CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI - Sentenza 12 novembre 2001 n. 14025 - Pres. Vela, Est. Giannantonio - P.N. (Avv. Torre) c. I.N.P.D.A.P. (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica) (Avv. Di Comite) - P.M. Iannelli (conforme).
Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Dipendenti enti locali - Indennità premio di fine servizio - Controversie - Rientrano nella giurisdizione dell’A.G.O., trattandosi di controversie previdenziali.
Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 442 del codice di procedura civile, le controversie aventi ad oggetto l'indennità premio di fine servizio spettante ai dipendenti degli enti locali (1), non essendo applicabile in via analogica, per il suo carattere di norma eccezionale, il disposto dell'art. 6 della legge 20 marzo 1980, n. 75, che attribuisce all'autorità giudiziaria amministrativa le controversie in materia di indennità di buonuscita e di indennità di cessazione dei rapporto di impiego relativo al personale dello Stato e delle aziende autonome (2).
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(1) Cass. 26 maggio 1994 n. 5124; 11 aprile 1995 n. 4149; 1 settembre 1999 n. 623.
(2) Cass. 20 novembre 1982 n. 6242; Cass. 15 ottobre 1983 n. 6046; Cass. 17 gennaio 1986 n. 278; Cass. 1 9 gennaio 1987 n. 413; Cass. 26 maggio 1994 n. 5124; Cass. 11 aprile 1995 n. 4149.
Hanno aggiunto le S.U. nella specie che l'esistenza o meno di un rapporto di pubblico impiego e il livello delle qualifiche funzionali costituiscono un mero presupposto esterno del rapporto previdenziale (Cass. 25 novembre 1993 n. 11647; Cass. 16 giugno 1993 n. 6700; Cass. 26 febbraio 1993 n. 2423; Cass. 10 luglio 1992 n. 8413), dovendo l'accertamento relativo essere svolto in via esclusivamente incidentale dal giudice della causa previdenziale (Cass. 4 gennaio 1993 n. 7).
Hanno osservato in proposito le S.U. che l'indennità premio di servizio è stata istituita con la legge 2 giugno 1930 n. 733 per porre il dipendente cessato dal servizio e in attesa di pensione in condizioni di far fronte alle difficoltà economiche che insorgono nel momento in cui viene meno il trattamento retributivo per effetto della cessazione del rapporto di impiego.
La successiva evoluzione legislativa, e in particolare la legge 8 marzo 1968 n. 152, hanno fatto perdere all'istituto il suo originario carattere di premio alla fedeltà dimostrata dal dipendente negli anni di lodevole servizio e gli hanno fatto assumere quello di trattamento di fine rapporto, correlato alla capitalizzazione dei contributi versati e con finalità assistenziali e previdenziali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 4 giugno 1998 il signor N.P. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Bari, quale giudice del lavoro, l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), in persona del legale rappresentante pro - tempore.
Esponeva di essere un ex dipendente dell'Enpi, transitato nei ruoli regionali, e chiedeva:
1) che fosse accertato che il suo rapporto di impiego era soggetto agli accordi collettivi del comparato degli enti pubblici non economici;
2) che, in applicazione di tali accordi, gli fosse riconosciuto il diritto all'inquadramento nella nona qualifica funzionale;
3) che la sua indennità di anzianità fosse correlata alla qualifica accertata;
4) che fosse accertato l'importo della indennità premio di fine servizio secondo parametri INPDAP;
5) che l'Istituto fosse condannato al pagamento della somma pari alla differenza tra l'importo accertato al capo 3) e quello di cui al capo 4) oltre alla rivalutazione, agli interessi legali e alle spese del giudizio.
Costituitosi in giudizio l'Istituto eccepiva:
1) il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria trattandosi di controversia di pubblico impiego;
2) la carenza di legittimazione passiva in quanto, trattandosi di controversia sul pretesto irregolare inquadramento all'interno dei ruoli regionali, il contraddittore non poteva essere che la Regione;
3) la nullità per genericità dal ricorso da cui non si evinceva se il ricorrente fosse in servizio o meno, ove prestasse e se prestasse lavoro e quale fosse la sua qualifica, nonché per l'irregolarità della notifica non effettuata nella sede legale dell'istituto;
4) l'infondatezza del ricorso nel merito e la prescrizione in ogni caso dei crediti richiesti.
Nelle more del processo, a seguito della riforma del codice di rito, la controversia veniva assegnata al giudice del lavoro del Tribunale di Bari che, con sentenza del 10 marzo 2000, dichiarava il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
La decisione dei Tribunale è stata confermata dalla Corte di Appello di Bari che, con sentenza depositata in cancelleria il 15 luglio 2000, ha rigettato sia l'appello del signor P., sia l'appello incidentale proposto dall'istituto in merito alla compensazione delle spese.
In particolare la Corte di Appello ha affermato che la controversia rientra pacificamente nella giurisdizione amministrativa in base alla disciplina transitoria dettata dall'art. 45 del decreto legge n. 80 dei 1980, in quanto ha per oggetto questioni (inquadramento in una qualifica superiore) attinenti al periodo di lavoro anteriore al 30 giugno 1998.
La Corte di Appello ha, inoltre, escluso che l'accertamento concernente l'inquadramento nella nona qualifica funzionale abbia carattere incidentale in quanto, in assenza di un provvedimento giurisdizionale ad efficacia costitutiva che modifichi lo status giuridico ed economico del signor P., nessuna pretesa consequenziale poteva essere avanzata.
Avverso la decisione della Corte di Appello il signor P. propone ricorso articolato in due motivi e illustrato con memoria.
