CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISDIZIONALE PER L’ABRUZZO - Sentenza 8 novembre 1999 n. 1112/EL/99 - Presidente MINERVA Estensore POZZATO PM DI STEFANO
Giudizio di responsabilità - prescrizione - decorrenza - dalla data di effettiva erogazione delle somme
Giudizio di responsabilità - danno - c.d. accessione invertita - sussistenza relativamente alle somme pagate per rivalutazione, accessori, spese legali e di giustizia
Giudizio di responsabilità - elemento psicologico - colpa grave - omessa vigilanza sul funzionamento degli uffici comunali da parte del sindaco e del segretario comunale - sussiste.
Il dies a quo per il computo della prescrizione, nell’ipotesi di danno indiretto, decorre dal momento in cui l’amministrazione effettua il pagamento, in esecuzione di sentenza irrevocabile di condanna emessa dal giudice civile.
Si configura il danno al pubblico erario consistente, negli importi erogati a titolo di rivalutazione, accessori, spese legali e di giustizia, quando, a seguito della c.d. accessione invertita, si realizza la totale reintegrazione del patrimonio degli originari proprietari del bene espropriando, che non si sarebbero prodotte laddove la p.a. avesse rispettato i termini del procedimento ablatorio.
Costituisce grave e colpevole negligenza, in base all’ordinamento comunale ante 1990, il comportamento del Sindaco e del Segretario comunale, che omettono la vigilanza sul corretto funzionamento dei competenti uffici comunali, in quanto titolari di specifici poteri di direzione, coordinamento ed impulso dell’organizzazione amministrativa e tecnica comunale.
DIRITTO
La pretesa attorea è meritevole di parziale accoglimento.
Vanno, in primo luogo, disattese le eccezioni che le parti convenute hanno sollevato in materia di prescrizione. Fondatamente il rappresentante del Pubblico Ministero ha, all’odierna udienza, fatto rilevare che, nella fattispecie in esame, avente ad oggetto un danno erariale c.d. indiretto, la prescrizione non può che decorrere dal momento dell’effettiva erogazione costituente danno erariale.
Poiché secondo il consolidamento orientamento del giudice contabile (per tutte, cfr. sez. Veneto, sentenza n. 611\1998 del 4.8.198) il dies a quo della prescrizione coincide con il momento in cui, con il pagamento (delibera del Consiglio Comunale di C.d.S. n. 12 in data 7.3.1994), si è concretizzato l’evento dannoso, l’atto di citazione risulta tempestivo e l’eccezione va respinta.
Nel merito osserva il Collegio che, nel quadro del procedimento espropriativo, è riconosciuto dalla legge all’espropriato il diritto al pagamento di un’indennità, volta a ristorare la perdita sofferta al diritto di proprietà. Lo schema normativo disciplina il procedimento con la determinazione di precisi termini e precise scadenze.
In questo contesto, l’occupazione del bene da parte dell’Amministrazione, effettuata nell’esercizio legittimo di un potere autoritativo, è strettamente e temporalmente collegata alla definizione del procedimento espropriativo, di guisa che, qualora all’occupazione non si saldi in un determinato lasso di tempo la determinazione dell’indennità di esproprio e l’emissione del decreto di espropriazione, l’architettura giuridica predisposta dall’Amministrazione decade e crolla.
Inoltre, ciò che più importa alle nostre finalità, la legittimità dell’esercizio del potere autoritativo degrada ad illegittimità, da un canto consumando il potere e, dall’altro, provocando la reviviscenza del diritto di proprietà dell’originario espropriando, ovvero il sorgere del diritto al risarcimento del danno.
Alla lesione del diritto di proprietà si accompagna pertanto non più l’indennità, volta a costituire un semplice riparo dalla perdita, ma il risarcimento del danno, volto ad un’integrale copertura dell’intero pregiudizio cagionato, riguardando non solo il danno emergente, ma financo il lucro cessante.
Nella fattispecie che viene in esame, il Comune di C.d.S., occupati i terreni delle ditte A e B, ha lasciato che infruttuosamente decorresse il periodo massimo sancito dal decreto di occupazione emanato dal Presidente della Giunta Regionale, senza che venisse perfezionata la procedura di esproprio con la determinazione dell’indennità e l’emissione del decreto di esproprio.
A una tale inerzia corrispondeva tuttavia un’alacre attività sull’immobile occupato, di talché con lo spirare del periodo di legittima occupazione non si poteva procedere alla restituzione dell’immobile, essendosi verificata un’irreversibile trasformazione del bene, riconducibile alla c.d. "accessione invertita", in virtù della quale si determina l’estinzione della proprietà dell’immobile con riguardo all’originario espropriando e il sorgere del diritto al risarcimento dei danni.
