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CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE ABRUZZO – Sentenza 3 ottobre 2002 n. 699 – Pres. Minerva, Rel. Pepe Procura regionale c. G. V. (Avv.ti Venta e Miscia) - P.M. Perin.

1. Giurisdizione e competenza –  Corte dei conti - Giudizio di responsabilità amministrativa – Nei confronti dell’Ordine regionale dei giornalisti – Giurisdizione della Corte dei conti – Sussiste.

2. Responsabilità amministrativa – Generalità - Azione civile di danno – Autonomia rispetto all’azione di responsabilità amministrativa – Sussiste.

3. Responsabilità amministrativa – Generalità - Obblighi di natura contabile - Presidente ordine giornalisti – Resa del conto – Sussiste.

4. Responsabilità amministrativa – Danno all’immagine della P.A. - Lesione all’immagine conseguente a reati patrimoniali contro l’ordine giornalisti – Sussiste.

1. L’ordine regionale dei giornalisti non può essere equiparato ad una associazione di persone di carattere privatistico, ma deve essere considerato «persona giuridica di diritto pubblico», qualificazione questa attribuita all'Ordine nazionale dei giornalisti ed espressamente estesa anche agli «ordini regionali e interregionali» ex art. 1, sesto comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, avente per oggetto «Ordinamento della professione di giornalista». Sussiste pertanto la giurisdizione della Corte dei conti in ordine ad un giudizio di responsabilità iniziato nei confronti del Presidente di un Consiglio regionale dei giornalisti per fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni (1).

2. La giurisdizione amministrativa e contabile e quella civile sono reciprocamente indipendenti nei profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, dal momento che l'interferenza può avvenire solo tra i giudizi, ma non fra le giurisdizioni, con la conseguenza che, in base al principio di autonomia dell'azione di responsabilità amministrativa rispetto all'azione civile di danno, la pendenza di giudizio civile non preclude l'azione della Procura regionale.

3. Sussiste il pregiudizio patrimoniale, inteso quale perdita certa, concreta ed attuale in presenza di una fatto dannoso derivante dal reato di peculato, in modo particolare quando sul responsabile gravavano obblighi di natura contabile, avendo avuto, quest’ultimo, la disponibilità effettiva di somme di pertinenza dell'ente pubblico che comportano la necessità di dovere rendere il conto dei valori e dei beni di cui si abbia avuto il maneggio (2).

4. Sussiste la responsabilità del Presidente di un ordine regionale dei giornalisti per il danno all’immagine, in presenza della eccezionale gravità dei reati contestati in sede penale (dal peculato alla falsità ideologica e materiale, attraverso la soppressione, distruzione e occultamento di atti), a causa dell’oggettivo clamore suscitato dalla vicenda sulla stessa stampa in ragione della peculiare posizione rivestita dal responsabile, indipendentemente, poi, dalla eventuale spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso (3).

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(1) Cfr. Corte dei conti, Sezione controllo Enti, deliberazione n. 43 in data 20 luglio 1995, secondo cui gli Ordini e Collegi professionali, in quanto compresi tra gli Enti di diritto pubblico, sono assoggettati al controllo della Corte dei conti, ai sensi dell'art. 3, quarto comma, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20.

(2) Per gli obblighi di natura contabile e conseguente assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei Conti, cfr. Cass. SS. UU. Civili, Sentenza 12 novembre 2001 n. 14029.

(3) In materia di lesione all’immagine, cfr. Cass. SS. UU. Civili Sentenza del 25 ottobre 1999 n. 744, dove l’attività illecita, addebitata ai soggetti convenuti nel giudizio di responsabilità amministrativa, è tendenzialmente dotata di incidenza negativa sul piano patrimoniale della p.a.; per la giurisprudenza contabile cfr., ex multis, Corte dei Conti, sez. I centrale d’appello, n. 96 del 25.3.2002, in Giustizia amministrativa n. 3/2002, pag. 674 ed in www.giustamm.it, n. 5-2002, pag. www.giustamm.it/corte/cconticentrapp_2002-96.htm.

 

 

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 250/R del registro di Segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:

G. V., nato a omissis, quale Presidente, all'epoca dei fatti, del Consiglio regionale dell'Ordine dei Giornalisti d'Abruzzo, rappresentato e difeso dagli Avvocati Ernesto F. Venta e Valentino Venta - ex procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio - ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei Legali medesimi, con sede in L'Aquila, Viale della Croce Rossa, 237/E;

uditi, alla pubblica udienza in data 4 giugno 2002, il Magistrato relatore, Dott. Federico Pepe, il Rappresentante del Pubblico Ministero, Dott. Massimo Perin, e l'Avv. Alessandro Miscia, delegato dall'Avv. Ernesto F. Venta;

con l’assistenza del Segretario, Dott.ssa Antonella Lanzi;

esaminati gli atti ed i documenti della causa.

Rilevato in

FATTO

Con atto di citazione depositato in data 24 gennaio 2002, il Sostituto Procuratore Generale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio G. V. per "ivi sentirsi condannare al pagamento a favore dell’Erario, della somma di € 175.247,40 pari a lire 339.326.313 o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo e con le spese del giudizio", oltre alla lesione all'immagine dell'Ente pubblico, da ristorare con "una somma di almeno € 15.493,71 pari a lire 30.000.000".

I fatti contestati dalla Procura regionale erano i seguenti: ""A seguito di attività istruttoria fin qui svolta da questa Procura è stato accertato che V. G. … già Presidente, all’epoca dei fatti, del Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, istituito con il d. P. R. n. 747 del 27.9.1980, in base alla legge 3.2.1963, n. 69, si è reso responsabile, così come emerge dalle imputazioni di cui alla sentenza irrevocabile n. 604/2000 del Tribunale dell’Aquila, Ufficio del G.I.P.: a) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 314, 61 n. 7 c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale Presidente del Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, avendo la disponibilità del denaro versato dagli iscritti per quote d’iscrizione e per diritti di segreteria, appartenente all’ordine, si appropriava nel 1993 di lire 16.561.000, nel 1994 di lire 34.991.024, nel 1995 di lire 45.756.000, nel 1996 di lire 39.029.000, nel 1997 di lire 24.941.000, nel 1998 di lire 90.509.382, nel 1999 di lire 67.178.050 e nel 2000, fino al 31 marzo, di lire 20.360.857, per complessive lire 339.326.313, cagionando alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante entità; b) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 479, 476, 61 n. 2 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale Presidente del Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, al fine di occultare il delitto di cui al capo a) e di assicurarsi il profitto, attestava falsamente, nei conti consuntivi relativi agli esercizi finanziari dal 1993 al 1999, entrate minori e uscite maggiori di quelle effettive; c) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 490, 476, 61 n. 2 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale Presidente del Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, al fine di occultare il delitto di cui al capo a) e di assicurarsi il profitto, distruggeva tutta la documentazione contabile (registri delle entrate e delle uscite, ricevute, fatture etc…) allegate ai conti consuntivi relativi agli esercizi finanziari dal 1993 al 1999; fatti questi avvenuti all’Aquila fino al 31 marzo 2000. All’odierno convenuto è stata applicata dal Tribunale dell’Aquila – Ufficio del giudice per le indagini preliminari – con la sentenza n. 604/2000 emessa, ai sensi dell’art. 444 e segg. del c.p.p., la pena di un anno e otto mesi di reclusione a seguito delle predette imputazioni formulate dal Requirente penale. In relazione a quanto sopra descritto lo scrivente Ufficio, ravvisata, dunque, l’esistenza di profili di responsabilità amministrativo-contabile a carico del predetto Presidente del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, ha emesso nei suoi confronti l’invito ex art. 5 del D.L. 15.11.1993, n. 453, convertito con modificazioni nella legge 14.1.1994, n. 19 e contestuale sequestro, notificato al medesimo in data 31.10.2001 tramite il personale militare della Guardia di Finanza. Con l’invito a dedurre è stata ipotizzata anche una responsabilità sussidiaria a carico dei seguenti revisori dei conti dell’Ente pubblico in parola: omissis . Quanto sopra, perché da una prima valutazione dei fatti era ipotizzabile, come violazione degli obblighi di servizio, il fatto che i revisori non avessero tempestivamente denunciato le irregolarità della gestione in cui era incorso il Presidente dell’ordine regionale sin dal 1993, assolvendo, di conseguenza, ai propri compiti in modo insufficiente e contribuendo così alla realizzazione del nocumento finanziario. A seguito del provvedimento di sequestro, richiesto ante causam e autorizzato dal Sig. Presidente con decreto del 24.10.2001, il Giudice designato, innanzi al quale è stata fissata l’udienza di comparizione, ha confermato, con ordinanza n. 204 del 2001, il provvedimento cautelare, limitatamente al sequestro del solo bene immobile di proprietà del convenuto, sito nell’Aquila Via Matteo da Leonessa, così identificato ai fini catastali: Codice N1AA, cat. U, Foglio 90, particella 1667, sub 68, 9, 22, 27; bene immobile il cui valore è sufficiente a garantire l’erario pubblico della somma ipotizzata del danno pari a £. 339.326.313 (pari a € 175.247,40). Con il predetto provvedimento del giudice designato è stato assegnato all’Ufficio di Procura il termine di 60 giorni per il deposito dell’atto di citazione. Entro il termine fissato nell’invito, sia il presunto responsabile del danno in via principale, che i revisori dei conti hanno fatto pervenire deduzioni scritte e hanno chiesto di essere ascoltati personalmente. Preliminarmente, si osserva che questa Procura, a seguito delle audizioni dei revisori dei conti, ha raggiunto il convincimento che a carico degli stessi non può essere contestata alcuna responsabilità per colpa grave (art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificata dalla legge n.639 del 1996), dal momento che, con una successiva valutazione, il comportamento di costoro, in ordine ai fatti, non appare caratterizzato da particolare negligenza, imprudenza o imperizia e senza l'osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza, prudenza o perizia in relazione al tipo di attività concretamente richiesto all'agente e alla loro particolare preparazione professionale (cfr. C.d.C. Sez. giur. Sicilia, 2 marzo 1998, n. 68). I revisori dei conti, così come è emerso, hanno sempre svolto regolarmente i propri compiti, poiché verificavano la documentazione contabile che il dott. V. presentava loro. Trattandosi, invero, di un bilancio composto da poche voci, i documenti contabili verificati non hanno indotto gli stessi a sospettare manovre appropriative da parte del Presidente, il quale, come messo in evidenza dal rapporto della Guardia di Finanza, aveva posto in essere un disegno finalizzato a carpire la buona fede dei revisori stessi e anche dei consiglieri. Tutti i revisori ascoltati hanno sostenuto di avere avuto fiducia nel Presidente dell’ordine e mai si sarebbero aspettati che dalla sua gestione sarebbero derivati degli ammanchi. L’esame della documentazione contabile non aveva poi destato particolari preoccupazioni, giacché la verifica della stessa appariva regolare. A questo occorre aggiungere che l’incarico di revisore era elettivo e non comportava alcun compenso se non quello relativo al rimborso di eventuali spese di viaggio, quando sostenute, trattandosi, di conseguenza, di un incarico prettamente onorario. Nel caso poi di due dei revisori intimati (il dott. C. O. e il dott. G. V.) è stato accertato che costoro non avevano nemmeno partecipato alle riunioni del collegio dei revisori per gravi motivi personali. Con le memorie difensive l’odierno convenuto, tramite il ministero dell’Avv. Ernesto F. VENTA del Foro dell’Aquila, ha sostenuto che: - già esiste analogo giudizio promosso dall’Ordine dei Giornalisti innanzi al Tribunale civile dell’Aquila con identico petitum; - che la sentenza patteggiata che ha definito il giudizio penale non prova alcuna fondatezza della domanda e che lo stesso è stato indotto a definire, in tale modo, il procedimento penale per impedire un nocumento all’immagine dell’Ordine dei giornalisti, anche per l’inevitabile coinvolgimento dei revisori dei conti e dei membri del Consiglio Direttivo che avevano approvato i bilanci; - che lo stesso non mai tratto vantaggi economici dal suo impegno ventennale presso l’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo; - che la contabilità era stata tenuta in maniera corretta, anche se dopo l’approvazione del bilancio veniva, purtroppo, distrutta; - che nella valutazione dell’ammanco non si è tenuto conto delle somme investite in BOT e delle quote non versate dagli iscritti; - che le somme mancati sono state determinate sulla scorta di ipotesi e non di riscontri obiettivi; - di aver sempre tenuto in modo corretto la contabilità, anche se non dal punto di vista formale, e ciò verrebbe provato dal fatto che presso l’Ordine non vi era personale qualificato; - con una corretta ricostruzione della contabilità potrà emergere che il convenuto non si è mai appropriato di somme dell’ordine. Per mero tuziorismo il convenuto ritiene che, essendo stata messa a disposizione dei Revisori e dei Componenti del Consiglio direttivo la documentazione contabile, anche costoro, qualora risultasse un qualche ammanco, dovrebbero risponderne. Nel corso dell’audizione personale del sig. V. G. del giorno 16 gennaio 2002, con l’assistenza dell’avv. E. F. VENTA, è stato ribadito quanto sopra. Nell’occasione l’odierno convenuto ha depositato un’articolata memoria – corredata da alcuni documenti - con la quale ricostruisce la vicenda che lo ha visto sottoposto prima al procedimento penale e ora a quello di responsabilità amministrativo-contabile. Preliminarmente il dott. V. evidenzia che, in vent’anni di Presidenza dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, si è sempre sobbarcato, a causa della latitanza degli altri componenti del Consiglio, incombenze impiegatizie con particolare riferimento alle funzioni di segreteria e di tesoreria. Il tempo dedicato all’Ordine dei giornalisti non lo poteva poi esentare dalle funzioni lavorative presso il giornale di cui era dipendente. Il medesimo V. nell’operare ha sempre agito in modo che tutti i componenti del Consiglio avessero la più ampia disponibilità della documentazione per il controllo e la verifica dei documenti e del bilancio. Entrando poi nel merito della ricostruzione contabile operata dalla Guardia di Finanza, il convenuto ritiene che, in assenza della documentazione contabile andata distrutta e alla luce del fenomeno della morosità e del disordine dei versamenti da parte di molti iscritti, non è possibile una ricostruzione segmentata per anni della sua gestione, mentre è possibile quella riferita all’intero periodo preso in considerazione. Sostiene, sempre il V., che dal 1993 al 1999 l’Ordine d’Abruzzo ha versato al Consiglio Nazionale la somma di £. 513.000.000. Questa somma rappresenta la metà delle somme che ha introitato l’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo nel periodo dal 1993 al 1999. La quota di spettanza dell’Ordine sarebbe poi giustificata tenendo conto delle morosità per quelle quote che ancora devono essere versate dagli iscritti. Il convenuto, a proposito di un ammanco di £. 20.000.000, evidenziato dalla Guardia di Finanza, nel bilancio del 2000, rileva che non è stato tenuto in conto della somma versata per incrementare il fondo fruttifero (£. 13.000.000). Sulla base di queste deduzioni il dott. V. chiede che nelle competenti sedi venga effettuata un dettagliata perizia contabile per verificare se e, in quale misura, sussistano eventuali ammanchi"".

In relazione a tali accadimenti, il Sostituto Procuratore Generale instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, primo comma, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in Legge 14 gennaio 1994, n. 19 (invito a dedurre in data 18 ottobre 2001, notificato in data 31 ottobre 2001).

Il V., producendo le proprie deduzioni in data 13 novembre 2001, chiedeva di essere ascoltato personalmente.

Tale audizione si svolgeva in data 16 gennaio 2002.

Con il suddetto invito a dedurre, peraltro, il Pubblico Ministero chiedeva l’autorizzazione al sequestro conservativo nei confronti del V. "fino alla concorrenza di lire 339.326.313, sequestro da eseguirsi presso l'Ente pubblico danneggiato sulle: somme dovute ed eventuali diritti di credito, a qualunque titolo vantati, nei confronti dell’amministrazione danneggiata, nei limiti di legge; somme dovute e diritti di credito vantati nei confronti di qualsiasi altro ente pubblico o ente privato, nei limiti di legge; beni immobili e diritti reali immobiliari di proprietà; beni mobili registrati, ovunque si trovino o da chiunque siano detenuti; somme e valori mobiliari depositati presso conti correnti aperti con Istituti di Credito".

Il Presidente della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, con decreto in data 24 ottobre 2001, depositato in pari data, autorizzava, inaudita altera parte, il sequestro di cui sopra e fissava l’udienza di comparizione delle Parti innanzi al Giudice designato.

Con ordinanza n. 204/01, depositata in data 30 novembre 2001, il Giudice designato, ex art. 5, terzo comma, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in Legge 14 gennaio 1994, n. 19, accoglieva parzialmente il ricorso e modificava il corrispondente decreto.

Seguiva, come descritto, l'emissione dell'atto di citazione in giudizio, notificato in data 6 febbraio 2002.

Con provvedimento in data 27 febbraio 2002, il Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo nominava il Magistrato relatore.

La difesa di G. V., con atto depositato in data 16 maggio 2002: eccepiva il difetto di giurisdizione della Corte dei conti; evidenziava la pendenza di giudizio civile, innanzi al Tribunale di L'Aquila, "avente stesso petitum e stessa causa petendi"; riteneva priva di valore probatorio la sentenza pronunciata ex art. 444 c.p.p.; contestava la determinazione degli ammanchi in questione, computo fondato "sulla scorta di ipotesi e non di dati e riscontri certi e obiettivi", chiedendo, di conseguenza, "appropriata consulenza" in ordine alla ricostruzione della contabilità; considerava "ingiustificata" la richiesta di risarcimento della lesione all'immagine "tenuto conto che della vicenda si è parlato, anche sulla stampa, in maniera del tutto marginale e solo ad opera di un qualche avversario del V."; prospettava il coinvolgimento, nel fatti in argomento, di soggetti terzi (Consiglieri "componenti il direttivo dell'Ordine" e Revisori dei conti); chiedeva, infine, il rigetto della pretesa de qua e, in via istruttoria, l'esecuzione di ulteriore attività.

In sede di pubblica udienza, l'Avv. Alessandro Miscia, richiamando il contenuto dell'atto defensionale suddetto, insisteva per la reiezione della domanda di Parte attrice ed il Pubblico Ministero concludeva per la condanna del Convenuto.

Considerato in

DIRITTO

L’ordine di esame delle questioni è rimesso al prudente apprezzamento del Giudice (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 727 in data 2 ottobre 1991).

In primis, sussiste la giurisdizione della Corte dei conti.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore, l'Ente istituito con D.P.R. 27 settembre 1980, n. 747, non può essere "equiparato ad una associazione di persone di carattere privatistico" ma deve essere considerato "persona giuridica di diritto pubblico", qualificazione attribuita all'Ordine nazionale ed espressamente estesa anche agli "ordini regionali e interregionali" ex art. 1, sesto comma, della Legge 3 febbraio 1963, n. 69, avente per oggetto "Ordinamento della professione di giornalista".

Difatti, la figura soggettiva de qua, sottratta alla disciplina di diritto comune (art. 11 c.c.), presenta il carattere "strumentale" proprio delle persone giuridiche pubbliche e costituisce, di conseguenza, mezzo per il raggiungimento di precisi fini pubblici, esplicitamente individuati dall'art. 11 della Legge citata: "a) cura l'osservanza della legge professionale e di tutte le altre disposizioni in materia; b) vigila per la tutela del titolo di giornalista, in qualunque sede, anche giudiziaria, e svolge ogni attività diretta alla repressione dell'esercizio abusivo della professione; c) cura la tenuta dell'albo e provvede alle iscrizioni e cancellazioni; d) adotta i provvedimenti disciplinari; e) provvede alla amministrazione dei beni di pertinenza dell'Ordine e compila annualmente il bilancio preventivo e il conto consuntivo da sottoporre all'approvazione dell'assemblea; f) vigila sulla condotta e sul decoro degli iscritti; g) dispone la convocazione dell'assemblea; h) fissa, con l'osservanza del limite massimo previsto dall'art. 20, lettera g), le quote annuali dovute dagli iscritti e determina inoltre i contributi per la iscrizione nell'albo e nel registro dei praticanti e per il rilascio di certificati; i) esercita le altre attribuzioni demandategli dalla legge".

In tale ambito, appare particolarmente rilevante, oltre alla cura dell'osservanza della Legge professionale ed alla vigilanza per la tutela del titolo di giornalista, la tenuta dell'albo, ripartito in due elenchi (professionisti e pubblicisti), registro che, secondo la definizione di autorevole dottrina, deve essere considerato "partecipazione permanente al pubblico di accertamenti abilitanti all'esercizio professionale" ovvero "forma di pubblicità permanente".

Le attività descritte sono dirette, innegabilmente, alla soddisfazione di pubblici interessi.

La predetta funzione, lo speciale trattamento normativo imposto all'Ordine (Legge 3 febbraio 1963, n. 69, e D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115, avente per oggetto "Regolamento per l'esecuzione della Legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista") e la natura dei proventi destinati alla stessa Organizzazione collettiva (quote annuali dovute dagli iscritti negli elenchi e contributi diversi, ex articoli 11, lettera h), 20, lettera f), della Legge 3 febbraio 1963, n. 69, 27, 28 e 29 del D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115) consentono, quindi, di affermare la cognizione piena ed esclusiva del Giudice contabile.

D'altronde, gli Ordini e Collegi professionali, in quanto compresi tra gli Enti di diritto pubblico, sono assoggettati al controllo della Corte dei conti, ai sensi dell'art. 3, quarto comma, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Corte dei conti, Sezione controllo Enti, deliberazione n. 43 in data 20 luglio 1995).

Preliminare si rivela anche l’esame dell’eccezione di litispendenza sollevata dal convenuto.

In realtà, non si pone alcun problema di identità delle due azioni, atteso che non si tratta di una stessa causa pendente innanzi a Giudici diversi, nel contesto della medesima giurisdizione.

Infatti, la giurisdizione amministrativa - contabile e quella civile sono reciprocamente indipendenti nei profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, dal momento che l'interferenza può avvenire tra i giudizi ma non fra le giurisdizioni (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 221 in data 11 luglio 2001).

Inoltre, in base al principio di autonomia dell'azione di responsabilità amministrativa rispetto all'azione civile di danno, la pendenza di giudizio civile non preclude l'azione della Procura regionale (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 28 in data 18 gennaio 2001).

La disciplina della litispendenza, pertanto, non può trovare applicazione quando le controversie siano incardinate presso giurisdizioni diverse, con profili del tutto autonomi e distinti per l'esercizio dell'azione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenza n. 94 in data 18 febbraio 2002).

In relazione agli effetti della sentenza di condanna a seguito del cd. patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., condivisibile giurisprudenza, con indirizzo oramai consolidato, asserisce che al Giudice contabile è consentito valutare autonomamente gli stessi elementi di fatto ed i contenuti probatori degli atti penali (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenza citata; Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 253 in data 30 luglio 2001; Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 222 in data 13 luglio 2001) - elementi liberamente apprezzabili ai sensi dell’art. 116, primo comma, c.p.c. (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Friuli - Venezia Giulia, sentenza n. 177 in data 12 maggio 2000) - affermazione giudiziale che supera le argomentazioni della Difesa circa la presunta impossibilità di trasferire "sic et simpliciter" le prove raccolte nel giudizio penale in quello amministrativo - contabile.

Per la parte di merito, appare sussistente il pregiudizio patrimoniale, inteso quale "perdita certa, concreta ed attuale" delle somme in argomento, nocumento evidente, peraltro, ove si configuri il reato di peculato (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale, sentenze nn. 104 in data 6 luglio 1993 e 1360 in data 12 aprile 1991).

La responsabilità di tale nocumento deve essere attribuita esclusivamente al V., il quale, come prospettato da parte attrice, "avendo avuto la disponibilità effettiva di somme di pertinenza dell'ente pubblico era sottoposto all'obbligo fondamentale di natura contabile che consiste nel dovere rendere il conto dei valori e dei beni di cui si abbia avuto il maneggio (cfr. Corte dei conti, Sez. Abruzzo, 24.11.2000, n. 1107/2000)" con l'ulteriore obbligo della "restituzione o, almeno, di un giustificato uso degli stessi, dimostrando, con prova certa proveniente dalla documentazione contabile, che la gestione sia stata regolare", prova che, nel caso concreto, non può ritenersi raggiunta.

