Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 10-2001 - © copyright.

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 25 settembre 2001 n. 463 - Pres. Varrone, Est. Andò - Pinco ed altri (Avv. Timineri) e Passalacqua ed altri (Avv. Pensabene Lionti) c. Catania (Avv. Calandra) e Provincia Regionale Di Trapani (n.c.) - (conferma T.A.R. Sicilia-Palermo, sez. II, 2 marzo 2000 n. 419).

1. Giustizia amministrativa - Procedimento giurisdizionale - Riunione dei giudizi - Costituisce un provvedimento di carattere discrezionale - Insindacabilità in grado di appello.

2. Concorso - Bando - Annullamento in sede giurisdizionale - Effetti - Caducazione degli atti successivi ed in particolare della graduatoria - Si produce nei confronti di tutti i concorrenti.

3. Concorso - Posti di dirigente e funzionario di ee.ll. - Indizione di concorso pubblico - Necessità - Sussiste anche nella Regione siciliana ex D.L.vo n. 29/1993.

4. Giustizia amministrativa - Appello - Principio della consumazione del diritto di appello - Conseguenze - Riproposizione dell'appello - E' ammessa solo entro il termine decadenziale previsto.

1. La riunione dei ricorsi costituisce un provvedimento discrezionale non sindacabile in appello (1), il cui naturale effetto è che il processo è unico ed unica è la sentenza che lo conclude.

2. L'annullamento in sede giurisdizionale del bando di concorso, che costituisce un atto generale a natura inscindibile, comporta la conseguenza della caducazione degli effetti ulteriori estesa nei confronti di tutti i soggetti interessati alla procedura concorsuale (2), ed anche la caducazione della graduatoria (3).

3. L'accesso ai posti di dirigente e funzionario negli enti locali deve avvenire, anche nella Regione siciliana, per concorso pubblico e non per concorso interno per soli titoli riservato ai soli dipendenti in servizio, ai sensi del d. L.vo n. 29/93, che costituisce legge fondamentale di riforma economico-sociale, applicabile anche nella Regione Siciliana (4).

4. Il principio della consumazione del diritto di appello preclude a chi ha proposto una rituale impugnazione di presentarne una successiva di diverso o identico contenuto, ammessa solo, e pur sempre nel rispetto del previsto termine decadenziale, qualora presentata in sostituzione della precedente affetta da vizi (5).

-------------------------

(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 novembre 1996 n. 1384.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 1992 n. 351.

(3) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 giugno 1987 n. 399.

(4) C.G.A., Sez. giur., 16 settembre 1998 n. 486; C.G.A., Sez. cons., 24 febbraio 1998 n. 127.

(5) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661.

 

 

Commento di

ALBERTO PROVENZANO (Segretario Generale della Provincia Regionale di Trapani)

Divieto di copertura dei posti di dirigente con esclusiva riserva agli interni

Ancora una volta la Magistratura è intervenuta per dichiarare illegittimo il comportamento della P.A. di ricoprire con concorsi riservati all'interno i posti disponibili di dirigente.

Con la soprariportata sentenza del C.G. A. di Palermo n. 463, del 25 settembre 2001, il Supremo consesso affronta il problema sulla modalità di copertura dei posti.

In termini lapidari, ma chiari, afferma doversi espletare per concorso pubblico e non per concorso interno per soli titoli.

Il fatto poi che l'Ente trovasi nella Regione Siciliana, soggetta a riserva di legge sulla materia, non acquista alcun rilievo in quanto si afferma che in ogni caso occorre osservare la regola generale posta dal D.L.vo n. 29/93, che costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale , come precedentemente deciso con le sentenze dello stesso C.G.A. n. 486 del 16/9/1998, e n. 127 del 24/2/1998.

"Il carattere di norma fondamentale di riforma economico sociale del D.L.vo 29/93 escludono, quindi, che il sistema delineato , ritenuto costituzionalmente rilevante ex art. 97 della Costituzione, dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 1 del 4/1/1999), non sia applicabile alla Regione Siciliana".

Il problema viene necessariamente inquadrato nel più ampio ambito affrontato precedentemente dalla Corte Costituzionale chiamata a decidere sulla prassi più volte tentata dalla P.A. di riservare al personale interno l'accesso ai posti disponibili.

