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Giurisprudenza
n. 10-2002 - © copyright.

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 16 ottobre 2002 n. 591 - Pres. Virgilio, Est. Giaccardi - Rumefa s.r.l. (Avv. D'Alessandro) c. Ditta Pisciotta di Pisciotta Giacomo & c. s.a.s., (Avv. Pitruzzella) e Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo (Avv. Narbone) - (conferma T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. I, 28 febbraio 2002, n. 647).

1. Giustizia amministrativa - Procedimenti speciali - Dimidiazione dei termini prevista dall'art. 4 L. n. 205/2002 - Riguarda tutti i termini processuali, ivi compresi quelli per il deposito del ricorso - Fattispecie in materia di termine di deposito di ricorso incidentale.

2. Contratti della P.A. - Offerta - Per prezzi unitari - Discrepanza tra prezzi unitari ed ammontare complessivo dell'offerta - Potere della P.A. di rettificare d'ufficio somme e/o prodotti eventualmente inficiati da errori di calcolo - Sussiste.

3. Contratti della P.A. - Gara - Documentazione - Correzione dei dati - Formalità previste dall'art. 53 del R.D. 16 febbraio 1913, n. 89 (ordinamento del notariato) - Osservanza - Non occorre - Ragioni.

4. Contratti della P.A. - Offerta - Correzioni - Disciplina prevista dall'art. 5, comma 4, della legge n. 14 del 1973 - Applicabilità - Dichiarazione esplicita di conferma della correzione medesima e relativa sottoscrizione da parte dell'offerente - Sufficienza.

1. La dimidiazione di tutti i termini processuali prevista dall'art. 23 bis, 2° comma della legge n. 1034/1971, introdotto dal primo comma dell'art. 4 della legge n. 205 del 2000, ha una unica espressa eccezione per i termini per la proposizione del ricorso; quest'ultima eccezione, tuttavia, va intesa con esclusivo riferimento al termine per la notificazione del ricorso di primo grado (atteso che la disciplina dei termini per la notificazione dell'appello è autonomamente regolata dal successivo settimo comma dello stesso art. 23 bis), mentre i termini processuali per il deposito del ricorso notificato (sia esso di primo o di secondo grado, principale o incidentale, originario o per motivi aggiunti) sono in ogni caso ridotti alla metà (1).

2. L'eventuale discrepanza tra prezzi unitari ed ammontare complessivo dell'offerta non costituisce di per sé motivo di esclusione, essendo invece onere dell'amministrazione appaltante, ai sensi dell'art. 5 L. 14/1973, quello di rettificare d'ufficio somme e/o prodotti eventualmente inficiati da errori di calcolo, mantenendo comunque per fermi ed immutabili i prezzi unitari indicati in offerta.

3. L'art. 53 del R.D. 16 febbraio 1913, n. 89 (ordinamento del notariato), nella parte in cui prevede, in caso di correzione da apportarsi all'originale di atto notarile, che le parole cancellate o variate risultino sempre leggibili, anche dopo la cancellatura o correzione apportata, non può applicarsi, neanche in via analogica, alle gare d'appalto, non potendo essere assimilate le formalità necessarie per la compilazione di una domanda di partecipazione ad una gara pubblica, comprensiva dei relativi allegati, redatta da un soggetto privato ed ascrivibile esclusivamente alla volontà e responsabilità del medesimo, a quelle richieste invece ad un pubblico ufficiale al fine di garantire l'autenticità della provenienza e del contenuto di un atto pubblico fidefaciente.

4. In materia di appalti pubblici, le modalità con le quali un'impresa può legittimamente apportare correzioni alla propria offerta sono puntualmente ed esaustivamente indicate dall'art. 5, comma 4, della legge n. 14 del 1973 (a mente del quale: "il modulo è sottoscritto in ciascun foglio dal concorrente e non può presentare correzioni che non siano da lui stesso espressamente confermate e sottoscritte"); tale norma non prevede la leggibilità ed intelligibilità dell'offerta originariamente espressa (che potrebbe essere frutto di semplice errore materiale e che, comunque, non è destinata in alcun modo ad entrare a far parte dell'eventuale sinallagma negoziale), essendo invece richieste, oltre alla chiara ed univoca espressione del prezzo risultante dalla correzione, unicamente la dichiarazione esplicita di conferma della correzione medesima e la relativa sottoscrizione da parte dell'offerente.

