CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA – Sentenza 7 maggio 2001 n. 83 – Tribuna (Avv. Calandra) e Barucco (Avv. Agrifoglio) c. P.G. - (annulla la sentenza n. 195/1999/Resp. Della Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana del 23 aprile 1999/30 agosto 1999).
Responsabilità amministrativa - Giudizio di responsabilità - Termine di prescrizione dell’azione - Decorrenza - Individuazione - Criteri generali - Nel caso di c.d. danno indiretto - Dalla data di passaggio in giudicato della sentenza o di conclusione della transazione - Ragioni.
Il termine iniziale della prescrizione dell’azione di responsabilità non coincide necessariamente con quello della erogazione della somma di denaro costituente danno, ma con quello, da individuare caso per caso, in cui siano definiti nei loro contorni gli elementi della fattispecie dannosa (1).
Più precisamente, nel caso di danno c.d. indiretto, cagionato dal presunto responsabile ad un terzo nei cui confronti l’Amministrazione è tenuta al risarcimento (nella specie costituito dalle somme aggiuntive pagate da una Amministrazione in ritardo dopo il passaggio in giudicato di una sentenza civile di condanna), il momento in cui tale danno si concretizza, divenendo certa la diminuzione patrimoniale per l’amministrazione, è quello in cui insorge l’obbligo giuridico di risarcire il terzo. Tale obbligo emerge nella sua pienezza nel momento in cui il debito siasi evidenziato nell’an e nel quantum con un negozio unilaterale (riconoscimento di debito) o bilaterale (transazione) o con una sentenza definitiva di condanna della pubblica amministrazione a risarcire un terzo da un danno prodotto per inadempimento contrattuale o per fatto illecito del proprio dipendente (2).
Nel caso di sentenza di condanna della P.A., quindi, il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità decorre dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, atteso che le somme dovute, nel momento in cui passa in giudicato una sentenza di condanna, sono sottratte alla giuridica disponibilità dell’ente pubblico che su di esse non può più contare, dovendo solo metterle a disposizione del creditore; il successivo pagamento delle somme liquidate nella sentenza è, quindi, solo la conseguenza di una mera operazione materiale che rappresenta un momento ulteriore ed estraneo rispetto al completamento della fattispecie dannosa (3).
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(1) Cfr. Corte dei Conti, Sez. II, nn. 50 e 72 del 1994.
(2) Cfr. Corte dei Conti, SS.RR. n. 848/A/1993; Sez. I, n. 84/1994, Sez. I n. 75/1996; sez. Lazio, n. 2/1995; Sez. Lombardia, n. 355/1996, Sez. Veneto, n. 236/1998, Sez. Toscana, 1005/1999.
(3) Ha aggiunto nella specie la Corte dei Conti che «diversamente opinando, facendo cioè decorrere i termini della prescrizione dal momento del pagamento effettivo della somma costituente danno, la posizione del responsabile tenuto alla refuzione potrebbe rimanere indefinitivamente sospesa, circostanza questa inammissibile, in ossequio al principio della certezza delle situazioni giuridiche, cui obbedisce l’istituto della prescrizione» (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 119/1998).
FATTO
Con sentenza n. 195/99/Resp. Depositata il 30 agosto 1999, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana ha condannato Tribuna Michele e Barucco Vittorio al pagamento della somma di £. 25 milioni il primo e 5 milioni il secondo, comprensive di interessi e rivalutazione, a favore del Comune di Ficarazzi, oltre alle spese del giudizio.
Assolveva, invece Clemente Gesualdo, Reina Antonio, Ramacca Pietro, Macchiarella Giuseppe e Leone Giovanni Battista, ritenendoli non responsabilità dei fatti loro ascritti.
I fatti che davano luogo al giudizio di responsabilità possono così sinteticamente riassumersi:
Con delibera n. 161 del 27 dicembre 1997, il Consiglio comunale di Ficarazzi ha riconosciuto a favore dell’impresa Cappuzzo un debito fuori bilancio per £ 97.944.715, maturato in gran parte, per effetto della crescita esponenziale di interessi di capitolato e legali sui corrispettivi dovuti e non pagati all’impresa medesima in seguito all’esecuzione del contratto stipulato l’1 febbraio 1974 per la sistemazione della "strada vicinale Calabrese".
Il credito originario ammontava a sole £ 12.302.0870 all’atto dell’ultimazione dei lavori, avvenuta il 15 dicembre 1976: tale somma afferiva al terzo certificato lavori, al secondo certificato revisione prezzi ed alla rata di saldo.
A seguito dell’inadempimento del Comune, il creditore agiva innanzi al Tribunale di Palermo che, con sentenza n. 845 dell’8 aprile 1988, emetteva sentenza di condanna nei confronti dell’Ente; la Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 224 del 21 aprile 1990 emetteva ulteriore sentenza di condanna, passata in giudicato il 21 settembre 1990.
