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CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 20 luglio 1999 n. 365 - Pres. Berruti, Est. Tommasini - GRASSETTO COSTRUZIONI S.P.A. (Avv.ti Ugo Mastelloni e Fabrizio Amalfi) c. UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PALERMO (Avv. dello Stato Mango) - (conferma T.A.R. Palermo, Sez. I, 11 settembre 1997, n. 1349).

In materia di autotutela non è necessaria una diffusa motivazione sulla sussistenza del c.d. interesse pubblico concreto ed attuale a disporre l'annullamento né rileva il lungo tempo eventualmente trascorso dalla sua emanazione, quando l'atto illegittimo abbia conseguenze permanenti o perduranti ed implichi l'esborso di denaro pubblico (1).

Dopo l'espletamento della gara d'appalto ma in un momento ancora precedente alla effettiva stipulazione del contratto con la impresa aggiudicataria, l'amministrazione conserva intatti tutti i poteri e le facoltà che le competono ed ovviamente anche quelli inerenti la possibile revoca o annullamento degli atti amministrativi precedentemente posti in essere (2).

L'apertura del procedimento amministrativo per l'aggiudicazione di lavori pubblici non determina in capo ai partecipanti alla gara un diritto soggettivo nei confronti della Pubblica Amministrazione (3).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 1996, n. 232; Sez. V, 19 marzo 1996, n. 283.

(2) V. per tutte v. Cass. Civile, Sez. un., 6 ottobre 1993, n. 9892; Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 1995 n. 1188.

(3) Cass. Civile, Sez. un., 6 ottobre 1993, n. 9892.

 

 

FATTO

Con ricorso recante il R.G. n. 5878/94 il Raggruppamento Temporaneo d'Imprese costituito dalla Grassetto Costruzioni S.p.A., Tecnipetrol S.p.A., Edicostruzioni S.p.A. e Sprone S.p.A. ha impugnato la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell'Università degli Studi di Palermo n. 666 del 5 maggio 1994 con la quale veniva stabilito: "Di non procedere all'affidamento della concessione dei lavori del Nuovo Policlinico all'Impresa Grassetto; di annullare, per quanto occorra, le delibere rese sull'argomento il 15 novembre 1989, il 6 giugno 1990 ed il 17 luglio 1992; di rinunciare al mutuo di lire 100 miliardi concesso dalla cassa DD.PP. all'Università per l'opera in oggetto; di dare mandato al Rettore di studiare la possibilità che la somma prevista dal mutuo sia congelata, per essere destinata alla ristrutturazione e all'adeguamento dell'attuale Policlinico, previa acquisizione degli elementi conoscitivi per una elaborazione del relativo progetto99

A sostegno del ricorso il R.T.I. odierno appellante articolava seguenti motivi di censura:

1) Violazione della Legge 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di motivazione - Sviamento - Inesistenza dei presupposti - per non procedere all'affidamento dei lavori - Violazione dei principi sottesi all'esercizio dell'autotutela.

2) Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti - Contraddittorietà - Violazione di legge.

3) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti sotto altro profilo -Sviamento - Violazione dei principi in tema di successione delle leggi nel tempo - Illogicità - Ingiustizia manifesta - Motivazione incongrua.

4) Violazione del giudicato.

Nel giudizio di primo grado si costituiva l'Amministrazione odierna appellata (Università degli Studi di Palermo) la quale contestava la fondatezza del ricorso e ne chiedeva il rigetto nel merito con la vittoria delle spese.

Con ordinanza n. 1026/94 il TAR Palermo accoglieva la domanda di sospensione della delibera impugnata dal R.T.l. capeggiato dalla Grassetto S.p.A. limitatamente al punto 3 della stessa, vale a dire laddove l'Università degli Studi di Palermo aveva deliberato di rinunciare al mutuo di lire 100 miliardi concesso dalla cassa Depositi e Prestiti per la realizzazione del nuovo Policlinico Universitario.

Vista la concessione della ordinanza cautelare da parte del T.AR. Palermo, in data 29.11.1994 il C.d'A. dell'Università di Palermo adottava una ulteriore delibera con la quale revocava la precedente (n. 666 del 5.5.1994) nella parte in cui la stessa prevedeva la rinuncia al mutuo sopra richiamato, e nel contempo dava mandato al Rettore di compiere nel più breve tempo possibile tutti i passi necessari per ottenere da parte delle competenti autorità la devoluzione del mutuo finalizzata alle esigenze edilizie della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'annesso Policlinico Universitario.

