C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - Sentenza 20 gennaio 2003 n. 28 - Pres. Virgilio, Est. Parlato - Fedina e c.ti (Avv. Maira) c. Comune di Caltanissetta (n.c.) - (conferma T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. II, 22 marzo 2001, n. 452).
1. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Necessità - Costruzioni precarie - Nozione - Individuazione.
2. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Necessità - Per tettoia destinata ad un uso non transitorio e di rilevanti dimensioni - Sussiste - Regime autorizzatorio previsto in Sicilia dall'art. 5 L. reg. n. 47/1985 - Inapplicabilità.
3. Edilizia ed urbanistica - Abusi edilizi - Provvedimenti repressivi - Adozione - Competenza dei dirigenti - Ex art. 6 L. 15 maggio 1997, n. 127 e s.m.i. - Sussiste.
1. La precarietà di un'opera non deriva dalla sua più o meno agevole rimuovibilità, ma, da un canto, dalla sua destinazione oggettiva e originaria a sopperire ad una necessità contingente e temporanea, al cui esaurimento la costruzione debba essere rimossa e, dall'altro, dalle ridotte dimensioni e dalle caratteristiche costruttive del manufatto (1).
2. I prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo ricadenti nel regime autorizzatorio previsto in Sicilia dall'art. 5 L. reg. n. 37/1985 devono costituire strutture precarie e cioè devono essere di modeste dimensioni e destinate a sopperire ad una necessità temporanea e contingente (alla stregua del principio è stata ritenuta non precaria una tettoia - realizzata con struttura portante di travi in ferro e tampognata con lastre onduline - che era destinata a magazzino merci e che quindi non sopperiva ad una necessità temporanea e contingente e non poteva certamente considerarsi di modeste dimensioni) (2).
3. La L. 15 maggio 1997, n. 127, il cui art. 6, come integrato dall'art. 2 della successiva legge n. 191/1998 - recepito dalla L. reg. Sicilia n. 23/1998 - conferisce in via esclusiva e completa ai dirigenti degli enti il potere, prima riservato al sindaco, di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale.
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(1) Cfr. da ult. T.A.R. Piemonte, sez. I, 31 gennaio 2003 n. 167, in questa Rivista n. 2-2003 ed ivi ult. riferimenti; v. anche C.G.A., sez. riun., par. 17 gennaio 1995, n. 765, in Giur. amm. sic., fasc. 3/95, p. 514, secondo cui "la precarietà di un'opera non deriva dalla sua più o meno agevole rimovibilità, ma dalla sua destinazione oggettiva e originaria a sopperire ad una necessità contingente e temporanea al cui esaurimento la costruzione debba essere rimossa".
(2) Corte Cost. 18 giugno 1997 n. 187, in Giust. amm. sic., fasc. 3/97, p. 774, secondo cui "l'art. 5 della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37, che prevede il rilascio di una semplice autorizzazione edilizia per l'"impianto di prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo" si riferisce a costruzioni prefabbricate di modeste dimensioni, assemblate negli stabilimenti delle imprese produttrici, adagiate sul suolo e facilmente rimovibili, tali da non alterare stabilmente l'assetto del territorio, rimanendo così esclusa la realizzazione di capannoni, per la quale si rende necessaria la concessione edilizia".
V. anche Circ. Assess. Territorio ed Ambiente Reg. Sicilia 20 luglio 1992 n. 2/1992 e C.G.A., par., 16 marzo 1993, n. 396, in Giur. amm. sic., fasc. 2/94, p. 449.
FATTO
Con ricorso notificato il 2 luglio 1999, i sig.ri Fedina Nicola Michele e Fedina Maria Assunta impugnavano innanzi al T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo l'ordinanza dirigenziale n. 900 del 3 maggio 1999, con cui il Comune di Caltanissetta ha ingiunto loro la demolizione di una tettoia realizzata in via Rochester 11 in assenza di concessione edilizia.
Specificamente, il ricorso lamentava:
1) Violazione dell'art. 5 della L.R. 15/5/1986 n. 26 e degli artt. 7 e 10 della L. 28/2/1985 n. 47. Eccesso di potere per sviamento, errore di fatto, dei presupposti e della motivazione nonché per inosservanza del giusto procedimento.
Trattasi di opera, peraltro realizzata da almeno 15 anni, che non necessita di concessione edilizia, bensì di semplice autorizzazione;
2) Illegittimità del provvedimento perché emesso nei confronti di soggetti estranei al presunto abuso edilizio. Eccesso di potere per sviamento e per errore dei fatti e dei presupposti.
I ricorrenti non sono gli esecutori materiali delle opere asseritamente abusive;
3) Violazione dell'art. 15, co. II, della L. 28/1/1977 n. 10, dell'art. 32 della L. 17/8/1942 n. 1150, degli artt. 4 e 7 della L. 28/2/1985 n. 47, come sostituito dall'art. 2 della L.R. 10/8/1985 n. 37. Eccesso di potere per sviamento e per inosservanza del giusto procedimento. Compete al sindaco e non al dirigente del settore interessato valutare quale sia il titolo (concessione od autorizzazione edilizia) necessario per l'esecuzione delle opere edili.
