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n. 4-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - Sentenza 7 aprile 1999 n. 138 - Pres. Berruti, Est. Carboni - Comune di Palermo (Avv. La Marca) c. Baldo (Avv. Rubino) - (conferma T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. I, 15 aprile 1998 n. 736).

Enti pubblici - Incarichi professionali -  Attribuzione dell'incarico - Obbligo di indire una gara pubblica - Non sussiste - Ragioni.

Enti pubblici - Incarichi professionali - Attribuzione dell'incarico - Pubblicazione di avviso pubblico - Obbligo di motivare la scelta effettuata - Sussiste.

In generale, salva la specifica normativa comunitaria che tende ad assimilare certe prestazioni professionali ai contratti d'appalto e ad assoggettarle alle procedure di gara generalmente previsti per questi ultimi, non esistono norme che obblighino gli enti pubblici a scegliere i liberi professionisti con una procedura ad evidenza pubblica od a motivare la scelta; e il contratto d'opera mantiene, ancorché il cliente o committente sia una P.A., il carattere eminentemente fiduciario che lo caratterizza, sia nel sorgere che nel permanere del rapporto (vedasi, a quest'ultimo proposito, l'articolo 2237 del codice civile).

Nulla vieta che l'ente prestabilisca una procedura d'individuazione del libero professionista, ma il semplice invito pubblico ad inviare i curricula non è un bando e non costituisce l'indizione di una procedura concorsuale.

Tuttavia, nel caso in cui l'Ente pubblico abbia invitato con apposito avviso la generalità dei professionisti a manifestare la disponibilità e ad inviare i curricula, l'ente rinuncia alla completa libertà di scelta del professionista e dichiara, implicitamente, di voler effettuare la scelta tra coloro che si propongano e in base all'esame dei relativi curricula; in tal caso, quindi, in forza del principio d'imparzialità della pubblica amministrazione, sussiste l'obbligo di far risultare, nell'atto di conferimento dell'incarico o in altri atti ivi richiamati, che la scelta è stata effettuata dopo aver esaminato tutti i curricula pervenuti e in base alla valutazione di dati risultanti dagli stessi; e, in tal senso, di motivare la scelta sulla base di parametri oggettivi che assicurino la trasparenza amministrativa.

 

 

FATTO

Il comune di Palermo fece pubblicare su un quotidiano del 10 novembre 1996 un avviso con il quale "dovendo affidare incarichi di progettazione e ristrutturazione di alcuni edifici scolastici", richiedeva "ad architetti ed ingegneri, nell'ambito delle proprie competenze, la trasmissione dei curriculum professionali redatti sotto forma di dichiarazione... in cui siano, in particolare, indicati gli incarichi svolti nell'ambito dell'edilizia pubblica"; precisando altresì il termine e il modo in cui le richieste sarebbero dovute pervenire.

L'architetto Baldo, che aveva inviato il curriculum, con lettera datata 28 giugno 1997, pervenuta l'8 luglio 1997, chiese al comune di conoscere lo stato del procedimento di conferimento degl'incarichi e di ottener copia della relativa graduatoria, nonché l'elenco delle opere di edilizia scolastica che il comune intendeva affidare ai professionisti facenti parte della graduatoria medesima.

Il comune, con nota 7 luglio 1997 n. 1097 del capo del servizio di edilizia scolastica, oltre a fornirgli un'indicazione circa le opere cui gl'incarichi di progettazione si riferivano, gli rispose che l'iter amministrativo era in corso e che non era stata redatta nessuna graduatoria, aggiungendo: "Si rappresenta altresì che l'amministrazione comunale di Palermo non darà incarichi a liberi professionisti non residenti nel comune di Palermo e ciò per non sopportare ancora ulteriori oneri".

L'architetto Baldo, con raccomandata del 18 luglio 1997 chiese poi che lo si tenesse informato degli sviluppi del procedimento, e il comune, con nota 4 agosto 1997 n. 1290 del servizio di edilizia scolastica, gli elencò tredici deliberazioni con le quali erano stati affidati altrettanti incarichi, relativi ad altrettante opere specificate a fianco di ogni deliberazione; più precisamente, comunicò che il servizio aveva predisposto le proposte di deliberazione elencate nella nota, menzionando, con gli estremi della deliberazione, quelle ch'erano già state recepite dalla giunta comunale. L'architetto Baldo, con lettera dell'1 settembre 1997, chiese la copia di tutte le tredici deliberazioni. Poi, con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Sicilia notificato il 10 settembre 1997, impugnò la nota n. 1097, che lo escludeva dalla possibile scelta perché non residente in Palermo (procedimento di primo grado 3182/1997).