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(1) Come si legge nella motivazione della sentenza in rassegna, secondo il C.G.A., depongono in tal senso, fra l'altro, i lavori preparatori della legge n. 205, dai quali risulta che il problema fu espressamente posto e risolto nel senso che i termini per il deposito non rientrano tra quelli per la proposizione del ricorso, avendo il legislatore prestato adesione all'orientamento dottrinale che, già nel vigore del D.L. n. 67/1997, riconosceva natura sostanziale, e non processuale, al termine previsto dalla legge per far valere il proprio diritto dinanzi al giudice.

Alla stregua del principio il C.G.A. ha ritenuto irricevibile il ricorso incidentale proposto, atteso che, per quest'ultimo, ai sensi dell'art. 37, terzo comma del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, il termine ordinario di deposito è di dieci giorni dalla notifica, da ritenere ridotto a cinque giorni per le controversie in materia di appalto e per le altre controversie previste dall'art. 4 della legge n. 205 del 2000; nella specie, invece, il deposito del ricorso incidentale nella segreteria del TAR era stato effettuato oltre lo spirare del termine perentorio dimidiato di cinque giorni risultante dal combinato disposto degli artt. 37, comma 3, R.D. n. 1054/1924 e 23 bis, comma 2, L. 1034/1971.

 

 

FATTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, notificato il 2 ottobre 2001 e depositato il successivo 12 ottobre, la Ditta Pisciotta ha impugnato la delibera del Direttore Generale dell'Azienda U.S.L. di Palermo ed i verbali di gara in epigrafe indicati, lamentando l'illegittimità della propria esclusione dalla gara d'appalto indetta per l'aggiudicazione dei lavori di adeguamento degli impianti elettrici e di sicurezza del Polo Ospedaliero della Guadagna di Palermo e la conseguente illegittimità dell'aggiudicazione dell'appalto medesimo alla costituenda A.T.I. tra le società I.R.I.T. e RUMEFA.

L'ATI controinteressata e le due imprese che ne fanno parte si sono dapprima costituite con controricorso, eccependo la tardività del gravame ed assumendone l'infondatezza nel merito; con atta notificato il 18 ottobre 2001 e depositato il successivo 26 ottobre hanno quindi proposto ricorso incidentale, adducendo un ulteriore ed autonomo motivo di esclusione dalla gara della ricorrente principale.

Con sentenza n. 647/02 il Tribunale adito, disattesa la pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso principale, lo ha accolto nel merito, respingendo in pari tempo il ricorso incidentale ed annullando conscguentemente il provvedimento impugnato in principalità.

La sentenza viene gravata in appello dall'ATI I.R.I.T.-RUMEFA e dalle singole imprese che ne fanno parte, le quali censu-rano, con tre distinti mezzi d'impugnazione, i capi di sentenza che hanno, rispettivamente, rigettato l'eccezione di tardività del ricorso principale, accolto nel merito il ricorso medesimo e rigettato nel merito il ricorso incidentale.

Resiste all'appello la ditta Pisciotta, controdeducendo con memoria difensiva ai motivi dedotti ex adverso e proponendo a sua volta appello incidentale con il quale deduce la tardività del deposito del ricorso incidentale di primo grado, con conseguente irricevibilità dello stesso.

Si è altresì costituita l'Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo, in posizione adesiva rispetto all'appellante principale.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d'appello viene riproposta l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, già disattesa dal TAR, e censurato l'inerente capo di decisione. Assumono in particolare le appellanti che il "reclamo" (rectius: ricorso in opposizione) proposto dalla Ditta Pisciotta in data 21.5.2001 avverso la propria esclusione dalla gara, già disposta con verbale n. 3 del 27.4.2001, non avrebbe effetto sospensivo del termine d'impugnazione in sede giurisdizionale del medesimo provvedimento di esclusione e che la decisione di rigetto del reclamo, assunta con il verbale n. 5 del 22.6.2001, avrebbe natura meramente confermativa rispetto al provvedimento di esclusione a suo tempo adottato, con conseguente tardività dell'impugnazione proposta oltre il termine di decadenza decorrente dalla comunicazione del provvedimento originario. La censura è infondata.

Giova premettere che la Ditta Pisciotta ha proposto congiuntamente reclamo avverso l'aggiudicazione provvisoria dell'appalto all'ATI I.R.I.T-RUMEFA, disposta con verbale del 14.5.2001, ed avverso la propria esclusione dalla gara, già disposta con il precedente verbale del 27.4.2001, giustificando il proprio interesse ad ottenere la riammissione con la circostanza di aver formulato l'offerta che più si avvicina alla media risultante.

