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n. 2-2003 - © copyright.

C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 20 gennaio 2003 n. 8 - Pres. Camera, Est. Giaccardi - Società Vecchia Palermo s.r.l. (Avv. Leone) c. Comune di Ustica (Avv. Machì) e Barbiera, n.q. di curatore fallimentare della società San Bartolomeo di Bonura Baldassarre & c. s.a.s. (n.c.) - (dichiara inammissibile il ricorso per opposizione di terzo avverso la sentenza del C.G.A. 16 settembre 1998, n. 474).

Giustizia amministrativa - Opposizione di terzo - Ex art. 404 c.p.c. - Finalità - Opposizione di terzo proposta da soggetto che ha acquisito la titolarità del bene dopo l'emissione della sentenza - Inammissibilità.

La ratio dell'istituto dell'opposizione di terzo è ravvisabile nella finalità di rimediare alla mancata partecipazione dell'opponente al giudizio principale, pur essendone legittimato; il momento di qualificazione della titolarità dell'interesse che si intende tutelare mediante opposizione di terzo, pertanto, deve necessariamente riferirsi ad una situazione soggettiva preesistente alla sentenza impugnata, non essendo invece il rimedio esperibile a tutela di una situazione di titolarità successivamente acquisita (1).

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(1) Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 1999, n. 773, in Foro amm. 1999, 969.

Alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto inammissibile il ricorso per opposizione di terzo, atteso che esso era stato proposto da una società che aveva acquistato l'immobile oggetto del giudizio, in sede di vendita fallimentare, dopo il passaggio in giudicato della relativa sentenza; la posteriorità dell'acquisto rispetto alla data di formazione del giudicato risultava quindi ostativa all'esperibilità dell'impugnativa ex art. 404 c.p.c.

 

 

FATTO

Con atto notificato il 13 e 16 maggio 2002 la società Vecchia Palermo ha impugnato con ricorso per opposizione di terzo la decisione n. 474/98 di questo Consiglio, recante rigetto dell'appello proposto dal curatore del fallimento della società San Bartolomeo s.a.s. e dei suoi soci avverso la sentenza del TAR Sicilia n. 234/95, con la quale venivano respinti, previa riunione, due ricorsi proposti dai signori Francesco, Baldassarre, Annamaria e Vittoria Bonura, in bonis, successivamente riassunti dal curatore fallimentare avverso le ordinanze del Sindaco di Ustica 12 settembre 1981, n. 20 e 5 novembre 1981, n. 22, aventi rispettivamente ad oggetto la sospensione dei lavori relativi alla concessione edilizia n. 331 del 31 agosto 1978 e la decadenza della medesima concessione, con contestuale ordine di demolizione delle opere realizzate.

La società odierna ricorrente ha acquistato in data 2 maggio 2002 dalla curatela fallimentare l'immobile, avente destinazione alberghiera, oggetto dei provvedimenti impugnati con i due menzionati ricorsi al TAR. La stessa dichiara di agire in qualità di terzo rimasto estraneo al precedente giudizio, a tutela di posizioni soggettive pregiudicate dal giudicato formatesi inter alios, rivendicando la propria legittimazione ad agire in ragione dell'autonomia del diritto fatto valere, siccome acquistato in forza di vendita fallimentare e, in quanto tale, indipendente dal titolo dominicale già fatto valere dai precedenti proprietari.

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:

1) Errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; legittimità della concessione edilizia; decorrenza dei termini di efficacia dalla data di rilascio dell'autorizzazione del Genio Civile;

2) Errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa; regolare inizio dei lavori.

Resiste al ricorso il Comune di Ustica, eccependone pregiudizialmente l'inammissibilità per carenza d'interesse e legittimazione sotto diversi profili, e comunque assumendone l'infondatezza nel merito, stante l'insussistenza dei denunziati errori di fatto.

Con ordinanza n. 548/02 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata.

DIRITTO

II ricorso per opposizione di terzo è inammissibile per carenza
di legittimazione attiva della società proponente.

La stessa, invero, dichiara di agire in qualità di acquirente in sede fallimentare del compendio immobiliare a destinazione alberghiera oggetto dei provvedimenti sanzionatori (sospensione dei lavori, decadenza di concessione edilizia e ordine di demolizione) a suo tempo impugnati dagli originari proprietari con ricorsi in prosieguo riassunti dalla curatela fallimentare e definiti con la decisione n. 474/98 di questo Consiglio, oggetto della presente impugnativa. In tale veste, rivendica la propria legittimazione, alternativamente, in ragione della natura di acquisto a titolo originario che si assume essere propria della vendita fallimentare, ovvero, nel caso si ritenga invece il carattere derivativo di detto acquisto, in ragione dell'autonomia del diritto fatto valere, in quanto non ancora venuto ad esistenza all'epoca dell'adozione dei provvedimenti impugnati (risalenti al 1991) e della stessa formazione del giudicato opposto (1998).

Osserva di contro il Collegio che proprio le argomentazioni sviluppate sul punto dalla difesa ricorrente ne dimostrano la carenza di legittimazione attiva alla proposizione del gravame ex art. 404 c.p.c.

Ed invero, poiché la ratio dell'istituto dell'opposizione di terzo è ravvisabile nella finalità di rimediare alla mancata partecipazione dell'opponente al giudizio principale, pur essendone legittimato, è conseguente il rilievo che il momento di qualificazione della titolarità dell'interesse che si intende tutelare deve necessariamente riferirsi ad una situazione soggettiva preesistente alla sentenza impugnata, non essendo invece il rimedio esperibile a tutela di una situazione di titolarità successivamente acquisita (Cons. Stato, IV, 3 maggio 1999, n. 773). Ne deriva che, a prescindere dalla qualificazione giuridica dell'acquisto effettuato in sede di vendita fallimentare, la posteriorità dello stesso rispetto alla data di formazione del giudicato risulta in ogni caso ostativa all'esperibilità dell'impugnativa ex art. 404 c.p.c..

A ciò si aggiunga che, come ampiamente evidenziato nella stessa esposizione in fatto contenuta in ricorso, la società opponente ha partecipato alla procedura fallimentare di acquisto senza incanto, formulando la relativa offerta, nella piena consapevolezza dell'esistenza di provvedimenti amministrativi (in particolare, la declaratoria di decadenza della concessione edilizia originaria) da tempo divenuti inoppugnabili, oltre che della pendenza di ulteriori giudizi impugnatori proposti dalla curatela fallimentare avverso atti successivi, confidando nondimeno nella sanabilità degli abusi commessi e cautelandosi con esplicita condizione a garanzia dell'evizione. Anche sotto questi profili, appare chiaramente insostenibile la pretesa autonomia del diritto fatto valere dall'opponente rispetto alle situazioni soggettive già dedotte nel giudizio principale, versandosi invece in ipotesi di impugnativa di sentenza da parte di un avente causa da una delle parti originarie, ammessa dall'art. 404, 2° comma c.p.c. nella sola ipotesi in cui la pronunzia resa sia stata effetto di dolo o collusione (c.d. opposizione di terzo revocatoria).

Assorbita ogni ulteriore eccezione, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente preclusione all'esame nel merito dei dedotti motivi d'impugnazione.

Sussistono giusti motivi di compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, addì 13 dicembre 2002 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio con l'intervento dei Signori: Andrea Camera, Presidente, Pier Grigio Trovato, Giorgio Giaccardi, estensore, Antonio Andò, Andrea Parlato, componenti.

Depositata in 20 gennaio 2003.

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