Il comune, nella camera di consiglio dell'8 ottobre 1997 fissata per la trattazione dell'incidente cautelare nel procedimento 3182/1997, produsse le deliberazioni d'incarico indicate nella nota del 4 agosto, e l'architetto Baldo, con ricorso notificato tra il 4 e il 5 dicembre 1997 (procedimento di primo grado 4628/1997) impugnò anche quelle specificate in epigrafe, nonché la nota 20 novembre 1997 n. 1963 con la quale il comune aveva chiarito che la scelta dei professionisti veniva effettuata, senza formalità di graduatoria, dalla giunta comunale su indicazione dei competenti uffici che avevano esaminato il curriculum.

A sostegno del primo ricorso dedusse i seguenti motivi:

1) violazione del princìpi che disciplinano le procedure selettive, del divieto della disapplicazione degli atti amministrativi e delle norme comunitarie, nonché arbitrarietà, ingiustizia manifesta e carenza di motivazione, in quanto il conferimento d'incarichi non contemplava il requisito della residenza in Palermo, peraltro non previsto dall'ordinamento vigente e contrastante con i princìpi e le disposizioni comunitarie;

2) violazione della legge sulla professione di architetto, nonché motivazione difettosa, incongrua ed errata, non rispondendo al vero che l'affidamento a professionisti residenti fuori dal comune committente comporti maggiori oneri.

A sostegno del secondo ricorso, oltre che l'illegittimità dei provvedimenti d'incarico derivata da quella del provvedimento impugnato con il primo ricorso, sono stati dedotte le seguenti censure:

1) violazione dei princìpi che disciplinano le procedure selettive, del divieto di disapplicazione degli atti amministrativi, nonché arbitrarietà, ingiustizia manifesta e carenza di motivazione e illogicità, violazione dei princìpi costituzionali d'imparzialità e buon andamento dell'amministrazione; le scelte essendo state effettuate in violazione delle procedure selettive che l'amministrazione si era autoimposta;

2) violazione dell'affidamento ingenerato con la precedente determinazione di selezione informale. Il tribunale amministrativo regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, respinta l'eccezione d'inammissibilità del ricorso 3182/1997 per difetto d'interesse, formulata dalla difesa del comune di Palermo, ha accolto il ricorso stesso, diretto contro l'esclusione dei professionisti non residenti in Palermo, per l'assorbente motivo della violazione del divieto di disapplicazione dei provvedimenti amministrativi; nonché il secondo, accogliendo la tesi del ricorrente, di arbitrarietà, difetto di motivazione, violazione dei princìpi d'imparzialità e buon andamento, e affermando che, pur vera la natura fiduciaria dell'incarico, il comune avrebbe dovuto prefissare criteri selettivi, ancorché largamente orientativi, e dar conto, con adeguata motivazione - incensurabile in sede di legittimità - delle ponderate valutazioni effettuate tra tutti i concorrenti.

Hanno proposto appello, con distinti ricorsi, il comune di Palermo e alcuni dei controinteressati.

Gli appellanti deducono la tardività del secondo dei due ricorsi di primo grado, sia rispetto alla pubblicazione nell'albo pretorio delle deliberazioni d'incarico impugnate, sia rispetto alla loro conoscenza da parte del ricorrente; e censurano la sentenza impugnata, sostenendo la tesi della discrezionalità del comune nell'affidamento degl'incarichi. L'architetto Baldo, con appello incidentale opposto all'appello del comune, lamenta che il giudice di primo grado abbia liquidato le spese di giudizio al di sotto dei minimi tariffari.

DIRITTO

I due appelli, diretti contro la stessa sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura civile. L'eccezione di tardività del ricorso di primo grado 4628/1997 (contro le deliberazioni d'incarico), formulata come motivo d'appello dagli originari controinteressati, è infondata.

L'architetto Baldo, avendo chiesto l'affidamento degl'incarichi conformemente all'invito del comune, era controinteressato ai provvedimenti che affidavano gl'incarichi stessi, sicché il termine d'impugnazione decorreva, per lui, dalla piena conoscenza o dalla notificazione dei provvedimenti e non già dalla pubblicazione all'albo comunale delle deliberazioni (l'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, che per gl'interessati fa decorrere il termine d'impugnazione dalla notificazione o dalla piena conoscenza, va riferito, naturalmente, a coloro che sono interessati all'impugnazione, ossia controinteressati al provvedimento; all'inverso dei controinteressati all'impugnazione, cui il ricorso dev'essere notificato, che sono invece i soggetti interessati al mantenimento del provvedimento).

