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CORTE DEI CONTI, SEZIONE GIUR. CALABRIA - Sentenza 14 novembre 2001 n. 1070Pres. f. f. ed  Est. Buscema - P.M. Murtas c/ G.P., A.P., D. D. S., S. Z. (Avv.ti f. G. Scoca, A. Panuccio, A. Torchia, F. Scalzi, F. Gangemi, G. Noschese).

Responsabilità contabile e amministrativa – Agente contabile e funzionario delegato – Differenze – Mancata presentazione del conto amministrativo – Conseguenze – Compilazione d’ufficio a spese del funzionario inadempiente – Condanna al pagamento di una penalità da parte della Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti – Cumulabilità sanzioni – Sussiste – Decesso funzionario delegato – Obbligo della resa del conto – Eredi - Sussiste.

Le funzioni d’agente contabile sono indicate nell’art. 74 della legge di contabilità generale dello Stato e riguardano tutti coloro che, compresi gli agenti contabili regionali, siano incaricati di riscossioni e pagamenti; tale funzione comporta l’obbligo della resa del conto giudiziale, secondo la normativa contenuta nel reg. n. 827/1924.

Il funzionario delegato deve, invece, rendere il conto delle somme erogate ogni trimestre, o negli altri periodi previsti da speciali regolamenti, nonché quando sia esaurita l’apertura di credito o siano cessate le sue facoltà o subentri altro funzionario e, in ogni caso, al termine dell’esercizio finanziario.

Il conto delle somme erogate, con i documenti giustificativi deve essere trasmesso alla competente amministrazione, per i necessari riscontri, che sono normalmente affidati agli uffici di ragioneria; ciò deve avvenire entro dieci giorni dal termine normativamente fissato.

I funzionari delegati sono tenuti, a mente dell’art. 33 della legge n. 468 del 1978, a far conoscere alla Corte dei conti in sede di controllo tutti gli elementi necessari contenuti nel frontespizio di ciascun rendiconto, in modo che essa possa applicare, previa contestazione all’interessato, le penalità previste dal r.d. 26 ottobre 1933, n. 1454 a carico dei funzionari delegati che, senza giustificato motivo, non presentino i rendiconti nei termini stabiliti dagli art. 333, 334 e 335 del regolamento di contabilità generale dello Stato.

L’applicazione della predetta penalità nei confronti del funzionario delegato inadempiente – qualora non vi abbia già provveduto l’amministrazione, ai sensi dell’art. 337 dello stesso regolamento – è di competenza della Sezione regionale di controllo della Corte e non è in contrasto, ma anzi fa sistema, col giudizio per resa di conto che, su istanza del Procuratore regionale, può essere instaurato presso la stessa Corte dei conti in sede di giurisdizione contabile, ai sensi dell’art. 610, ultimo comma, del reg. di contabilità generale dello Stato.

Il giudizio per la resa del rendiconto amministrativo – secondo la procedura prevista dagli art. 45 e segg. del t.u. di leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 – ha lo scopo ben più vasto di costringere il funzionario a rendere il conto; sicché, in caso di persistente inadempienza, la Corte – sempre su istanza del Procuratore Regionale – può disporre che il conto sia fatto compilare d’ufficio a spese del funzionario inadempiente, il quale può anche essere condannato ad una pena pecuniaria dopo che sia spirato il termine stabilito dalla stessa Corte per la resa del conto con la conseguenza della cumulabilità delle due penalità.

A causa del decesso del funzionario che avrebbe dovuto rispondere a titolo di responsabilità contabile per la qualità rivestita nell’amministrazione di funzionario delegato, non viene meno il diritto dell’amministrazione a ricevere la presentazione dei conti, compilati d’ufficio da parte della Regione e sottoscritti dagli eredi dello stesso funzionario delegato, con la conseguenza che la parte di spesa non documentata ovvero la differenza tra le spese effettuate ed i valori delle opere contabilizzate dovranno essere poi poste a debito degli eredi.

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(1) Sulla responsabilità contabile cfr. anche Corte dei Conti sezione Abruzzo del 27.9.2001, n. 822/2001, dove si afferma che per aversi la responsabilità contabile è sufficiente l’ammanco di valori dell’amministrazione, non essendo necessario che le somme mancanti siano state trattenute dall’agente contabile.

Sempre per Corte dei Conti, sezione Abruzzo del 17.07.2001, n. 663/2001, il rapporto contabile non presuppone necessariamente il rapporto di pubblico impiego, perché qualsiasi soggetto che abbia il maneggio di pubblico denaro, a prescindere da formali investiture, assume la qualifica di agente contabile.

Di rilievo anche Corte di Cassazione, sezioni unite civili - del 12 novembre 2001 n. 14029, dove viene riconosciuto come agente contabile, ai sensi dell'art. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e, per tale motivo soggetto alla giurisdizione della Corte dei Conti, un agente incaricato della riscossione dei contributi di un consorzio costituito per strade vicinali.

Da ultimo, cfr sempre Corte di Cassazione - sezioni unite civili del 9 ottobre 2001, n 12367/2001, dove, quando viene stabilita l’originaria pertinenza ai Comuni delle entrate per la sosta degli autoveicoli, una società privata affidataria del servizio di parcheggi a pagamento su aree comunali non può sottrarsi all’obbligo di rendiconto delle somme riscosse, con conseguente soggezione di essa alla giurisdizione della Corte dei Conti.

 

 

DECISIONE

Nel giudizio di responsabilità amministrativa iscritto al n. 1203 (già 14/EL) del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore regionale nei confronti di G. P., rappresentato e difeso dal prof. Franco Gaetano Scoca del Foro di Roma, dall’avv. Alberto Panuccio del Foro di Catanzaro e dall’avv. Anselmo Torchia pure del Foro di Catanzaro, di A. P., elettivamente domiciliato presso l’avv. Francesco Scalzi del Foro di Catanzaro, di D. DE S., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Gangemi, di S. Z., elettivamente domiciliato presso l’avvocato Giuseppe Noschese.

Uditi alla pubblica udienza del 16 maggio 2001 il relatore Consigliere dott. Angelo Buscema, l’avv. Alberto Panuccio, l’avv. Francesco Gangemi, l’avv. Francesco Scalzi, ed i Sostituti procuratori generali dott. Mauro Murtas e dott. Eugenio Musumeci.

Ritenuto in

FATTO

(omissis)

Considerato in

DIRITTO

Il giudizio va dichiarato interrotto nei confronti del convenuto L. T., che risulta deceduto in data 18 ottobre 2000.

La richiesta attrice si riferisce a cinque diverse fattispecie:

1. La distrazione di somme per 316.873.830 a favore di soggetti diversi da quelli indicati nell’atto deliberativo della spesa per la quale sono chiamati a rispondere l’Assessore alla forestazione G. P. ed il Responsabile dell’Ufficio Ragioneria della Regione A.P.

2. La mancata percezione dei frutti naturali (interessi) della somma di lire 639.085.991, convertita in assegni circolari ed indebitamente trattenuta per almeno due mesi nella cassaforte dell’Ufficio Legge Speciale per la quale sono chiamati a rispondere i medesimi convenuti P. e P.

3. L’erogazione di 62.386.000 in difetto d’autorizzazione regionale ai fini della costruzione di due campi da bocce e per la sistemazione di un campo di calcio nel Parco della Mondialità in Gallico Superiore per la quale sono chiamati a rispondere i medesimi convenuti P. e P.

4. L’acquisto nell’ambito della gestione dei fondi regionali per lire 16.086.940.di due lussuosi studi per ilo quale sono chiamati a rispondere S.Z., l’Assessore G. P. ed il Responsabile dell’Ufficio Ragioneria della Regione A.P.

5. La mancata rendicontazione di somme anticipate a favore del geometra D. DE S. per 12.933.556.962 per la quale sono chiamati a rispondere il medesimo DE S., l’Assessore G. P. ed il Responsabile dell’Ufficio Ragioneria della Regione A.P..

Trattandosi di fattispecie diverse, pur rientranti nell’ambito della medesima gestione di fondi da parte dell’Ufficio Legge Speciale, occorre procedere ad un puntuale esame di ciascuna di esse.

Venendo alla prima fattispecie, risulta dagli atti acquisiti in sede d’accertamenti svolti dalla Polizia di Stato che una parte delle somme accreditate sul conto corrente bancario 2972, e relative ai finanziamenti relativi agli esercizi 1986 e seguenti, sarebbe stata contabilizzata solo il 22 aprile 1987 nel registro di cassa del medesimo Ufficio Legge Speciale e non avrebbe incluso un ordine d’accreditamento di lire 1.131.864.544 in data 21 marzo 1989 emesso in attuazione della delibera n. 6277 del 28 dicembre 1987, integrata con atto n. 5389 del 13 dicembre 1988, avente ad oggetto il pagamento dei debiti risalenti al 1984- 1985. L’importo dianzi citato sarebbe stato commutato dal L. in assegni circolari intestati all’Ufficio Legge Speciale e non direttamente ai creditori. In particolare, una parte di detti assegni circolari, per un importo complessivo di lire 316.873.830 sarebbero stati effettuati pagamenti a terzi in difformità della delibera n. 5389 del 13 dicembre 1988.