Anche avverso tale ulteriore delibera il Raggruppamento Temporaneo d'Imprese odierno appellante proponeva ricorso recante R.G. n. 2096/95 al T.A.R.S. Palermo, affidandolo ai seguenti motivi di censura:

A) Violazione della legge n. 41/86 - Violazione delle leggi di contabilità di Stato - Eccesso di potere per erroneità del presUpposto.

B) Sviamento di potere - Illogicità - Contraddittorietà - Erroneità di presupposto e travisamento dei fatti.

Il T.A.R. adito in prime cure, con ordinanza n. 1139, diversamente da quanto statuito in ordine alla domanda di sospensione della precedente delibera (n. 666 del 5.5.1994) adottata dall'Amministrazione Universitaria di Palermo respingeva la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati.

All'udienza di discussione del merito, tenutasi il 30.11.1995, il T.A.R. Palermo disponeva la riunione dei due ricorsi ed il deposito, da parte dell'Università resistente, di ulteriore documentazione. Successivamente, con la sentenza n. 1349/97 il T.A.R. Sicilia-Palermo Sez. 1^, ha rigettato il ricorso n. 5878/94 ed ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 2096/95.

Il R.T.l. ricorrente ha proposto appello avverso la decisione del T.A.R. chiedendone la totale riforma, con vittoria delle spese di giudizio. Con memoria difensiva in data 10 marzo 199ì si è costituita, anche nel presente grado di giudizio, l'Avvocatura dello Stato per l'Università degli Studi di Palermo. Alla pubblica udienza del 14 maggio 1998 i procuratori delle parti hanno chiesto che la causa venisse assunta in decisione, insistendo nelle rispettive conclusioni rassegnate negli arti di causa.

DIRITTO

Gli appellanti si dolgono dell'erroneità della statuizione di prime cure e ne chiedono la totale riforma.

A) In ordine al capo del dispositivo di primo grado con il quale il T.A.R. Palermo ha rigettato il ricorso n. 5878/94 avrebbe errato il T.A.R. nel fondare la propria decisione di rigetto dei proposti ricorsi sulla considerazione che l'Università degli Studi di Palermo avrebbe adottato la richiamata delibera in base a precise motivazioni che emergerebbero dal corpo del deliberato e sulla scorta del quadro normativo di riferimento, anche come successivamente innovato dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109. In tal senso afferma il R.T.I. ricorrente che il giudice di prime cure avrebbe acriticamente recepito la delibera dell'Amministrazione alla base della quale era stata posta anche la circostanza della irrealizzabilità dell'opera originariamente prevista in quanto i vincoli del P.R.G. sarebbero definitivamente venuti meno.

Si duole l'appellante che dal tenore della delibera in oggetto emergerebbe la precisa ed inequivoca volontà dell'Amministrazione di porre nel nulla l'intero iter concorsuale che aveva condotto alla concessione nei confronti del R.T.l. capeggiato dalla Grassetto S.p.A.. E sarebbe peraltro priva di fondamento l'affermazione in base alla

quale l'esercizio della concessione sarebbe stato reso impossibile da fatti ostativi successivamente intervenuti.

L'Università avrebbe potuto procedere all'annullamento della gara de qua solo ove si fossero palesate valide ragioni di interesse pubblico che nel caso in specie non sussistevano. Né alcun pregio potrebbero assumere sul punto i numerosi pareri rilasciati dagli organi consultivi dell'Amministrazione resistente. Anzi, da tali pareri emergerebbe il contrasto tra le delibere del luglio e del novembre 1989 e che tale contrasto avrebbe legittimato l'esercizio del potere di annullamento in autotutela da parte dell'Università, comparativamente valutato con l'opposto interesse del raggruppamento alla conclusione del negozio".

Assume dunque il R.T.I. appellante che nel medesimo atto (delibera n. 666) sarebbero confluiti pareri diversi ed in contrasto tra di loro e dunque la stessa delibera sarebbe sostanzialmente priva di concreta motivazione.