Con il successivo ricorso giurisdizionale la stessa ditta, impugnando congiuntamente tutti i verbali di gara e la delibera del direttore generale di approvazione degli stessi e di aggiudicazione definitiva all'A.T.I. controinteressata (delibera costituente, ai sensi della legge regionale n. 69 del 1981, l'atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente nel sistema degli appalti di opere pubbliche delle U.S.L. siciliane), fa quindi valere non soltanto un interesse strumentale alla partecipazione al confronto concorrenziale, ma direttamente il proprio interesse sostanziale a conseguire l'aggiudicazione.

Ne discende, sviluppando un rilievo solo incidentalmente accennato nella motivazione della sentenza di primo grado: a) che il c.d. reclamo, o ricorso in opposizione, ha natura di mero rimedio endoprocedimentale, volto a sollecitare un riesame, all'interno del procedimento, di determinazioni non ancora consolidatesi in definitive statuizioni aventi rilevanza esterna e valenza provvedimentale; b) che, conseguentemente, non è configurabile alcuna preclusione all'impugnativa giurisdizionale dell'unico provvedimento lesivo, rappresentato dalla menzionata delibera del Direttore Generale, nella quale si compendiano e consolidano, assumendo rilevanza esterna, le statuizioni assunte in corso di procedimento dal seggio di gara, sia in ordine all'esclusione dell'impresa ricorrente in primo grado, sia in ordine all'aggiudicazione in favore del raggruppamento controinteressato.

In ogni caso, anche a voler seguire (con riferimento al solo provvedimento di esclusione) la contraria impostazione seguita dalla difesa appellante, il Collegio condivide le argomentazioni sviluppate dal giudice di primo grado al fine di negare carattere meramente confermativo alla determinazione di esclusione assunta dal seggio di gara in sede di decisione del reclamo, in quanto resa in esito a rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova rivalutazione degli elementi sui quali l'amministrazione è chiamata a provvedere.

Al riguardo, appaiono del tutto erronee le argomentazioni difensive sviluppate dalla difesa appellante sul riscontro della parziale coincidenza dei rilievi motivazionali posti a fondamento delle due successive statuizioni di esclusione. In particolare, va recisamente confutata la costruzione del nuovo provvedimento di esclusione in termini di atto parzialmente innovativo e parzialmente confermativo: costruzione dalla quale si vorrebbe far derivare sia l'inoppugnabilità della parte confermata per decorso dei termini, sia il difetto d'interesse all'impugnativa della parte innovativa, stante l'asserita sufficienza dei motivi confermati a sorreggere la conclusiva determinazione provvedimentale.

Ambedue i provvedimenti di esclusione si configurano infatti quali atti a contenuto unitario ed inscindibile; ciò che diversifica parzialmente l'uno dall'altro sono, se mai, i motivi posti a fondamento delle rispettive statuizioni provvedimentali, ma proprio tale circostanza, al contrario di quanto asserito dalla difesa appellante, è di per sé indicativa del carattere non meramente confermativo del secondo provvedimento, in quanto reso sulla base di una rinnovata e più approfondita indagine istruttoria, e sorretto da un nuovo, più ricco ed articolato corredo motivazionale.

In tale ottica, è palesemente erroneo e fuorviante anche il riferimento operato da parte appellante alla giurisprudenza che esclude l'ammissibilità del ricorso proposto avverso un atto che si fonda su più motivi, ciascuno dei quali autonomo e sufficiente a sorreggerne il dispositivo, ove tali motivi non vengano tutti analiticamente e disgiuntamente censurati: da un lato, perché il rilievo aggiuntivo addotto con il verbale n. 5 del 22.6.2001 a fondamento della disposta esclusione non appare autonomo (come meglio si vedrà in sede di esame nel merito della relativa censura), ma rappresenta piuttosto un'integrazione esplicativa dei motivi originari, alla luce del rinnovato esperimento istruttorio; dall'altro, perché la ricorrente in primo grado ha puntualmente ed esaustivamente confutato tutti i motivi su cui si sorregge la disposta esclusione, impugnando in unico contesto tutti indistintamente i verbali di gara, ivi compreso quello del 27.4.2001 (n. 3) con il quale venne per la prima volta esclusa.

