi collettivi) ha disposto che le esigenze di trasparenza dell'attività amministrativa e del suo svolgimento imparziale concernano anche le attività di natura tipicamente negoziale e materiale (svolte in regime pubblicistico nei soli casi previsti dalla legge) con cui si gestisce un servizio pubblico e si entra in contatto con gli utenti.
Il richiamo agli enti pubblici, anche economici, ed ai concessionari di pubblici servizi evidenzia che in linea di principio la legge consente l'accesso alle loro attività di interesse pubblico, anche se sottoposte in tutto o in parte alla disciplina sostanziale del diritto privato: gli interessi collettivi meritano una identica tutela quando è gestito un servizio pubblico, poco importando sotto tale aspetto se esso sia svolto da un soggetto pubblico o da un privato in regime di mercato e concorrenza o di esclusiva (il che fa risultare al pubblico un vero e proprio alter ego dell'amministrazione).
Anche l'attività degli enti pubblici e dei gestori di servizio quando si manifesta nella gestione di interessi pubblici, rientra quindi nell'ambito di applicazione dell'art. 97 della Costituzione (e non dell'art. 41, sulla libertà dell'iniziativa economica): essa, pur se sottoposta di regola al diritto comune, è svolta, oltre che nell'interesse proprio, anche per soddisfare quelli della collettività ed ha rilievo pubblicistico, sicché si deve attenere ai principi della trasparenza e del buon andamento (la cui violazione possono anche indurre l'amministrazione, o le autorità indipendenti, a esercitare i propri poteri di autotutela, di vigilanza e di controllo).
In primo luogo, l'accesso previsto dall'art. 23 della legge n. 241 del 1990 riguarda i casi in cui una norma comunitaria o di diritto interno (in ragione delle esigenze di mercato, degli interessi pubblici coinvolti o della gestione del denaro pubblico) imponga al gestore del pubblico servizio l'attivazione di procedimenti per la formalizzazione delle proprie motivate determinazioni, anche di scelta dei propri contraenti (come avviene in materia di appalti pubblici di lavori, servizi o forniture).
In tali casi (nei quali la norma affida al gestore del servizio anche lo svolgimento di una pubblica funzione, tale da giustificare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998), la normativa di settore equipara l'attività del soggetto privato a quella tipicamente amministrativa, per quanto riguarda l'ambito di operatività dell'art. 97 della Costituzione e dell'istituto dell'accesso.
In secondo luogo, l'accesso è esercitabile nei confronti del gestore in relazione alle modalità con cui è materialmente gestito il servizio pubblico e a ciò che attenga alla sua organizzazione: i destinatari del servizio possono accedere agli atti suscettibili di incidere sulla qualità del servizio, sul rispetto delle norme che proteggono gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze.
In terzo luogo, oltre alle attività da svolgere sulla base si una norma ed a quelle direttamente riguardanti la gestione del servizio, l'accesso può avere luogo anche in relazione alla residua attività del gestore, quando si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, sulla base di un giudizio di bilanciamento.
Tale giudizio caso per caso va svolto in sede di giurisdizione esclusiva, sulla base di una valutazione composita, che tenga conto:
- del pubblico servizio in concreto svolto, della strumentalità, rispetto ad esso, dell'attività oggetto della domanda di accesso, nonché delle eventuali previsioni delle carte di servizio del settore;
- del regime sostanziale dell'attività del gestore, svolto in regime di esclusività (che rende ravvisabile all'utenza un vero e proprio alter ego dell'amministrazione) o in un sistema di mercato e di concorrenza (che, se del caso, possono far ravvisare le esigenze di riservatezza tassativamente previste dall'art. 8, comma 5, lettera d), del d.P.R. n. 352 del 1992);
- delle eventuali regole procedimentali, anche di diritto privato, che il gestore si sia posto per organizzare il servizio con determinazioni basate sulla trasparenza e sui principi di buona fede e di correttezza.
Sulla base di tali criteri, un interesse pubblico prevalente è ravvisabile quando il gestore del servizio (spontaneamente o in applicazione di una norma) ponga in essere un procedimento di natura comparativa con criteri precostituiti, per la selezione del personale più meritevole e per organizzare con efficienza il servizio.
Le scelte effettuate all'esito di tale procedimento hanno un rilievo pubblicistico,da un lato perché si tratta della selezione di coloro che fanno parte della complessiva organizzazione del gestore, entrato in contatto col pubblico e determinano la qualità del servizio, e dall'altro perché si ripercuotono sull'utenza le iniziative e le proteste di coloro che, in forma individuale, associativa o sindacale, lamentino che le scelte finali si siano basate su comportamenti scorretti.