Sotto altro profilo, eccepisce l'appellante che nemmeno i rilievi contenuti nella delibera in oggetto relativi alle mutate condizioni urbanistiche hanno fondamento né in fatto né in diritto. La variante al P.R.G./62 per adeguamento alla normativa di cui al DM 1444/68, adottata dal Comune di Palermo con deliberazione n. 94 del 29.7.1992, con la quale veniva ripristinato il vincolo sull'area in cui doveva sorgere il Policlinico Universitario non risulta essere stata approvata dalla regione Siciliana e dunque i vincoli continuerebbero a svolgere la loro funzione in ragione del regime di salvaguardia.

B) Con il secondo motivo di ricorso l'appellante si duole che avrebbe errato il T.A.R. in prime cure nel ritenere che l'Università avrebbe affidato al raggruppamento di imprese soltanto la concessione della progettazione e non anche la concessione dell'esecuzione dell'opera.

In realtà la gara per l'affidamento della concessione aveva ad oggetto la realizzazione del nuovo Policlinico Universitario e non la sola progettazione. Rileva in tal senso il ricorrente in appello che il bando di gara richiamava la legge 24 giugno 1929, n. 113 7 e la legge 8 agosto 1977 n. 584 che ha dato attuazione alle direttive europee all'epoca vigenti in materia di appalti di lavori pubblici. La concessione in oggetto sarebbe dunque da considerarsi come concessione di sola costruzione di opera pubblica. La unitarietà delle prestazioni deducibili in concessione troverebbe peraltro diretta conferma nell'analisi del quadro normativo ed in particolare nella L. 17.02.1987 n. 80 e nell'art. 42 della L.R. Sicilia 29 aprile 1985 n. 21. Nel caso di specie, i documenti di gara facevano espresso riferimento a parametri, requisiti ed elementi tipici delle gare aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori e non di servizi.

Oltre ai motivi sopra richiamati l'appellante pone poi tutta una serie di indici e circostanze che concorrerebbero a dimostrare che nella fattispecie oggetto della presente controversia si verterebbe in presenza di un vero e proprio appalto di opera pubblica. In tal senso si indicano la lettera di invito inviata alla Grassetto S.p.A. ed anche i comportamenti univoci tenuti dall'Amministrazione la quale, sino alla adozione della delibera impugnata aveva instaurato con il raggruppamento odierno ricorrente un contraddittorio per la stipula della convenzione successiva. In sostanza, nel caso di specie l'oggetto, la natura ed il tipo di concessione di sola costruzione imponevano inderogabilmente l'adozione delle procedure tassativamente previste dalle direttive europee e dalla normativa nazionale tra le quali non si annovera alcuna procedura o gara che possa consentire alla Amministrazione di aggiudicare o di non aggiudicare in modo discrezionale parte di quanto posto in gara piuttosto che l'intero oggetto della gara stessa.

C) Con il terzo motivo di gravame il R.T.I. ricorrente eccepisce la illegittimità della delibera n. 666/94 sotto altri profili.

Il T.A.R. adito in prime cure ha infatti ritenuto che l'Università degli Studi di Palermo bene avrebbe applicato i meccanismi generali che regolano il fenomeno della successione delle nonne nel tempo in base al principio del tempus regit actum. Nel caso di specie il T.A.R. avrebbe disatteso i principi generali che regolano la materia, anche in considerazione del fatto che l'Università di Palermo aveva agito nell'esercizio di un potere di autotutela incidendo su precedenti determinazioni che avevano consolidato in capo al Raggruppamento posizioni giuridiche soggettive. In tal senso le delibere in oggetto sarebbero illegittime anche per un palese sviamento di potere in quanto per giustificare la revoca di tutti i precedenti atti, l'Università ha dedotto la contrarietà a nonne che non erano applicabili al caso de quo, anche per espresse disposizioni contenute nelle stesse norme richiamate, regolanti il regime transitorio della loro entrata in vigore,ovvero a norme che comunque non sono da considerarsi ostative all'esecuzione dei lavori in oggetto.

Il D.Lgs. 19 dicembre 1991 n. 406, all'art. 36 dispone che:"la legge 8 agosto 1977 n. 584, cessa di avere applicazione a far data dall'entrata in vigore del presente decreto, salvo che per le procedure per le quali il bando di gara é stato pubblicato e l'offerta é stata presentata anteriormente alla suddetta data".