Infine, deve essere confutato anche l'ulteriore argomento difensivo di parte appellante, con il quale si assume l'inammissibilità dell'impugnazione del secondo provvedimento di esclusione per difetto d'interesse, stante l'asserita perdurante vigenza del primo, in quanto mai annullato o revocato dalla stazione appaltante. Premesso infatti che l'originaria ricorrente ha formalmente e contestualmente impugnato ambedue i verbali di gara del 27 aprile e 22 giugno 2001, è in ogni caso da condividersi il rilievo della sentenza impugnata secondo cui la determinazione assunta in esito al proposto reclamo assorbe interamente gli effetti dell'atto precedente, che viene così a perdere ogni autonoma valenza lesiva.

Tale assunto, invero, si pone perfettamente in linea con i principi generali che regolano i rapporti tra più atti consecutivi di omologo contenuto provvedimentale (si pensi, in particolare, all'ipotesi di decisione reiettiva di ricorso gerarchico, il cui contenuto e i cui effetti as-sorbono, anche ai fini dell'impugnativa giurisdizionale, contenuto ed effetti dell'atto sottostante), laddove ancora una volta erroneo e fuorviante appare il riferimento alla ben diversa -ed anzi antitetica- ipotesi della reviviscenza dell'atto annullato in caso di annullamento (giurisdizionale o in autotutela) dell'atto di annullamento, posto che in tal caso i due atti in sequenza non hanno contenuto ed efficacia tra loro omologhi, il secondo comportando la caducazione (e non già la conferma) del primo.

2. Con il terzo motivo di appello - il cui esame è logicamente pregiudiziale rispetto al secondo, in quanto afferente ad un motivo di esclusione inerente alla regolarità della documentazione relativa ai requisiti soggettivi di partecipazione, laddove il secondo mezzo concerne invece la fase, logicamente e cronologicamente successiva, dell'esame delle offerte economiche - viene censurato il capo di sentenza che ha rigettato nel merito, assumendone l'infondatezza, il ricorso incidentale di primo grado deducente, quale autonomo motivo di esclusione dell'impresa Pisciotta, non rilevato dal seggio di gara, l'incompletezza della dichiarazione sostitutiva dalla stessa presentata in luogo del certificato di iscrizione nel registro delle imprese (mancata indicazione dei nominativi dei soci accomandanti).

All'esame nel merito di tale motivo è tuttavia pregiudiziale la delibazione dell'eccezione di irricevibilità del ricorso incidentale di primo grado per tardività del relativo deposito, sollevata dall'appellata impresa Pisciotta con appello incidentale, e comunque rilevabile anche d'ufficio. Detta eccezione è fondata.

Ed invero, avendo la controversia ad oggetto la materia speciale dell'affidamento di lavori pubblici, trova applicazione il disposto dell'art. 23 bis, 2° comma della legge n. 1034/1971, introdotto dal primo comma dell'art. 4 della legge n. 205 del 2000, che riduce a metà tutti i termini processuali, ad eccezione di quelli per la proposizione del ricorso.

Quest'ultima eccezione, ad avviso del Collegio, va intesa con esclusivo riferimento al termine per la notificazione del ricorso (di primo grado, atteso che la disciplina dei termini per la notificazione dell'appello è autonomamente regolata dal successivo settimo comma dello stesso art. 23 bis), laddove i termini processuali per il deposito del ricorso notificato (sia esso di primo o di secondo grado, principale o incidentale, originario o per motivi aggiunti) sono in ogni caso ridotti alla metà. Depongono in tal senso, fra l'altro, i lavori preparatori della legge n. 205, dai quali risulta che il problema fu espressamente posto e risolto nel senso che i termini per il deposito non rientrano tra quelli per la proposizione del ricorso, avendo il legislatore prestato adesione all'orientamento dottrinale che, già nel vigore del D.L. n. 67/1997, riconosceva natura sostanziale, e non processuale, al termine previsto dalla legge per far valere il proprio diritto dinanzi al giudice.

Ai sensi dell'art. 37, terzo comma del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, il termine ordinario di deposito del ricorso incidentale è di dieci giorni dalla notifica; nella specie il ricorso incidentale è stato notificato al ricorrente principale in data 18 ottobre 2001, mentre il deposito nella segreteria del TAR è avvenuto il successivo 26 ottobre, oltre lo spirare del termine perentorio dimidiato di cinque giorni risultante dal combinato disposto dei richiamati artt. 37, comma 3, R.D. n. 1054/1924 e 23 bis, comma 2, L. 1034/1971.

Ne discende l'irricevibilità del ricorso incidentale di primo grado, con conseguente preclusione all'esame del terzo motivo dell'appello principale, volto a contestare la statuizione reiettiva di merito resa dal TAR sullo stesso ricorso incidentale.

