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n. 2-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 3 febbraio 2000, n. 594 - Serio Presidente -  Marchitiello - Estensore - Vitrani Francasco c. Comune di Milano.

Ente locale - Sospensione licenza di pubblico esercizio - Installazione di apparecchi finalizzati al gioco d’azzardo.

 È legittima la sanzione della sospensione della licenza del pubblico esercizio in cui erano stati sistemati apparecchi destinati ad essere utilizzati dagli avventori che, introducendo monete, avrebbero avuto la possibilità di vincere un premio, irrogata dal Sindaco in applicazione dell’art. 110, quarto comma, del R.D. n. 773 del 1931, nel testo modificato dall’art. 1, primo comma, della legge 17.12.1986, n. 904, secondo cui “si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d’azzardo quelli che possono dare luogo a scommesse o consentano la vincita di un qualsiasi premio in denaro o in natura”. 

 

 

FATTO

Con ordinanza n. 20269/88 del 27.9.1988, il Sindaco di Milano disponeva la sospensione per 30 giorni della licenza del pubblico esercizio di bar, tavola fredda con vendita di alcolici e superalcolici di Via Lulli 1, di cui è titolare il sig. Francesco, Vitrani.

L'ordinanza è motivata con richiamo all'art. 110 del T.U.L.P.S., come modificato dalla legge 20.5.1965, n. 507, e dalla legge 17.12.1986, n. 904, in quanto nell'esercizio era in atto un apparecchio automatico finalizzato al gioco di azzardo.

Il Sig. Vitrani proponeva ricorso contestando che ricorressero i presupposti per l'applicazione dell'art. 110.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano, opponendosi all'accoglimento del ricorso.

Il T.A.R. della Lombardia, Sede di Milano, Sezione III, con la sentenza n. 566 dell'11.10.1993 rigettava il ricorso.

Propone appello il Sig. Vitrani deducendo la erroneità della sentenza e chiedendone la riforma.

Si è opposto il Comune di Milano che ha chiesto la reiezione dell'appello.

All'udienza pubblica del 18.5.1999 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

Il Sig. Francesco Vitrani proponeva ricorso al T.A.R. della Lombardia per l'annullamento della ordinanza del Sindaco di Milano del 27.9.1988, n. 20629, di sospensione, per trenta giorni, della licenza relativa all'esercizio di caffè, bar, tavola fredda con bevande alcoliche e superalcoliche di Via Lulli, n. 1, di cui è titolare.

La sanzione è stata irrogata in applicazione dell'art. 110 del R.D. 18.6.1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), in quanto, nel corso del sopralluogo effettuato il 2.9.1988, i vigili urbani accertavano che, sul banco di mescita dell'esercizio, "era sistemato un apparecchio destinato ad essere utilizzato dagli avventori che, introducendo monete, avrebbero avuto la possibilità di vincere un premio, consistente in orologi di vario tipo".

La III Sezione del T.A.R. della Lombardia, con la sentenza dell'11.10.1993, n. 566, ha respinto il ricorso.

L'appello proposto dal Sig. Vitrani è infondato.

Con l'unico motivo dedotto, che reitera una censura già proposta in primo grado, l'appellante insiste nel sostenere la tesi della inesistenza degli estremi costitutivi della fattispecie disciplinata dell'art. 110 citato.

Deduce, infatti, il Sig. Vetrani che l'apparecchio, con l'inserimento di una moneta, determina la fuoruscita di un tagliando comportante l'acquisto di un prodotto di valore uguale alla moneta introdotta.

Dall'apparecchio può anche fuoriuscire un tagliando che consente di ricevere, oltre al prodotto venduto, anche un premio indicato sullo stesso apparecchio e che tale ulteriore premio era comunque acquisibile mediante l'accumulo di tagliandi della prima specie.

Verrebbero meno, quindi, nella specie, il fine di lucro e l'alea che, secondo gli artt. 718 e 721 c.p. caratterizzano il gioco d'azzardo.

Osserva la Sezione, condividendo le conformi argomentazioni del T.A.R., che la tesi difensiva dell'appellante, fondata sulla riportata descrizione delle modalità di svolgimento del gioco azionato con l'apparecchio non può valere a smentire le risultanze degli accertamenti operati dagli agenti della polizia municipale.

Il rapporto individua con precisione nella macchinetta installate nell'esercizio gli elementi identificativi degli apparecchi e congegni vietati dall'art. 110, "in quanto consentono la vincita di un premio in denaro o in natura".

La forza di fonte di prova privilegiata da riconoscersi a tale rapporto non può essere vinta con semplici affermazioni.

La tesi che l'appellante tenta di accreditare, allorché afferma che vi è sempre una corrispondenza tra il valore della moneta introdotta nell'apparecchio e il premio conseguito per ogni giocata, circostanza già di per se inverosimile e in ordine al quale non si fornisce alcun elemento concreto di valutazione, non vale a superare il fatto che, nella stessa giocata, è possibile anche vincere un premio di valore superiore alla posta (tra orologi di vario tipo), circostanza questa che caratterizza un apparecchio vietato. L'art. 110, quarto comma, del R.D. n.773 del 1931, nel testo modificato dall'art. 1, primo comma, della legge 17.12.1986, n. 904, è chiaro in proposito, allorché precisa che: " si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo quelli che possono dar luogo a scommesse o consentano la vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura".

Altrettanto improbabile è lo "scopo promozionale" al quale sarebbe indirizzato l'apparecchio, sul quale l'appellante non dà alcuna indicazione, e sarebbe addirittura foriera di ulteriori provvedimenti sanzionatori, se ad essa dovesse prestarsi credito, la tesi (pag. 3, ultimo rigo dell'atto di appello), secondo cui, per l'equivalenza tra il valore della moneta introdotta nell'apparecchio e il valore del premio ricevuto per ogni giocata si sarebbe in presenza di una vendita. Tale attività, infatti, sarebbe del tutto estranea alla licenza dell'esercizio.

In conclusione, l'appello va respinto.

Le spese del secondo grado, peraltro, sussistendo giusti motivi, possono compensarsi fra le parti.

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