CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III - Ordinanza 4 giugno 2001 n. 947 (in G.U. n. 49 del 19-12-2001) - Pres. Lupo, Est. Manzo - Della Ragione (Avv. Di Criscio) c. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ed altri.
Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Effetti del giudicato penale nello stesso - Nuova disciplina - Prevista dall’art. 10 L. n. 97/2001 - Efficacia nel procedimento disciplinare delle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. "patteggiamento"), ivi compresi i patteggiamenti perfezionatisi anteriormente all'entrata in vigore della legge censurata - Irragionevolezza - Violazione dei principi di certezza giuridica e di affidamento del cittadino - Questione di legittimità costituzionale - Va sollevata.
(Legge 27 marzo 2001, n. 97, art. 10)
(Costituzione, artt. 3 e 24)
E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione - dell'art. 10 della
legge 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui dispone l'applicabilità degli artt. 1 e 2 della stessa legge (concernente gli effetti della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti nel giudizio disciplinare) ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente alla nuova legge.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi signori magistrati:
dott. Ernesto Lupo - Presidente,
dott. Michele Varrone - consigliere,
dott. Ennio Malzone - consigliere,
dott. Alfonso Amatucci - consigliere,
dott. Gianfranco Manzo rel. consigliere.
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da:
Della Ragione Achille, elettivamente domiciliato in Roma p.le Clodio, n. 14, presso lo studio dell'avvocato Domenico Di Criscio, che lo difende, giusta delega in atti;
contro
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; ordine dei medici chirurgici e odontoiatri, Presidente p.t. della commissione centrale esercenti le professioni sanitarie, Ministro della sanità; Intimati
- avverso la decisione n. 77/2000 della Commissione 2001 Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie di Roma, emessa il 10 aprile 2000 e depositata il 23 maggio 2000;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 giugno 2001 al dal Consigliere dott. Gianfranco Manzo;
Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Umberto Apice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
I N F A T T O
A seguito della notizia comparsa su alcuni quotidiani che la magistratura aveva sottoposto a sequestro lo studio del ginecologo Achille Della Ragione, quest'ultimo veniva convocato dal Presidente dell'ordine dei medici e chirurghi di Napoli, per essere sentito in ordine a quei fatti. Il sanitario inviava al Presidente dell'ordine una lettera nella quale dichiarava di essere oggetto di una campagna scandalistica.
La Commissione medici chirurghi decideva di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del dott. Della Ragione. Con sentenza del 22 maggio 1998, adottata dal GIP a norma dell'art. 444, secondo comma c.p.p., al dott. Della Ragione veniva applicata la pena della reclusione di anni uno e mesi due, per aver cagionato interruzioni volontarie di gravidanza a 10 donne, in contrasto con la legge n. 194 del 1978, e per aver tentato di commettere lo stesso reato nei confronti di altre due donne.
Il dott. Della Ragione, nuovamente convocato dal Presidente del Consiglio dell'ordine, inviava una nota difensiva con la quale dichiarava di essere totalmente estraneo ai fatti addebitatigli e di essere addivenuto al patteggiamento per ottenere celermente il dissequestro del suo studio. Il Presidente dell'ordine comunicava nuovamente al dott. Della Ragione il deferimento disciplinare, con l'addebito dei comportamenti oggetto della sentenza ex art. 444 c.pp.
Il sanitario con una nota difensiva sosteneva che il patteggiamento non poteva considerarsi ammissione di responsabilità.
Nel giudizio disciplinare, il dott. Della Ragione ribadiva la sua linea difensiva e deduceva di non aver mai effettuato interruzioni di gravidanza nei suoi studi privati, ma solo in strutture accreditate. La Commissione medici chirurghi riteneva l'incolpato responsabile dell'infrazione contestata e gli irrogava la sanzione dalla sospensione dall'esercizio della professione per mesi tre, anche in considerazione dell'atteggiamento scarsamente collaborativo tenuto dallo stesso.