Si ricorda come la Corte abbia annullato l'art. 3, commi 205, 206, 207, l. 28 dicembre 199, n. 549 come modif. dall'art. 6 comma 6 bis d.l. 31 dicembre 1996 n. 669 conv. in l. 28 febbraio 1997 n. 30, che riservava interamente i posti disponibili del ministero delle finanze e abbia sancito il principio che l'accesso alle carriere della P.A debba necessaria essere aperta al pubblico concorso.

Sull'argomento si sono levati i plausi di autori come Pietro Virga e Sabino Cassesse, i quali hanno evidenziato il mal costume delle PP.AA. di non consentire l'accesso dall'esterno ai posti disponibili.

L'esperienza suggerisce che anche per l'espletamento dei concorsi per posti a tempo determinato si debba fare ricorso a selezioni preventive per profilo, almeno per quelle di più frequente interesse, cosicché gli enti possano poi attingere alle graduatorie sulla base delle proprie esigenze organizzative.

Si deve sottolineare che ancora oggi, sotto forme diverse, si continua a perseverare, istituendo "un genus apparentemente diverso" delle cosiddette progressioni verticali che sono state previste in tutti i contratti collettivi di lavoro che riproducono lo stesso principio di riservare esclusivamente all'interno la copertura dei posti, in barba alla sentenza della Corte e al principio dell' art. 3 e 97 della costituzione.

Sarebbe auspicabile anche l'impugnativa avanti la Corte Costituzionale dell'articolo 91 comma 3 del D.L.vo 18/8/200, n. 267, che prevede la possibilità di riservare interamente al personale dipendente alcuni posti in relazione ad una professionalità acquisita esclusivamente all'interno.

La genericità dell'assunto dell'ultimo periodo, si presta a interpretazioni deformanti e sostanzialmente bypassanti il principio di cui al secondo comma dell'art 97 della costituzione, lasciando alla discrezionalità della P.A. di definire le figure professionali acquisiste esclusivamente all'interno.

La sentenza che si commenta estende la normativa prevista dal d.lvo 29/93 (ora dlvo 165/2001) ai concorsi per la copertura dei posti di dirigenti riconoscendo doversi fare ricorso a quanto previsto dal detto decreto legislativo.

Il comma 1 dell'articolo 28 del dlvo 165/2001, prevede che l'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami.

Per la Regione Siciliana e per tutte le regioni a statuto speciale, si deve escludere che non sia applicabile quanto la legge regionale prescrive nel senso che tutti i concorsi si esplicano per soli titoli per il periodo di tre anni ( fino a dicembre 2001).

La differenziazione non è da poco se si tiene conto dell'importanza che assume la figura del dirigente, chiamato ad una competenza professionale specifica e qualificata, il quale deve dimostrare le capacità di dirigere altre persone, che certamente non possono essere verificate con il solo concorso per titoli.

Lo stesso articolo 28 al secondo comma prevede due distinte procedure concorsuali ma non quella della riserva all'interno.

Ciò ci induce ad affermare che non si possa stilare una graduatoria riservata al personale interno.

In sede di regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi si devono disciplinare i contenuti delle selezioni, che possono essere semplificati nel caso di assunzioni a tempo determinato, evidenziando la necessità di svolgere prove selettive anche per il ricorso ai contratti di formazione e lavoro.

La selezione attraverso le procedure concorsuali costituisce la regola ordinaria per le pubbliche amministrazioni locali.

Le regole che presiedono ai concorsi sono contenute nell'articolo 97 della Costituzione, DLGS n. 165/2001, nel DLGS n. 267/2000, nel DPR n. 487/1994, nel DPR n. 693/1996 e, per i dirigenti, nel DPR n. 324/2000.

Per il reclutamento nella PA si devono tenere in evidenza i seguenti principi di carattere generale che così si possono riassumere: a)  adeguata pubblicità della selezione, scelta cioè che rimette ai singoli enti l'obbligo di assicurare una ampia circolazione e conoscibilità della volontà di procedere ad assunzioni, senza imporre specifici e particolareggiati adempimenti; b) imparzialità nelle modalità di svolgimento; c) economicità e celerità, anche attraverso il ricorso a forme di preselezione mediante il ricorso a sistemi automatizzati; d) verifica dei requisiti attitudinali e professionali attraverso meccanismi oggettivi e trasparenti; e) pari opportunità;

La      composizione delle commissioni deve essere formata solo facendo ricorso ad esperti e con esclusione dei componenti gli organi politici dell'amministrazione, di coloro che ricoprono cariche politiche, dei rappresentanti sindacali o designati dalle organizzazioni sindacali.

