CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 23 febbraio 2000 n. 12 - Laschena Presidente - Di Napoli Estensore - Domenica Pirandola e altri c. Comune di Guidonia Montecelio e altri.
Ente locale - Ministero dell'interno - Riorganizzazione di uffici e servizi - Affidamento temporaneo di mansioni superiori.
Con l'art. 15 del d. lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, che ha soppresso le
parole "a differenze retributive o" dall'art. 56 del d. lgs. n. 29/1993
(come modificato dall'art. 25 del d. lgs. 80/1998), il legislatore ha
manifestato la volontà di rendere anticipatamente operativa la disciplina
dell'art. 56, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne
abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica
immediatamente superiore. Tale diritto va riconosciuto con carattere di
generalità a decorrere dall'entrata in vigore del d. lgs. n. 387/1998.
E' infondata la domanda di indennizzo per l'ingiustificato arricchimento dell'Amministrazione, proposta in via subordinata ai sensi dell'art. 2041 codice civile, per l'assorbente motivo che nella fattispecie non sussistono i presupposti per l'esperimento dell'azione: l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica rivestita, svolto durante l'ordinaria prestazione lavorativa, non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in danno del dipendente (il c.d. depauperamento, che dell'azione in parola è requisito essenziale).
Il
Comune di Guidonia Montecelio, in stato di dissesto finanziario, con
deliberazioni consiliari 6 aprile 1994 n. 10 e 5 maggio 1994 n. 14, provvedeva
alla rideterminazione della pianta organica fissando in 619 unità il numero dei
dipendenti, ridotto a 604 unità dalla Commissione centrale per gli organici
degli enti locali, giusta provvedimento 11 maggio 1994 n. 16170/G.
Con
successive delibere 27 luglio 1994 n. 658 e 21 settembre 1994 n. 743 la Giunta
Municipale dava attuazione al piano di riorganizzazione degli uffici e dei
servizi, assegnando il personale ai settori e alle unità operative in cui era
articolata la struttura dell'Ente.
Gli
attuali appellanti sono stati inquadrati tutti in qualifiche asseritamente
inferiori alle mansioni da tempo effettivamente esercitate.
Adivano
pertanto il T.A.R. del Lazio, chiedendo il riconoscimento delle mansioni
superiori da loro svolte ai fini del definitivo inquadramento nella qualifica
corrispondente ovvero, in via subordinata, ai fini della attribuzione
delle differenze retributive fra il trattamento economico percepito e quello
inerente alle mansioni stesse.
A
sostegno del gravame deducevano la violazione dell'allegato A) al D.P.R. n.
347/1983, degli artt. 33 e 34 del D.P.R. n. 333/1990 e della relativa tabella
B), nonché la violazione del combinato disposto degli articoli 2, secondo
comma, e 57 del D.L.vo n. 29/1993 e dell'art. 2103 del codice civile, così come
modificato dall'art. 13 della legge n. 300/1970, la violazione degli artt. 36
Costituzione e 2126 del codice civile, della legge 11.8.1955 n. 848, della
Convenzione OIL 6/28 giugno 1962, ratificata dall'Italia con legge 13 luglio
1966 n. 657, del Patto 16/19 dicembre 1966, ratificato dall'Italia con legge 25
ottobre 1977 n. 881.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda bis, con sentenza
non definitiva 15 settembre 1997 n. 1402, ha disposto incombenti istruttori
circa il profilo professionale di "operàtore ausiliario dei servizi
amministrativi" attribuito a taluni istanti e, per il resto, ha respinto la
pretesa di riconoscimento delle mansioni superiori ai fini sia del definitivo
inquadramento nella qualifica corrispondente, sia dell'attribuzione delle
differenze retributive fra il trattamento economico percepito e quello inerente
alle mansioni stesse. Il T.A.R. ha richiamato la prevalente giurisprudenza che
ritiene del tutto irrilevante, ai fini tanto economici quanto della progressione
in carriera, lo svolgimento da parte del dipendente di mansioni superiori alla
qualifica rivestita ovvero la sua preposizione
ad un ufficio comportante tali mansioni. Inoltre, ha ribadito che nel rapporto
di pubblico impiego ‑ diversamente da quello privatistico ‑ gli
interessi coinvolti hanno natura indisponibile, giacché l'attribuzione delle
mansioni e del correlativo trattamento economico avviene con formali
provvedimenti di nomina e di inquadramento.