II Comune di Caltanissetta non si costituiva in giudizio.
Il primo giudice, con sentenza n. 452/01 depositata addì 22 marzo 2001, ha respinto il ricorso con articolata motivazione in relazione a tutti i motivi di ricorso.
Con il ricorso in appello, i signori Fedina impugnano la prefata sentenza, riproponendo, "per insistervi integralmente, i motivi, le argomentazioni, le eccezioni e le censure svolte dai concludenti avanti il T.A.R. di Palermo".
L'appellato, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza n. 115/02 del 31 gennaio 2002 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha accolto la domanda di sospensione dell'esecuzione della sentenza appellata, "ritenuto che può ritenersi sussistente il danno grave lamentato dai ricorrenti, sicché appare opportuno accogliere il ricorso in attesa della decisione di merito in fase di appello".
DIRITTO
II ricorso in appello è infondato e la sentenza del giudice di primo grado merita piena conferma.
Correttamente il T.A.R. ha affermato che tale assunto non è condivisibile, rilevando che "i prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo ricadenti nel regime autorizzatorio ex art. 5 L.R. n. 37/1985 devono costituire strutture precarie, fermo che la precarietà di un'opera non deriva dalla sua più o meno agevole rimuovibilità, ma, da un canto, dalla sua destinazione oggettiva e originaria a sopperire ad una necessità contingente e temporanea, al cui esaurimento la costruzione debba essere rimossa (C.G.A., sez. riun., 17 gennaio 1995, n. 765) e, dall'altro, dalle ridotte dimensioni e dalle caratteristiche costruttive del manufatto (Corte Cost. 18 giugno 1997 n. 187; C.G.A., par., 16 marzo 1993, n. 396".
Le caratteristiche del manufatto, "di superficie complessiva di 70 mq., realizzato con struttura portante di travi in ferro e tampognato con lastre onduline", evidenziano che non trattasi di struttura precaria. Infatti la prefata tettoia, destinata, per stessa ammissione degli interessati, a magazzino merci, non sopperisce ad una necessità temporanea e contingente e non può certamente considerarsi di modeste dimensioni.
Al riguardo devono altresì essere decisamente respinte, per manifesta infondatezza, le considerazioni dell'appellante, il quale sostiene che "la precarietà di un'opera ... deriva anche dalla pianificazione urbanistica del P.R.G. vigente sul lotto di terreno interessato al manufatto. E' il P.R.G. che attribuisce ad un'opera ... la caratteristica della permanenza e/o temporaneità...". Sulla base di questa premessa, continua l'appellante, essendo l'area in questione "normata a verde pubblico ... trattasi di lotto di terreno assoggettato a vincolo espropriativo per la realizzazione della previsione urbanistica che rende temporanee eventuali costruzioni medio tempore realizzate in quanto suscettibili di essere travolte dall'azione amministrativa volta a realizzare una previsione urbanistica obbligatoria...".
Queste considerazioni sono ben lungi dal "rendere precaria la tettoia" nel senso anzidetto.
Con il secondo motivo di censura, ribadito nel ricorso in appello, si deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto i signori Fedina, oltre che proprietari dell'opera abusiva, sono stati ritenuti autori dell'abuso medesimo.
Anche a tale proposito appaiono ineccepibili le considerazioni del giudice di primo grado, il quale afferma che "i proprietari del manufatto, in quanto tali, sono per legge tra i destinatari dei previsti provvedimenti sanzionatori. Ne discende che in sede di giudizio davanti al giudice amministrativo può essere posta esclusivamente la questione circa la legittimità o meno delle sanzioni amministrative inflitte".
Parimenti infondato è anche il motivo di ricorso con cui si sostiene che, alla stregua delle leggi nn. 10/1977, 1150/1942 e 47/1985, compete al sindaco e non al dirigente del settore interessato valutare quale sia il titolo - concessione o autorizzazione - necessario per l'esecuzione delle opere edili.
Nella motivazione del T.A.R. si è correttamente evidenziato che la normativa invocata dai ricorrenti "è stata - tacitamente o per espressa previsione di legge - superata da quella sopravvenuta. All'uopo basti citare la L. 15 maggio 1997, n. 127, il cui art. 6, come integrato dall'art. 2 della successiva legge n. 191/1998 - recepito dalla L.R. n. 23/98 - conferisce in via esclusiva e completa ai dirigenti degli enti il potere, prima riservato al sindaco, di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale".
Le considerazioni proposte escludono l'ulteriore considerazione dei motivi di appello, i quali rimangono assorbiti.
Nulla per le spese, non essendosi costituito l'appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in appello e conferma la sentenza di primo grado. Nulla spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo il 10 luglio 2002 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Raffaele Carboni, Antonio Andò, Andrea Parlato, estensore, componenti.
Depositata il 20 gennaio 2003.