Ma come si pone l'art. 28 D.L.vo con quanto previsto dall'articolo 90, 92 e 110 del D.lvo 18/8/2000, n. 267?

Detti articoli consentono agli Enti locali di assumere personale a tempo determinato per gli uffici del Sindaco o Presidente, la cui durata non può essere superiore al periodo previsto per il mandato del Sindaco/presidente, alle sue dirette dipendenze, per espletare le funzioni di supporto al potere politico, ma senza responsabilità di gestione non potendo essere destinatari di PEG.

L'articolo 92 prevede la possibilità di assumere personale a tempo determinato pieno o part time, per sopperire a particolari esigenze di servizio.

L'articolo 110 primo comma prevede la possibilità di conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato per la copertura dei posti per le qualifiche dirigenziali.

L'articolo 110 secondo comma consente la nomina di dirigenti al di fuori della dotazione organica, entro il limite del 5% dei posti di organico della dirigenza e dell'area direttiva. Negli Enti locali dirigenti e categoria D.

Portando alle estreme conseguenze la possibilità di nomina, potrebbe verificarsi che tutti i posti di dirigente possano coprirsi con incarichi a tempo determinato vanificando quanto contenuto nell'articolo 28 del D.lvo 165/2001.

Riteniamo che una tale ipotesi debba essere prevista nello Statuto e nel Regolamento di organizzazione dei servizi e che la P.A. nel piano annuale delle assunzioni debba prevedere il ricorso ad uno o ad un altro sistema secondo le politiche di gestione.

In effetti si riscontrano le seguenti esigenze:

a)     obiettività e trasparenza della azione amministrativa riservando l'accesso ai posti di dirigente ai più meritevoli;

b)    Necessità di assicurare una carriera al personale in servizio presso l'ente.

c)     Richiesta di flessibilità politica per la ricerca del personale più vicino alle posizioni degli amministratori.

Riuscire a coordinare le tre esigenze è il compito degli amministratori cui è lasciata un margine di discrezionalità ma che non può oltrepassare il limite della imparzialità di cui all'articolo 97 della cost. e la richiesta di professionalità per la gestione dell'ente, che deve essere dimostrata da comprovati titoli di studio, nonché da capacità manageriali da accertarsi in sede di concorso.

In particolare allorquando si vogliono conferire incarichi a tempo determinato per le funzioni dirigenziali.

Il Consiglio di Stato con il parere 5 febbraio 2001, n. 471, ha accolto il ricorso di un dipendente il quale lamentava il conferimento di un incarico senza motivazione e senza comparazione idonea a dimostrare la preferenza per soli motivi professionali, ribadendo che anche per gli incarichi fiduciari non è consentito bypassare il principio di trasparenza nella gestione della cosa pubblica, secondo quanto affermato dall'art. 3 della legge 241/1990.

E' stato quindi affermato che " l'esigenza della motivazione degli atti conclusivi di procedure selettive del personale, sia pure semplificate e largamente informali, risulta in ogni caso pienamente compatibile con la natura privatistica del rapporto di lavoro."

Nel sistema di scelta del personale da promuovere nella qualifica superiore, non può mancare l'obbligo per il datore di lavoro della motivazione, obbligo che "va desunto dall'applicabilità del rapporto contrattuale dei generali principi di correttezza e buonafede di cui agli artt. 1175 e 1375 cc".

Lo stesso Consiglio di Stato chiarisce che "la clausola di correttezza e buona fede non solo costituisce il presupposto di responsabilità risarcitoria del datore di lavoro, per la perdita di chance di altri lavoratori, ma può determinare anche l'invalidità dell'atto finale della procedura selettiva".

Operativamente riteniamo che per prima debba ricercarsi nello Statuto la previsione della possibilità di coprire i posti di dirigente mediante contratti a tempo determinato, che il regolamento di organizzazioni degli uffici e dei servizi, lo specifichi con procedure particolareggiate, che sulla scelta della persona cui conferire l'incarico si dia ampia pubblicità e trasparenza in modo da motivare il provvedimento evidenziando i requisiti professionali del prescelto che si dimostrino superiori a quelli posseduti da altri concorrenti.