La differenza tra la somma liquidata e la sorte capitale, pari a £ 85.642.635, veniva ritenuta danno erariale dal Procuratore regionale che citava in giudizio i sindaci e commissari che si erano succeduti nella carica dal 1976 al 1999, nonché il responsabile dell’ufficio tecnico comunale e direttore dei lavori, geom. Tribuna Michele, ed il segretario dott. Barucco Vittorio, in carica dal 1984 e sino al 1994, chiedendone la condanna, per ciascuno di essi al pagamento della somma di £ 12.234.664.
Il primo giudice, dopo avere disatteso l’eccezione di prescrizione e la richiesta di integrazione del contraddittorio, ha assolto gli amministratori (sindaci e commissario straordinario), rilevando la insussistenza di colpevoli omissioni ad essi imputabili.
Ha rilevato, invece, che il geom. Tribuna, pur avendo adeguatamente gestito la pratica d’ufficio sino al collaudo dei lavori, avrebbe omesso taluni adempimenti essenziali sia come direttore dei lavori, tralasciando di reperire una fattura che l’impresa asseriva di avere trasmesso e che avrebbe consentito la sollecita liquidazione del credito all’impresa, sia in qualità di capo dell’UTC, per non avere predisposto gli atti necessari per la liquidazione del credito alla ditta Cappuzzo, mantenendo un comportamento gravemente negligente nell’arco di otto anni e, cioè, dalla ultimazione dei lavori alla notificazione dell’atto di citazione da parte dell’impresa.
Ha rilevato che il segretario comunale Barucco, benché fosse a conoscenza della vicenda almeno sin dal 1990, aveva omesso di rendere edotti gli amministratori circa le conseguenze dannose che sarebbero derivato dalla inerzia nel corrispondere il dovuto alla ditta Cappuzzi.
In particolare ha impugnato al predetto di avere omesso di vigilare sulla esecuzione della delibera di riconoscimento di debito, circostanza che avrebbe consentito l’elidersi dei danni per i quali egli venne chiamato a rispondere.
Ciò premesso, ha condannato i suddetti dipendenti (Tribuna per £ 25 milioni – in eccedenza rispetto alla domanda individuale di condanna di £ 12.234.664 – e Barucco per £ 5.000.000, con uso di potere riduttivo).
Avverso la suddetta sentenza ha interposto appello Tribuna Michele, rappresentato e difeso dall’Avv. Calandra, con atto ritualmente notificato e depositato.
La difesa del geom. Tribuna ha ribadito l’eccezione di prescrizione della pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura, rilevando che i termini prescrizionali debbono farsi decorrere dalla conoscenza dei fatti lesivi in seno all’amministrazione, e, cioè, a suo avviso, dalla data in cui temerariamente si decise di resistere alle richieste dell’impresa (GM 165/1984) o, quantomeno, dalla data delle deliberazioni con le quali di provveda a riconoscere il debito (GM n. 175/1990 e 167/1991).
Nel merito, ha contestato la sentenza impugnata, rilevando che il geom. Tribuna, sia come direttore dei lavori che come capo dell’UTC, non era giuridicamente tenuto al compimento degli atti che si asserisce essere stati da lui omessi, rientrando nei compiti connessi alle predette funzioni soltanto adempimenti di carattere tecnico e non amministrativo-contabile, in ogni caso non era tenuto a compiere più alcun atto connesso alle funzioni da lui esercitate dopo l’avvenuto collaudo dei lavori.
Ha poi rilevato che il Tribuna adottò comunque atti finalizzati alla liquidazione del credito, sottoscrivendo la proposta di liquidazione approvata con delibera GM n. 248/1990, nonché altra proposta del 1993.
In ogni caso, ha rilevato l’insussistenza di colpa grave nel comportamento addebitatogli.
In conclusione, in accoglimento dell’appello, ha chiesto:
1. che il diritto azionato venga dichiarato prescritto per il decorso del termine decennale;
2. che il diritto azionato venga dichiarato prescritto per il decorso del termine quinquennale;
3. che venga dichiarato esente da responsabilità il geom. Tribuna e che venga affermata la responsabilità degli altri convenuti, ciascuno nell’ambito della rispettiva sfera di competenza;
4. che in subordine venga fatto uso del potere riduttivo a favore del Tribuna nella misura massima.
Avverso la stessa sentenza ha interposto appello Barucco Vittorio, rappresentato e difeso dall’Avv. Agrifoglio, con ricorso ritualmente notificato e depositato.