L'INPDAP resiste con controricorso, illustrato anch'esso con memoria, con il quale eccepisce, in linea preliminare, che il ricorso, almeno nella copia notificata, è privo della sottoscrizione del Procuratore dei ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto deve essere dichiarata infondata l'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Istituto resistente.
Risulta, infatti, dal fascicolo di ufficio che il ricorso è stato sottoscritto in calce dal ricorrente, il signor N.P., e che il difensore del P., avv. Giuseppe Torre, ha autenticato la sottoscrizione.
Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e l'inesatta interpretazione dell'art. 6 della legge n. 482 dell'anno 1988 e degli articoli 442, 444 e 295 del codice di procedura civile.
Lamenta che la Corte di Appello non abbia tenuto presente che la domanda aveva per oggetto la corresponsione "dell'eccedenza" prevista dall'art. 6 della legge n. 482 del 1988;
aveva cioè per oggetto un credito di natura previdenziale soggetto alla giurisdizione ordinaria.
Assume inoltre di avere proposto la domanda di accertamento di un livello retributivo superiore solo per un fine di provocazione:
per promuovere, cioè, con efficacia di giudicato, una questione pregiudiziale e per accertare la giurisdizione tenuto conto dell'incertezza interpretativa dell'art. 45, comma 17, del decreto legislativo n. 80 dell'anno 1998.
Assume, infine, che, in ogni caso, in base all'art. 295 del codice di procedura civile, il giudice ordinario, competente sulla controversia previdenziale, può conoscere, incidenter tantum, delle questioni pregiudiziali o, se necessario, disporre la sospensione del processo.
Il motivo è fondato.
Come è noto, che l'indennità premio di servizio è stata istituita con la legge 2 giugno 1930 n. 733 per porre il dipendente cessato dal servizio e in attesa di pensione in condizioni di far fronte alle difficoltà economiche che insorgono nel momento in cui viene meno il trattamento retributivo per effetto della cessazione del rapporto di impiego.
La successiva evoluzione legislativa, e in particolare la legge 8 marzo 1968 n. 152, hanno fatto perdere all'istituto il suo originario carattere di premio alla fedeltà dimostrata dal dipendente negli anni di lodevole servizio e gli hanno fatto assumere quello di trattamento di fine rapporto, correlato alla capitalizzazione dei contributi versati e con finalità assistenziali e previdenziali.
Di conseguenza la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che le controversie aventi ad oggetto l'indennità premio di fine servizio spettante ai dipendenti degli enti locali rientrano nelle attribuzione giurisdizionali del giudice ordinario; e che non è applicabile in via analogica, per il suo carattere di norma eccezionale, il disposto dell'art. 6 della legge 20 marzo 1980 n. 75 che attribuisce all'autorità giudiziaria amministrativa le controversie in materia di indennità di buonuscita e di indennità di cessazione dei rapporto di impiego relativo al personale dello Stato e delle aziende autonome (Cass. 20 novembre 1982 n. 6242; Cass. 15 ottobre 1983 n. 6046; Cass. 17 gennaio 1986 n. 278; Cass. 1 9 gennaio 1987 n. 413; Cass. 26 maggio 1994 n. 5124; Cass. 11 aprile 1995 n. 4149).
Le controversie relative alla indennità di premio di servizio devono quindi essere considerate controversie previdenziali e rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell'art. 442 del codice di procedura civile (Cass. 26 maggio 1994 n. 5124; Cass. 11 aprile 1995 n. 4149; Cass. 1 settembre 1999 n. 623); l'esistenza o meno di un rapporto di pubblico impiego e il livello delle qualifiche funzionali costituiscono un mero presupposto esterno del rapporto previdenziale (Cass. 25 novembre 1993 n. 11647; Cass. 16 giugno 1993 n. 6700; Cass. 26 febbraio 1993 n. 2423; Cass. 10 luglio 1992 n. 8413); l'accertamento relativo deve essere svolto in via esclusivamente incidentale dal giudice della causa previdenziale (Cass. 4 gennaio 1993 n. 7).
Nel caso in esame l'eccedenza di cui il dipendente ha chiesto la corresponsione è espressamente ricompresa, ai sensi dell'art. 6, comma 5, della legge n. 482 del 1988, nell'indennità premio di fine servizio;
e ciò è sufficiente per radicare, sulla base della giurisprudenza in precedenza richiamata, la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, la quale potrà conoscere, incidenter tantum, delle questioni relative al rapporto di pubblico impiego come, ad esempio, quella relativa al livello della qualifica funzionale.
(Cass. S.U. 1° luglio 1999 n. 382; Cass. S.U. 20 dicembre 2000 n. 1300; Cass. S.U. 27 ottobre 2000 n. 1143; Cass. S.U. 16 novembre 2000 n. 1182).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e l'errata interpretazione dell'art. 45 del decreto legislativo n. 80 dell'anno 1988.
Assume che, in base alla norma citata, la domanda, rientra nella competenza del giudice ordinario in quarto ha per oggetto un credito sorto in epoca anteriore al 30 giugno 1998, ma non ancora soddisfatto.
L'esame di questo motivo deve essere considerato assorbito dall'accoglimento del motivo precedente.
Il ricorso deve pertanto essere accolto in relazione al primo motivo e deve essere dichiarata la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Bari che, quale giudice del lavoro, provvederà all'esame della controversia ai sensi dell'art. 382 del codice di procedura civile.
Il Tribunale, quale giudice del rinvio, provvederà anche in merito alle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Bari che, quale giudice del lavoro, provvederà all'esame della controversia e, quale giudice di rinvio, provvederà anche in merito alle spese di questa fase del giudizio.
Così deciso in Roma 18 giugno 2001.
Depositata il 12 novembre 2001.