Similmente il concorso per la nomina di dirigente non può essere circoscritto a specifiche categorie di persone ma aperto a tutti i possibili concorrenti che presentino i requisiti professionali predefinite in quanto è interesse della P.A. selezionare i migliori per funzioni di grande responsabilità e per una corretta gestione degli Enti, e non solo per osservanza da quanto prescritto dalla nostra Carta Costituzionale.

Nulla vieta che dipendenti appartenenti all' Ente che bandisce la selezione, possano partecipare, ma senza preferenza alcuna e senza riserva.

Esprimiamo quindi un giudizio positivo sulla portata della sentenza, che consente di allontanare la prassi che riteniamo, a lungo andare, funesta per la qualità professionale della nostra P.A., in quanto verrebbe a mancare la competizione che è il presupposto per il miglioramento qualitativo.

Desideriamo augurarci che simile indirizzo giurisprudenziale venga applicato anche per le cosiddette "progressioni verticali" previste dai contratti di lavoro, che non fanno altro che ripristinare di fatto situazioni identiche sotto una diversa voce, ma che porteranno le PP.AA. ad avere professionalità obsolete o scarsamente competitive, in quanto per l'esperienza maturata, si profila la chiusura totale dell'accesso dall'esterno nei gradi intermedi della P.A. venendo questa riservata esclusivamente al personale in servizio, anche derogando al titolo di studio, con la conseguenza che professionalità non preparate saranno chiamate a coprire posti in modo assolutamente inadeguato rispetto alle competenze richieste.

Un indirizzo diverso da quello oggi concluso e riportato nei CCNL potrà aversi solo dalla giurisprudenza, ponendo nel nulla i concorsi che non consentono a chi è senza lavoro di partecipare alle selezioni pubbliche, dando l'opportunità ai migliori ed ai più preparati di inserirsi nel mondo del lavoro pubblico.

 

FATTO

La Provincia Regionale di Trapani, con deliberazione consiliare n. 66/c del 28.6.1996, modificava il Regolamento Provinciale Concorsi riservando ai vincitori di concorsi interni per soli titoli la copertura dei posti di Dirigente e Funzionario dell'VIII^ qualifica, sul presupposto che la Pubblica Amministrazione potesse individuare nell'apposito regolamento i profili professionali da ricoprire sulla base di esperienze professionali acquisibili all'interno dell'ente stesso.

L'Amministrazione Provinciale di Trapani indiceva, quindi, con delibere n. 2162 e n. 2164 dell'1.10.1996, concorsi interni per soli titoli per la copertura di 5 posti di Dirigente del Settore Amministrativo e di 1 posto di Dirigente del Settore Socio Assistenziale.

La Sig.ra Donatella Catania, dipendente in VIII^ q.f. del Comune di Trapani, inpugnava detti provvedimenti con ricorsi straordinari, successivamente trasposti in sede giurisdizionale, lamentando che la limitazione al solo personale interno all'accesso ai posti di Dirigente costituisse violazione del principio costituzionale del pubblico concorso nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento, in quanto la normativa invocata dall'Amministrazione a sostegno della indizione di concorsi riservati al personale interno riguardante la sola area informatica e non più in vigore.

Il Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo, II^ sez., con sentenza n. 419/2000 del 2.3.2000, riuniti i ricorsi, li accoglieva riconoscendoli ammissibili sotto i profili della tempestività e della regolarità del contraddittorio instaurato e della estensione del gravame a tutti gli atti consequenziali lesivi per la ricorrente, ritenendo, nel merito, che l'accesso al pubblico impiego nel caso "de quo" dovesse avvenire per pubblico concorso e non per concorso interno.

Il Dott. Antonino Pinco, il Dott. Ignazio Aversa, l'Ing. Gaspare Reina, l'Ing. Francesco Grimaldi, la Dott.ssa Rosalba Lombardo, propongono appello avverso la sentenza; più specificamente il Dott. Pinco grava l'intera sentenza e gli altri appellanti la parte relativa all'annullamento della delibera del Consiglio Provinciale n.66 del 28.6.1996 di integrazione del regolamento provinciale dei concorsi con la previsione del concorso interno per titoli.