Quanto al fatto che l'architetto Baldo conoscesse già le deliberazioni d'incarico, comunicategli con nota del 4 agosto 1997 cui egli aveva risposto l'1 settembre 1997, non può parlarsi di piena conoscenza, per la semplice ragione che mancavano, nell'elenco comunicatogli dal comune, sia i nomi dei professionisti incaricati che la motivazione (nel senso formale del termine) dell'affidamento: elementi essenziali, il primo per poter validamente instaurare un'impugnazione giurisdizionale, entrambi perché l'escluso potesse valutare se ritenere o meno di aver patito ingiustizia.

Venendo al merito le questioni agitate in giudizio sono due:

- la prima, se il comune, dopo avere, con un avviso pubblicato su un quotidiano, invitato gl'ingegneri e gli architetti, che vi avessero interesse, a presentare domanda di affidamento d'incarichi di progettazione, potesse poi, con una decisione non esternata altrimenti se non nella nota 7 luglio 1997 n. 1097 inviata all'architetto Baldo, limitare la partecipazione ai soli professionisti residenti in Palermo;

- la seconda, se il comune fosse tenuto ad effettuare, per la scelta dei professionisti, una graduatoria, come ha sostenuto il ricorrente di primo grado, o una qualsivoglia procedura selettiva con prefissione di criteri, e a motivare la scelta di conseguenza.

Cominciando da questa seconda, duplice questione, si deve rilevare che il comune, a quanto risulta, intendeva stipulare contratti d'opera, ossia il tipo di contratto disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile, e più in particolare, per le professioni intellettuali, dagli articoli 2229 e seguenti.

In generale, salva la specifica normativa comunitaria che tende ad assimilare certe prestazioni professionali ai contratti d'appalto e ad assoggettarle alle procedure di gara generalmente previsti per questi ultimi, non esistono norme che obblighino gli enti pubblici a scegliere i liberi professionisti con una procedura di evidenza pubblica o a motivare la scelta; e il contratto d'opera mantiene, ancorché il cliente o committente sia una pubblica amministrazione, il carattere eminentemente fiduciario che lo caratterizza, sia nel sorgere che nel permanere del rapporto (vedasi, a quest'ultimo proposito, l'articolo 2237 del codice civile).

Il ricorrente di primo grado, del resto, pur lamentando una generale violazione di norme, in concreto non ha individuato nessuna specifica norma che imponesse al comune di redigere una graduatoria o di porre in essere analoghe, formali procedure.

Certo nulla vieta che l'ente indica un bando e prestabilisca una procedura d'individuazione del libero professionista, ma il semplice avviso pubblico ad inviare i curriculum non è un bando e non costituisce l'indizione di una procedura concorsuale.

E' vero invece che, invitando la generalità dei professionisti a manifestare la disponibilità e ad inviare il curriculum, l'ente rinuncia alla completa libertà di scelta del professionista e dichiara, implicitamente, di voler effettuare la scelta tra coloro che si propongano e in base all'esame dei relativi curriculum. Ne segue, in forza del principio d'imparzialità della pubblica amministrazione, l'obbligo di far risultare, nell'atto di conferimento dell'incarico o in altri atti ivi richiamati, che la scelta è stata effettuata dopo aver esaminato tutti i curriculum pervenuti e in base alla valutazione di dati risultanti dagli stessi; e, in tal senso, di motivare la scelta sulla base di parametri oggettivi che assicurino la trasparenza amministrativa.

Gli appelli vanno poi respinti per quanto riguarda la questione dell'esclusione dei professionisti non residenti in Palermo.

E' ovvio che, se l'amministrazione ha rivolto l'invito a tutti gli esercenti una determinata professione, non può poi escludere coloro che non abbiano certi requisiti, come la residenza in un dato comune, non indicati nell'avviso; com'è desumibile, per analogia, dalla disciplina delle promesse unilaterali, di cui agli articoli 1987 e seguenti del codice civile, e in particolare dall'articolo 1990.

D'altra parte, l'operato del comune, che ha escluso l'architetto Baldo dal novero dei possibili contraenti perché non residente in Palermo, costituisce controprova dell'obbligo di motivare la scelta nel senso suddetto, ossia facendo risultare quali comparazioni siano state effettuate; perché, diversamente, l'ente che ha pubblicato l'avviso potrebbe poi, contraddittoriamente, limitare la scelta in base a qualsivoglia postumo e incontrollabile criterio.

In definitiva, gli appelli, con la diversa motivazione che precede in ordine alle modalità di comparazione dei professionisti, vanno respinti, e resta fermo l'annullamento della nota 7 luglio 1997 n. 1097 e delle deliberazioni di giunta 10 luglio 1997 n. 1607, 1611 e 1627. (Omissis)

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