Ha sostenuto preliminarmente il difensore la prescrizione del diritto azionato dal Procuratore regionale, rilevando che il momento iniziale in cui si è determinato il danno non coincide con la data del pagamento della somma, ma con il momento in cui si siano evidenziati nei loro contorni gli elementi essenziali della fattispecie dannosa, conosciuta dalla procura, nella sua completezza, sin dal 1991.
Ha poi censurato l’impugnata sentenza per avere omesso il primo giudice di estendere il contraddittorio agli altri segretari comunali che avevano avuto cognizione della vicenda, nonché ai dirigenti del settore ragioneria del Comune, sui quali incombeva l’obbligo di dare esecuzione alla delibera di riconoscimento del debito, predisponendo il relativo mandato.
Nel merito ha ritenuto l’infondatezza degli addebiti per le stesse considerazioni per le quali aveva chiesto di integrarsi il contraddittorio.
In conclusione, ha chiesto:
1. di ritenere prescritta l’azione proposta;
2. di escludere la responsabilità del dott. Barucco, previa occorrendo remissione degli atti in primo grado per l’integrazione del contraddittorio;
3. di correggere nel quantum il potere riduttivo già esercitato.
In data 25 febbraio 2000, il Procuratore generale ha depositato le conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto degli appelli proposti avverso la sentenza.
Con decreto del Presidente della Sezione giurisdizionale d’appello in data 22 novembre 2000, è stata fissata l’odierna udienza per la discussione dell’appello.
In data 9 febbraio 2001, l’Avv. Calandra ha depositato ulteriore memoria nell’interesse di Tribuna Michele ribadendo le richieste già formulate e precisandone alcuni profili.
All’odierna udienza, l’avv. Calandra, dopo essersi richiamato agli atti scritti per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, si è soffermato sull’an e sul quantum della partecipazione del Tribuna alla vicenda, rilevando che il proprio assistito predispose nel 1990 – dopo la definizione del contenzioso civile – una deliberazione che ebbe corso dopo oltre sette anni per omissioni ed altri addebitabili; ha rilevato, in ogni caso, che l’inadempimento iniziale non era comunque imputabile al Tribuna che aveva posto in essere tutti gli atti rientranti nelle sue competenze.
L’Avv. Agrifoglio ha ribadito l’eccezione di prescrizione, sostenendo che, essendo il riconoscimento di debito fonte di obbligazione, deve ritenersi che da quel momento decorrano i termini di prescrizione. Ha altresì, ribadito, l’eccezione di disintegrità del contraddittorio.
Nel merito ha rilevato che l’analisi delle funzioni attribuite dall’ordinamento degli enti locali al segretario comunale esclude ogni coinvolgimento del Barucco nella determinazione del danno.
Il Pubblico ministero preliminarmente si è opposto alle eccezioni di prescrizione, richiamando ai principi di cui all’art. 2935 cod. civ,, e nel merito ha ribadito la richiesta di condanna, non opponendosi, tuttavia, ad un ulteriore uso del potere riduttivo nei confronti del geom. Tribuna.
Considerato in
DIRITTO
Deve preliminarmente essere disposta la riunione delle impugnazioni, ai sensi dell’art. 335 cpc, trattandosi di appelli proposti avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo di impugnazione, gli appellanti, nel censurare la sentenza di primo grado per avere disatteso l’eccezione di prescrizione formulata in quella sede, sostengono che i termini prescrizionali non devono farsi decorrere dalla data di pagamento, ma da quella in cui il danno assunse il carattere della certezza, essendo insorto l’obbligo di pagare.
L’appello proposto è fondato.
La giurisprudenza contabile (c.d.C., Sez. II, nn. 50 e 72 del 1994) ha precisato che il termine iniziale della prescrizione non coincide necessariamente con quello della erogazione della somma di denaro costituente danno, ma con quello, da individuare caso per caso, in cui siano definiti nei loro contorni gli elementi della fattispecie dannosa.
Nella fattispecie, il danno contestato agli odierni appellanti consiste nelle somme aggiuntive (interessi e spese) pagate dal Comune per effetto della sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 224 del 21 aprile 1990, notificata al Comune il 6 giugno 1990 e passata in giudicato per mancata impugnazione.
Si tratta, pertanto, di danno c.d. indiretto, cagionato dal presunto responsabile ad un terzo nei cui confronti l’Amministrazione è tenuta al risarcimento; in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, che il Collegio ritiene di dovere condividere (c.dC., SS.RR. n. 848/A/1993; Sez. I, n. 84/1994, Sez. I n. 75/1996; sez. Lazio, n. 2/1995; Sez. Lombardia, n. 355/1996, Sez. Veneto, n. 236/1998, Sez. Toscana, 1005/1999), il momento in cui tale danno si concretizza, divenendo certa la diminuzione patrimoniale per l’amministrazione, è quello in cui insorge l’obbligo giuridico di risarcire il terzo. Tale obbligo emerge nella sua pienezza nel momento in cui il debito siasi evidenziato nell’an e nel quantum con un negozio unilaterale (riconoscimento di debito) o bilaterale (transazione) o con una sentenza definitiva di condanna della pubblica amministrazione a risarcire un terzo da un danno prodotto per inadempimento contrattuale o per fatto illecito del proprio dipendente.