Affermano i ricorrenti che non sussiste norma vincolante per gli Enti locali perché l'assunzione di personale avvenga esclusivamente mediante concorso pubblico, deducendo al riguardo distinte censure di irrazionalità della decisione di primo grado.

La Dott.ssa Donatella Catania, con memoria, si costituisce in giudizio chiedendo la reiezione dell'appello.

I Sigg.ri Passalacqua Filippo, Badalucco Filippo, Messina Vincenzo propongono, a loro volta, separato appello avverso la medesima sentenza del T.A.R. n. 419/00, deducendo censure relative alla inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto gli appellanti medesimi, controinteressati nel giudizio di primo grado, erano in quella sede stati chiamati in causa senza che, nei loro confronti, fosse richiesto l'annullamento della disposizione regolamentare che prevedeva l'effettuazione di concorso interno per l'accesso all'impiego provinciale né dei bandi di concorso relativo.

II Tribunale Amministrativo Regionale, quindi, avrebbe, in sede e per effetto della riunione, esteso agli appellanti motivi di ricorso oggetto di altro giudizio riunito (quello nei confronti dei Sigg.ri Anelli ed altri).

Gli appellanti Passalacqua ed altri, inoltre, deducono anch'essi con pluralità di motivi l'erroneità della sentenza gravata, laddove ha ritenuto non ammissibile l'assunzione mediante concorso interno, reiterando le eccezioni tutte proposte in primo grado.

La Dott.ssa Catania si costituisce, con memoria, anche in questo giudizio chiedendo la reiezione del gravame.

II Dott. Pinco propone, infine, un ulteriore appello sempre avverso la sentenza n. 419/00, nel quale si deduce che il ricorso straordinario proposto dalla Dott.ssa Catania e poi trasferito dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale e non notificato all'appellante, avrebbe impugnato una delibera (la n. 2196 del 03.10.1996) riferita non all'indizione del bando, bensì ad oggetto affatto estraneo, reiterando, poi, le censure già proposte con il primo degli atti di appello riferiti.

Si costituisce, anche in questo caso, la Dott.ssa Catania, richiedendo la reiezione del gravame.

Gli appelli vengono in trattazione alla pubblica udienza del 17 gennaio 2001 e trattenuti per la decisione. In tale sede l'Avv. Timineri deposita dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse all'appello del Sig. Gaspare Reina.

DIRITTO

Gli appelli sono infondati.

Preliminarmente, questo Collegio per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, dispone la riunione degli appelli tutti rivolti avverso unica sentenza.

Pregiudiziale è l'esame delle eccezioni di rito riproposte con l'atto di appello; riferite alla avvenuta riunione dei ricorsi e alla mancata proposizione dei motivi e domande nei confronti di tutti i soggetti vocati, con distinti ricorsi, nel giudizio di primo grado.

Più in particolare, i motivi proposti avverso la disciplina regolamentare adottata non sarebbero stati dedotti nel ricorso promosso in sede giurisdizionale (Ric. n. 923/00) in cui controinteressati i Sigg.ri Passalacqua ed altri che, per effetto della disposta riunione avrebbero subito l'estensione dei motivi dedotti con il ricorso straordinario della Dott.ssa Catania, non indicati nel ricorso nel quale chiamati a resistere.

La censura è infondata.

La riunione dell'esame dei ricorsi trattati in unica udienza non è stata oggetto di contestazione delle parti ed era motivata per profili di connessione soggettiva ed oggettiva, in quanto riguardante atti e provvedimenti impugnati ricompresi nell'unico ed unitario procedimento relativo al concorso "de quo".

La riunione dei ricorsi è, peraltro, provvedimento discrezionale non sindacabile in appello (C.d.S. V, 22.11.1996 n. 1384), il cui naturale effetto è che il processo è unico ed unica è la sentenza che lo conclude.

Pur se la unicità della sentenza non determina la perdita di autonomia delle singole liti, la costituzione in giudizio delle parti rende non necessaria l'integrazione del contraddittorio alla parte costituita "stante la partecipazione del soggetto predetto al contraddittorio in sede di discussione dei ricorsi" (C.d.S., VI, 1.3.1996 n. 281).

Resta il diritto di ciascun ricorrente di ottenere pronuncia sulle domande proposte, ma la questione non rileva nella specie, essendo le eccezioni proposte di segno opposto relative alla estensione della pronuncia su domande proposte nei ricorsi riuniti da altri diversi ricorrenti.