Afferma l'appellante che entrambi i presupposti sussistevano nel caso concreto, stante la circostanza che la gara afferente la concessione di costruzione era iniziata con il bando pubblicato in data 29 agosto 1987 e l'offerta era stata presentata in data 25 gennaio 1988 e dunque anteriormente al 1991. Peraltro, lo stesso decreto non ha apportato modifiche di rilievo al previgente regime di affidamento delle concessioni di costruzione, dal momento che ha confermato la completa equiparazione agli appalti di lavori pubblici (art. 4, comma 1) ed ha mantenuto quale criterio di affidamento quello della "offerta economicamente più vantaggiosa" (art. 29, lett. b). Parimenti erronee sarebbero le conclusioni cui è giunto il primo giudice in ordine ai profili della applicabilità della direttiva 89/440/CEE e della Legge 17.2.1987 n. 80.

Sotto altro profilo, assume l'appellante la sostanziale erroneità del richiamo alla legge 11.2.1994 n. 109 la cui entrata in vigore é stata definitivamente disciplinata dal D.L. 3.4.1995 n. 101, convertito con la Legge 2.6.1995 n. 216, il quale all'art. 1, comma VI, prevede espressamente che le disposizioni di tale legge si applicano " ... ai procedimenti il cui bando viene pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto". Anche per questi motivi dunque le delibere adottate dall'Università degli Studi di Palermo sono illegittime e la sentenza di primo grado degna di essere riformata.

D) Con il quarto motivo di gravarne si duole l'odierno appellante che la sentenza di prime cure non avrebbe valutato - e dunque statuito - sul motivo in oggetto, consistente nella indicazione di una serie di precedenti giurisprudenziali che confermano le tesi prospettate dagli appellanti. In tal senso indica il concludente la sentenza n. 344/1988 resa dal T.A.R.S. Palermo, nella quale si chiarisce che l'oggetto della gara stessa era la costruzione dell'opera in oggetto. Il ricorrente indica poi una giurisprudenza di questo Consiglio che configura definitivamente l'oggetto della gara.

Tale accertamento avrebbe precluso alla Amministrazione la possibilità di un nuovo esame dei presupposti, così come anche una diversa successiva decisione.

E) Con riferimento al secondo ricorso (R.G. n. 2096/95) proposto avverso la delibera del C.d'A. dell'Università degli Studi di Palermo del 29 novembre 1994, il T.A.R. adito in prime cure ha ritenuto la improcedibilità dello stesso, stante il rigetto nel merito del primo ricorso.

Si legge nella statuizione gravata che: " ... non residuando in capo al Raggruppamento ricorrente alcun interesse a contestare la legittimità degli atti posti in essere dall'Università in ordine alla sorte

del mutuo di lire 100. 000. 000. 000 Anche sotto questo profilo la statuizione di primo grado sarebbe erronea e meritevole di riforma.

In proposito afferma il R.T.I. ricorrente che la volontà espressa dal C.d'A. dell'Università degli Studi di Palermo nella seduta del 29.11.1994 di devolvere il mutuo di 1. 100 miliardi, già impegnati per la realizzazione dello stralcio dei lavori di costruzione del Nuovo Policlinico, alla ristrutturazione delle strutture edilizie preesistenti, sarebbe illegittima dal momento che l'art. 13, comma 11, della legge n. 41/86 impegna la spesa statale "per il completamenio dei programmi di edilizia universitaria ospedaliera di cui all'art. 39 della Legge 21.12.1978 n. 843".

La deliberazione de qua non poteva essere adottata anche sotto altro profilo. Emergerebbe dalla stessa delibera che l'Università degli Studi di Palermo non ha proceduto alla individuazione dell'opera realizzanda con il mutuo de quo, né ha individuato gli interessi pubblici da perseguire attraverso la realizzazione dell'opera stessa. In sostanza, l'avere deliberato di devolvere il mutuo già concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti ad altri fini senza però avere compiuto una preventiva individuazione degli stessi, costituirebbe un ulteriore profilo di illegittimità della delibera in oggetto.

Le censure formulate dall'appellante non appaiono fondate e la sentenza di primo grado deve essere confermata.