Il comportamento illecito – concretantesi in particolare nell’omessa vigilanza del corretto funzionamento dei competenti uffici comunali del Sindaco di C.d.S. sig. G. e del Segretario comunale di C.d.S. sig. DR., nell’acquisire l’immobile e nel portare a compimento l’opera pubblica, ha cagionato pertanto un danno al Pubblico Erario, consistente nella totale reintegrazione del patrimonio degli originari proprietari e nel pagamento delle spese di giustizia, che non si sarebbe prodotto laddove il procedimento espropriativo si fosse svolto e fosse stato condotto secondo gli schemi e i termini, in particolar modo temporali ex art. 20 della L. 22 ottobre 1971 n. 865, prefissati dalla normativa.
Il danno all’Erario ha avuto attuale presupposto con le sentenze del giudice civile di S che, riconoscendo l’avvenuta consumazione del potere di espropriazione, ha disposto, nell’impossibilità del ripristino, l’integrale soddisfacimento delle ragioni e dei pregiudizi sofferti dalla parte attrice proprietaria dell’immobile.
La causa delle sentenze di condanna è da rinvenirsi nella mancata o insufficiente cura del procedimento espropriativo nel periodo intercorrente tra l’occupazione dei terreni e il termine finale per il perfezionamento del procedimento.
Le gravi omissioni del Sindaco sig. G. e del Segretario sig. D. R. verificatesi non possono essere attribuite a particolari difficoltà ma alla grave e colpevole negligenza, concretantesi nella sprezzante trascuratezza dei propri doveri, resa ostentiva attraverso un comportamento improntato alla massima noncuranza degli interessi pubblici.
Non possono rilevare nella specie, sotto il profilo soggettivo della colpa, l’incertezza dei provvedimenti legislativi intervenuti a seguito dalla sentenza n. 5 del 1980 della Corte Costituzionale (cfr. Corte dei conti, sez. II – centr. d’appello, 7.8.1995, n. 23\A; Sez. giur. Calabria, n. 15 del 5.4.1994); neppure possono avere ingresso le presunte esimenti, ribadite nel corso dell’odierna udienza da parte dell’avv. Cerceo, riguardanti uno "stato di necessità" nel quale si sarebbero trovate le strutture comunali di C.d.S. a seguito del sisma del 1984, attesa la rilevanza finanziaria delle procedure espropriative di cui è questione, che certamente - date le dimensioni del Comune – non potevano in alcun modo passare inosservate, se non per comportamenti talmente colpevoli da potere integrare la cosiddetta colpa con previsione.
Risulta assolutamente chiaro che, nel caso di specie, il complesso degli Uffici preposti al regolare espletamento delle procedure espropriative in questione – in particolare l’Ufficio tecnico comunale – mancò di funzionare, senza che i vertici amministrativo-politici (rappresentati dagli odierni convenuti) azionassero, neppure indirettamente, i propri poteri sostitutivi e di indirizzo.
L’evento lesivo, tenuto peraltro conto che la Procura precedente non ha evocato in giudizio alcun soggetto (cui incombeva la responsabilità diretta del fruttuoso espletamento delle procedure espropriative in questione) facente parte dell’Ufficio tecnico comunale, è addebitabile al Sindaco e al Segretario comunale di Castel di Sangro, in quanto titolari di specifici poteri di direzione, coordinamento ed impulso dell’organizzazione amministrativa e tecnica comunale. Prive di pregio sono pertanto le argomentazioni difensive svolte in sede orale e di conclusioni scritte dal sig. D. R., in quanto, tanto in base all’ordinamento comunale in vigore che a quello ante 1990, i Segretari comunali sono tenuti alla puntuale esecuzione degli adempimenti di legge spettanti all’amministrazione comunale. Nella fattispecie è acclarato l’inadempimento del Comune di C.d.S. agli obblighi di legge relativi al perfezionamento dell’espropriazione di cui è questione. Parimenti priva di pregio risulta l’osservazione formulata all’odierna udienza dall’avv. Cerceo, secondo cui l’inizio delle procedure espropriative in questione sarebbe stato iniziato prima dell’incardinamento del sig. D. R. in qualità di Segretario Comunale: la circostanza è, infatti, non conforme al vero, dovendosi anzi osservare che i cinque anni assegnati dalla legge per il perfezionamento delle procedure espropriative in questione (giugno 1983 – giugno 1988) hanno coinciso per intero con la prestazione (dall’1.5.1983 al 23.10.1983 in qualità di supplente a scavalco trisettimanale e di titolare dal 24.10.1983 al 14.3.1993) del servizio del D. R. presso il Comune di Castel di Sangro.
Tenuto conto, pertanto, dei soggetti chiamati in giudizio dalla Procura procedente, e dalla parte di danno erariale – consistente, secondo la Procura procedente, negli importi erogati a seguito di condanna del Comune di Castel di Sangro a titolo di rivalutazione, accessori, spese legali e di giustizia – ad essi addebitabile in virtù di comportamenti gravemente colpevoli, ritiene il Collegio che ai signori G. e D. R. vada addossata parte del danno erariale prodottosi, valutabile in lire venti milioni, comprensivi di rivalutazione, per ciascuno dei citati convenuti.