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Giurisprudenza
n. 3-2003 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 27 febbraio 2003 n. 3 - Pres. de Roberto, Est. Farina - Ministero della Giustizia e Commissione per gli esami di avvocato presso la Corte d'Appello di Venezia (Avv. Stato Varrone) c. Pantaleoni (Avv.ti Borella e Lorenzoni) - (dichiara improcedibile l'appello avverso la sent. del T.A.R. Veneto, Sez. I, 5 novembre 2001, n. 3352).

1. Atto amministrativo - Interpretazione - Qualificazione formale datane dall'Amministrazione - Irrilevanza - Contenuto effettivo dell'atto - Rilevanza.

2. Giustizia amministrativa - Appello - Nuovo atto emesso in pendenza dell'appello - Che costituisce un quid novi sostitutivo del precedente atto annullato dal giudice di primo grado - Rende improcedibile l'appello.

3. Giustizia amministrativa - Appello - Nuova valutazione espressa dalla commissione giudicatrice di un concorso - In sostituzione di una precedente valutazione - Ha effetto novativo e rende improcedibile l'appello.

1. L'atto amministrativo va qualificato per il suo effettivo contenuto, per quanto effettivamente dispone, non già per la sola qualificazione che l'autorità, nell'emanarlo, eventualmente ed espressamente gli conferisca.

2. Un atto amministrativo, anche se formalmente adottato "in provvisoria esecuzione della sentenza" appellata, che tuttavia si atteggia concretamente non già come mera esecuzione della sentenza stessa, ma come un quid novi, sostituisce il precedente atto oggetto del giudizio e rende improcedibile l'appello.

3. Costituisce un nuovo atto amministrativo, che sostituisce il precedente e rende improcedibile l'appello, una nuova valutazione espressa dalla commissione giudicatrice di un concorso che sia stata: a) discrezionalmente decisa, non vincolativamente eseguita in esecuzione, ancorchè provvisoria, di una sentenza emessa dal giudice amministrativo; b) adottata nell'esercizio della medesima funzione; c) incompatibile con la prima e, poiché posteriore, appunto sostitutiva del primo giudizio (1).

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(1) Ha osservato in particolare l'Adunanza Plenaria che, a seguito della sentenza del T.A.R. Veneto che aveva annullato la valutazione della commissione di un concorso espressa in forma numerica, la commissione stessa, assecondando un criterio di più ampia apertura verso una non obbligatoria, ma di certo maggiore attenzione ad una migliore percepibilità del contenuto del giudizio sugli elaborati, aveva intrapreso un percorso diverso da quello della mera esecuzione della decisione; quello di sostituire la valutazione data in precedenza, non di giustificarla soltanto con una motivazione "in chiaro" o meno sintetica di quella numerica.

Conseguentemente, la sopravvenuta valutazione in punti, con contestuale espressione in "chiaro" ed analitica di essa, da cui erano rilevabili i criteri di giudizio applicati, andava considerata come un "quid novi", che aveva sostituito il precedente giudizio negativo e rendeva improcedibile l'appello proposto avverso la sentenza di primo grado.

Sul principio secondo cui la spontanea esecuzione della sentenza di primo grado non può configurarsi come acquiescenza alla stessa, salvo che non sussistano univoci elementi da cui possa desumersi la volontà di accettare la sentenza stessa v. da ult. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 18 marzo 2002 n. 1614, in questa Rivista n. 3-2002.

 

 

FATTO

1. Il ricorso in esame è stato notificato il 17 dicembre 2001 e depositato il 10 gennaio 2002.

È chiesta la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto, I Sezione, n. 3352 del 5 novembre 2001, notificata il 15 successivo.

2. La decisione impugnata ha accolto il ricorso dell'appellato per l'annullamento degli atti della Commissione d'esame indicata in epigrafe, nella parte in cui è stata assegnata una votazione insufficiente per le prove scritte, con conseguente non ammissione alle prove orali. La pronunzia riconosce l'insufficienza del mero punteggio numerico ad esplicitare i motivi per i quali le prove non sono state superate, in violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Con l'appello si sostiene:

che la mera assegnazione del voto non costituisce difetto di motivazione. Questa è prescritta per l'attività amministrativa provvedimentale, non per l'attività di giudizio;

che, in ordine al motivo del ricorso introduttivo assorbito dal T.A.R. sulla omessa verbalizzazione dei voti assegnati dai singoli commissari, non vi sono norme che dispongano in tal senso.