In altri termini, il soggetto che assume di essere stato leso dal gestore nel corso di un procedimento per l'assunzione o la promozione di dipendenti non solo può lamentare la violazione dei principi di buona fede e di correttezza innanzi al giudice ordinario, ma può accedere agli atti del medesimo procedimento, in quanto vi è lo svolgimento di una attività di gestione del servizio pubblico.
L'accesso agli atti del gestore del servizio pubblico, pur quando essi sono disciplinati dal diritto privato e comportano la giurisdizione ordinaria, consente il perseguimento delle medesime finalità connesse all'accesso agli atti dell'amministrazione (e cioè una più diffusa conoscenza dei processi decisionali, lo stimolo a comportamenti ispirati ai canoni di diligenza, buona fede e correttezza, ad una deflazione delle controversie): vi è l'interesse pubblico all'effettuazione di scelte corrette da parte del gestore, quando esse siano finalizzate all'organizzazione efficiente ed alla qualità del servizio.
Pertanto, quando il gestore di un servizio pubblico pone in essere un procedimento disciplinato dal diritto privato, prevale l'interesse pubblico alla trasparenza e può chiedere l'accesso chi abbia interesse ad accertare se vi sia stata una scorrettezza.
7. Tenuto conto dei criteri che precedono, ritiene l'Adunanza Plenaria che la s.p.a. Ferrovie dello Stato debba consentire all'appellata l'accesso agli atti del procedimento indetto per il conferimento di promozioni ai propri dipendenti.
Non rilevano in contrario le deduzioni svolte nell'atto d'appello, per cui la società, per la sua natura privata, non rientra tra le pubbliche amministrazioni e gestisce il personale sulla base della normativa privatistica.
Come si è sopra osservato, gli articoli 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 non precludono l'accesso agli atti di natura privata e, in presenza di un interesse pubblico prevalente, ammettono l'accesso nei confronti di chi svolga un pubblico servizio (in base ad una norma di legge o ad un atto amministrativo), applicando regole di diritto privato.
Essi si applicano, del resto, quando vi sia un "interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", e cioè anche quando il giudice ordinario (come nella specie) abbia giurisdizione sulla situazione sostanziale di chi chieda l'accesso.
Contrariamente a quanto è stato dedotto dall'appellante, i criteri di riparto tra le varie giurisdizioni possono essere disposti dal legislatore (salvo il principio sancito dall'art. 103 della Costituzione, per il quale "il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi") in considerazione anche di esigenze di natura organizzativa, ma non incidono sull'ambito di applicazione della normativa sull'accesso.
Neppure può condividersi la deduzione per cui la gestione del personale della s.p.a. Ferrovie dello Stato non avrebbe alcuna conseguenza sullo svolgimento del servizio e non sarebbe connesso allo svolgimento delle funzioni pubbliche, esercitabili dalla società.
Infatti, gli atti della società con cui avviene la selezione del personale incidono sulla scelta del personale più idoneo e preparato ed incide direttamente, quindi, sulla qualità del servizio di trasporto ferroviario.
E' inoltre indubbio che il rispetto della normativa sulla trasparenza e sul buon andamento dei concorsi indetti dalla s.p.a. Ferrovie dello Stato (anche in considerazione della titolarità del relativo patrimonio azionario) coinvolga interessi di natura pubblicistica e contribuisca ad instaurare corretti rapporti, anche di natura sindacale, tra la società ed i propri dipendenti, con potenziali riduzioni di tensioni e proteste e con la conseguente maggiore qualità, funzionalità ed efficienza del servizio.
Infine, non rileva l'osservazione dell'appellante (svolta anche nel corso della discussione orale), per cui il rispetto della normativa sull'accesso comporterebbe notevoli costi ed una adeguata struttura organizzativa, che non si giustificherebbe in base alle norme del codice civile: l'art. 23 della legge n. 241 del 1990 ha disciplinato l'attività di gestione dei servizi pubblici con una normativa sostanziale attuativa dei valori sanciti dall'art. 97 della Costituzione e riguardante le attività che, pur mantenendo la loro natura imprenditoriale, hanno una stretta connessione col soddisfacimento del pubblico interesse.
8. Il gravame va pertanto respinto, perché non sussistono le ragioni addotte nell'atto di appello per escludere l'accesso agli atti del concorso cui ha partecipato l'appellata, né peraltro emergono (o sono stati rappresentati dall'appellante) specifici interessi che inducano a ritenere infondata l'originaria domanda, sulla base del necessario giudizio di bilanciamento.
Va pertanto confermata la sentenza del T.A.R., che ha ordinato alla s.p.a. Ferrovie dello Stato l'esibizione degli atti riguardanti il corso cui ha partecipato l'appellata.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese.