CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 14 giugno 2001 n. 296 - Pres. Varrone, Est. Volpe - Cataldo (Avv. Agrifoglio) c. Comune di Isola delle Femmine (Avv. Manzella) - (annulla TAR Sicilia-Palermo, sez. I, 28 aprile 2000, n. 701).
Giurisdizione e competenza - Espropriazione per p.u. - Accessione invertita - Azione con la quale si chiede il risarcimento del danno a seguito di accessione invertita - Rientra nella giurisdizione generale di legittimità del G.A. o comunque nella giurisdizione esclusiva dello stesso Giudice ex art. 34 D.L.vo n. 80/98.
Giurisdizione e competenza - Generalità - Risarcimento del danno - Cagionato da provvedimenti amministrativi - Ex art. 35 del D.L.vo n. 80/1998, come modificato dall'art. 7 della L. n. 205/2000 - Costituisce una nuova materia che rientra nelle competenze del G.A. ex art. 103, comma 1, Cost.
Rientra nella giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 23-bis, comma 1, lett. b), L. n. 1034/1971, come inserito dall'art. 4 L. n. 205/2000 e dell'art. 7, comma 3, L. n. 1034/1971, come sostituito dall'art. 7 l. n. 205/2000, o comunque nella giurisdizione esclusiva dello stesso G.A., ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, una azione con la quale si chiede la declaratoria dell'avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per c.d. "accessione invertita" e la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno (1).
Nel risarcimento del danno previsto dall'art. 35 del D.L.vo n. 80/1998, come modificato dall'art. 7 della L. n. 205/2000, è individuabile una nuova materia, caratterizzata, quanto a profili soggettivi, dall'illegittimo esercizio della funzione pubblica la quale, se fonte od occasione di danno, si connota di ''illecito'' (in presenza degli altri presupposti, quali l'elemento soggettivo, la perdita economica, il nesso di causalità). Con la conseguenza che, alle "particolari materie indicate dalla legge", nelle quali il giudice amministrativo - ai sensi dell'art. 103, comma 1, Cost. - conosce anche dei diritti soggettivi, si può tranquillamente aggiungere quella del risarcimento da illecito (2).
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(1-2)
La occupazione acquisitiva tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.Come ricordato dalla sentenza in rassegna, nell'ambito di controversie per risarcimento dei danni conseguenti alla c.d. "occupazione acquisitiva" (denominata altresì come "occupazione appropriativa", ''accessione invertita", "espropriazione sostanziale" od "occupazione usurpativa"), ricadono le varie ipotesi: a) l' annullamento del decreto di esproprio e di quello di occupazione, ovvero di provvedimenti della stessa natura adottati in carenza di potere; b) il caso di un'occupazione divenuta illegittima poiché protrattasi oltre il termine di legge senza che ad essa abbia fatto seguito per tempo il decreto di esproprio, o per altri motivi; c) il caso di mancanza, ab origine o perché successivamente annullata, della dichiarazione di pubblica utilità. Tutte le ipotesi considerate costituiscono, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo (sez. II, Strasburgo, 30 maggio 2000), delle ipotesi di "esproprio indiretto" e sono contrarie all'art. 1, comma 2, del protocollo 1 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, dato che rendono impossibile la restituzione o la soddisfazione a seguito di illecita apprensione del bene.
Secondo il CGA, tali controversie rientrerebbero oramai (a seguito della novella introdotta dall'art. 7 della L n. 205), nella giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo.
Secondo il Consiglio, infatti, nel caso di occupazione acquisitiva, «la causa petendi a fondamento dell'azione intrapresa dal privato, è rappresentata dall'accertamento dell'illegittimità (nullità o annullabilità) di provvedimenti amministrativi emessi nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, concernenti, in particolare, la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere, nonché l'espropriazione definitiva dei beni. Il danno patrimoniale subito e la conformazione del diritto di credito nascente dall'illecito civile commesso dalla pubblica amministrazione costituiscono il petitum e non la causa petendi dell'azione risarcitoria. L'accertamento della predetta illegittimità costituisce, pertanto, uno degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità, ex art. 2043 cod. civ.. unitamente alla colpa ed al nesso di causalità con l'evento pregiudizievole.
Ora, dal combinato disposto dell'art. 23-bis, comma 1, lett. b), L. 6 dicembre 1971, n. 1034, inserito dall'art. 4 l. n. 205/2000, b) del nuovo testo dell'art. 7, comma 3, l. n. 1034/1971, come sostituito dall'art. 7 l. n. 205/2000, deriva - ad opinione del Consiglio di Giustizia Amministrativa - che «le questioni in materia di risarcimento del danno, a seguito o per effetto dell'emanazione di provvedimenti relativi alle procedure di esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nonché di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere, sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Si tratta, invero, di risarcimento del danno conseguente all'esercizio illegittimo, da parte della pubblica amministrazione, del potere ablatorio della proprietà privata per motivi d'interesse generale. La norma attributiva del potere giurisdizionale (art. 103, comma 1, Cost.) in ordine all'interesse legittimo, fa sì che la tutela risarcitoria di tale posizione di vantaggio resti anch'essa riservata al giudice amministrativo».
Va tuttavia osservato che la causa petendi dell'azione intrapresa dal privato, nel caso di occupazione acquisitiva, non è rappresentata solo, come affermato dal CGA, "dall'accertamento dell'illegittimità (nullità o annullabilità) di provvedimenti amministrativi emessi nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, concernenti, in particolare, la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere, nonché l'espropriazione definitiva dei beni", ma soprattutto (come è evidente nel caso di occupazione sine titulo) dal fatto illecito costituito dall'irreversibile trasformazione del fondo per effetto della esecuzione dell'opera pubblica. Anzi, va osservato che, proprio in ordine a tale tipo di controversie (trasformazione del fondo a seguito di occupazione sine titulo, per le quali non viene in rilievo tanto un provvedimento amministrativo (che non è mai stato emesso), quanto il fatto illecito in sè considerato e la prevalenza accordata all'opera pubblica, il ragionamento seguito dal CGA risulta inapplicabile, così come non del tutto convincente è il risultato che se ne vuole trarre (inquadramento delle controversie in questione nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità del G.A.).
In subordine il CGA ritiene che, comunque, le azioni in materia rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998.
Quest'ultima tesi - che sembra più condivisibile a chi scrive - come ricordato dal C.G.A., ha avuto già l'avallo delle sezioni unite della Corte di Cassazione, le quali, con l'ordinanza 25 maggio 2000, n. 43 (in questa rivista Internet, n. 5/2000, pag. http://www.giustamm.it/ago1/casssu_2000-43o.htm), nel ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, per eccesso rispetto alla delega conferita dall'art. 11, comma 4, lett. g), l. 15 marzo 1997, n. 59 ed in riferimento all'art. 76 Cost., hanno riconosciuto che il medesimo art. 34 ha sottratto al giudice ordinario e ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le cause su diritti soggettivi, diversi da quelli indennitari, connessi a comportamenti materiali della pubblica amministrazione nell'ambito dì procedure espropriative finalizzate alla gestione del territorio.
In quella occasione le sezioni unite hanno affermato infatti che "l'art. 34 del d. l.vo n. 80/1998 ha ormai trasferito dal giudice ordinario al giudice amministrativo, per il settore delle espropriazioni, le controversie in cui si faccia valere il diritto alla riacquisizione del bene occupato senza titolo (per originaria carenza o successiva inefficacia del titolo stesso), ovvero il diritto al risarcimento del danno per occupazione illegittima od il diritto al risarcimento del danno prodotto dal tradursi dell'occupazione medesima nella cosiddetta accessione invertita od espropriazione sostanziale".
La questione, com'è noto, è stata incidentalmente affrontata anche dalla Corte Costituzionale, la quale tuttavia, con ordinanza 23 gennaio 2001, n. 17 (in questa rivista Internet, n. 1/2001, pag. http://www.giustamm.it/corte/ccost_2001-17.htm con una mia nota di commento), ha restituito gli atti alla Corte di Cassazione affinchè proceda ad un nuovo esame della rilevanza della legittimità costituzionale a seguito della sopravvenienza della l. n. 205/2000.
Il CGA ricorda inoltre che la giurisdizione del giudice amministrativo è prevista dall'art. 34 dello schema di testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, la cui redazione, ai sensi dell'art. 7, comma 5, l. 8 marzo 1999, n. 50, è stata demandata dal Governo al Consiglio di Stato, che lo ha licenziato nell'adunanza generale del 29 marzo 2001.
Nell'ampia ed articolata motivazione della sentenza in rassegna si ricorda inoltre che, con recente ordinanza del Tribunale di Roma, sez. II, 16 novembre 2000, n. 145, è stata rimessa alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia edilizia, per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 100, 102, 103, 111 e 113 Cost. Il Tribunale di Roma dubita, in sostanza, della costituzionalità dell'ampliamento delle attribuzioni del giudice amministrativo nella materia edilizia ed urbanistica.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, tuttavia ritiene che la disposizione di cui all'art. 34 d.lgs. n. 80/1998 appare conforme al modello delineato dalla carta costituzionale.
La materia del risarcimento del danno a seguito di illegittimo esercizio della funzione pubblica, esistano o meno provvedimenti amministrativi, attiene infatti alla "tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi"; tutela attribuita, dall'art. 103, comma 1, Cost., al Consiglio di Stato e agli altri organi di giustizia amministrativa.Anzi il CGA afferma che nel risarcimento del danno sia individuabile "una nuova materia", caratterizzata, quanto a profili soggettivi, dall'illegittimo esercizio della funzione pubblica la quale, se fonte od occasione di danno, si connota di ''illecito'' (in presenza degli altri presupposti, quali l'elemento soggettivo, la perdita economica, il nesso di causalità). Con la conseguenza che, alle "particolari materie indicate dalla legge", nelle quali il giudice amministrativo - ai sensi dell'art. 103, comma 1, Cost. - conosce anche dei diritti soggettivi, si può tranquillamente aggiungere quella del risarcimento da illecito.
Di qui il rispetto dell'attuale modello costituzionale, secondo cui il giudice amministrativo può anche conoscere di diritti se intrecciati ad interessi; ipotesi che si verifica poiché il "danno ingiusto" è pur sempre il risultato dell'illegittimo esercizio della funzione pubblica e non anche di una mera attività materiale (illecito qualificato). Il tutto sempre in attuazione di esigenze di semplificazione, concentrazione, speditezza, pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, che trovano fondamento in ulteriori principi costituzionali (artt. 24 e 113 Cost.) e giustificano la devoluzione legislativa delle controversie al giudice amministrativo.
E' questa la parte più innovativa della sentenza in rassegna, la quale finisce per configurare l'azione di risarcimento del danno derivante da atti o comportamenti della P.A. come rientrante in una nuova materia di pertinenza del G.A.
In tal modo, nell'ambito della giurisdizione esercitata da quest'ultimo giudice, l'importanza della tradizionale dicotomia interesse legittimo-diritto soggettivo finisce per
sfumare e viene posto in rilievo quello che è ormai un dato ricavabile dalla più recente legislazione e cioè il fatto che il Giudice amministrativo è sempre più concepito come il giudice "naturale" dell'amministrazione pubblica, che esercita la propria giurisdizione indipendentemente dalla natura giuridica della pretesa azionata (G.V., 27.6.2001).
FATTO
Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso proposto dalle signore Girolama e Laura Cataldo.
La sentenza viene appellata dalle suddette per i seguenti motivi:
1) sulla giurisdizione del giudice amministrativo e sull'an debeatur.
La giurisdizione sarebbe stata devoluta al giudice amministrativo, prima dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e poi dalla l. 21 luglio 2000, n. 205;
2) sul quantum debeatur.
Alle appellanti spetterebbe il pieno ed integrale risarcimento del danno patito, con le maggiorazioni dovute a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, poiché, vertendosi in ambito di così detta "occupazione usurpativa", non si potrebbe applicare l'art. 5-bis, comma 7-bis, d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 agosto 1992, n. 359.
Il Comune di Isola delle Femmine si è costituito in giudizio resistendo al ricorso in appello.
DIRITTO
1. Le signore Girolama e Laura Cataldo, con il ricorso di primo grado, hanno chiesto: la declaratoria dell'avvenuta acquisizione da parte del Comune di Isola delle Femmine, per così detta "accessione invertita", di un terreno in loro proprietà (esteso 250 mq.) a seguito della realizzazione della locale via Favarotta; la condanna del Comune medesimo al risarcimento del danno, conseguente alla perdita del terreno, con interessi legali e rivalutazione monetaria, e interessi sugli interessi scaduti; nonché la condanna al pagamento, in via cautelare, di una provvisionale pari al 50 per cento del danno subito.
Le ricorrenti, premesso che il sindaco di Isola delle Femmine aveva emesso ordinanze 20 maggio 1991, n. 14 e 9 gennaio 1992, n. 1, rispettivamente, di occupazione temporanea e d'urgenza, e di determinazione dell'ammontare dell'indennità provvisoria di espropriazione, hanno dedotto:
a) la nullità, per mancata indicazione dei termini di cui all'art. 13 L. 25 giugno 1865, n. 2359, della deliberazione della Giunta municipale di Isola delle Femmine 4 febbraio 1989, n. 62, con cui era stato approvato il progetto relativo ai lavori di sistemazione della via Favarotta - strada di collegamento tra via Roma e via Garibaldi (prolungamento di via Messina), e relative opere connesse, per la cui realizzazione era prevista l'utilizzazione, tra gli altri, di 250 mq. di terreno di proprietà delle medesime;
b) l'inidoneità, a sanare la nullità dell'atto iniziale del procedimento espropriativo, della successiva deliberazione giuntale 16 febbraio 1990, n. 44, avente ad oggetto ''integrazione deliberazione G.M. n. 62 del 4/2/89.... Fissazione termini lavori ed espropriazioni. Approvazione piano parcellare d'esproprio";
c) la nullità, per carenza assoluta di potere, dell'ordinanza del sindaco di Isola delle Femmine 16 maggio 1996, n. 31, di espropriazione definitiva del bene delle ricorrenti, poiché emessa anche oltre il termine fissato (al 16 febbraio 1995), dalla citata deliberazione giuntale n. 44/1990, per l'ultimazione delle espropriazioni;
d) che, alla data del 4 novembre 1995, essendosi verificata l'avvenuta completa realizzazione della via Favarotta sino all':incrocio con la via Piersanti Mattarella, si era compiuta l'irreversibile trasformazione del bene in loro proprietà;
e) la perdita della proprietà del proprio fondo a seguito del comportamento illecito dell'amministrazione, che aveva determinato la così detta "accessione invertita" (o "usurpativa") del terreno.
Il primo giudice, con sentenza pronunciata "in forma abbreviata" ai sensi dell'art. 19, comma 2. d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 maggio 1997, n. 135, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione. Ciò, in relazione alla pretesa patrimoniale azionata, sul presupposto del disposto dell'art. 34. comma 3, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, secondo cui "nulla è innovato in ordine: ...b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".
2. La sentenza viene appellata dalle signore Cataldo, le quali sostengono che la giurisdizione in ambito di richiesta di risarcimento del danno derivante da un comportamento illecito dell'amministrazione, in ordine all'uso del territorio, che ha determinato la così detta "acquisizione usurpativa", sarebbe stata devoluta al giudice amministrativo prima dal d.lgs. n. 80/1998 e poi dalla l. 21 luglio 2000, n. 205.
Il Comune di Isola delle Femmine resiste, deducendo che:
a) le citate deliberazioni della Giunta municipale, non essendo mai state impugnate, sarebbero divenute definitive e produttive di effetti;
b) la fattispecie per cui è causa, riguardando un'indennità relativa ad un comportamento dell'amministrazione ritenuto a tutt'oggi legittimo, rientrerebbe nella competenza del giudice ordinario anche ai sensi dell'art. 34, comma 3, d.lgs. n. 80/1998;
e) non sarebbe possibile, da parte di questo Consiglio, esaminare l'aspetto relativo al quantum debeatur.
3.1. Il ricorso in appello è fondato; il primo giudice, infatti, ha erroneamente declinato la propria giurisdizione.
Il Collegio precisa, innanzitutto, che si vene nell'ambito di controversie per risarcimento del danno conseguenti alle così dette "occupazione acquisitiva o appropriativa", ''accessione invertita", "espropriazione sostanziale" ed "occupazione usurpativa", le quali indicano, spesso senza coerenza terminologica, le varie ipotesi di annullamento del decreto di esproprio e di quello di occupazione, ovvero di provvedimenti della stessa natura adottati in carenza di potere o anche in presenza di un'occupazione divenuta illegittima poiché protrattasi oltre il termine di legge senza che ad essa abbia fatto seguito per tempo il decreto di esproprio, o per altri motivi, nonché di mancanza, ab origine o perché successivamente annullata, della dichiarazione di pubblica utilità. Tutte ipotesi considerate, nella voce "esproprio indiretto", dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sez. II, Strasburgo, 30 maggio 2000), contrarie all'art. 1, comma 2, del protocollo 1 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, in quanto rendono impossibile la restituzione o la soddisfazione a seguito di illecita apprensione del bene.
Il Collegio ritiene che tali controversie appartengano alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
La causa petendi a fondamento dell'azione intrapresa dal privato, è rappresentata dall'accertamento dell'illegittimità (nullità o annullabilità) di provvedimenti amministrativi emessi nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, concernenti, in particolare, la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere, nonché l'espropriazione definitiva dei beni. Il danno patrimoniale subito e la conformazione del diritto di credito nascente dall'illecito civile commesso dalla pubblica amministrazione costituiscono il petitum e non la causa petendi dell'azione risarcitoria. L'accertamento della predetta illegittimità costituisce, pertanto, uno degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità, ex art. 2043 cod. civ.. unitamente alla colpa ed al nesso di causalità con l'evento pregiudizievole.
La materia, pertanto, rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, per effetto:
a) dell'art. 23-bis, comma 1, lett. b), 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, inserito dall'art. 4 l. n. 205/2000, secondo cui "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto:...b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione dì opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi compresi i bandi di gara e gli ani di esclusione dei concorrenti, nonché quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere'";
b) del nuovo testo dell'art. 7, comma 3, l. n. 1034/1971, come sostituito dall'art. 7 l. n. 205/2000, secondo cui "Il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali.
Il combinato disposto delle due disposizioni, da ultimo citate, comporta che le questioni in materia di risarcimento del danno, a seguito o per effetto dell'emanazione di provvedimenti relativi alle procedure di esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nonché di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere, sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Si tratta, invero, di risarcimento del danno conseguente all'esercizio illegittimo, da parte della pubblica amministrazione, del potere ablatorio della proprietà privata per motivi d'interesse generale. La norma attributiva del potere giurisdizionale (art. 103, comma 1, Cost.) in ordine all'interesse legittimo, fa si che la tutela risarcitoria di tale posizione di vantaggio resti anch'essa riservata al giudice amministrativo.
3.2. Anche se non si dovesse concordare con la prospettazione fatta propria dal Collegio, si tratta pur sempre di controversie rientranti in ogni caso nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998.
Quest'ultima norma, nel testo anteriore all'entrata in vigore della L. n. 205/2000. dispone, al comma 1, che ''sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia"; prescrive poi, al comma 2, che '''agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio" e precisa, al comma 3, che '''nulla è innovato in ordine:
a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque;
b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativo".
L'art. 34 d.lgs. n. 80/1998 è stato sostituito dall'art. 7, comma 1, lett. b), l. n. 205/2000. il quale, come unica novità, ha aggiunto, al comma 1, il periodo "e dei soggetti alle stesse equiparati" dopo " amministrazioni pubbliche".
L'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, come notato già dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (con l'ordinanza 30 marzo 2000, n. 1), ha notevolmente esteso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui si chieda la tutela rispetto ai ''comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia"'. precisando che (ai soli fini del riparto delle giurisdizioni e senza interferire sui rapporti tra lo Stato e le Regioni) "la materia dell'urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio" (e, dunque, riguarda ogni modifica del territorio, l'ambiente, il paesaggio e le loro componenti); "per cui in tali materie, il giudice amministrativo è il giudice di ogni controversia dì cui sia parte una pubblica amministrazione e valuta la fattispecie sulla base delle regole di diritto pubblico, rilevanti nel settore, anche ai fini della liquidazione del danno ingiusto subito". La disposizione ha comportato, come rilevato anche dalle sezioni unite della Corte di Cassazione (con la sentenza 22 luglio 1999, n. 500), il "superamento del tradizionale sistema del riparto della giurisdizione in riferimento alla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo, a favore della previsione di un riparto affidato al criterio della materia". Di recente, le sezioni unite della Corte di Cassazione (con la decisione 14 luglio 2000, n. 494) hanno aderito al concetto di urbanistica quanto mai ampio, deducibile dal tenore letterale dell'art. 34, comma 1, d.lgs. n. 80/1998.
Le controversie riguardano '''gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia" e concernono '''gli aspetti dell'uso del territorio". Si verte, quindi, in ambito di procedure di espropriazione per pubblica utilità indirizzate alla gestione del territorio ed all'attuazione degli strumenti urbanistici; procedure che sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il quale, conoscendo di tutti gli aspetti del rapporto indipendentemente dalla contestazione di provvedimenti, conosce anche della realizzazione delle opere pubbliche al di fuori di un corretto procedimento espropriativo.
Non si rientra, invece, nell'ambito applicativo del comma 3, lett. a) e b): dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998. che ha stabilito le eccezioni alla devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Quanto alla lett. a), la controversia non appartiene "alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque". Quanto al disposto della lett. b), questo Consiglio, con la decisione 26 febbraio 2001, n. 114, dalla quale non vi è motivo per discostarsi, ha ritenuto che esso abbia inteso conservare alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie sulla determinazione e la quantificazione di indennità comunque connesse ad atti espropriativi o ablativi (la contestazione, nella specie, involgeva l'importo, cosi come determinato dall'amministrazione, relativo all'indennità, anche se provvisoria, di espropriazione). Il che non si verifica nella fattispecie all'esame del Collegio, in cui la pretesa azionata riguarda la declaratoria dell'avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per così detta "accessione invertita" e la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno.
4.1. La tesi della sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ha avuto già l'avallo delle sezioni unite della Corte di Cassazione.
Queste, con l'ordinanza 25 maggio 2000, n. 43, nel ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, per eccesso rispetto alla delega conferita dall'art. 11, comma 4, lett. g), l. 15 marzo 1997, n. 59 ed in riferimento all'art. 76 Cost., hanno riconosciuto che il medesimo art. 34 ha sottratto al giudice ordinario e ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le cause su diritti soggettivi, diversi da quelli indennitari, connessi a comportamenti materiali della pubblica amministrazione nell'ambito dì procedure espropriative finalizzate alla gestione del territorio. La questione non è stata decisa dalla Corte Costituzionale che, con ordinanza 23 gennaio 2001, n. 17, ha restituito gli atti alla Corte di Cassazione affinché proceda ad un nuovo esame della rilevanza della legittimità costituzionale a seguito della sopravvenienza della l. n. 205/2000, la quale, sostituendo il testo dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, gli ha attribuito efficacia di legge formale.
Nel senso, comunque, della giurisdizione del giudice amministrativo si pone anche la normativa de jure condendo. L'art. 43 dello schema di testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, la cui redazione, ai sensi dell'art. 7, comma 5, l. 8 marzo 1999, n. 50, è stata demandata dal Governo al Consiglio di Stato, che lo ha licenziato nell'adunanza generale del 29 marzo 2001, prevede che, "in assenza di un valido provvedimento di esproprio o dichiarando della pubblica utilità" o che ''"sia stato annullato''', l'autorità la quale "ha disposto l'occupazione dell'area emana l'alto dì acquisizione, dando atto dell'avvenuto risarcimento del danno"', ciò nel caso in cui il giudice amministrativo (e non il giudice ordinario) abbia escluso la restituzione del bene e abbia disposto la condanna al risarcimento.
4.2. Il Collegio è a conoscenza della recente ordinanza del Tribunale di Roma, sez. II, 16 novembre 2000, n. 145. con cui è stata rimessa alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998, nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia edilizia, per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 100, 102, 103, 111 e 113 Cost.. Il Tribunale di Roma dubita, in sostanza, della costituzionalità dell'ampliamento delle attribuzioni del giudice amministrativo nella materia edilizia ed urbanistica.
Il Collegio, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, non può che ribadire che la disposizione di cui all'art. 34 d.lgs. n. 80/1998 appare conforme al modello delineato dalla carta costituzionale. La materia del risarcimento del danno a seguito di illegittimo esercizio della funzione pubblica, esistano o meno provvedimenti amministrativi, attiene pur sempre alla "tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi"; tutela attribuita, dall'art. 103, comma 1, Cost., al Consiglio di Stato e agli altri organi di giustizia amministrativa.
Il Collegio ritiene, inoltre, che nel risarcimento del danno sia individuabile una nuova materia, caratterizzata, quanto a profili soggettivi, dall'illegittimo esercizio della funzione pubblica la quale, se fonte od occasione di danno, si connota di ''illecito'' (in presenza degli altri presupposti, quali l'elemento soggettivo, la perdita economica, il nesso di causalità). Con la conseguenza che, alle "particolari materie indicate dalla legge", nelle quali il giudice amministrativo - ai sensi dell'art. 103, comma 1, Cost. - conosce anche dei diritti soggettivi, si può tranquillamente aggiungere quella del risarcimento da illecito. Di qui il rispetto dell'attuale modello costituzionale, secondo cui il giudice amministrativo può anche conoscere di diritti se intrecciati ad interessi; ipotesi che si verifica poiché il "danno ingiusto" è pur sempre il risultato dell'illegittimo esercizio della funzione pubblica e non anche di una mera attività materiale (illecito qualificato). Il tutto sempre in attuazione di esigenze di semplificazione, concentrazione, speditezza, pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, che trovano fondamento in ulteriori principi costituzionali (artt. 24 e 113 Cost.) e giustificano la devoluzione legislativa delle controversie al giudice amministrativo.
5. In conclusione, la pretesa azionata, riguardando la declaratoria dell'avvenuta acquisizione del diritto di proprietà per così detta "accessione invertita" e la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo; generale di legittimità, ai sensi dell'art. 23-bis, comma 1, lett. b), l. n. 1034/1971, come inserito dall'art. 4 l. n. 205/2000, e dell'art. 7, comma 3, l. n. 1034/1971, come sostituito dall'art. 7 l. n. 205/2000, o comunque esclusiva, ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 80/1998.
Le questioni attinenti alla sussistenza dei presupposti per la verificazione della così detta "accessione invertita", alla necessità o meno dell'impugnativa nei termini delle deliberazioni comunali, alla legittimità o liceità del comportamento dell'amministrazione ed al quamum debearur costituiscono questioni di merito e non rilevano sulla giurisdizione.
6. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto; la sentenza impugnata, conseguentemente, va annullata e la controversia - ai sensi dell'art. 35, comma 2, l. n. 1034/1971 - deve essere rinviata al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo. Spese al definitivo.
Per questi motivi
il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale. definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie, annulla la sentenza impugnata e rinvia la controversia al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo. Spese al definitivo.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo il 12 aprile 2001 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale. in cimerà di consiglio, con l'intervento di: Claudio Varrone, presidente. Raffaele Carboni, Carmine Volpe, estensore, Raffaele Tommasini, Antonio Andò, componenti.
Depositata il 14 giugno 2001.