Il dott. Della Ragione proponeva ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie che, con decisione del 10 aprile 2000, respingeva il ricorso.
Avverso questa decisione il dott. Achille Della Ragione ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Sono stati intimati l'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Napoli, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il Ministero della sanità e il Presidente della Commissione centrale che non hanno svolto attività difensiva.
I N D I R I T T O
1. - Successivamente alla proposizione del ricorso è entrata in vigore la legge 27 marzo 2001, n. 97, che, con l'art. 1, ha modificato l'art. 653 c.p.p. concernente l'efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare. La nuova disposizione ha riconosciuto efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare alla sentenza penale irrevocabile di condanna (e non solo a quella di assoluzione, come era precedentemente disposto), quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.
A tale sentenza di condanna è stata, poi, equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), mediante una modifica, apportata dall'art. 2 della citata legge n. 97 del 2001, dell'art. 445 c.p.p. il cui nuovo testo esclude il giudizio disciplinare dal principio secondo cui il patteggiamento "non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi". Consegue che, rispetto il giudizio disciplinare, la sentenza di patteggiamento viene equiparata ad una pronunzia di condanna, secondo la regola generale dettata dall'ultima parte dell'art. 445, comma 1 c.p.p.
2. - La nuova legge n. 97 del 2001 si intitola "norme sui rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti sul giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche".
L'art. 1 della legge, che inserisce un comma 1-bis nell'art. 653 c.p.p., nel riconoscere come s'è detto l'efficacia di giudicato alla sentenza di condanna fa, poi, riferimento al "giudizio di responsabilità davanti alle pubbliche autorità". Il titolo della legge potrebbe far pensare che il legislatore abbia voluto limitare l'ambito dell'intervento al procedimento disciplinare relativo ai dipendenti pubblici. In realtà, essendo la novellazione relativa agli artt. 653 e 445 c.p.p., che disciplinano in generale gli effetti del giudicato penale sul giudizio disciplinare, non può non ritenersi applicabile la nuova disciplina anche ai procedimenti disciplinari dei professionisti.
All'applicazione dell'efficacia del giudicato penale di condanna nel giudizio disciplinare dei professionisti non osta il richiamo fatto al comma 1-bis dell'art 653 c.p.p. "alle pubbliche autorità", poichè il procedimento che si svolge dinanzi all'ordine ha natura amministrativa e gli ordini professionali hanno personalità giuridica pubblica (nel senso della applicabilità della nuova disciplina anche ai professionisti, si è già pronunziata questa Corte con sentenza in corso di pubblicazione, nella causa Villani contro Ordine odontoiatri di Trieste, ud. 11 maggio 2001).
3. - Per espresso disposto dell'art. 10 della citata legge n. 97 del 2001, le disposizioni in essa contenute "si applicano ai procedimenti penali, ai giudizi civili e amministrativi e ai procedimenti disciplinari in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa" (fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 5 aprile 2001). il ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie introduce un vero e proprio giudizio civile che continua attraverso il presente giudizio di cassazione, consentito dall'art. 111 Cost.
Consegue che le innovazioni dettate dagli artt. 1 e 2 della legge n. 97 del 2001 sono, per espressa previsione del citato art. 10, applicabili anche al giudizio disciplinare instaurato contro il ricorrente Della Ragione, per il quale, pertanto secondo la nuova legge, la sentenza di patteggiamento avrebbe efficacia di giudicato in ordine alla sussistenza del fatto e alla sua commissione da parte dello stesso.
4. - L'espressa previsione della retroattività della disciplina in questione e la sua applicabilità anche ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente alla nuova legge autorizza dubbi di costituzionalità. È condivisibile il consolidato orientamento della Corte costituzione secondo cui il divieto di retroattività della legge - pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore deve in linea di principio attenersi - non è stato tuttavia elevato a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dell'art. 25 Cost., limitatamente alla legge penale.
Il legislatore ordinario, pertanto, nel rispetto del suddetto limite, può emanare norme con efficacia retroattiva, interpretative o innovative che siano, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti ex plurimis: 341 del 2000, 416 del 1999, 229 del 1999, 432 del 1997 e 29 del 1986).