Con
ricorso notificato al Comune di Guidonia il 28 ottobre 1998, Domenica Pirandola
e litisconsorti hanno proposto appello avverso l'anzidetta sentenza.
Gli
appellanti contestano anzitutto che l'affidamento delle mansioni superiori
sarebbe avvenuto in carenza dei corrispondenti posti vacanti, adducendo
l'esistenza nell'organico del Comune di Guidonia Montecelio di ben
centonovantadue posti vacanti, alcuni dei quali proprio nelle qualifiche e nei
profili richiesti dai ricorrenti che vi sono stati preposti a seguito di ordini
di servizio o di delibera di incarico.
Hanno,
in particolare, precisato che in base alla deliberazione della Giunta Municipale
21 settembre 1994, n. 743 risultano vacanti in organico i seguenti posti:
settore
servizi alla persona: due posti di bidello e le ricorrenti Domenica Pirandola e
Luisa Spadaccia, inquadrate nella 2^ qualifica, profilo di commesso addetto alla
pulizia, svolgono con atto formale le mansioni di bidello;
settore
finanze e tributi, unità operativa demanio e patrimonio: un posto vacante di
istruttore direttivo, 7^ qualifica, ed il signor Maurizio Rocchi, inquadrato
nella 6^ qualifica, profilo di istruttore tecnico, svolge con atto formale le
funzioni di responsabile del patrimonio ‑ istruttore direttivo;
settore
servizi alla persona, unità operativa sport e tempo libero: un posto vacante
nella 6^ qualifica, profilo di istruttore, ed il signor Gianfranco Montelucci,
inquadrato nella 4^ qualifica, profilo di applicato, svolge con atto formale le
funzioni di responsabile dell'unità;
settore
urbanistica e gestione del territorio: otto posti vacanti di istruttore tecnico
e i signori Luciano Apolito e Massirniliano Mariani, inquadrati il primo nella
3^ qualifica ed il secondo nella 4^ qualifica, svolgono con atto formale le
funzioni di istruttore tecnico; ventidue posti vacanti nella 5^ qualifica,
profilo di collaboratore professionale, e la signora Graziella Cenci, inquadrata
nella 3^ qualifica, svolge con atto formale le predette funzioni ed in
particolare la funzione di videoterminalista;
settore
cultura, sport e tempo libero, unità operativa servizio biblioteca: cinque
posti vacanti nella 6^ qualifica, profilo di assistente di biblioteca, ed il
signor Valerio Martinelli, inquadrato nella 3^ qualifica, svolge con atto
formale le funzioni di assistente di biblioteca;
settore
servizi alla persona, unità operativa servizio attività parascolastiche:
risultano vacanti due posti nel profilo di autista scuolabus ed il signor Natale
Di Rocco, inquadrato nella 3^ qualifica, profilo di operatore, svolge con atto
formale le funzioni di autista scuolabus;
Risultano
poi vacanti dodici posti nella 6^ qualifica profilo di istruttore
(amministrativo) e i signori Lucio Di Domenicantonio, Mariannina Reggimenti,
Anna Maria Coldagelli, Maurizio Scicchitano, Daniela Paifelman, Roberto Ferrari,
Rita Di Bonaventura e Alberto Rosati svolgono con atto formale le predette
funzioni. Inoltre, al signor Roberto Betti, inquadrato nella 4^ qualifica, era
stato affidato, con ordine di servizio n. 716 del 23 ottobre 1991, l'incarico di
responsabile dell'Ufficio cultura, ascrivibile alla 8^ e comunque alla 7^
qualifica, mentre nel settore servizi alla persona sono vacanti tre posti di
istruttore direttivo, uno dei quali ricoperto dalla signora Raffaella Proietti,
che svolge, avendone il titolo, funzioni da psicologa.
Tanto
premesso in punto di fatto, gli appellanti richiamano l'art. 57 del D.Lgs. 3
febbraio 1993 n. 29, che introduce nell'impiego presso le pubbliche
amministrazioni l'utilizzazione temporanea del dipendente in mansioni
immediatamente superiori, qualora ciò sia dovuto ad obiettive esigenze di
servizio, anche se per il periodo di tre mesi e ribadiscono l'arricchimento del
datore di lavoro derivante dalla rigida applicazione del divieto di erogare
quantomeno il corrispondente trattamento retributivo.