Con le prime due doglianze, asserisce il R.T.l. appellante che la delibera in oggetto serebbe illegittima in quanto afflitta dai seguenti vizi:

1) Violazione della legge 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Sviamento, inesistenza dei presupposti per non procedere all'affidamento dei lavori e violazione dei principi sottesi all'esercizio dell'autotutela da parte della P.A.

2) Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Contraddittorietà. Violazione di legge.

In relazione ai richiamati motivi di censura deve rilevarsi quanto segue.

Nel caso di specie non é ravvisabile alcuna violazione di legge inerente i principi e le logiche costituenti il tessuto connettivo della Legge 241/1990 (Nuove nonne in materia di procedimento amministrativo e di accesso ai documenti amministrativi), né sotto il profilo della carenza di motivazione, né sotto quello della carenza dei presupposti necessari ai fini del legittimo intervento in autotutela da parte dell'Amministrazione interessata.

Dalla delibera oggetto di impugnazione e dagli atti nella stessa richiamati emergono chiaramente le ragioni per le quali il Consiglio d'Amministrazione dell'Università degli Studi di Palermo e pervenuto alla determinazione di non procedere all'affidamento dei lavori di realizzazione del nuovo plesso ospedaliero. In tal senso ha statuito la giurisprudenza amministrativa più recente che in materia di autotutela non è necessaria una diffusa motivazione sulla sussistenza del c.d. interesse pubblico concreto ed attuale a disporre l'annullamento né rileva il lungo tempo eventualmente trascorso dalla sua emanazione, quando l'atto illegittimo abbia conseguenze permanenti o perduranti ed implichi l'esborso di denaro pubblico (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 24 febbraio 1996, n. 232; Consiglio di Stato sez. V, 19 marzo 1996, n. 283).

Alla luce delle superiori considerazioni ritiene dunque il Collegio che la sentenza resa dal T.A.R. in prime cure debba essere confermata essendo insussistenti i profili di censura prospettati dal R.T.I. appellante. Ed invero, la delibera del CAA dell'Università degli Studi di Palermo é ampiamente motivata sulla base di circostanze oggettivamente verificabili e che certamente non possono essere considerate meri pretesti per danneggiare il R.T.l. ricorrente.

In tal senso, come correttamente rilevato nella sentenza di primo grado, il protrarsi nel tempo della vicenda in oggetto con il conseguente mutamento della situazione in cui l'opera avrebbe dovuto essere realizzata, il mutamento dell'indirizzo dell'organizzazione, sanitaria-ospedaliera, ed in ultima analisi la sopravvenuta insufficienza dei mezzi finanziari, sono elementi idonei a giustificare l'esercizio dell'autoannullamento da parte del CAA dell'Università degli Studi di Palermo. A ciò si aggiunga la ulteriore circostanza che, sotto il profilo eminentemente giuridico - per le ragioni sopra esposte - non può ritenersi sussistente alcun obbligo in capo all'Amministrazione appellata di stipulare un convenzione con il R.T.I. deducente e che peraltro solo in presenza di quest'ultimo atto si sarebbe perfezionato il vincolo contrattuale tra le parti con le ovvie conseguenze in termini di adempimento degli obblighi contrattuali.

In ordine poi al profilo attinente alle mutate condizioni urbanistiche, afferma il deducente che anche tale rilievo sarebbe stato acriticamente recepito nella sentenza di primo grado ma che lo stesso non ha fondamento né in fatto né in diritto.

In tal senso si deduce la circostanza che l'area sulla quale doveva sorgere il Policlinico di Palermo era vincolata dal PRG ad attrezzatura universitaria. Non essendo stata approvata dalla Regione Siciliana la variante allo strumento urbanistico, adottata dal Comune di Palermo con deliberazione n. 94 del 29.7.1992, il vincolo inerente l'area de qua continua a svolgere la propria funzione per via del regime di salvaguardia.

Orbene, anche sotto tale specifico profilo di censura non può giungersi alla conclusione che la delibera adottata dall'Ateneo Palermitano sia illegittima. Per avere contezza di ciò basti soffermarsi sulla considerazione che argomentando secondo lo schema logico-giuridico prospettato dall'appellante si giungerebbe alla conclusione - invero aberrante - in base alla quale ove l'Ateneo si limitasse a prendere atto della eseguibilità del primo lotto dell'opera, omettendo di considerare l'impossibilità di dare completa ed organica attuazione all'intero progetto, si potrebbero con ogni probabilità venire a creare i presupposti per la non realizzabilità dell'opera intesa nella sua interezza con le ovvie conseguenze in ordine all'inutile dispendio di risorse pubbliche.