4. La parte intimata si è costituita ed ha dedotto, oltre all'infondatezza dell'appello, il sopravvenuto difetto d'interesse ad una pronunzia su di esso, in considerazione della sopravvenuta attività della commissione, consistente nella rivalutazione favorevole delle prove scritte, nel superamento della prova orale e nell'iscrizione all'albo.

5. La parte pubblica non ha condiviso la tesi dell'improcedibilità dell'appello.

Dopo l'ordinanza di rimessione all'Adunanza plenaria, le parti ha ulteriormente illustrato le rispettive posizioni.

6. All'udienza pubblica del 20 gennaio 2003, dopo gli interventi delle opposte difese, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza appellata, il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha annullato i giudizi negativi, espressi con votazione numerica, dalla Commissione per gli esami di avvocato presso la Corte d'appello di Venezia per l'anno 2000, nei riguardi dell'attuale appellato.

Il primo giudice, richiamando sue pronunzie in termini, ha condiviso la censura di violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e difetto di motivazione, rilevando concisamente "l'insufficienza del mero punteggio numerico al fine di fornire l'esplicitazione dei motivi per cui la prova non è stata superata".

2. Dopo la notificazione della sentenza (15 novembre 2001), ma prima della proposizione dell'appello (notificato il 17 dicembre 2001), si è nuovamente riunita la commissione, che - in esplicitata composizione di sottocommissione diversa da quella che aveva giudicato le prove scritte la volta precedente - ha nuovamente valutato i tre elaborati del candidato ed ha assegnato un diverso e maggiore voto a due di essi. Il punteggio complessivo saliva così alla sufficienza (verbali del 7 e 17 dicembre 2001), con ammissione alla prova orale. Anche questa era superata, come da lettera del presidente della commissione dell'undici febbraio 2002, diretta al Ministero della giustizia ed all'Avvocatura generale dello Stato.

3. L'appello dell'Amministrazione mira a sostenere la legittimità della valutazione delle prove scritte mediante la mera assegnazione di un voto numerico (contesta anche la fondatezza di altra censura assorbita, qui, ora, non rilevante).

4. Il resistente, in occasione della trattazione del merito, ha opposto, oltre all'infondatezza del ricorso in appello, la sopravvenuta carenza d'interesse ad una pronunzia d'annullamento della sentenza del primo giudice, in considerazione della suindicata nuova attività della commissione e dell'avvenuta iscrizione dell'interessato all'albo professionale.

A questa tesi perviene sulla considerazione che l'operato della commissione non si è limitato a ribadire il voto già dato, con motivazione, ma che si è risolto in un'autonoma pronunzia sui medesimi elaborati. Il T.A.R. aveva soltanto imposto di motivare, non di più.

Sempre secondo il resistente, il precedente giudizio negativo è stato, dunque, assorbito nel nuovo giudizio positivo, come già conclude la giurisprudenza di questo Consiglio in tema di rapporto fra giudizio scolastico di non ammissione ad esami e di giudizio positivo espresso dalla commissione d'esame, nei casi di ammissione con riserva alle prove.

La difesa dell'Amministrazione obietta, invece, che il successivo attivarsi della commissione è dipeso, solo ed esclusivamente, dalla statuizione del primo giudice.

5. Con riguardo alla valutazione della situazione sopravvenuta ed alla possibile applicazione del criterio - o principio - di "assorbimento" del precedente giudizio nella nuova valutazione positiva data, la IV Sezione rimette all'esame di questa Adunanza, indicando perspicuamente i vari problemi che possono porsi, ma rilevando anche che la specifica questione, di cui si disputa, presenta caratteri in parte diversi dai casi degli esami scolastici, sui quali si è consolidata la giurisprudenza sul criterio di "assorbimento" nel giudizio positivo sopravvenuto di quello negativo espresso sull'esaminando.

6. È necessario, prima di tutto, condurre l'esame degli atti sopravvenuti alla pronunzia del primo giudice, considerato che le due parti li definiscono in modo diverso. È proprio dalla precisa delimitazione del loro contenuto che può conseguire il riconoscimento o il diniego dell'effetto di improcedibilità dell'appello per sopravvenuta carenza d'interesse.