3. Con il secondo motivo d'appello, infine, viene censurato il capo di decisione con cui il TAR ha accolto nel merito, ritenendone la fondatezza, le doglianze dedotte con il ricorso principale di primo grado avverso il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante nei confronti dell'odierna appellata impresa Pisciotta, nonché avverso la conseguente aggiudicazione dell'appalto all'ATI odierna appellante.

I motivi di esclusione, quali risultanti dalla lettura integrata e coordinata del verbale n. 3 del 27 aprile e del verbale n. 5 del 22 giugno 2001, concernono tre correzioni apportate ad altrettanti prezzi unitari sul modulo offerta dell'appellata, con modalità ritenute dal seggio di gara irregolari, e comunque tali da comportare l'indeterminatezza dell'offerta complessiva. In tale accezione va logicamente e correttamente inteso il rilievo conclusivo, contenuto nel solo verbale n. 5, secondo cui il prezzo complessivo, indicato in £. 1.470.435.535 "non ha alcuna relazione logico-matematica con le correzioni apportate, sia prese singolarmente, che in combinazione tra di loro", posto che, come esattamente rilevato dal primo giudice, l'eventuale discrepanza tra prezzi unitari ed ammontare complessivo dell'offerta non costituisce di per sé motivo di esclusione, essendo invece onere dell'amministrazione appaltante, ai sensi dell'art. 5 L. 14/1973, quello di rettificare d'ufficio somme e/o prodotti eventualmente inficiati da errori di calcolo, mantenendo comunque per fermi ed immutabili i prezzi unitari indicati in offerta.

Così circoscritto il thema decidendum, osserva il Collegio che le modalità con le quali un'impresa può legittimamente apportare correzioni alla propria offerta sono puntualmente ed esaustivamente indicate dall'art. 5, comma 4, della citata legge n. 14 del 1973, a mente del quale: "il modulo è sottoscritto in ciascun foglio dal concorrente e non può presentare correzioni che non siano da lui stesso espressamente confermate e sottoscritte". Da un esame de visu del modulo offerta in contestazione, prodotto in atti, le suddette prescrizioni risultano puntualmente rispettate, laddove del tutto pretestuose (ed in parte scarsamente comprensibili) appaiono le contestazioni mosse al riguardo dal seggio di gara. E valga il vero.

a) Alla voce ANQR001 (pag. 29, rigo 97) sono state apportate, in modo chiaro e leggibile, due conformi correzioni, sia al prezzo unitario in lettere che a quello in cifre, volte palesemente a rettificare un mero errore materiale (essendo il prezzo originario pari a £. 205.000-duecentocinquemila- e quello corretto pari a £.15.900.000- quindici-milioninovecentomila); ambedue le correzioni risultano confermate con la dicitura "accettasi correzione" e con la firma del titolare dell'impresa. Il rilievo al riguardo cripticamente formulato dal seggio di gara consiste unicamente nella presenza di una "doppia conferma e sottoscrizione": il che sembra indicare non già una carenza o manchevolezza rispetto al dettato normativo, ma semmai un'accentuazione dei requisiti formali previsti dalla legge al fine di garantire l'autenticità e la paternità della modifica (unica) apportata alla voce di prezzo di cui trattasi. Non coglie invece nel segno la difesa appellante laddove, contro l'evidenza documentale, ritiene di poter interpretare l'espressione "doppia correzione" di cui al verbale n. 3 nel senso che la voce di prezzo all'esame (al pari delle altre due in contestazione), sia stata "cambiata due volte per ritornare ad essere... quella originaria".

b) Con riguardo alla voce ANQB021 (pag. 27, rigo 92), il seggio di gara lamenta la presenza di "una doppia correzione per il prezzo unitario in lettere, di cui uno con la conferma apposta nella casella relativa alla successiva voce di prezzo; inoltre il prezzo in cifre è sorretto dalla sola conferma". In realtà l'esame del modulo-offerta rivela anche in questo caso la presenza di due conformi correzioni del prezzo unitario in lettere e in cifre (da £.11.200.000 - undicimilioniduecento-mila a £. 11.900.000 - undicimilioninovecen-tomila), ambedue convalidate dalle diciture "accettasi correzione" e da sottoscrizioni sovraimpresse al timbro dell'impresa, chiaramente e disgiuntamente riferibili alle due correzioni, ancorché collocate l'una nel riquadro relativa all'offerta in lettere e l'altra nella casella (non compilata) relativa alla successiva voce di prezzo; in ogni caso senza alcuna possibilità di equivoco ed incertezza circa il contenuto della volontà negoziale espressa, e con sostanziale osservanza delle ricordate prescrizioni di cui all'art. 5, comma 4, L. 14/1973.