Peraltro, l'art. 10 della legge nella parte in cui prevede l'applicazione della nuova disciplina ai procedimenti in corso e, dunque, alle sentenze di applicazione della pena su richiesta pronunziate anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa appare porsi in contrasto con il canone di ragionevolezza, - che deve in ogni caso ispirare la discrezionalità legislativa.
La nuova legge associa alle sentenze di patteggiamento effetti che, con riguardo alla disciplina anteriore, esse non avevano. Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte, costituente sul punto diritto vivente, la sentenza di patteggiamento non aveva efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nell'ambito del quale l'accertamento dei fatti addebitati al professionista doveva avvenire in modo autonomo (Cass. 8 ottobre 1998, n. 9976; 27 agosto 1999, n. 8923; 15 maggio 2000, n. 6218; 15 novembre 2000, n. 14807).
La retroattività della nuova disciplina comporta che il professionista, il quale, vigenti le precedenti disposizioni, aveva ritenuto di dover accedere al patteggiamento nella legittima aspettativa che la sua scelta non avrebbe avuto incidenza preclusiva sugli accertamenti di sussistenza del fatto e di commissione dello stesso da compiersi nel procedimento disciplinare, vede modificata e definitivamente pregiudicata la propria posizione, non potendo pretendere un autonomo accertamento nella sede non penale. La retroattività della nuova disciplina fa sorgere il dubbio che il legislatore abbia violato il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto ha frustrato il legittimo affidamento dei professionista che in ragione del quadro normativo esistente, aveva deciso di addivenire al patteggiamento.
La rilevanza costituzionale del principio dell'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, in ragione del quadro normativo esistente, è riconosciuta dalla Corte costituzionale che ne ha fatto applicazione nella materia previdenziale sentenze n. 416 del 1999, 211 del 1997, 390 del 1995, 822 del 1988 e 349 del 1985 e in quella processuale (sentenze n. 525 del 2000 e n. 111 del 1998).
La Corte ha ritenuto che il principio non può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti.
Il principio indicato appare applicabile alla materia disciplinare, considerando sia il carattere afflittivo della sanzione disciplinare e la sua possibile incidenza sui diritto al lavoro sia la circostanza che la nuova disciplina, sancendo retroattivamente l'efficacia della sentenza di patteggiamento nel giudizio disciplinare, introduce, in sostanza, conseguenze punitive, che non erano nè automatiche nè scontate la precedente disciplina. Infine va rilevato che l'autorità del giudicato penale esclude che il giudice civile possa valutare liberamente la sussistenza e la commissione del fatto, cosicchè, per effetto della retroattività della nuova disciplina, appare violato anche l'art. 24 Cost., poichè perdono di rilevanza le difese svolte dall'interessato, in ordine alla sussistenza del fatto e alla sua commissione. In conclusione, appare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 27 marzo 2001, n. 97, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui dispone l'applicabilità degli artt. 1 e 2 ai patteggiamenti perfezionatisi prima dell'entrata in vigore della legge stessa.
5. - La questione oltre che non manifestamente infondata è rilevante, in quanto occorre fare necessaria applicazione nel caso di specie della nuova disciplina, anche considerando che, avuto riguardo alla disciplina previgente di cui agli artt. 445 e 653, dalla sentenza impugnata non risulta che sia stato compiuto un autonomo accertamento dei fatti in sede disciplinare.
P.Q.M.
La Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 27 marzo 2001, n. 97, nella parte in cui dispone l'applicabilità degli artt. 1 e 2 (della stessa legge concernente gli effetti della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti nel giudizio disciplinare) ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente alla nuova legge, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;
Sospende il giudizio e ordina l'invio degli atti alla Corte costituzionale;
Dispone che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti del giudizio ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del parlamento.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione il 4 giugno 2001.
Il Presidente: Lupo
Depositata il 4 giugno 2001.