Gli
appellanti richiamano, ancora, il principio di proporzionalità della
retribuzione all'attività svoltai stabilito dall'art. 33 del D.P.R. 10 gennaio
1957 n. 3, e la riconduzione del lavoro pubblico alla disciplina propria del
diritto civile introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge delega 23
ottobre 1992 n. 421.
La
Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell'interno si sono
costituiti con semplice foglio di resistenza.
La
Quarta Sezione, dubitando della legittimità della tesi che nega la possibilità
di riconoscere rilevanza economica all'esercizio di mansioni superiori
nell'ambito del pubblico impiego, ha ritenuto che, data la peculiare situazione
degli appellati e considerate le modifiche sopravvenute nel quadro normativo di
riferimento con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 29/1993, vi sia spazio per una
diversa interpretazione delle norme generali sul pubblico impiego e, poiché la
questione potrebbe dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinaria 20
maggio 1999 n. 872, ha rimesso la pronunzia sul ricorso all'Adunanza Plenaria.
Il
Comune di Guidonia Montecelio si è costituito in giudizio e, con memoria
depositata il 13 luglio 1999, ha eccepito la prescrizione ed ha rilevato che
l'espletamento di mansioni diverse dalla qualifica rivestita nell'ambito del
pubblico impiego è improduttivo di conseguenze sia a fini giuridici che
econornici. Ha fatto presente che il Comune ha dichiarato lo stato di dissesto
(con conseguente "sterilizzazione di interessi e rivalutazione
monetaria"). Ha contestato che le mansioni superiori siano state svolte dai
ricorrenti in modo continuativo ed esclusivo o quantomeno prevalente. Ha
evidenziato che alcuni ricorrenti sono nel frattempo transitati al 3° al 5°
livello.
Con
memoria depositata il 28 ottobre 1999, il Comune di Guidonia Montecelio ha
rappresentato che, a seguito di concorsi interni, si sono verificati ulteriori
mutamenti di qualifica.
Con
memoria depositata il 18 novembre 1999, gli appellanti hanno insistito per
l'accoglimento del ricorso.
DIRITTO
Domenica
Pirandola e litisconsorti, dipendenti del Comune di Guidonia, appellano la
decisione del T.A.R. del Lazio che ha respinto il ricorso con cui chiedevano il
riconoscimento delle mansioni superiori da loro svolte ai fini del definitivo
inquadramento nella qualifica corrispondente, ovvero, in via subordinata, ai
fini della attribuzione delle differenze fra la retribuzione percepita e quella
inerente alle mansioni stesse.
L'appello
ripropone le domande formulate con il ricorso introduttivo.
La
Quarta Sezione, dubitando della legittimità della tesi che nega la possibilità
di riconoscere rilevanza economica all'esercizio di mansioni superiori
nell'ambito del pubblico impiego, ha rimesso la questione all'Adunanza Plenaria.
Nel
merito, va anzitutto esaminata la domanda prioritaria di inquadramento giuridico
nel livello superiore, corrispondente alle mansioni svolte.
La
domanda è infondata. E' consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio il
principio che nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, se una legge non
disponga altrimenti, l'esercizio, comunque attuato, di mansioni superiori è del
tutto irrilevante ai fini dell'inquadramento giuridico in una qualifica più
elevata.
La
domanda subordinata riconduce all'esame dell'Adunanza Plenaria il tema della
retribuibilità o meno del servizio prestato dal pubblico dipendente per
adempiere compiti di una superiore qualifica.
Le
tesi difensive dei ricorrenti, che richiamano principi desumibili a livello
costituzionale, le modifiche intervenute nel quadro normativo con l'emanazione
del d.lgs. n. 29/1993 e l'arricchimento senza causa della P.A. che conseguirebbe
al mancato riconoscimento economico dello svolgimento di mansioni proprie di più
alta qualifica, vanno disattese. Sul punto l'Adunanza non ha motivo di
discostarsi nella vertenza in esame dalla soluzione negativa data al problema
con la pronuncia 18 novembre 1999 n. 22, anche se il nuovo esame della questione
offre spunti per arricchire il processo di riflessione, alla luce dei rilievi
formulati sia degli appellanti sia dall'ordinanza di
rimessione.
Ne
costituiscono oggetto (tralasciando aspetti già risolti con la citata decisione
n. 22) considerazioni che fanno perno in sostanza sulla recente normativa,
costituita dagli artt. 56 e 57 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, i quali son
parsi estrinsecazione di un principio generale idoneo a fondare anche per il
passato il diritto del dipendente
alle differenze retributive. Ora, non sfugge al Collegio che la cd.
privatizzazione del pubblico impiego operata dal decreto n. 29/1993 abbia
costituito una riforma radicale (non una semplice correzione di aspetti
secondari), destinata perciò ad investire la forma precedente nei suoi principi
direttivi.