Essendo questo il momento in cui per l’amministrazione viene ad esistere un titolo esecutivo con obbligazione di pagamento, deve ritenersi venuta a completamento la fattispecie illecita produttiva del danno, con la conseguenza che, essendo i fatti pienamente conosciuti ed in assenza di ostacoli giuridici sull’esercizio del diritto (art. 2935 cc), ha inizio il decorso dei termini prescrizionali ai fini dell’adozione nei confronti del responsabile del danno.
Le somme dovute, nel momento in cui passa in giudicato una sentenza di condanna, sono infatti sottratte alla giuridica disponibilità dell’ente pubblico che su di esse non può più contare, dovendo solo metterle a disposizione del creditore; dal punto di vista contabile il debito deve essere iscritto tra le poste passive del conto del patrimonio e si impone l’assunzione dell’impegno della spese per fare fronte all’obbligo giuridicamente perfezionatosi.
Il successivo pagamento della somma liquidata nella sentenza è, quindi, solo la conseguenza di una mera operazione materiale che rappresenta un momento ulteriore ed estraneo rispetto al completamento della fattispecie dannosa.
Né può ritenersi rilevante, ai fini dell’esercizio del diritto al risarcimento del danno, l’assenza di liquidità ed esigibilità delle somme, caratteristiche queste necessarie soltanto per la estinzione del debito per compensazione legale o giudiziale, ma non per l’individuazione del danno erariale che deve invece possedere i caratteri della certezza ed attualità; non può neanche ritenersi indeterminato il danno, in quanto le pronunzie giudiziarie contengono tutti i criteri per la esatta quantificazione del debito, precisando modalità di calcolo, parametri per la rivalutazione, misura degli interessi e termine iniziale e finale da prendere in considerazione.
Diversamente opinando, facendo cioè decorrere i termini della prescrizione dal momento del pagamento effettivo della somma costituente danno, la posizione del responsabile tenuto alla refuzione potrebbe rimanere indefinitivamente sospesa, circostanza questa inammissibile, in ossequio al principio della certezza delle situazioni giuridiche, cui obbedisce l’istituto della prescrizione (C.d.S., Sez. II, n. 119/1998).
Quanto all’osservazione – meramente teorica – secondo cui le somme accantonate potrebbero non essere più richieste in pagamento dal creditore, va osservato che il soggetto responsabile del danno, condannato dal giudice contabile, potrebbe esercitare nei confronti dell’ente un’azione di ingiustificato arricchimento: in tale ipotesi si dovrà tenere conto, in compensazione del danno subito per effetto della mancata disponibilità della somma, rimasta accantonata per il creditore, e delle spese connesse alla gestione contabile rimasta insoluta (C.d.C., Sez. III, n. 37/1997).
Va, infine, rilevato che i danni derivati da commissioni successive al passaggio in giudicato non costituiscono nuova ed autonoma lesione rispetto al danno originario, ma suo sviluppo ed aggravamento, con la conseguenza che la prescrizione della azione di responsabilità decorre sempre e comunque dall’originario fatto di danno (Cass. civ., sez. II, 25 novembre 1996 n. 10448; idem, 21 maggio 1996 n. 4677).
Ciò posto, il dies a quo della prescrizione è il 21 settembre 1990, data di passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’appello di Palermo, Sezione I civile, n. 224 in data 9 marzo/21 aprile 1990, che ha reso incontrovertibilmente certo il debito gravante sul Comune.
Tutto ciò premesso, poiché gli atti di citazione sono stati notificati nel corso del 1999 e, cioè, dopo la scadenza del termine quinquennale di prescrizione l’azione esercitata dal Procuratore regionale, in mancanza di validi atti interrottivi, deve dichiararsi prescritta.
L’accoglimento dell’appello per un motivo preliminare di merito preclude ed assorbe l’esame degli ulteriori motivi addotti a sostegno dell’appello medesimo.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando, previa riunione in rito delle impugnazioni
ACCOGLIE
gli appelli proposti avverso la sentenza in epigrafe.
Nulla per le spese.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 20 febbraio 2001.
Il Presidente
(dott. Mario Ristuccia)
L’estensore
(dott. Guido Carlino)
Depositata il 7 maggio 2001.