In tal senso occorre infatti sottolineare che la Regione Siciliana aveva rilasciato la conformità urbanistica esclusivamente per la parte di proprietà pubblica (Istituto Zootecnico - Regione Siciliana) e su tale area ricadeva il primo lotto, con la ovvia conseguenza che anche ove si dovesse ritenere la permanenza del vincolo (l'approfondimento di tale profilo é in questa sede inconferente), lo stesso graverebbe solo sull'area in oggetto. Ed é evidente che già tale considerazione sarebbe di per sé sufficiente a determinare in capo all'Amministrazione procedente la volontà di non commettere l'esecuzione dell'opera progettata.

Parimenti infondata é la censura che il Raggruppamento appellante muove alla prima statuizione sotto il profilo del travisamento dei fatti pretesamente operato dal C.d'A in occasione dell'atto di autoannullamento.

In realtà l'Università degli Studi di Palermo, con il bando pubblicato sulla G.U. del 29/8/87, ha indetto una gara esplorativa per l'affidamento in concessione della progettazione e la esecuzione dei lavori di realizzazione di un settore del Policlinico Universitario di Palermo. Il bando specificava che l'offerta avrebbe dovuto contenere semplicemente l'idea progettuale del settore oggetto della concessione, nonché il prezzo dell'opera forfettariamente considerato.

Al punto 6 della lettera di invito del 3.10.1987 si stabiliva espressamente la facoltà in capo all'Amministrazione procedente di non procedere alla scelta di un concessionario ovvero anche quella di limitare la concessione in oggetto solo al profilo della redazione del progetto generale e di quello esecutivo del primo intervento, riservando ad una futura dettagliata convenzione il compito di formalizzare la disciplina ed i contenuti della concessione stessa. Nella seduta dei Consiglio d'Amministrazione dell'Università degli Studi di Palermo del 15.11.1989 sono stati approvati i progetti presentati dalla Grassetto S.p.A. n.q. di capogruppo del R.T.l. odierno appellante e la loro trasmissione al Provveditorato alle Opere Pubbliche per le approvazioni, nonché tutte le altre operazioni procedimentali necessarie ai fini del successivo ed eventuale affidamento in concessione alla Grassetto S.p.A.

E' dunque evidente, dall'analisi dell'iter procedimentale sin qui svolto che, in seguito alla gara, avente natura esplorativa, non gravava sulla amministrazione alcun preciso obbligo di addivenire, nei confronti del R.T.l. appellante, all'affidamento in appalto di opera pubblica del Policlinico Universitario dal momento che le due figure giuridiche dell'appalto di opera pubblica e della concessione (disciplinata dalla Legge n.1137 del 24.6.1929) differiscono profondamente tra di loro, essendo costituita la seconda da un oggetto certamente variabile e potenzialmente disomogeneo. In quest'ottica, anche la semplice assunzione da parte del soggetto concessionario della progettazione di massima dell'opera ben può costituire oggetto di concessione.

Nel caso di specie, dalla stessa lettera di invito che l'appellante pone a fondamento delle proprie censure emergono i connotati che concorrono a delineare correttamente i tratti giuridici della fattispecie in oggetto. In altri termini, proprio nella lettera invito inviata al R.T.I. odierno concludente si legge la richiesta della: " ... redazione del progetto generale di massima...e del progetto esecutivo di primo intento". L'unica fattispecie che può ritenersi definitivamente perfezionata é dunque quella relativa all'affidamento della progettazione dell'opera e non anche quella relativa alla materiale realizzazione della stessa, dal momento che tale - successivo -momento si sarebbe verificato solo ove l'Amministrazione procedente avesse proceduto alla stipula di convenzione con il R.T.I. che aveva presentato la progettazione - di massima si badi - più vantaggiosa. Ed in tal senso, costituisce jus receptum per la giurisprudenza di settore il principio secondo il quale dopo l'espletamento della gara d'appalto ma in un momento ancora precedente alla effettiva stipulazione del contratto con la impresa aggiudicataria, l'amministrazione conserva intatti tutti i poteri e le facoltà che le competono ed ovviamente anche quelli inerenti la possibile revoca o annullamento degli atti amministrativi precedentemente posti in essere (per tutte v. Cassazione Civile sez. un., 6 ottobre 1993, n. 9892; Consiglio di Stato, sez. VI 19 ottobre 1995 n. 1188).