e) Con riguardo, infine, alla voce ANTRA001 (pag. 30, rigo 99), oltre ad un analogo rilievo circa l'imprecisa collocazione topografica della doppia conferma e sottoscrizione delle correzioni apportate ai prezzi unitari in lettere e in cifre, non tale da rendere di per sé equivoca o incerta la volontà dell'offerente, il seggio di gara aggiunge l'ulteriore e specifico rilievo relativo alla illeggibilità del prezzo originariamente indicato e successivamente corretto (sia nella formulazione in lettere che in quella in cifre) nell'importo di £. 161.670.000 (centosessantunomilioni seicentosettantamila).

Su quest'ultimo punto insiste particolarmente il motivo d'appello all'esame, invocando l'applicazione dell'art. 53 del R.D. 16.2.1913, n. 89 (ordinamento del notariato), nella parte in cui lo stesso prevede, in caso di correzione da apportarsi all'originale di atto notarile, che le parole cancellate o variate risultino sempre leggibili, anche dopo la cancellatura o correzione apportata. Tale prescrizione, ad avviso dell'appellante, esplicherebbe efficacia vincolante anche nel caso in esame, sia perché espressione di un canone generale di comportamento, che trova fra l'altro applicazione anche nella stesura degli atti giudiziari, sia comunque perché il contenuto del modulo offerta è destinato a formare parte integrante di un contratto da stipularsi in forma pubblica amministrativa, assoggettato alle norme dell'ordinamento del notariato (art. 65 L.reg. n. 69/1981, in materia di contabilità delle USL siciliane). La doglianza è priva di pregio.

Come esattamente rilevato dalla sentenza impugnata, le ricordate prescrizioni della legge notarile non trovano applicazione neanche in via analogica, non potendo essere assimilate le formalità necessarie per la compilazione di una domanda di partecipazione ad una gara pubblica, comprensiva dei relativi allegati, redatta da un soggetto privato ed ascrivibile esclusivamente alla volontà e responsabilità del medesimo, a quelle richieste invece ad un pubblico ufficiale al fine di garantire l'autenticità della provenienza e del contenuto di un atto pubblico fidefaciente. Né la ricordata assimilazione tra forma pubblica amministrativa e forma notarile, prevista dalla legge regionale di contabilità, vale ad infirmare la validità del rilievo del TAR, non potendo evidentemente assimilarsi il contenuto della proposta negoziale unilateralmente formulata da una delle imprese partecipanti alla gara al contenuto del contratto che verrà concluso con l'impresa che risulterà aggiudicataria, da assoggettarsi questo solo alle ricordate formalità previste dalla legge sul notariato.

Quanto all'ulteriore rilievo, secondo cui la garanzia circa la necessaria leggibilità ed intelligibilità del rigo originario costituirebbe canone generale di comportamento, costantemente osservato -fra l'altro- anche in caso di correzione di errori materiali in atti giudiziari, l'assunto trova smentita nella circostanza, di per sé dirimente, che in materia di appalti pubblici esiste una specifica disciplina (il più volte richiamato art. 5, 4° comma, della legge n. 14 del 1973), nella quale non è prevista la leggibilità ed intelligibilità dell'offerta originariamente espressa (che potrebbe essere frutto di semplice errore materiale e che, comunque, non è destinata in alcun modo ad entrare a far parte dell'eventuale sinallagma negoziale), essendo invece richieste, oltre alla chiara ed univoca espressione del prezzo risultante dalla correzione, unicamente la dichiarazione esplicita di conferma della correzione medesima e la relativa sottoscrizione da parte dell'offerente.

Anche il secondo motivo di appello risulta pertanto infondato e meritevole di integrale rigetto.

4. Alla stregua delle svolte considerazioni, rigettato l'appello principale, resta confermata la decisione di annullamento dei provvedimenti impugnati con l'originario ricorso dinanzi al TAR.

Sussistono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese relative al secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale respinge l'appello in epigrafe. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, addì 10 luglio 2002 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Giorgio Giaccardi, estensore, Antonio Andò, Andrea Parlato, componenti.

Depositata il 16 ottobre 2002.

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