Peraltro la rilevanza della questione va esclusa per la considerazione che l'annullamento dell'atto generale a natura inscindibile importa la conseguenza della caducazione degli effetti ulteriori estesa nei confronti di tutti i soggetti interessati alla procedura concorsuale (C.d.S., IV, 1.4.1992 n. 351), e l'annullamento giurisdizionale del bando comporta, quindi, anche la caducazione della graduatoria (C.d.S., V, 20.06.1987 n. 399).

Nel caso che ne occupa sono stati impugnati sia il regolamento che prevedeva la possibilità di indizione del concorso interno per soli titoli per cinque posti di Dirigente del Settore Amministrativo, sia i provvedimenti di approvazione delle relative graduatorie.

Come correttamente indicato dal primo decidente l'annullamento del regolamento produce effetti sugli atti ad esso successivi e consequenziali e quindi su coloro che da essi avessero tratto una situazione di vantaggio senza, tuttavia, che il ricorrente avverso il provvedimento regolamentare abbia l'onere, spesso capace di vanificare la stessa possibilità di agire, di ricercare i potenziali controinteressati, divenuti tali solo in forza dei provvedimenti consequenziali.

Nel merito, la questione concerne fondamentalmente la possibilità di coprire i posti di Dirigente funzionario con concorsi interni per soli titoli.

Al riguardo regola generale è quella posta dal d. Lvo n. 29/93 che costituisce norma fondamentale di riforma economico - sociale ed applicabile anche nella Regione Siciliana (C.G.A. n. 486 del 16.9.1998 - C.G.A., sez. cons. n. 127 del 24.2.1998), essendo, peraltro congrua la disposizione del d.Lvo n. 29/93 alla precedente legge regionale n. 12 del 30.4.1991.

Il carattere di norma fondamentale di riforma economico - sociale del d.lvo n. 29/93 e la preesistenza della l.r. n. 12/91 escludono, quindi, che il sistema così delineato - ritenuto costituzionalmente rilevante ex art. 97 Cost. dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 1 del 4.1.1998) - non sia applicabile alla Regione Siciliana.

Ne discende che l'accesso ai posti in oggetto doveva avvenire per concorso pubblico e non per concorso interno per soli titoli.

La sentenza gravata è, perciò, da confermare e sono da rigettare gli appelli di cui ai nn. R.G. 873/2000 e 923/2000.

Il terzo appello (R.G. n. 924/2000) proposto dal Dott. Pinco è invece da dichiarare irricevibile, in quanto proposto successivamente al termine di 60 gg. dalla notifica della sentenza di primo grado e inammissibile perché contraddittorio col principio della consumazione del diritto di appello che preclude a chi ha proposto una rituale impugnazione di presentarne una successiva di diverso o identico contenuto, ammessa solo, e pur sempre nel rispetto del previsto termine decadenziale, qualora presentata in sostituzione della precedente affetta da vizi (C.d.S., sez. V, 3.2.2000, n. 661).

Le superiori argomentazioni assorbono ogni altra censura.

Il Collegio dà, infine, atto della dichiarazione del difensore del Sig. Reina (consorte nell'appello iscritto al n. 873/2000 R.G.) sulla sopravvenuta carenza di interesse all'appello, che non presenta, tuttavia, natura di rinuncia al gravame proposto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in £. 5.000.000 (lire cinquemilioni) a carico degli appellanti da ripartire pro quota nei confronti della appellata costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta gli appelli di cui in epigrafe.

Spese a carico degli appellanti liquidate in complessivi £. 5.000.000 (lire cinquemilioni) dei quali £. 2.500.000 (lire duemilionicinquecentomila) a carico in solido dei Sigg.ri Pinco, Aversa, Reina, Grimaldi e Lombardo e £. 2.500.000 (lire duemilionicinquecentomila) a carico in solido dei Sigg.ri Passalacqua, Badalucco e Messina in favore della Dott.ssa Donatella Catania.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del 17 gennaio 2001 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, con l'intervento dei Signori: Claudio Varrone, Presidente, Raffaele Carboni, Paolo Turco, Raffaele Tommasini, Antonio Andò, estensore, componenti.

Depositata in segreteria il 25 settembre 2001.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico