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n. 7/8-2001 - © copyright.

CORTE DEI CONTI - SEZIONE PRIMA CENTRALE D’APPELLO GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO - Sentenza 3 luglio 2001 n. 197 - Pres. De Rose, Est. Di Passio – P.M. Condemi - Procura Generale c. T.R. (Avv. Correale) - (annulla sezione Abruzzo 20 luglio 1999 n. 572).

Giudizio di responsabilità – Rapporti con il giudizio penale – Possibilità per il giudice contabile di far riferimento ai fatti accertarti in sede penale - Sussiste allorchè i fatti da accertare sano identici.

Giudizio di responsabilità - Controllo successivo sulla gestione – Osservazioni – Non costituiscono prova di danno.

Giudizio di responsabilità - Giurisdizione di legittimità – Differenze – Illegittimità azione amministrativa – Valore di indizio per la prova della responsabilità.

Per giurisprudenza costante e consolidata, il giudizio contabile dispone di propria autonomia processuale e di contenuto, riguardando oggetti diversi, con la conseguenza che la qualificazione del fatto-reato è irrilevante nel giudizio contabile. Quando in sede di giudizio contabile non sono siano stati effettuati autonomi accertamenti circa la sussistenza del fatto il quale, indipendentemente dalla sua qualificazione, costituisce contemporaneamente oggetto del giudizio penale e contabile, in sede di responsabilità amministrativa, può farsi rinvio agli accertamenti espletati in sede penale ed essi possono essere presi in considerazione dal giudice contabile al fine della formazione del suo convincimento.

Le osservazioni espresse in sede di controllo successivo sulla gestione non possono costituire prove di danno, in quanto tale controllo sulla gestione implica il ricorso concettuale a parametri di valutazione, finalizzati a raccomandazioni e sollecitazioni per migliorare gli standards di efficienza efficacia ed economicità della gestione amministrativa.

La giurisdizione di responsabilità è finalizzata al risarcimento del danno, essa si distingue da quella di legittimità, perché l’illegittimità dell’azione amministrativa non è, di per sé, configurabile come fatto dannoso per l’erario, bensì può essere un indizio per dimostrare l’esistenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa grave) dell’agente pubblico che abbia, comunque, prodotto un danno finanziario.

 

 

SENTENZA

nel giudizio di appello, iscritto al n. 1169/1R del registro di segreteria, proposto dall’ing. T. R., rappresentato e difeso dal prof. Avv. Giulio CORREALE;

avverso

la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo n. 572/99 del 20.7.1999;

Visti gli atti di causa

Uditi, nella pubblica udienza del 4 maggio 2001, i1 consigliere relatore, il difensore dell’appellante e il P.M. dott. Mario CONDEMI, con l’assistenza della segretaria sig.ra Annalisa ZAMPARESE;

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, l’appellante è stato condannato al pagamento, in favore dell’erario, della somma di £ 200.000.000, oltre interessi legali e spese di giudizio, in risarcimento del danno procurato all’erario per aver proceduto, in qualità di provveditore alle opere pubbliche per l’Abruzzo, alla realizzazione del programma di riattazione di n. 56 edifici di culto della provincia dell’Aquila, con il ricorso all’appalto concorso ed all’esecuzione delle opere in concessione, invece che in economia ed a licitazione privata.

In tal modo, i lavori hanno comportato una spesa superiore del 5%, sul prezzo di realizzazione delle opere, rispetto a quella che si sarebbe. ottenuta affidando i lavori in regime di concorrenza e utilizzando, per la progettazione, le risorse interne ; questa percentuale è stata assunta a parametro per la determinazione del danno.

In conseguenza del terremoto del maggio 1985, è stato disposto il programma di interventi di cui sopra; il provveditore in carica nel 1990 affidava la redazione delle relative perizie, da espletarsi entro il 30.10.1990, a funzionari tecnici dell’ufficio e progettava di eseguire i lavori in parte in economia e in parte a licitazione privata. L’appellante, subentrato nell’ufficio a febbraio del 1992, nel mese aprile ha adottato la determinazione di procedere alla progettazione mediante appalto concorso e alla realizzazione delle opere in regime di concessione, suddividendo gli interventi in 26 lotti; per ogni lotto, sono stati indetti, con due bandi di gara, altrettanti appalti concorso; in tal modo, si è proceduto in quasi totale assenza di concorsualità, poiché per 18 lotti è pervenuta una sola offerta, per 3 lotti due offerte e per 5 lotti da 3 a 5 offerte e i ribassi sono stati inferiori a quelli riscontrati nei lotti n. 3 e n. 9 con pluralità di offerte, per quali si sono avuti ribassi del 18,89% e 19,02%. Il Giudice di prime cure non ha ritenuto sussistente le ragioni (urgenza,carenza di personale e di progettazione, perenzione amministrativa degli stanziamenti) addotte dal convenuto, il quale ha adottato una condotta ispirata a vistosa trascuratezza, negligenza e noncuranza degli interessi della pubblica amministrazione, tenuto conto anche della prevedibilità degli indebiti aggravi di spesa conseguenti all’opzione prescelta, di cui un funzionario di elevata esperienza e riconosciuta professionalità non poteva non avere consapevolezza. Con il ricorso in appello, depositato il 9.11.1999 e con le memorie depositate il 29.5.2000 e il 25.1.2001, l’appellante: riepiloga il programma straordinario, di cui l’intervento sui 56 edifici di culto è parte, che doveva essere realizzato entro il 31.12.1993, pena la perenzione degli stanziamenti; evidenzia la situazione funzionale e organizzativa dell’ufficio, a seguito del trasferimento di funzioni alle regioni del 1990 e l’intensa attività svolta, nonostante le carenze organizzative, per la realizzazione del programma, alla data di assunzione dell’ufficio - febbraio 1992 - al 1994. Secondo l’appellante, al 30.10.1993, termine finale per la progettazione, era stata presentata solo una perizia e al 30.10.1991 sono state presentate 26 perizie, alle quali il predecessore dell’appellante non aveva dato seguito, per gli stessi motivi (carenza progettuale) per cui egli era ricorso all’apporto esterno erano inesistenti indagini, saggi e relazioni geotecniche, ricognizioni sullo stato di fatto, verifiche e calcoli statici, indagine storica sull’edificio monumentale; rilievi erano approssimati; erano state disattese le norme tecniche per le costruzioni in muratura in zona sismica: in sostanza, si trattava di previsione sommaria di spesa, che implicava, in corso d’opera, il ricorso a perizie di variante e suppletive; al riguardo, si chiede la nomina di un esperto o di una commissione qualificata o di un collegio peritale - composto da un ingegnere strutturista ed un architetto di restauro - che valuti le progettazioni di -ufficio, ritenute non sufficienti dal consulente della Procura della Repubblica. Il ricorso all’appalto concorso e alla concessione di progettazione e di esecuzione erano consentite dalla disciplina dell’epoca e sono gli strumenti più adatti per l’esecuzione dei lavori di specie; non vi è stato aggravio di spesa, poiché il programma affidato al Provveditorato alle OO.PP., ancorché partito per ultimo nel 1992, è stato interamente realizzato, mentre altri sono ancora in corso, con di £. 500 milioni oltre IVA. Il programma si componeva di 56 interventi su edifici differenti ubicati in luoghi diversi, che implicavano progetti analisi verifiche e interventi differenti, non potevano realizzarsi con un unico progetto, per cui la riunione in lotti, in base a tipologie di interventi e alla loro localizzazione, era necessaria e non strumentale all’elusione della disciplina comunitaria; d’altra parte, questa si realizza suddividendo artificiosamente la singola opera e non un programma. Le imprese con iscrizione illimitata nella categoria 3° non superano le 20 unità in Italia; tutti i lavori di specie sono appaltati singolarmente; le concessioni operate hanno comportato un onere del 5%, per progettazione direzione collaudo e oneri vari; trattasi della percentuale più bassa mai applicata, che in genere è del 10-12%; se si fosse fatto ricorso a professionisti esterni, la progettazione avrebbe comportato il costo del 15% dell’importo dei lavori, secondo le tariffe professionali; il parere del Consiglio superiore dei LL.PP. è stato introdotto dalla legge n. 109/1994 art. 20 comma 4, successivamente ai fatti di causa.

Secondo l’appellante, si rileva: contraddittorietà e irragionevolezza manifesta della motivazione e della decisione; difetto di colpa grave, considerato che la Direzione gen. dell’edilizia statale ha espresso l’avviso della legittimità del ricorso all’appalto concorso e dell’indisponibilità del personale dell’ufficio; erroneità della motivazione e difetto di colpa grave, poiché si assume la c.d. colpa professionale, non invocabile per pubblici operatori; violazione della legge n. 639/1996, poiché si oppone un proprio disegno alle scelte discrezionali dell’appellante e da quell’ipotetico e soggettivo disegno si fa discendere il danno.

In conclusione, in riforma o annullamento della sentenza appellata, chiede, in via principale, l’assoluzione e, in subordine, accertamenti peritali e l’uso del potere riduttivo.

Il Procuratore generale, nelle conclusioni depositate in data 1.3.2000, ritiene ammissibili solo i motivi di appello attinenti a censure specifiche, quali: contraddittorietà ed irragionevolezza manifesta della decisione finale, difetto di colpa grave, violazione della legge n. 639/1996 sotto il profilo del divieto di sindacato delle scelte discrezionali, più accentuato esercizio del potere riduttivo.

Pertanto, egli: a) non ritiene sussistente il vizio di incoerenza logica, poiché il danno è stato determinato in relazione ad elementi certi, quali sono le progettazioni interne, per le quali il ricorso all’appalto concorso e alla concessione si appalesa ingiustificato e in contrasto con i principi di economicità ed efficienza; al riguardo, esprime avviso contrario alla richiesta istruttoria circa l’incompletezza delle progettazioni di ufficio; b) non condivide l’affermazione dell’insussistenza dell’elemento soggettivo, che si deduce dal rifiuto di procedere mediante licitazione e cottimo fiduciario, dall’illegittimità del procedimento seguito e dalla piena consapevolezza che il convenuto aveva delle conseguenze rispetto all’interesse dell’amministrazione; c) non ritiene accoglibile la doglianza circa la sindacabilità delle scelte discrezionali, considerato che al giudice contabile compete la valutazione della liceità del, comportamento amministrativo anche sotto l’aspetto della conformità dei suoi aspetti decisionali alle norme di legge ed ai principi di razionalità e buon andamento; d) non ritiene condivisibile la censura circa l’esercizio del potere riduttivo, rimesso alla discrezionalità del giudice, in presenza dei presupposti previsti dalla norma.

In conclusione, chiede la reiezione dell’appello a la condanna alle spese.

Nell’odierna udienza di discussione, il difensore dell’appellante il P.M. di udienza hanno ribadito le argomentazioni svolte negli atti scritti; in particolare: il difensore ha evidenziato la complessità delle opere, non di semplice riattazione, ma di restauro e recupero di edifici di valore storico artistico ambientale, da effettuarsi con criteri e mezzi particolari, che richiedono apporti specialistici diversi, non disponibili all’interno dell’ufficio, che ha conservato, come previsto dalla legge, l’alta vigilanza sull’esecuzione; ha riaffermato, anche alla luce della documentazione recente, l’indisponibilità del personale interno, data l’ampiezza delle funzioni da svolgere in relazione alla ricostruzione, non solo degli edifici di culto, interessante l’intera Regione e all’applicazione presso altri uffici provinciali; richiama i pareri del Comitato tecnico-amministrativo e della Direzione gen. per l’edilizia statale, circa la legittimità e la convenienza del ricorso all’appalto concorso; evidenzia la celerità nella realizzazione delle opere, effettuata a regola d’arte, come è risultato dalle perizie ordinate dalla Procura della Repubblica competente e l’irrilevanza, nell’attuale giudizio, delle osservazioni della Sezione del controllo, che attengono a profili di legittimità e di gestione; rileva la carenza di colpa grave.

Il P.M. di udienza insiste sulla sufficienza del personale disponibile, sulla completezza dei progetti redatti dall’ufficio e sull’inesistenza dei motivi per il ricorso all’appalto concorso, che ha generato inutili costi per l’amministrazione; chiede, pertanto, il rigetto del ricorso.

MOTIVAZIONE

Ai sensi dell’art. 3, comma 9, della legge 28.10.1986 n 730, è stato redatto, da parte della Soprintendenza per i beni ambientali architettonici artistici e storici (nota del 2.2.1990 n. 5049) e del -Provveditorato regionale alle opere pubbliche (nota 2.2.1990 n. 412) della Regione Abruzzo, un programma di interventi su 56 edifici di culto, siti nei comuni dell’Aquila, Lucori e Tornimparte, danneggiati dal sisma del 20 maggio 1985; il programma è stato adottato ed approvato con ordinanza del Ministro della protezione civile del 26.6.1990 (G.U. n. 15 del 4.7.1990) e con provvedimento n. 2303 del 18.12.1990 del Ministero dei lavori pubblici Direzione Gen. edilizia statale (decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1534 del 9.8.1991, registrato alla Corte dei conti in data 11.9.1991, reg. 15, f. 249). Secondo l’ordinanza citata, adottata "in deroga ad ogni contraria norma", per gli interventi sul patrimonio monumentale, "si terrà conto delle raccomandazioni elaborate dal Comitato nazionale per la prevenzione del patrimonio culturale dal rischio sismico" (art. 2 comma 3); entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza, le amministrazioni "elaborano i programmi di intervento nei limiti delle disponibilità (finanziarie) fissate" e li trasmettono al Ministro per il coordinamento della protezione civile che provvederà alla relativa assegnazione di fondi (art. 2 commi I e 2).

Il citato provveditore, con nota del 13.9.1990 n. 3579, incaricava l’ing. capo della provincia dell’Aquila, il capo dell’ufficio tecnico e quello dell’ufficio programmazione del provveditorato di redigere, entro il 30.10.1990, le perizie per l’attuazione del programma esecutivo degli interventi, da effettuarsi, secondo l’intendimento dello stesso provveditore, in economia e licitazione privata.

Il personale incaricato, alla data del 31.12.1991, produce n. 24 elaborati (tabulato n. 2 -quadro generale riassuntivo allegato alla relazione del C.T.U. della procura della Repubblica presso il tribunale dell’Aquila del 18.5.1995)

L’appellante, provveditore regionale OO.PP subentrato nell’ufficio nel febbraio 1992, considerato il ritardo nella redazione e presentazione dei progetti elaborati dall’ufficio, ritenuti peraltro incompleti, e l’impossibilità, per carenza di personale, di condurre a termine la progettazione, procede per appalto concorso, delegando alte stesse imprese la progettazione la direzione dei lavori e il collaudo, da effettuarsi a loro spese.

Gli interventi programmati sono affidati in concessione, ai sensi della legge 24.6.1929 n. 1137, e per l’esecuzione dei lavori si è fatto ricorso alla procedura dell’appalto concorso, di cui all’art. 4 del r.d. 18.11.1923 n. 2440, art. 4 del r.d. 8.2.1923 n. 422, artt. 40 e 91 del r.d. 23.5.1924 n. 827, gli interventi sono stati suddivisi in 26 gruppi, denominati lotti, per tipicità esecutiva e territoriale, per ognuno dei quali è stato bandito un appalto-concorso (in data 17.4.1992, per 24 lotti; il 24 successivo per gli altri due); per ogni lotto, risultano invitate al massimo n. 27 e al minimo n. 10 imprese (v. prospetto B allegato alla memoria difensiva depositata il 9.11.1999). Sulle procedure di gara e di appalto seguite, il comitato tecnico-amministrativo, nell’adunanza del 22.10.1992, riesaminato il procedimento svolto, in composizione integrale e all’unanimità, ha espresso l’avviso "che possa condividersi l’impostazione data dalla Commissione giudicatrice alla procedura di gara, giudicata regolare anche in considerazione della natura delle prescrizioni formulate ed accettate dalle imprese". Il personale interno, che aveva redatto i progetti, presenta esposto alla competente Procura della Repubblica, per irregolarità nelle procedure di appalto e grave danno per la propria immagine professionale riduzione del proprio ruolo lavorativo, con conseguenti penalizzazioni economiche; secondo i denuncianti, i progetti erano idonei a costituire documentazione per conferimento di incarico ad imprese, tramite procedura di cottimo fiduciario, come previsto dall’art. 69 del reg. del 25.5.1895 n. 350, per le opere di urgenza, poiché essi avevano riportato il nulla osta della Soprintendenza BAAAS. La Procura della Repubblica nomina C.T.U. al quale richiede pareri circa: la procedura d’appalto seguita, la realizzazione delle opere da parte delle imprese appaltatrici, l’idoneità dei progetti di ufficio, l’esistenza di danno allo Stato. Il consulente tecnico, con relazioni del 18.5.1995 e del 25.5.1996, esprime l’avviso che: le procedure seguite, sia pure, per alcuni profili, carenti, sono conformi alla legge (relazione del 1996, pagg. 422-425; relazione del 1995, pagg. 125-129); i progetti d’ufficio erano incompleti e "non possono, a rigore, essere considerati progetti esecutivi e cantierabili e rispondenti alla normativa specifica per appalti pubblici. Tali progetti potrebbero corrispondere solo a standard interni allo stesso Provveditorato in merito a previsioni generali di spesa per intervento (preventivo di spesa)" (relazione 1995, pag. 123); essi, infatti, "consistono genericamente in: a) - piante e prospetti del manufatto/i di rilievo: Il rilievo del manufatto è redatto in modo molto generico e superficiale e non vengono riportati i dissesti dell’edificio né alcuna indicazione di intervento. Non esistono tavole progettuali né particolari costruttivi. Non esistono verifiche e/o calcoli strutturali; b) - computo metrico estimativo dell’intervento: L’intervento è visto solo dal punto di vista del preventivo di spesa. Non esiste un elenco dei prezzi a sé stante (unico documento fornibile all’impresa - il computo metrico non fa parte, per legge, degli elaborati di contratto) e per gli stessi prezzi utilizzati nella redazione del C.M. non è esplicitata la fonte e l’anno di riferimento (es. Prezzario regionale ANCE, ecc)" (citata relazione pagg. 122-123), il nulla osta dei BAAAS relativi a un certo numero di questi progetti "non costituisce documento comprovante l’esecutività di un progetto … ha carattere particolare in quanto riguarda rapporti tra enti dello Stato in cui la Soprintendenza evidentemente, ha concesso un permesso di larga massima, riservandosi, nel corso dei lavori, di impartire direttive specifiche" (relazione cit. pag. 124); dalle procedure seguite, ancorché, per alcuni profili, irregolari, e per la progettazione riproposta ex novo, non sono derivati "danni economici al provveditorato e ciò in presenza delle seguenti considerazioni: i progetti, proprio perché non esecutivi, non potevano costituire un preventivo di spesa corretto e perfettamente attendibile, atto a definire compiutamente appalti pubblici su licitazione privata ma potevano costituire, come di fatto hanno costituito, un preventivo di spesa a riferimento degli appalti concorso medesimi. In tal senso il lavoro del personale interno non è stato inutile ma utilizzato come grigliatura per definire la base economica a fronte del finanziamento ottenuto; il non utilizzo del personale interno in sede di direzione lavori non ha comportato oneri maggiori per le OO.PP. in quanto, come da convenzione l’onere di tutte le spese tecniche (progettazione, direzione lavori e collaudo) è a completo carico delle imprese aggiudicatarie" (relazione del 1995, pag. 125). anche sulla base degli accertamenti esperiti attraverso la competente questura, su richiesta del Procuratore della Repubblica del 16.11.1996, il Giudice per le indagini preliminari, con decreto del 9.11.1996, dispone l’archiviazione, poiché la notizia di reato è infondata. Alle stesse conclusioni, perviene la Direzione generale dell’edilizia statale del Ministero dei lavori pubblici, secondo cui "non sembra che la decisione di affidare, mediante appalto concorso i lavori possa essere oggetto di rilievi", inoltre, dato i numerosi concomitanti impegni del personale, "non si sarebbe potuto affrontare con la dovuta celerità la progettazione dei lavori in argomento, considerati anche i tempi brevi (18 mesi) previsti dalla legge per gli interventi di edilizia con conseguente impegno di fondi…pertanto si ritiene che la procedura adottata dell’appalto concorso possa avere risposto per il meglio al duplice scopo di disporre in tempi brevi delle progettazioni idonee alle effettive esigenze di intervento ed al tempo stesso di non interrompere attività in corso per la realizzazione di altre opere distogliendo del personale ad esse impegnato" (nota del 2.10.1993 n. 1951-4564, diretta Alla Direzione Gen. AA.GG. e personale dello stesso Ministero). In sintesi, secondo la tesi del Procuratore regionale presso la Sezione regionale dell’Abruzzo, accolta dal Giudice di prime cure, il Provveditore regionale alle OO.PP. avrebbe arrecato danno all’erario per avere duplicato i costi di progettazione, poiché i progetti redatti dal personale dell’ufficio sarebbero stati infondatamente ritenuti carenti e per aver proceduto alla realizzazione delle opere in concessione, e non in economia e a licitazione privata, come ipotizzato dal precedente provveditore, con un costo maggiorato, in genere, del 5%, rispetto a quello che presumibilmente si sarebbe avuto procedendo come; originariamente previsto. In relazione alla prima causa di danno, l’ipotesi del requirente non suffragata dagli accertamenti peritali espletati in sede penale, i quali debbono essere recepiti in questa sede, in assenza di ulteriori e diversi accertamenti effettuati in sede di indagini preliminari da parte del requirente o disposti nel corso del giudizio contabile di primo grado. Come ormai è giurisprudenza costante e consolidata, il giudizio contabile ha propria autonomia formale (processuale) e di contenuto, vertendo su oggetti diversi, per cui la qualificazione del fatto-reato è irrilevante nel giudizio contabile; nel caso, però, come nella fattispecie, in cui in sede contabile non sono stati effettuati autonomi accertamenti circa la sussistenza del fatto il quale, indipendentemente dalla sua qualificazione, costituisce contemporaneamente oggetto del giudizio penale e contabile, in questa sede, può farsi rinvio agli accertamenti espletati in sede penale ed essi possono essere presi in considerazione dal giudice contabile al fine della formazione del suo convincimento. Nella specie, dagli unici accertamenti tecnici disponibili, esperiti in sede penale e versati in atti, risulta, in modo incontrovertibile, che i progetti elaborati dall’ufficio, non erano completi e non consentivano la "canteriabilità" delle conseguenti opere.

Gli stessi progetti n. 31 per il requirente, n. 24 per il C.T.U. sono stati resi disponibili con notevole ritardo (31.12.1991) rispetto al previsto (31.10.1990) e, data la relativa indisponibilità del personale di ufficio (citate relazioni del C.T.U., citata nota ministeriale del 1993), la progettazione di tutti gli interventi avrebbe richiesto ulteriore tempo, impedendo la realizzazione delle opere nei tempi tecnici programmati e previsti (31.12.1993, cit. legge n. 730/1986 e ordinanza ministeriale).

Il ricorso, pertanto, agli strumenti dell’appalto concorso e della concessione risulta inevitabile; esso è stato effettuato dal provveditore regionale alle OO.PP. nella sua discrezionalità operativa, considerate le obiettive situazioni funzionali, organizzative e temporali esistenti. Le modalità operative, ipotizzate dal predecessore dell’appellante in sede di programmazione degli interventi, in situazioni diverse, non sono state ritenute praticabili. nella concretezza operativa e nelle situazioni obiettive esistenti; queste situazioni, come evidenziate dagli accertamenti esperiti, sono tali da non denotare uso abnorme del potere discrezionale, necessariamente esplicabile dal dirigente, secondo l’ordinamento amministrativo vigente. L’economicità dell’attività amministrativa non può essere considerata in sé, avulsa dal contesto operativo ed organizzativo, ma in relazione alla più efficace efficiente e tempestiva acquisizione dell’obiettivo, posto dal legislatore, con le risorse finanziare (budget) assegnate: nella specie, realizzazione, nel rimanente tempo disponibile (18 mesi), delle opere di ripristino degli edifici di culto danneggiati dal terremoto del 1985; con la procedura adottata, la progettazione di tutti gli edifici, l’affidamento e la realizzazione dei lavori sono stati completati in tempi tecnici ragionevoli (in media, tre anni - prospetto A allegato alla citata memoria del 1999); i lavori sono stati progettati ed eseguiti a regola d’arte (relazione del C.T.U deI 1995).

La seconda ipotesi di danno, si fonda sull’assunto, non dimostrato che, se si fosse adottata la procedura del lavoro in economia ed a licitazione privata, la spesa sarebbe stata inferiore del 5%, poiché è dato di generale conoscenza, che la concessione comporta, al minimo questa percentuale di costo. L’ipotesi, che legittima l’avvio di accertamenti istruttori preliminari, non può costituire, di per sé, prova di danno; nella specie, questa prova, univoca e concordante, non si rinviene. Il concessionario, per convenzione, risulta essersi gravato dei costi di progettazione, di direzione dei lavori e di collaudo i quali, in caso contrario, avrebbero costituito ulteriori costi per la pubblica amministrazione; d’altra parte, non si tiene conto che la progettazione d’ufficio, comunque, comporta un costo per retribuzioni aggiuntive del personale (progetti finalizzati, straordinario, ecc.), il cui venir meno, per t’affidamento ad estranei, ha implicato la reazione dello stesso personale.

Il maggior costo non può essere individuato in diverse scelte operative ipoteticamente perseguibili, ma rispetto al budget assegnato: dalla memoria difensiva, non contrastata da idonee mezzi di prova, è risultato che il programma complessivo è stato realizzato con un’economia e non con un aggravio di spesa.

L‘organo di controllo (deliberazione n. 25/98 dell’1.4.1998 della Corte dei conti Sezione del controllo), nel pronunciarsi sulla "gestione del programma di interventi" di cui si tratta, ha rilevato che il ricorso alla concessione non è "sufficientemente giustificato" ed ha espresso valutazioni, anche comparative rispetto a diversi schemi organizzativi ed operativi, in ordine all’efficienza organizzativa, economicità della gestione ed efficacia dell’azione amministrativa. Le osservazioni espresse non possono costituire prove di danno; il c.d. controllo sulla gestione implica il ricorso concettuale a parametri, anche teorici diversi di valutazione, finalizzati a raccomandazioni e sollecitazioni per migliorare gli standards di efficienza efficacia ed economicità. Ma il raffronto fra parametri diversi non può automaticamente implicare, per differenza rispetto al parametro economico ritenuto dal controllore adottabile, causa di danno.

Lo stesso è da dirsi per le rilevate incongruenze procedimentali. La giurisdizione di danno, finalizzata al suo risarcimento, non è giurisdizione di legittimità; l’illegittimità dell’azione amministrativa può essere indizio, da dimostrarsi, di esistenza del richiesto elemento soggettivo (dolo o colpa grave), ma non è, di per sé, configurabile come fatto dannoso.

Pertanto, il Collegio ritiene che il ricorso meriti accoglimento.

Non si fa luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, assolve il convenuto dalla domanda attrice.

Omissis

Depositata il 3 luglio 2001.

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