Gli analitici accertamenti compiuti dai Militari della Guardia di Finanza in forza al Comando Nucleo Polizia tributaria di L'Aquila (relazione n. 4986/III/262 di prot. in data 18 settembre 2000 destinata alla Procura della Repubblica di L'Aquila - in atti di causa) confermano ampiamente il quadro di "palese irregolarità amministrativo - contabile dove è mancato il rispetto della regola del buon andamento della gestione delle somme del bilancio dell'ente pubblico" evidenziato dal Pubblico Ministero ed il grado d'intensità, particolarmente qualificato (dolo), dell’atteggiamento psicologico, elemento richiesto, in alternativa alla colpa grave, dall’art. 1, primo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in Legge 20 dicembre 1996, n. 639.

L'esito delle suddette indagini di Polizia giudiziaria, per di più, consente di prescindere sia dall'acquisizione della consulenza tecnica, stante la distruzione della documentazione in questione (punti 2 e 5 della citata relazione della Guardia di Finanza), reato particolarmente detestabile che richiama le speciali previsioni, seppure dettate in materia di frode fiscale, degli articoli 4, primo comma, del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, in Legge 7 agosto 1982, n. 516, e 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nonché il delitto di cui all'art. 216, primo comma, n. 2, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ipotesi di bancarotta fraudolenta (Corte di cassazione, Sezione I, sentenza n. 580 in data 30 marzo 1988), sia dalla chiamata in causa di ulteriori soggetti, adempimenti invocati espressamente dalla difesa del V..

Allo stato degli atti, la richiesta evocazione dei suddetti soggetti non può apportare contributo alcuno al giudizio.

Del resto, la verifica dell'integrità del contraddittorio deve essere eseguita con riferimento alla domanda introduttiva e alla prospettazione dell'attore e non con riguardo a ipotesi di responsabilità costruite sulla scorta delle tesi difensive del convenuto, che possono ben valere a contestare la fondatezza nel merito della domanda stessa ma non comportano la necessaria estensione soggettiva del processo (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 15 in data 20 gennaio 1998).

Nulla quaestio, invece, sul rapporto di servizio e sul nesso di causalità, risultando pacifico il primo e palese, innanzi alla consequenzialità tra la citata condotta ed il danno, il secondo.

Sussiste anche la denunciata lesione all’immagine, in presenza della eccezionale gravità dei reati contestati in sede penale (dal peculato alla falsità ideologica e materiale, attraverso la soppressione, distruzione e occultamento di atti), di oggettivo clamore suscitato dalla rappresentata vicenda (articoli stampa in data 5 aprile 2000, 13 aprile 2000, 31 maggio 2000, 8 giugno 2000 e 3 ottobre 2000 - in atti di causa), della peculiare posizione rivestita dal convenuto, della durata (dall'anno 1993 all'anno 2000) della situazione di illiceità, e di conseguente perdita di prestigio ovvero di deterioramento dell'immagine dell'Ente, indipendentemente dalla eventuale spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 279 in data 26 ottobre 2001).

Tale lesione, in base ai parametri indicati, deve essere ristorata con una somma di € 15.493,71.

Ritenuti configurabili tutti gli elementi per l’affermazione della responsabilità oggetto della domanda di parte attrice, il danno deve essere determinato complessivamente in € 190.741,11.

Non è possibile ricorrere al potere riduttivo dell'addebito (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n. 96 in data 9 ottobre 1998).

Pertanto, si condanna G. V. al risarcimento della somma indicata, oltre la rivalutazione monetaria, calcolata secondo gli indici ISTAT, dalla data dell’evento lesivo (31 marzo 2000, momento coincidente con il compimento dell'intero disegno criminoso contemplato dalla citata sentenza penale) a quella del deposito del presente provvedimento, e gli interessi, in misura legale, da quest’ultima data sino all’effettiva ed integrale soddisfazione del credito.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

Nec plus ultra.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione: accoglie per quanto di ragione la domanda attrice e, per l’effetto, condanna G. V. al pagamento, in favore del pubblico erario, della somma di € 190.741,11, oltre la rivalutazione monetaria, calcolata secondo gli indici ISTAT, dalla data dell’evento lesivo (31 marzo 2000) a quella del deposito della presente sentenza, e gli interessi, nella misura legale, da quest’ultima data sino all’effettiva ed intera soddisfazione del credito;

omissis

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