Premessa di questo esame è il principio che l'atto amministrativo va qualificato per il suo effettivo contenuto, per quanto effettivamente dispone, non già per la sola qualificazione che l'autorità, nell'emanarlo, eventualmente ed espressamente gli conferisca.

Ora, è vero che, nei due verbali menzionati, la commissione appellante premette che si riunisce "in provvisoria esecuzione della sentenza" in esame e, dunque, salva l'impugnazione di questa. Ma è anche vero che le operazioni compiute non si atteggiano come mera esecuzione della sentenza appellata.

Ed infatti il Tribunale Amministrativo Regionale aveva soltanto statuito nel senso dell'insufficienza della motivazione, prescritta in via pressoché generale dall'art. 3 della l. n. 241 del 1990, ma resa mediante il solo punteggio assegnato. L'esecuzione provvisoria di tale decisione comportava soltanto, e da parte della stessa sottocommissione che si era prima pronunziata, l'espressione di un giudizio con menzione degli elementi valutati e del loro valore, accanto a quello già numericamente esplicitato. Unicamente questo era il vincolo derivante dalla sentenza del primo giudice.

Sin da questo momento, invece, ed assecondando un criterio di più ampia apertura verso una non obbligatoria, ma di certo maggiore attenzione ad una migliore percepibilità del contenuto del giudizio sugli elaborati, la commissione ha intrapreso un percorso diverso da quello della mera esecuzione della decisione. Quello di sostituire la valutazione data in precedenza, non di giustificarla soltanto con una motivazione "in chiaro" o meno sintetica di quella numerica.

Ne sono dimostrazione:

la diversa, e sottolineata nei verbali, composizione della sottocommissione (e delle altre, chiamate a svolgere identica attvità per altri candidati individuati con riferimento ad altre sentenze del T.A.R.), che esprime l'intento di una diversa valutazione, oggettivamente proveniente da altri componenti dello stesso organo, non quella di dare altra veste o di integrare la valutazione già resa;

l'eliminazione dagli elaborati, come attestato in verbale, di ogni segno di riconoscibilità, consistente in annotazioni e sigle della precedente sottocommissione, e, perciò, ancora, per assicurare un'imparziale seconda lettura e valutazione di essi;

l'attribuzione di una votazione nuova in punti - talora identica alla precedente, talora no - derivante dalla "ricorrezione", accompagnata da chiare ed esaurienti esplicitazioni degli aspetti negativi e positivi rilevati nei lavori.

Per questi oggettivi elementi, non può essere seguita l'amministrazione appellante, nel qualificare la nuova attività come un facere esclusivamente imposto dalla sentenza appellata.

Ne segue che la sopravvenuta valutazione in punti, con contestuale espressione in "chiaro" ed analitica di essa, da cui erano rilevabili i criteri di giudizio applicati, va considerata come un "quid novi", che ha sostituito il precedente giudizio negativo perché:

a) discrezionalmente decisa, non vincolativamente eseguita;

b) adottata nell'esercizio della medesima funzione;

c) incompatibile con la prima e, poiché posteriore, appunto sostitutiva del primo giudizio.

7. L'Amministrazione non ha perciò interesse alla riforma della sentenza di annullamento di un atto che, posteriormente alla pronunzia giurisdizionale, ha essa stessa sostituito, con autonomo provvedimento, determinando un nuovo assetto del rapporto controverso.

8. Alla dichiarazione d'improcedibilità dell'appello può farsi seguire la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria) dichiara improcedibile l'appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 20 gennaio 2003, con l'intervento dei Signori:

Alberto de Roberto Presidente del Consiglio di Stato

Mario Egidio Schinaia Presidente di Sezione

Paolo Salvatore Presidente di Sezione

Sergio Santoro Consigliere

Livia Barberio Corsetti Consigliere

Giuseppe Barbagallo Consigliere

Alessandro Pajno Consigliere

Raffaele Carboni Consigliere

Costantino Salvatore Consigliere

Giuseppe Farina Consigliere Est.

Corrado Allegretta Consigliere

Luigi Maruotti Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Il Relatore Il Presidente

Depositata in segreteria in data 27 febbraio 2003.

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