Senonché
una modifica ad imis di un istituto complesso postula quasi sempre un'attuazione
graduale, con la conseguenza che alcuni tratti della riforma (come la disciplina
delle mansioni superiori), elaborati sul fondamento di una pronta effettività
del rinnovato assetto, mancando questa, debbano poi essere differiti, potendo
altrimenti innescare risultati non voluti. Ciò spinge il legislatore ad
ulteriori interventi: le modifiche al d.lgs. n. 29 sono state singolarmente
numerose e denotano le difficoltà emerse, sul piano pratico, per inquadrare la
realtà fattuale nel nuovo orizzonte normativo.
E'
agevole comprendere, pertanto, come il legislatore, dopo aver introdotto
all'art. 57 del d.lgs. n. 29 una disciplina generale del conferimento di
mansioni (immediatamente) superiori, valida per tutte amministrazioni pubbliche
- quale fenomeno eccezionale e temporaneo (limitato a tre mesi e rinnovabile per
eguale periodo, ma con conferimento ad altro dipendente) ‑ ne abbia subito
rinviato l'applicazione, subordinandola all'emanazione, in ciascuna
amministrazione, dei provvedimenti di r‑idefinizione delle strutture
organizzative. Ed ha, poi, rinnovato più volte la proroga sino all'abrogazione
della norma.
Di
fronte agli espliciti interventi del legislatore per differire l'attuazione
della puntuale (e, tutto sommato, limitativa) disciplina delle mansioni
superiori recata dall'art. 57, protrattisi sino alla sua caducazione, è
arbitrario scorgere in esso l'espressione di un principio generale di più ampia
portata e ritenerlo applicabile ‑ in aperto conflitto con la contraria
volontà espressa dal legislatore con i ripetuti rinvii ‑ a far tempo
dalla sua emanazione o, perfino, da data anteriore.
Attualmente
la materia è disciplinata dall'art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 (nel testo
sostituito con l'art. 25 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80), che ha regolamentato
(ben può dirsi ex novo,
per la significativa apertura nei confronti del mansionismo) l'istituto
dell'attribuzione temporanea di funzioni superiori nell'ambito del pubblico
impiego. E' prova eloquente del mutato atteggiamento del legislatore
l'affermazione, per la prima volta rinvenibile in un testo normativo di portata
generale per il pubblico impiego, che al lavoratore spetta la differenza di
trattamento economico con la qualifica superiore anche nel caso di assegnazione
nulla per violazione delle condizioni ivi previste (art. 56 citato, quinto
comma).
Anche
questa volta l'operatività della norma è stata rinviata. Il sesto comma
dell'art. 56 stabiliva, infatti, che "le disposizioni del presente articolo
si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti
professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi
stabilita . . . Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni
superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a
differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento
professionale del lavoratore".
Ma
in seguito l'art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 ha soppresso le parole
"a differenze retributive o". Con tale ultimo intervento il
legislatore ha manifestato la volontà ‑ non è possibile attribuire altro
significato alla modifica ‑ di rendere anticipatamente operativa la
disciplina dell'art. 56, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico,
che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla
qualifica immediatamente superiore.
Tale
diritto, pertanto, va riconosciuto con carattere di generalità a decorrere
dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998.
E
poiché, ad avviso del Collegio, il riconoscimento legislativo del diritto in
questione, nei termini appena precisati, possiede uro evidente carattere
innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni
pregresse, esso non può trovare applicazione nei confronti dei ricorrenti, in
quanto è posteriore all'ambito temporale oggetto della presente vertenza.
Infine,
il diritto ad un corrispettivo per l'espletamento di mansioni superiori neppure
può fondarsi sull'ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod. civ.
dell'Amministrazione. Al riguardo è assorbente il rilievo che nella fattispecie
non sussistono i presupposti dell'azione generale di arricchimento: l'esercizio
di mansioni superiori alla qualifica rivestita, svolto durante l'ordinaria
prestazione lavorativa, non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in
danno del dipendente (il c.d. depauperamento, che dell'azione in parola è
requisito essenziale).
Per
le ragioni sin qui esposte l'appello va respinto.
Sussistono,
tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del secondo grado
di giudizio.