Con il terzo motivo di ricorso il R.T.I. si duole del fatto che la delibera impugnata sarebbe afflitta da eccesso di potere sotto altro profilo e che si sarebbe verificata anche la violazione dei principi generali in tema di successione di leggi nel tempo. Afferma infatti l'appellante che l'Università ha dedotto la contrarietà a norme che non erano all'epoca dei fatti né sono oggi applicabili al caso oggetto del presente giudizio e che comunque non sarebbero ostative all'esecuzione di lavori oggetto della concessione de qua.

Orbene, anche con riferimento a tale censura ritiene il Collegio che la sentenza di prime cure sia correttamente motivata e dunque debba essere confermata. In tal senso si rileva che le doglianze articolate dall'appellante sul punto specifico non possono trovare accoglimento in considerazione della circostanza di fondo già esaminata in occasione dell'esame dei precedenti motivi di ricorso.

Il R.T.I. appellante in realtà non aveva, a seguito della gara esplorativa posta in essere dall'Università degli Studi di Palermo, alcuna posizione di diritto soggettivo nei confronti dell'Amministrazione stessa. Ed in tal senso hanno statuito le Sezioni Unite della Suprema Corte che l'apertura del procedimento amministrativo per l'aggiudicazione di lavori pubblici non determina in capo ai partecipanti alla gara un diritto soggettivo nei confronti della Pubblica Amministrazione (Cassazione Civile sez. un., 6 ottobre 1993, n. 9892).

Nell'ottica di tale considerazione generale dunque il profilo relativo all'applicabilità o meno al caso di specie della nomativa calendata successivamente intervenuta (D. Leg.vo 19 dicembre 1991, n. 406 - L. 11 febbraio 1994, n. 109), in ogni caso non assume alcuna rilevanza, dal momento che non sarebbe comunque idoneo ad incidere sulla valutazione discrezionale dell'opportunità - che l'Amministrazione ha successivamente ravvisato - di non realizzare più l'opera pubblica in oggetto. Nel caso di specie - si ribadisce - l'affidamento in concessione dei lavori di costruzione dell'opera non è mai intervenuto e dunque ogni considerazione relativa alla applicabilità o meno al caso di specie della normativa successivamente intervenuta appare superflua stante la circostan-za che comunque nessun sinallagma contrattuale si era perfezionato tra il ricorrente e l'Università degli Studi di Palermo e la normativa presa in considerazione dalla statuizione di prime cure e dal ricorrente in appello afferisce comunque a procedure e fasi delle stesse in cui l'aggiudicazione si sia già perfezionata con la formazione dei vincoli contrattuali.

Anche sotto tale profilo dunque il ricorso in appello é infondato e deve essere rigettato.

Lamenta poi l'appellante che avrebbe errato il T.A.R. adito in prime cure allorquando ha ritenuto improcedibile il secondo ricorso proposto dal R.T.I. concludente, stante il rigetto nel merito del primo ricorso. Sul punto il Collegio ritiene l'esarne dalla specifica censura assorbito dal rigetto delle precedenti doglianze, essendo tale ultimo dedotto profilo di erroneità della statuizione di prime cure strettamente connesso per impianto logico-giuridico e conclusioni ai vizi precedentemente dedotti nel ricorso in appello.

Il ricorso in appello proposta dalla GRASSETTO COSTRUZIONI S.P.A. quale mandataria del R.T.I. costituito con la S.p.A. TECHNIPETROL, la S.p.A. EDILCOSTRUZIONI e la S.p.A. S.PRO.NE. é dunque infondato e deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si determinano in complessive lire 10.000.000 oltre I.V.A. e C.P.A.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe, condanna gli appellanti alla refusione alla Amministrazione convenuta delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in lire 10.000.000 oltre I.V.A. e C.P.A..

Cosi deciso in Palermo il 14 maggio 1998 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signon: Alberto Berruti, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Carmine Volpe, Raffaele Tommasini, Estensore, Antonino Di Blasi, Componenti.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 20 LUGLIO 1999

Copertina