Provato che l’Ufficio Legge Speciale abbia disposto pagamenti in difformità rispetto alle indicazioni contenute nella predetta delibera restano ad esaminare le considerazioni espresse dalla difesa del L., che introducono elementi utili per la definizione del giudizio prescindendo dal fatto che nei confronti del predetto convenuto il giudizio sia interrotto per intervenuto decesso.

Secondo tali considerazioni le somme erano comunque dovute a creditori per forniture rientranti negli stati finali di cui alla delibera n.6227 del 22 dicembre 1987 ed erano quindi dettate da esigenze dell’Ufficio di fronteggiare altri pagamenti.

Quanto ora esposto pone in evidenza una situazione di palese irregolarità nella gestione di fondi da parte dell’Ufficio Legge Speciale con una commistione di somme destinate al finanziamento di lavori diversi nell’ambito dei progetti di forestazione.

Come già espresso da questa Sezione con ordinanza n.17/92 del 28 gennaio- 28 ottobre 1992 resa in questo giudizio, l’Ufficio Legge speciale era un’articolazione periferica del Ministero per l’agricoltura e Foreste presso l’Ispettorato regionale delle foreste non soggetto ad un regime speciale per quanto attiene l’osservanza delle norme amministrativo- contabili e non era tra i soggetti affidatari di lavori di forestazione di cui all’art. 32 del t.u. delle disposizioni relative agli interventi di competenza della Cassa per il Mezzogiorno; regime questo non mutato in conseguenza del passaggio delle competenze alla Regione ai sensi della legge regionale 14 agosto 1973 n.8, che all’art.5 consente per il primo biennio alla Giunta regionale di avvalersi dell’opera degli uffici speciali regionali.

Di conseguenza, il predetto Ufficio Legge Speciale non era dotato d’alcuna specifica autonomia organizzativa e funzionale ed avrebbe dovuto agire nell’ambito e su espressa autorizzazione regionale e le somme occorrenti per l’esecuzione delle opere affidate avrebbero dovuto essere accreditate direttamente al predetto Ufficio come anticipazione e com’erogazioni in corso d’opera fino alla copertura totale del progetto ed utilizzate con l’obbligo della rendicontazione.

Non essendo l’Ufficio Speciale dotato d’autonomia contabile avrebbe dovuto agire sulla base d’accreditamenti di somme che erano e rimanevano di provenienza regionale e che dovevano essere indirizzate al perseguimento degli obiettivi espressamente indicati dalla Regione.

Dagli atti processuali risulta invece che l’Ufficio Legge Speciale procedeva all’utilizzazione delle somme senza una rigorosa e puntuale rendicontazione. Ne è conseguita una situazione, protratta negli anni, nella quale il predetto Ufficio ha operato al di fuori d’ogni necessario controllo da parte della Regione; in mancanza, difatti, della rendicontazione delle somme spese la Regione non aveva modo di rilevare anomalie e devianze rispetto alle finalità previste e si procedeva alla gestione di rilevanti somme senza il rispetto delle più elementari regole alle quali è sottoposta la gestione di pubblico denaro.

L’aver consentito di utilizzare fondi regionali per finalità diverse specificatamente individuate dalla Regione ha costituito una devianza rispetto a principi di un’oculata amministrazione.

Una volta rilevato che le spese sono state effettuate al di fuori delle previsioni della Regione Calabria resta da valutare il profilo relativo al danno sopportato dalla medesima Regione.

Da una parte, occorre considerare che il legislatore affida ad un soggetto giuridico- in questo caso la Regione-, la valutazione dell’interesse pubblico da soddisfare con acquisti e forniture di beni ed apparecchiature e dei mezzi finanziari da destinare allo scopo, le determinazioni adottate in difformità da soggetti incompetenti, in assenza di uno stato di necessità, comportano l’estraneità di quanto realizzato alle scelte della medesima Regione, e quindi con dannosità dell’esborso finanziario conseguente; d’altra parte, occorre valutare i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata, ai sensi dell’art.3 del d.l. 23 ottobre 1996, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996 n.639 che ha introdotto l’art.1 bis all’art.1 della legge 14 gennaio 1994 n.20.

E’ da considerare che nella fattispecie le spese stesse sono state utilizzate per il raggiungimento degli scopi istituzionali dell’Ufficio Legge Speciale.

Il danno pubblico risarcibile e rapportabile alle condotte trasgressive della volontà della Regione deve essere quindi ridimensionato in armonia con i principi generali in tema di causalità giuridica e di prevedibilità del danno.

Occorre difatti tenere conto del fatto che le spese stesse sono state effettuate in dispregio delle disposizioni che disciplinano le procedure contabili. con distrazione di somme destinate ad altre finalità, con piena discrezionalità ed a trattativa privata, sulla base di una surrettizia autonomia amministrativo contabile.

E’ tutta da dimostrare l’intenzione della Regione Calabria di autorizzare la distrazione di fondi per destinarle alle forniture rientranti in altra delibera rispetto a quella per la quale i fondi erano stati erogati.

Essendo il danno ascrivibile, sulla base dell’atto di citazione, a titolo di colpa grave nei confronti dei convenuti in giudizio, esso deve essere ridimensionato, tenuto conto dell’avvenuto decesso del maggiore imputato (L.) conformemente all’art.1225 c.c. all’entità prevedibile sotto l’aspetto della ritardata contabilizzazione nel registro di cassa dell’Ufficio Legge Speciale di rilevanti somme.

Ciò posto, è evidente che la quantificazione esatta non può essere compiuta sulla base di precisi elementi probatori, ma alla relativa liquidazione può pervenirsi solo in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Stima, pertanto, questa Sezione che il danno effettivamente risarcibile e causalmente rapportabile alla distrazione di fondi effettuata dall’Ufficio Legge Speciale con fondi destinati ad altre finalità debba valutarsi nella misura non inferiore ad un quinto della spesa complessivamente sostenuta dalla Regione Calabria.

Si tratta ora di valutare concretamente a chi detta scelta debba essere addebitata per averla personalmente fatta o per non averla contrastata e in ogni caso il grado d’intensità della riprovevolezza dei comportamenti tenuti da ciascuno nella vicenda sottoposta al presente giudizio.

Non vi è dubbio che spicca il ruolo determinante del dott. T. L., capo dell’Ufficio Legge Speciale e direttore dei lavori del progetto “Reggio Verde”, il quale ha speso nel corso degli anni 1986- 1988, senza alcuna autorizzazione regionale, parte dei fondi destinati al predetto progetto per finalità diverse attribuite al medesimo Ufficio che era, peraltro, titolare di compiti “di consulenza per programmi di forestazione, di studio e verifica dei progetti presentati da terzi affidatari o concessionari, di vigilanza ispettiva e di controllo amministrativo contabile degli stati d’avanzamento dei lavori” e non di “funzioni di diretta gestione”.

A fronte di un comportamento così anomalo, protratto nel tempo e tale da aver ingenerato sospetti di scorrettezza penale, il cui fondamento non è stato completamente dissipato dalle pronunce intervenute nella competente sede giudiziaria, deve convenirsi con la considerazione che non può considerarsi il L., peraltro defunto, l’unico responsabile dell’intera fattispecie dannosa. Molte delle argomentazioni addotte dalla difesa del L., più che dare una giustificazione plausibile al suo comportamento, pongono in risalto le responsabilità degli altri soggetti coinvolti nella fattispecie, così da avvalorare il giudizio di grave riprovevolezza espresso dal Pubblico Ministero a carico dei medesimi soggetti, la cui posizione viene qua di seguito esaminata.

Una delle giustificazioni del L. è che le somme relative al progetto Reggio Verde erano erogate dalla Regione sulla base di semplice presentazione di moduli (4.4.A.) completi di fatture o, più semplicemente, erano anticipate e solo a fine anno era fatto un rendiconto a consuntivo sulla base dei moduli inviati, e che veniva, quindi, inviata alla Regione la documentazione giustificativa, ed ottenendo l’erogazione dei fondi contestualmente alla presa in carico.

E’ singolare che il Capo dell’Ufficio Ragioneria della Regione, destinatario della rendicontazione da parte dell’Ufficio Legge Speciale, che avrebbe dovuto trasfondere i dati finanziari, riportati nei citati modelli (4.4.A) da parte dell’Ufficio Legge Speciale, nel conto finanziario della Regione non abbia mai segnalato alla competente autorità regionale ritardi od omissioni nella rendicontazione ovvero la circostanza, rilevabile dai predetti modelli, che erano spese somme destinate a finalità diverse da quelle previste nelle relative delibere.

Fa rilevare la difesa del L. che i rapporti economici e finanziari tra la Regione e gli “enti affidatari” dovevano essere regolati da convenzioni, ai sensi dell’art. 11 della legge regionale n. 8 del 1973, stipulate dalla Giunta Regionale, ma la legge è rimasta inattuata.

Non poteva sfuggire all’attenzione del P. che, in mancanza di tali convenzioni, le spese effettuate dalla Regione Calabria, per il tramite dell’Ufficio Legge Speciale, dovevano comunque essere regolarmente rendicontate e rappresentate nel conto consuntivo della medesima Regione.

Eccepisce la difesa del P. che l’Ufficio Legge Speciale era dotato della più ampia autonomia amministrativa e contabile, tale da non rendere possibile, anche per la carenza di personale, esercitare alcuna vigilanza da parte della Ragioneria generale della Regione Calabria.

La circostanza, asserita e non dimostrata dalla medesima difesa, della carenza di personale per esercitare la vigilanza, non può essere ammessa a giustificazione del comportamento del P. che per tre anni ha ricevuto dei modelli riassuntivi di spesa da parte dell’Ufficio Legge Speciale e con il suo comportamento omissivo dei controlli sulla documentazione giustificativa, previsti dall’art. 59 della legge regionale 22 maggio 1978 n. 5, ha consentito che il L. procedesse ad effettuare spese con fondi regionali violando i relativi vincoli di destinazione ed ha emesso mandati di pagamento a favore per somme destinate al medesimo L. omettendo i controlli della documentazione giustificativa e senza sollevare od esprimere, alla competente autorità regionale, dubbi o perplessità di sorta. Nella fattispecie, quindi, vi è stato un comportamento del tutto superficiale e gravemente negligente, protratto nel tempo, che ha posto in evidenza una situazione di disordine contabile e che ha consentito, con violazione d’obblighi derivanti dall’art.59 della legge regionale n.5 del 1978, di effettuare pagamenti senza la previa verifica della regolarità della documentazione giustificativa di spese destinate a finalità diverse da quelle previste.

Asserisce altresì la difesa del P. che l’Ufficio Legge Speciale è stato gestito nella maniera più esclusiva dall’Assessore alla forestazione dott. P..

Per quanto attiene al predetto Assessore non risulta dagli atti che abbia espresso formalmente alcun avallo all’operato del L., ma l’addebito mosso dalla parte attrice non è quello di avere preso parte attiva nella vicenda, ciò con atti o comportamenti positivi, bensì di avere colpevolmente omesso di provvedere a adempimenti di propria competenza.

L’istruttoria compiuta ha confermato che in realtà non spettavano all’Assessore P., secondo la disciplina statutaria e legislativa regionale all’epoca vigente, poteri decisionali in questa materia, tanto meno nei confronti di quell’Ufficio Legge Speciale che continuava a godere di un’ampia autonomia riconosciuta dalla precedente disciplina statale e che per la sua struttura anomala non rientrava nell’organizzazione tipica regionale. Sembra, pertanto, doversi escludere che il predetto Assessore potesse esercitare monocraticamente poteri d’interdizione, d’approvazione preventiva, di disapprovazione o d’annullamento di singoli atti di gestione compiuti da quell’Ufficio tali da imporgli l’adozione di un tipico provvedimento. Difatti, tutti gli ipotizzabili provvedimenti rientravano, all’epoca, nella competenza dell’organo collegiale cioè della Giunta Regionale, in cui l’Assessore P. rivestiva, però, la qualità di componente particolarmente qualificato “ratione materiae” a promuovere all’occorrenza tutte le deliberazioni necessarie.

Ed è appunto in questa veste che il P., ove fosse stato avvertito dal Responsabile dell’Ufficio di Ragioneria della Regione, che l’Ufficio Legge Speciale stava eseguendo spese non consentite nella deliberazione della Giunta avrebbe dovuto informarne la Giunta medesima al fine dell’adozione dei provvedimenti di competenza di quest’ultima.

Se questo è, come il Collegio ritiene, che nei confronti dell’Assessore P., che non risulta formalmente investito dal P. della questione dei pagamenti difformi rispetto alle finalità previste, non può ritenersi sussistente quel nesso di causalità tra il suo comportamento ed il verificarsi del fatto dannoso; non può affermarsi con certezza che il doveroso deferimento da parte dell’Assessore alla Giunta avrebbe evitato i pagamenti a favore dell’Ufficio Legge Speciale. In sede d’approvazione del rendiconto della Regione la Giunta avrebbe potuto avere compiuta conoscenza delle difformità dei pagamenti rispetto alle finalità; tuttavia, il mancato svolgimento dei previsti adempimenti amministrativi e contabili da parte degli Uffici, e principalmente dell’Ufficio Ragioneria, non ha consentito alla predetta Giunta di coinvolgere il Consiglio nell’esame di un rendiconto veridico e significativo delle spese effettuate da parte del predetto Ufficio Legge Speciale.

Tutto ciò considerato, la Sezione, preso atto dell’intervenuta estinzione del giudizio per decesso nei confronti del convenuto T. L., ritiene che la responsabilità amministrativa in ordine alla vicenda dannosa sia da ascrivere alla condotta gravemente colpevole del convenuto A.P..

Tenuto presente quanto precedentemente affermato circa l’entità del danno risarcibile, ritiene la Sezione che la condanna del responsabile possa essere limitata, nella misura di un terzo dell’intero danno, all’importo di lire 100.000.000, comprensivo della rivalutazione, a cui accedono gli interessi legali.

Venendo ora alla seconda fattispecie, quella relativa alla indebita conversione della somma di lire 639.085.991 in assegni circolari, intestati all’Ufficio Legge Speciale e non direttamente ai creditori, indebitamente trattenuti per circa due mesi nella cassaforte dell’Ufficio stesso, tale circostanza risulta provata e non contestata dalle parti in giudizio; restano da esaminare le considerazioni espresse dalla difesa del L., che introducono elementi utili per la definizione del giudizio prescindendo dal fatto che nei confronti del predetto convenuto il giudizio sia estinto per intervenuto decesso.

Secondo tali considerazioni il medesimo L. aveva assunto l’iniziativa della predetta conversione al fine di evitare possibili procedimenti esecutivi sul conto corrente che avrebbero reso indisponibile la somma ai fini per i quali era stata stanziata dalla Regione.

Quanto ora esposto pone in evidenza una situazione di palese irregolarità nella gestione di tali somme da parte dell’Ufficio Legge Speciale non consentendo al predetto Ufficio di percepire i frutti naturali della somma in questione.

Le vigenti disposizioni in materia di tenuta delle contabilità obbligano gli enti ed organismi pubblici di mantenere i fondi dei quali sono gestori presso un istituto tesoriere ed impongono, inoltre, di disporre i pagamenti nei confronti dei soggetti creditori dell’ente od organismo pubblico nelle forme consentite dai rispettivi ordinamenti e della convenzione di tesoreria.

Nella fattispecie, emerge con sufficiente chiarezza la violazione delle disposizioni contenute nell’art.59 della legge di contabilità regionale n.5 del 1978 che impone l’indicazione nel mandato di pagamento a favore dei creditori di tutti gli elementi conoscitivi connessi ai singoli pagamenti, nei modi e nelle forme previste dalla legge istitutiva del servizio di tesoreria, del regolamento regionale d’attuazione e della relativa convenzione.

D’altra parte, il ricorso ad assegni circolari intestati direttamente all’Ufficio Legge Speciale anziché ai creditori costituisce inosservanza dei vincoli giuridici nascenti dall’art. 62 della richiamata legge di contabilità regionale.

In relazione a tale fattispecie appare possibile una corresponsabilità dell’istituto che gestiva all’epoca la tesoreria regionale in relazione ai vincoli ai quali era sottoposto nel momento in cui provvedeva all’erogazione del pubblico denaro proveniente dai contribuenti; non essendo stato chiamato in giudizio il richiamato istituto tesoriere ogni valutazione sui possibili profili d’irregolarità saranno oggetto di valutazione in sede di giudizio di conto reso dalla Cassa di Risparmio per la Calabria e Lucania per la gestione della contabilità regionale per i medesimi esercizi, procedendo, in caso d’intervenuta approvazione con decreto, alla revoca del medesimo ed instaurazione del giudizio all’esame della Sezione.

L’Ufficio Legge Speciale, come già espresso da questa Sezione con ordinanza n. 17/92 del 28 gennaio- 28 ottobre 1992 resa in questo giudizio, era un’articolazione periferica del Ministero per l’agricoltura e Foreste presso l’Ispettorato regionale delle foreste non soggetto ad un regime speciale per quanto attiene l’osservanza delle norme amministrativo- contabili; regime questo non mutato in conseguenza del passaggio delle competenze alla Regione ai sensi della legge regionale 14 agosto 1973 n. 8, che all’art. 5 consente per il primo biennio alla Giunta regionale di avvalersi dell’opera degli uffici speciali regionali.

Di conseguenza, il predetto Ufficio Legge Speciale non era dotato d’alcuna specifica autonomia organizzativa e funzionale ed avrebbe dovuto agire nell’ambito e su espressa autorizzazione regionale e le somme occorrenti per l’esecuzione delle opere affidate avrebbero dovuto essere accreditate direttamente al predetto Ufficio come anticipazione e com’erogazioni in corso d’opera fino alla copertura totale del progetto ed utilizzate con l’obbligo della rendicontazione.

Non essendo l’Ufficio Speciale dotato d’autonomia contabile avrebbe dovuto agire sulla base d’accreditamenti di somme che erano e rimanevano di provenienza regionale e doveva rispettare i vincoli, derivanti dalle norme di contabilità regionale e dal capitolato speciale annesso alla convenzione di tesoreria, nell’effettuazione dei pagamenti a favore dei creditori.

Dagli atti processuali risulta che l’Ufficio Legge Speciale aveva proceduto ad utilizzare le somme destinate a specifiche finalità per fronteggiare eventuali altre esigenze, senza alcuna autorizzazione regionale.

L’aver utilizzato fondi regionali per finalità diverse specificatamente individuate dalla Regione ha costituito una devianza rispetto a principi di un’oculata amministrazione.

Una volta rilevato che la gestione di tali somme è stata effettuata al di fuori delle previsioni della Regione Calabria, resta da valutare il profilo relativo al danno sopportato dalla medesima Regione.

Da una parte, occorre considerare che il legislatore affida ad un soggetto giuridico- in questo caso la Regione-, la valutazione dell’interesse pubblico da soddisfare con acquisti e forniture di beni ed apparecchiature e dei mezzi finanziari da destinare allo scopo, le determinazioni adottate in difformità da soggetti incompetenti, in assenza di uno stato di necessità, comportano l’estraneità di quanto realizzato alle scelte della medesima Regione, e quindi con dannosità dell’esborso finanziario conseguente; inoltre, occorre tenere presente che la mancata giacenza delle somme nel conto corrente aperto presso la tesoreria regionale ha comportato un danno conseguente ai frutti naturali non maturati sulle somme stesse.

D’altra parte, occorre valutare i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata, ai sensi dell’art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 che ha introdotto l’art. 1 bis all’art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20.

E’ da considerare che nella fattispecie le spese stesse sono state utilizzate per il raggiungimento degli scopi istituzionali dell’Ufficio Legge Speciale al fine di evitare possibili, ma non documentati, procedimenti esecutivi da parte dei creditori..

Il danno pubblico risarcibile e rapportabile alle condotte trasgressive della volontà della Regione deve essere quindi ridimensionato in armonia con i principi generali in tema di causalità giuridica e di prevedibilità del danno.

Occorre difatti tenere conto che le spese stesse sono state effettuate in dispregio delle disposizioni che disciplinano le procedure contabili di spesa sulla base di una surrettizia autonomia amministrativo contabile.

E’ tutta da dimostrare l’intenzione della Regione Calabria di autorizzare la distrazione di fondi per destinarle alle esigenze indicate dal L..

Essendo il danno ascrivibile, sulla base dell’atto di citazione, a titolo di colpa grave nei confronti dei convenuti in giudizio, esso deve essere ridimensionato, tenuto conto dell’avvenuto decesso del maggiore imputato (L.) conformemente all’art. 1225 c.c. all’entità prevedibile sotto l’aspetto della mancata percezione d’interessi attivi sulle somme giacenti sul conto corrente aperto a favore dell’Ufficio Legge Speciale.

Ciò posto, è evidente che la quantificazione esatta non può essere compiuta sulla base di precisi elementi probatori, ma alla relativa liquidazione può pervenirsi solo in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Stima, pertanto, questa Sezione che il danno effettivamente risarcibile e causalmente rapportabile alla distrazione di fondi effettuata dall’Ufficio Legge Speciale con fondi destinati ad altre finalità debba valutarsi nella misura non inferiore ad un quinto della somma indicata da parte attrice.

Si tratta ora di valutare concretamente a chi detta scelta debba essere addebitata per averla personalmente fatta o per non averla contrastata e in ogni caso il grado d’intensità della riprovevolezza dei comportamenti tenuti da ciascuno nella vicenda sottoposta al presente giudizio.

Non vi è dubbio che spicca il ruolo determinante del dott. T. L., capo dell’Ufficio Legge Speciale e direttore dei lavori del progetto “Reggio Verde”, il quale ha convertito in assegni circolari intestati al medesimo Ufficio, senza alcuna autorizzazione regionale, parte dei fondi destinati a finalità diverse.

A fronte di un comportamento così anomalo del L. resta da valutare se i comportamenti omissivi di controllo e di vigilanza sulla gestione del predetto Ufficio possono comportare profili di responsabilità per colpa grave dei restanti due convenuti il rag. P. e l’assessore P..

Le argomentazioni addotte dalla difesa del L., più che dare una giustificazione plausibile al suo comportamento, consentono di escludere nella fattispecie le responsabilità degli altri soggetti coinvolti, la cui posizione viene qua di seguito esaminata.

La giustificazione del L. è che taluni creditori, in possesso di decreti ingiuntivi, avrebbero potuto intraprendere procedimenti esecutivi sul conto corrente che avrebbero reso indisponibile le somme per le finalità alle quali erano destinate.

Il Capo dell’Ufficio Ragioneria della Regione, destinatario della rendicontazione da parte dell’Ufficio Legge Speciale, non ha esercitato con la necessaria puntualità la vigilanza sul L., ma la sua omissione non può essere connessa in rapporto di causalità effettiva con il verificarsi del danno a carico della Regione; le violazioni avrebbe potuto essere rilevate in sede di verifiche della tenuta della cassa dell’Ufficio in questione da parte del tesoriere nei controlli di cui al regolamento approvato con D.C.R. n. 195 del 1982.

Per quanto attiene all’Assessore P. non risulta dagli atti che abbia espresso formalmente alcun avallo all’operato del L., ma l’addebito mosso dalla parte attrice non è quello di avere preso parte attiva nella vicenda, ciò con atti o comportamenti positivi, bensì di avere colpevolmente omesso di provvedere a adempimenti di propria competenza.

L’istruttoria compiuta ha confermato che in realtà non spettavano all’Assessore P., secondo la disciplina statutaria e legislativa regionale all’epoca vigente, poteri decisionali in questa materia, tanto meno nei confronti di quell’Ufficio Legge Speciale che continuava a godere di un’ampia autonomia riconosciuta dalla precedente disciplina statale e che per la sua struttura anomala non rientrava nell’organizzazione tipica regionale. Sembra, pertanto, doversi escludere che il predetto Assessore potesse esercitare monocraticamente poteri d’interdizione, d’approvazione preventiva, di disapprovazione o d’annullamento di singoli atti di gestione compiuti da quell’Ufficio tali da imporgli l’adozione di un tipico provvedimento. Difatti, tutti gli ipotizzabili provvedimenti rientravano, all’epoca, nella competenza dell’organo collegiale cioè della Giunta Regionale, in cui l’Assessore P. rivestiva, però, la qualità di componente particolarmente qualificato “ratione materiae” a promuovere all’occorrenza tutte le deliberazioni necessarie.

Ed è appunto in questa veste che il P., ove fosse stato avvertito dal Tesoriere regionale, che l’Ufficio Legge Speciale stava gestendo somme in difformità alle finalità indicate dalla Giunta regionale avrebbe dovuto informarne la Giunta medesima al fine dell’adozione dei provvedimenti di competenza di quest’ultima.

Se questo è, come il Collegio ritiene, nei confronti dell’Assessore P., che non risulta formalmente investito della questione dei pagamenti difformi rispetto alle finalità previste, non può ritenersi sussistente quel nesso di causalità tra il suo comportamento ed il verificarsi del fatto dannoso; e non può affermarsi con certezza che il doveroso deferimento da parte dell’Assessore alla Giunta avrebbe evitato i pagamenti irregolari.

Tutto ciò considerato, la Sezione, preso atto dell’intervenuta estinzione del giudizio per decesso nei confronti del convenuto T. L., ritiene di escludere quel nesso di causalità tra i comportamenti del P. e del P. ed il verificarsi del fatto dannoso.

Analoghe conclusioni ritiene la Sezione di dover esprimere con riferimento alla fattispecie concernente i lavori, eseguiti nel 1985, relativi ai due campi di bocce ed alla sistemazione di un campo di calcio in Gallico Superiore.

Tali lavori sono stati autorizzati nel 1984 dall’Assessore pro- tempore alla forestazione, Pietro Battaglia, non convenuto in questo giudizio.

Non sembra che tali lavori rientrassero tra i compiti affidati all’Ufficio Legge Speciale.

La difesa del L. osserva che detti lavori rientravano nell’ambito del programma Reggio Verde.

Tale assunto non appare suffragato dalle risultanze dell’istruttoria svolta dalla Guardia di finanza, a seguito dell’ordinanza di questa Sezione; il programma Reggio Verde, secondo la ricostruzione effettuata dalla medesima Guardia di Finanza sulla base dell’esame delle delibere riguardanti tale programma, si articolava sostanzialmente in una serie d’interventi diretti alla conservazione ed al miglioramento del verde pubblico in Reggio Calabria e che gran parte degli interventi e lavori rientranti nei progetti hanno avuto per oggetto la sistemazione ed il ripristino di tratti stradali rientranti nei programmi definiti dagli organi regionali.

Le spese in questione, riguardanti la sistemazione di due campi di bocce e di un campo di calcio in Gallico Superiore, non rientravano per il loro contenuto nell’ambito del programma Reggio Verde e non potevano quindi essere utilizzati i fondi destinati alla forestazione.

Lo stesso Ufficio Legge Speciale non avrebbe potuto effettuare tali spese. Difatti, come già espresso da questa Sezione con ordinanza n.11/92 del 29 novembre 1991- 8 luglio 1992 resa in questo giudizio, l’Ufficio Legge Speciale era un’articolazione periferica del Ministero per l’agricoltura e Foreste presso l’Ispettorato regionale delle foreste non soggetto ad un regime speciale per quanto attiene l’osservanza delle norme amministrativo- contabili e non era tra i soggetti affidatari di lavori di forestazione di cui all’art.32 del t.u. delle disposizioni relative agli interventi di competenza della Cassa per il Mezzogiorno; regime questo non mutato in conseguenza del passaggio delle competenze alla Regione ai sensi della legge regionale 14 agosto 1973 n.8, che all’art.5 consente per il primo biennio alla Giunta regionale di avvalersi dell’opera degli uffici speciali regionali.

Di conseguenza, il predetto Ufficio Legge Speciale non era dotato d’alcuna specifica autonomia organizzativa e funzionale ed avrebbe dovuto agire nell’ambito e su espressa autorizzazione regionale e le somme occorrenti per l’esecuzione delle opere affidate avrebbero dovuto essere accreditate direttamente al predetto Ufficio come anticipazione e com’erogazioni in corso d’opera fino alla copertura totale del progetto ed utilizzate con l’obbligo della rendicontazione.

Non essendo l’Ufficio Speciale dotato d’autonomia contabile avrebbe dovuto agire sulla base d’accreditamenti di somme che erano e rimanevano di provenienza regionale e dovevano essere indirizzate al perseguimento degli obiettivi espressamente indicati dalla Regione. Nella fattispecie non era sufficiente l’indicazione dell’assessore alla forestazione, trattandosi di spese difficilmente riconducibili nell’ambito della “forestazione” per la quale l’Ufficio Legge speciale era utilizzato, ma occorreva una specifica delibera di Giunta regionale con l’indicazione dei relativi mezzi finanziari ai quali attingere sulla base di specifici progetti, comunque diversi da quelli di “forestazione”

Dagli atti processuali risulta inoltre che l’Ufficio Legge Speciale procedeva all’utilizzazione delle somme senza una rigorosa e puntuale rendicontazione. Ne è conseguita una situazione, protratta negli anni, nella quale il predetto Ufficio ha operato al di fuori d’ogni necessario controllo da parte della Regione; in mancanza, difatti, della rendicontazione delle somme spese la Regione non aveva modo di rilevare anomalie e devianze rispetto alle finalità previste e si procedeva alla gestione di rilevanti somme senza il rispetto delle più elementari regole alle quali è sottoposta la gestione di pubblico denaro.

Una volta rilevato che le spese in questione risultano effettuiate al di fuori delle previsioni della Regione Calabria resta da valutare il profilo relativo al danno sopportato dalla medesima Regione ed al profilo comportamentale dei soggetti convenuti.

Da una parte, occorre considerare che il legislatore affida ad un soggetto giuridico- in questo caso la Regione-, la valutazione dell’interesse pubblico da soddisfare con i mezzi finanziari da destinare allo scopo, le determinazioni adottate in difformità da soggetti incompetenti, in assenza di uno stato di necessità, comportano l’estraneità di quanto realizzato alle scelte della medesima Regione, e quindi con dannosità dell’esborso finanziario conseguente; d’altra parte, occorre valutare i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata, ai sensi dell’art. 3 del d.l. 23 ottobre 1996, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 che ha introdotto l’art. 1 bis all’art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20.

E’ da considerare che nella fattispecie le spese effettuate sono state dirette per scopi non istituzionali della Regione, come la sistemazione di campi di bocce e di un campo di calcio di proprietà di soggetti privati.

Il danno pubblico risarcibile e rapportabile alle condotte trasgressive della volontà della Regione deve essere quindi dimensionato in armonia con i principi generali in tema di causalità giuridica e di prevedibilità del danno.

Occorre difatti tenere conto del fatto che le spese in questione sono state effettuate con piena discrezionalità ed a trattativa privata, sulla base di una surrettizia autonomia amministrativo contabile.

Non poteva sfuggire ai soggetti chiamati in giudizio, prescindendo dall’individuazione dei responsabili in ragione del loro grado di colpevolezza, che le spese predette avrebbero comportato la devianza nell’utilizzo di fondi destinati ai programmi di forestazione e comunque esuberanti rispetto alle competenze dell’Ufficio Legge Speciale.

E’ tutta da dimostrare l’intenzione della Regione Calabria di autorizzare l’acquisto di effettuare tali spese nell’ambito del progetto “Reggio Verde”; circa l’aspetto dell’utilità della spesa non appare possibile stabilire un collegamento tra le spese stesse e l’inventario dei beni di pertinenza regionale (campi di bocce e campo di calcio), anche in ragione dell’incompletezza degli inventari della Regione.

Essendo il danno ascrivibile, sulla base dell’atto di citazione, a titolo di colpa grave nei confronti dei convenuti in giudizio, esso deve essere ridimensionato, tenuto conto dell’avvenuto decesso del maggiore imputato (L.) conformemente all’art. 1225 c.c. all’entità prevedibile sotto il duplice aspetto dell’incremento del costo pubblico in ragione della procedura di spesa adottata ed insufficiente realizzazione dell’interesse pubblico di realizzazione d’opere in attuazione del progetto “Reggio Verde”.

Prima di procedere, tuttavia, alla quantificazione esatta del danno, occorre valutare concretamente a chi detta scelta debba essere addebitata per averla personalmente fatta o per non averla contrastata e in ogni caso il grado d’intensità della riprovevolezza dei comportamenti tenuti da ciascuno nella vicenda sottoposta al presente giudizio.

Non vi è dubbio che spicca il ruolo determinante del dott. T. L., capo dell’Ufficio Legge Speciale e direttore dei lavori del progetto “Reggio Verde”, ha speso nel corso degli anni 1986- 1988, senza alcuna autorizzazione della Giunta regionale, parte dei fondi destinati al predetto progetto per la sistemazione di campi di bocce e di campo di calcio, dallo stesso diretto che era, peraltro, titolare di compiti “di consulenza per programmi di forestazione, di studio e verifica dei progetti presentati da terzi affidatari o concessionari, di vigilanza ispettiva e di controllo amministrativo contabile degli stati d’avanzamento dei lavori” e non di “funzioni di diretta gestione”.

A fronte di un comportamento così anomalo del L. resta da valutare se i comportamenti omissivi di controllo e di vigilanza sulla gestione del predetto Ufficio possono comportare profili di responsabilità per colpa grave dei restanti due convenuti il rag. P. e l’assessore P..

Le argomentazioni addotte dalla difesa del L., più che dare una giustificazione plausibile al suo comportamento, consentono di escludere nella fattispecie le responsabilità degli altri soggetti coinvolti, la cui posizione viene qua di seguito esaminata.

La giustificazione del L. è che i lavori in questione sarebbero stati ordinati dall’assessore ala forestazione Pietro Battaglia il 20 dicembre 1984 su richiesta del Rettore del Parco della Mondialità nell’ambito del programma Reggio Verde.

Il Capo dell’Ufficio Ragioneria della Regione, destinatario della rendicontazione da parte dell’Ufficio Legge Speciale, non ha esercitato con la necessaria puntualità la vigilanza sul L., ma la sua omissione non può essere connessa in rapporto di causalità effettiva con il verificarsi del danno a carico della Regione; la violazione sarebbe stata conseguente ad una specifica ordinazione dell’assessore alla forestazione, con ciò ponendo in luce un’utilizzazione dell’Ufficio Legge Speciale per l’effettuazione dei lavori, al di fuori delle specifiche attribuzioni, ed in modo assolutamente arbitrario.

Il comportamento del P. non appare, nella fattispecie, causativo di danno, né connesso in modo consequenziale al verificarsi dei pagamenti effettuati per finalità diverse da quelle previste per la forestazione e ciò in quanto i lavori erano stati espressamente autorizzati, anche se impropriamente o meglio illegittimamente, dall’assessore regionale alla forestazione.

Per quanto attiene all’Assessore P. risulta dagli atti che abbia assunto l’incarico in data successiva a quella d’ordinazione dei lavori in questione, ma l’addebito mosso dalla parte attrice non è quello di avere preso parte attiva nella vicenda, ciò con atti o comportamenti positivi, bensì di avere colpevolmente omesso di provvedere a adempimenti di propria competenza.

L’istruttoria compiuta ha confermato che in realtà non spettavano all’Assessore P., secondo la disciplina statutaria e legislativa regionale all’epoca vigente, poteri decisionali in questa materia, tanto meno nei confronti di quell’Ufficio Legge Speciale che continuava a godere di un’ampia autonomia riconosciuta dalla precedente disciplina statale e che per la sua struttura anomala non rientrava nell’organizzazione tipica regionale. Sembra, pertanto, doversi escludere che il predetto Assessore potesse esercitare monocraticamente poteri d’interdizione, d’approvazione preventiva, di disapprovazione o d’annullamento di singoli atti di gestione compiuti da quell’Ufficio tali da imporgli l’adozione di un tipico provvedimento. Difatti, tutti gli ipotizzabili provvedimenti rientravano, all’epoca, nella competenza dell’organo collegiale cioè della Giunta Regionale, in cui l’Assessore P. rivestiva, però, la qualità di componente particolarmente qualificato “ratione materiae” a promuovere all’occorrenza tutte le deliberazioni necessarie.

Ed è appunto in questa veste che il P. avrebbe potuto informare la Giunta regionale che l’Ufficio Legge Speciale stava gestendo somme in difformità alle finalità indicate dalla Giunta regionale al fine dell’adozione dei provvedimenti di competenza di quest’ultima.

Se questo è, come il Collegio ritiene, nei confronti dell’Assessore P., che non risulta formalmente aver autorizzato le spese in questione difformi rispetto alle finalità previste in specifiche deliberazioni della Giunta, non può ritenersi sussistente quel nesso di causalità tra il suo comportamento ed il verificarsi del fatto dannoso; non può affermarsi con certezza che il doveroso deferimento da parte dell’Assessore alla Giunta avrebbe evitato i pagamenti da parte della Regione a favore dell’Ufficio Legge Speciale per le spese in questione..

Tutto ciò considerato, la Sezione, preso atto dell’intervenuta estinzione del giudizio per decesso nei confronti del convenuto T. L., ritiene di escludere quel nesso di causalità tra i comportamenti del P. e del P. ed il verificarsi del fatto dannoso ed i predetti convenuti vanno pertanto assolti dalla domanda attrice.

Altra fattispecie si riferisce alla richiesta attrice di presunto indebito acquisto di due studi completi per uso ufficio, con una spesa di lire 16.086.940, utilizzando illegittimamente i fondi assegnati per il progetto di forestazione nell’ambito della gestione dei fondi regionali.

Tali beni erano acquistati dal predetto Ufficio a valere sui fondi destinati al progetto denominato Reggio Verde per gli anni 1986- 1988.

La richiesta di condanna di parte attrice si riferisce al geometra Z., che ha effettuato la spesa, nonché all’avv. G. P., Assessore alla forestazione, e del rag. A.P., Ragioniere generale della Regione Calabria per “omissione delle dovute verifiche e dei controlli sull’attività di spesa dell’Ufficio Legge Speciale”.

E’ stato provato che il geometra Z. abbia acquistato per arredare l’Ufficio Legge speciale due lussuosi studi per un importo di lire 16.086.940.

Restano da esaminare le considerazioni espresse dalla difesa del L. comunque utili per la definizione del giudizio.

Secondo tali considerazioni si era formata una prassi nella gestione dei fondi per i programmi di forestazione per cui le delibere di Giunta, che affidavano i lavori, fissavano una percentuale in favore degli enti interessati, dello 0,50% oppure dell’1% delle somme stanziate, a titolo di “oneri cantieristici”, e detta percentuale era utilizzata per spese strumentali e funzionali all’andamento dell’ufficio intestatario del programma. Le somme erogate dalla Regione sulla base di semplice presentazione di moduli completi di fatture o erano anticipate e solo a fine anno era fatto un rendiconto a consuntivo sulla base di moduli inviati.

Su tale questione, secondo gli accertamenti istruttori svolti dalla Guardia di Finanza, non risulta alcuna documentazione idonea a giustificare l’adozione di tale prassi circa l’imputazione degli oneri cantieristici alle spese relative al progetto di forestazione ed è stata prospettata la possibilità che alle spese generali di funzionamento degli Uffici speciali, prima del passaggio delle competenze alle Regione, si provvedesse con appositi stanziamenti sulla base di preventivi predisposti dalla Cassa per il Mezzogiorno d’intesa con i Ministeri dei lavori pubblici e dell’Agricoltura e Foreste. In altri termini, si tratterebbe di una prassi adottata dall’Ufficio Legge Speciale allorquando dipendeva dalla Cassa per il Mezzogiorno, ma si basava sulla preventiva approvazione da parte di quest’ultima nei progetti che di volta in volta erano destinati agli interventi straordinari.

Con il passaggio dell’Ufficio Legge Speciale nell’ambito della Regione Calabria, quest’ultima avrebbe potuto espressamente autorizzare gli acquisti di mobili ed apparecchiature per le esigenze funzionali dell’Ufficio Legge Speciale nell’ambito dei programmi di forestazione; circostanza questa esclusa dalle risultanze istruttorie.

Difatti, come già espresso da questa Sezione con ordinanza n.17/92 del 28 gennaio - 28 ottobre 1992 resa in questo giudizio, l’Ufficio Legge speciale era un’articolazione periferica del Ministero per l’agricoltura e Foreste presso l’Ispettorato regionale delle foreste non soggetto ad un regime speciale per quanto attiene l’osservanza delle norme amministrativo- contabili e non era tra i soggetti affidatari di lavori di forestazione di cui all’art.32 del t.u. delle disposizioni relative agli interventi di competenza della Cassa per il Mezzogiorno; regime questo non mutato in conseguenza del passaggio delle competenze alla Regione ai sensi della legge regionale 14 agosto 1973 n.8, che all’art.5 consente per il primo biennio alla Giunta regionale di avvalersi dell’opera degli uffici speciali regionali.

Di conseguenza, il predetto Ufficio Legge Speciale non era dotato d’alcuna specifica autonomia organizzativa e funzionale ed avrebbe dovuto agire nell’ambito e su espressa autorizzazione regionale e le somme occorrenti per l’esecuzione delle opere affidate avrebbero dovuto essere accreditate direttamente al predetto Ufficio come anticipazione e com’erogazioni in corso d’opera fino alla copertura totale del progetto ed utilizzate con l’obbligo della rendicontazione.

Non essendo l’Ufficio Speciale dotato d’autonomia contabile avrebbe dovuto agire sulla base d’accreditamenti di somme che erano e rimanevano di provenienza regionale e che dovevano essere indirizzate al perseguimento degli obiettivi espressamente indicati dalla Regione.

Dagli atti processuali risulta invece che l’Ufficio Legge Speciale procedeva all’utilizzazione delle somme senza una rigorosa e puntuale rendicontazione. Ne è conseguita una situazione, protratta negli anni, nella quale il predetto Ufficio ha operato al di fuori d’ogni necessario controllo da parte della Regione; in mancanza, difatti, della rendicontazione delle somme spese la Regione non aveva modo di rilevare anomalie e devianze rispetto alle finalità previste e si procedeva alla gestione di rilevanti somme senza il rispetto delle più elementari regole alle quali è sottoposta la gestione di pubblico denaro.

Vi è poi da rilevare che i beni mobili e le apparecchiature acquistate dall’Ufficio Legge Speciale appartenevano alla Regione Calabria che avrebbe dovuto inserirle nei propri inventari di consistenza; difatti, in mancanza d’autonoma personalità giuridica dell’Ufficio stesso i beni acquistati con fondi regionali erano di proprietà della Regione ed andavano iscritti nello stato patrimoniale della Regione Calabria.

L’aver consentito l’acquisizione di due lussuosi studi con fondi regionali al di fuori di uno specifico programma approvato dalla Regione ha costituito una devianza rispetto a principi di un’oculata amministrazione, tanto più utilizzando parte delle somme destinate a finalità specificatamente individuate, ma non di meno è contrario a principi di sana e trasparente gestione amministrativa e contabile l’acquisto di beni con fondi regionali che non siano tradotti in specifica evidenziazione nella situazione patrimoniale da portare all’approvazione del Consiglio Regionale.

Una volta rilevato che gli acquisti effettuati risultano al di fuori delle previsioni della Regione Calabria resta da valutare il profilo relativo al danno sopportato dalla medesima regione.

Da una parte, occorre considerare che il legislatore affida ad un soggetto giuridico- in questo caso la Regione-, la valutazione dell’interesse pubblico da soddisfare con acquisti e forniture di beni ed apparecchiature e dei mezzi finanziari da destinare allo scopo, le determinazioni adottate in difformità da soggetti incompetenti, in assenza di uno stato di necessità, comportano l’estraneità di quanto realizzato alle scelte della medesima Regione, e quindi con dannosità dell’esborso finanziario conseguente; d’altra parte, occorre valutare i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata, ai sensi dell’art.3 del d.l. 23 ottobre 1996, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996 n.639 che ha introdotto l’art.1 bis all’art.1 della legge 14 gennaio 1994 n.20.

E’ da considerare che nella fattispecie i beni mobili e gli arredi, acquistati in modo difforme da quanto previsto nel regolamento regionale n.1 del 1986, siano stati utilizzati per il raggiungimento degli scopi istituzionali.

Il danno pubblico risarcibile e rapportabile alle condotte trasgressive della volontà della Regione deve essere quindi ridimensionato in armonia con i principi generali in tema di causalità giuridica e di prevedibilità del danno.

Occorre difatti tenere conto del fatto che gli acquisti stessi sono stati effettuati in dispregio delle disposizioni che disciplinano gli acquisti regionali, con piena discrezionalità ed a trattativa privata, sulla base di una surrettizia autonomia amministrativo contabile. In altri termini, era evidente e prevedibile che i costi sostenuti per l’acquisto dei due lussuosi studi- lusso desumibile dall’elevato importo delle spese in relazione alla fornitura- sarebbero stati maggiori di quelli che si sarebbero dovuti affrontare per l’acquisto di beni ed arredi, sulla base di una procedura concorsuale, sulla base di predeterminate condizioni riportate in specifici capitolati o altre condizioni previste dalla normativa regionale.

Non poteva sfuggire ai soggetti chiamati in giudizio, prescindendo dall’individuazione dei responsabili in ragione del loro grado di colpevolezza, che i costi per gli acquisti dei due lussuosi studi effettuati dall’Ufficio Legge Speciale, a trattativa privata, sarebbero stati maggiori rispetto a quelli che sarebbero conseguiti dall’aggiudicazione di specifico appalto d’acquisto per forniture e comunque esuberanti rispetto alle esigenze di funzionamento dell’Ufficio Legge Speciale. In altri termini, ove la Regione avesse proceduto, sulla base d’appalto di forniture in conformità alla normativa nazionale e comunitaria, ad acquisti di mobili ed apparecchiature per le esigenze di funzionamento del predetto Ufficio Legge Speciale avrebbe comunque sostenuto un costo minore rispetto a quello avuto nella fattispecie.In ogni caso, è tutta da dimostrare l’intenzione della Regione Calabria di autorizzare l’acquisto di due lussuosi studi per lire 16.086.940 nell’ambito del progetto “Reggio Verde” per destinarli alle esigenze dell’Ufficio Legge Speciale.Circa l’aspetto dell’utilità della spesa non appare possibile stabilire un collegamento certo tra l’elenco dei beni rinvenuti nei locali dell’Assessorato regionale, le fatture delle ditte fornitrici ed il catalogo- listino, anche in ragione del fatto che quasi tutti i beni contenuti nell’elenco non risultano inventariati.

Essendo il danno ascrivibile, sulla base dell’atto di citazione, a titolo di colpa grave nei confronti dei convenuti in giudizio, esso deve essere ridimensionato, tenuto conto dell’avvenuto decesso del maggiore imputato (L.) conformemente all’art.1225 c.c. all’entità prevedibile sotto il duplice aspetto dell’incremento del costo pubblico in ragione della procedura d’acquisto adottata e della tipologia dei beni acquistati e dell’insufficiente realizzazione dell’interesse pubblico di realizzazione d’opere in attuazione del progetto “Reggio Verde”.

Ciò posto, è evidente che la quantificazione esatta non può essere compiuta sulla base di precisi elementi probatori, ma alla relativa liquidazione può pervenirsi solo in via equitativa ai sensi dell’art.1226 c.c..

Stima, pertanto, questa Sezione che il danno effettivamente risarcibile e causalmente rapportabile agli acquisti dei due lussuosi studi effettuati dall’Ufficio Legge Speciale con fondi destinati al progetto “Reggio Verde”debba valutarsi nella misura non inferiore ad un quinto della spesa complessivamente sostenuta dalla Regione Calabria.

Si tratta ora di valutare concretamente a chi detta scelta debba essere addebitata per averla personalmente fatta o per non averla contrastata e in ogni caso il grado d’intensità della riprovevolezza dei comportamenti tenuti da ciascuno nella vicenda sottoposta al presente giudizio.

Non vi è dubbio che spicca il ruolo determinante del dott. T. L., capo dell’Ufficio Legge Speciale e direttore dei lavori del progetto “Reggio Verde”, ha speso nel corso degli anni 1986- 1988, senza alcuna autorizzazione regionale, parte dei fondi destinati al predetto progetto per due lussuosi studi per collocarli nell’Ufficio dallo stesso diretto che era, peraltro, titolare di compiti “di consulenza per programmi di forestazione, di studio e verifica dei progetti presentati da terzi affidatari o concessionari, di vigilanza ispettiva e di controllo amministrativo contabile degli stati d’avanzamento dei lavori” e non di “funzioni di diretta gestione”.

A fronte di un comportamento così anomalo, protratto nel tempo e tale da aver ingenerato sospetti di scorrettezza penale, il cui fondamento non è stato completamente dissipato dalle pronunce intervenute nella competente sede giudiziaria, deve convenirsi con la considerazione che non può considerarsi il L., peraltro defunto, l’unico responsabile dell’intera fattispecie dannosa. Molte delle argomentazioni addotte dalla difesa del L., più che dare una giustificazione plausibile al suo comportamento, pongono in risalto le responsabilità degli altri soggetti coinvolti nella fattispecie, così da avvalorare il giudizio di grave riprovevolezza espresso dal Pubblico Ministero a carico dei medesimi soggetti, la cui posizione viene qua di seguito esaminata.

Va subito esaminata la posizione del geometra Z. che era un collaboratore del L. nell’ambito dell’Ufficio Legge Speciale e che, secondo gli atti, avrebbe concretamente effettuato la spesa per acquistare i due arredi.

Secondo la Sezione, lo Z. non era dotato d’autonomia operativa nell’ambito dell’Ufficio, ma eseguiva le spese seguendo le specifiche indicazioni del responsabile dell’Ufficio, il L., che era preposto all’esecuzione degli interventi in materia di forestazione.

In altri termini, lo Z., secondo la Sezione, ha eseguito l’acquisto dei due arredi in parte distraendo fondi regionali destinati alla forestazione sulla base dell’erroneo convincimento, ingenerato dal suo diretto superiore Responsabile dell’Ufficio, che ciò avvenisse in conformità ad una prassi generale seguita dall’Ufficio stesso.

Dell’erroneità di tale convincimento doveva essere invece pienamente consapevole il L. che ben doveva conoscere la normativa vigente e soprattutto che per l’effettuazione di tali spese sarebbero dovuti essere utilizzati appropriati stanziamenti e soprattutto una specifica autorizzazione regionale

Una delle giustificazioni del L. è che le somme relative al progetto Reggio Verde erano erogate dalla Regione sulla base di semplice presentazione di moduli (4.4.A.) completi di fatture o, più semplicemente, erano anticipate e solo a fine anno era fatto un rendiconto a consuntivo sulla base dei moduli inviati, e che veniva, quindi, inviata alla Regione la documentazione giustificativa, comprensiva della dicitura “oneri cantieristici” ed ottenendo l’erogazione dei fondi contestualmente alla presa in carico.

E’ singolare che il Capo dell’Ufficio Ragioneria della Regione, destinatario della rendicontazione da parte dell’Ufficio Legge Speciale, che avrebbe dovuto trasfondere i dati finanziari e patrimoniali, riportati nei citati modelli (4.4.A) da parte dell’Ufficio Legge Speciale, nel conto finanziario e nella situazione patrimoniale della Regione non abbia mai segnalato alla competente autorità regionale ritardi od omissioni nella rendicontazione ovvero la circostanza, rilevabile dai predetti modelli, che erano spese somme destinate a finalità non previste dalla legislazione regionale (“per oneri cantieristici”) e non abbia, infine, vigilato sulla regolare presa in carico in inventario dei beni mobili acquistati con fondi regionali.

Fa rilevare la difesa del L. che i rapporti economici e finanziari tra la Regione e gli “enti affidatari” dovevano essere regolati da convenzioni, ai sensi dell’art.11 della legge regionale n.8 del 1973, stipulate dalla Giunta Regionale, ma la legge è rimasta inattuata.

Non poteva sfuggire all’attenzione del P. che, in mancanza di tali convenzioni, le spese effettuate dalla Regione Calabria, per il tramite dell’Ufficio Legge Speciale, dovevano comunque essere regolarmente rendicontate e rappresentate nel conto consuntivo della medesima Regione, sia per gli aspetti finanziari sia per quelli di natura patrimoniale.

Eccepisce la difesa del P. che l’Ufficio Legge Speciale era dotato della più ampia autonomia amministrativa e contabile, tale da non rendere possibile, anche per la carenza di personale, esercitare alcuna vigilanza da parte della Ragioneria generale della Regione Calabria.

La circostanza, asserita e non dimostrata dalla medesima difesa, della carenza di personale per esercitare la vigilanza, non può essere ammessa a giustificazione del comportamento del P. che per tre anni ha ricevuto dei modelli riassuntivi di spesa da parte dell’Ufficio Legge Speciale comprensivi della voce “oneri cantieristici”, nella quale erano riportati beni mobili e macchinari acquistati e non inventariati, ed ha disposto i relativi pagamenti senza avanzare dubbi sulla legittimità dei predetti acquisti e senza fare assumere alcuna iniziativa per l’inventariazione di tali beni, con verifica dell’effettiva esistenza dei beni stessi presso il richiamato Ufficio.

In altri termini, il P. con il suo comportamento omissivo dei controlli sulla documentazione giustificativa, previsti dall’art.59 della legge regionale 22 maggio 1978 n.5, ha consentito che il L. per tre anni procedesse ad acquisti di beni mobili e macchinari con fondi regionali con vincolo di destinazione ed ha emesso mandati di pagamento a favore per somme destinate al medesimo L. omettendo i controlli della documentazione giustificativa e senza sollevare od esprimere, alla competente autorità regionale, dubbi o perplessità di sorta. Nella fattispecie, quindi, vi è stato un comportamento del tutto superficiale e gravemente negligente, protratto nel tempo, che ha posto in evidenza una situazione di disordine contabile e che ha consentito, con violazione d’obblighi derivanti dall’art.59 della legge regionale n.5 del 1978, di effettuare pagamenti senza la previa verifica della regolarità della documentazione giustificativa di spese destinate ad acquisti di beni mobili e di macchinari non previsti dalla destinazione dei fondi regionali.

Asserisce altresì la difesa del P. che l’Ufficio Legge Speciale è stato gestito nella maniera più esclusiva dall’Assessore alla forestazione dott. P..

Per quanto attiene al predetto Assessore non risulta dagli atti che abbia espresso formalmente alcun avallo all’operato del L., ma l’addebito mosso dalla parte attrice non è quello di avere preso parte attiva nella vicenda, ciò con atti o comportamenti positivi, bensì di avere colpevolmente omesso di provvedere a adempimenti di propria competenza.

L’istruttoria compiuta ha confermato che in realtà non spettavano all’Assessore P., secondo la disciplina statutaria e legislativa regionale all’epoca vigente, poteri decisionali in questa materia, tanto meno nei confronti di quell’Ufficio Legge Speciale che continuava a godere di un’ampia autonomia riconosciuta dalla precedente disciplina statale e che per la sua struttura anomala non rientrava nell’organizzazione tipica regionale. Sembra, pertanto, doversi escludere che il predetto Assessore potesse esercitare monocraticamente poteri d’interdizione, d’approvazione preventiva, di disapprovazione o d’annullamento di singoli atti di gestione compiuti da quell’Ufficio tali da imporgli l’adozione di un tipico provvedimento. Difatti, tutti gli ipotizzabili provvedimenti rientravano, all’epoca, nella competenza dell’organo collegiale cioè della Giunta Regionale, in cui l’Assessore P. rivestiva, però, la qualità di componente particolarmente qualificato “ratione materiae” a promuovere all’occorrenza tutte le deliberazioni necessarie.

Ed è appunto in questa veste che il P., ove fosse stato avvertito dal Responsabile dell’Ufficio di Ragioneria della Regione, che l’Ufficio Legge Speciale stava eseguendo spese non consentite nella deliberazione della Giunta avrebbe dovuto informarne la Giunta medesima al fine dell’adozione dei provvedimenti di competenza di quest’ultima.

Se questo è, come il Collegio ritiene, che nei confronti dell’Assessore P., che non risulta formalmente investito dal P. della questione dei pagamenti difformi rispetto alle finalità previste, non può ritenersi sussistente quel nesso di causalità tra il suo comportamento ed il verificarsi del fatto dannoso; non può affermarsi con certezza che il doveroso deferimento da parte dell’Assessore alla Giunta avrebbe evitato i pagamenti a favore dell’Ufficio Legge Speciale. In sede d’approvazione del rendiconto della Regione la Giunta avrebbe potuto avere compiuta conoscenza delle difformità dei pagamenti rispetto alle finalità, con particolare riferimento all’esame della situazione patrimoniale e degli inventari dei beni della Regione; tuttavia, il mancato svolgimento dei previsti adempimenti amministrativi e contabili da parte degli Uffici, e principalmente dell’Ufficio Ragioneria, non ha consentito alla predetta Giunta di esaminare e portare all’approvazione del Consiglio un rendiconto veridico e significativo delle spese effettuate, della consistenza patrimoniale e delle relative modalità d’utilizzazione dei beni da parte dei singoli Uffici.

Tutto ciò considerato, la Sezione, preso atto dell’intervenuta estinzione del giudizio per decesso nei confronti del convenuto T. L., ritiene che la responsabilità amministrativa in ordine alla vicenda dannosa sia da ascrivere alla condotta gravemente colpevole del convenuto A.P..

Tenuto presente quanto precedentemente affermato circa l’entità del danno risarcibile, ritiene la Sezione che la condanna del responsabile possa essere limitata all’importo di lire 1.600.000, comprensivo della rivalutazione, a cui accedono gli interessi legali.

Rimane da esaminare l’ultima fattispecie, relativa alla mancata rendicontazione da parte del L. e del direttore dei lavori De S. di una spesa pari a 12.933.556.962

Per tale fattispecie la parte attrice ha chiesto, in via principale, la condanna del L., del De S., del P. e del P. e, in via subordinata, la fissazione di un termine al L. ed al De S. per la resa del conto ai sensi dell’art.45 del r.d. n.1214 del 1934 e dell’art.39 del r.d. 13 agosto 1933 n.1038.

Restano ad esaminare le considerazioni espresse dalla difesa del L., che introducono elementi utili per la definizione del giudizio prescindendo dal fatto che nei confronti del predetto convenuto il giudizio sia interrotto per intervenuto decesso.

Secondo tali considerazioni le cause della mancata rendicontazione della spesa di lire 12.933.556.962, relativa a 55 anticipazioni al geometra De S., sarebbero da ricercare nell’inadempimento ai loro obblighi di rendicontazione da parte dei direttori dei lavori.

Per quanto riguarda, in particolare, la mancata rendicontazione da parte del geometra De S. sarebbe dovuta al suo arresto avvenuto il 4 aprile 1989 ed al suo successivo trasferimento ad altro ufficio regionale.

Precisa il L. che la documentazione relativa alla predetta spesa sarebbe reperibile presso i locali dell’Ufficio Legge Speciale ed utilizzabile per la rendicontazione e che il suo ruolo sarebbe stato quello di funzionario delegato e non d’agente contabile, e che quindi il rendiconto avrebbe dovuto essere presentato dal geometra De S.. In definitiva, risulta dagli atti che nella fattispecie vi è stata un’inadempienza di rendicontazione alla Regione di fondi anticipati per l’effettuazione di lavori svolti dall’Ufficio Legge Speciale.

Rimangono da chiarire alcuni aspetti preliminari con riferimento alla tipologia di rendicontazione, amministrativa o giudiziale, per le spese in questione e, in connessione, con tale individuazione, quali obblighi avrebbero dovuto compiere i soggetti convenuti in giudizio; infine, le pronunce che tale Sezione viene ad assumere in relazione alla predetta inadempienza.

Appare opportuna analizzare la differenza fra l’agente contabile e il funzionario delegato, pur in presenza d’aspetti comuni o paralleli.

Questa problematica vale per le Regioni che adottano il sistema di pagamento dell’accreditamento.

Le funzioni d’agente contabile sono indicate nell’art. 74 della legge di contabilità generale dello Stato e riguardano tutti coloro che, compresi gli agenti contabili regionali, siano incaricati da riscossioni e pagamenti.

Tale funzione comporta l’obbligo della resa del conto giudiziale, secondo la normativa contenuta nel reg. n. 827/1924, oltre che nel sistema normativo sulla Corte dei conti e sulla sua giurisdizione.

Per i funzionari delegati si inseriscono, invece, voci sistemi di pagamento delle spese. L’art. 56 della legge di cont. gen. dispone, infatti, che “possono nel caso in cui l’adozione d’altra forma di pagamento sia incompatibile con la necessità dei servizi, aperture di credito a favore di funzionari delegati, per il pagamento delle spese” espressamente indicate.

Un accostamento alla funzione degli agenti contabili si determina per l’ipotesi prevista dall’art. 58, 5° c., della stessa legge di contabilità generale dello Stato, secondo la quale “qualora le esigenze del servizio non richiedono che siano riscosse per intero le somme che i funzionari delegati predetti sono autorizzati a prelevare a loro favore, essi dovranno effettuare la prelevazione, di volta in volta, nella misura strettamente occorrente”.

Anche per somme gestite, a seguito di prelevamenti con buoni a proprio favore, i funzionari delegati sono esonerati dalla resa del conto giudiziale (art. 610, 2° c., reg. n. 827/1924).

Il funzionario delegato deve rendere il conto delle somme erogate ogni trimestre, o negli altri periodi previsti da speciali regolamenti, nonché quando sia esaurita l’apertura di credito o siano cessate le sue facoltà o subentri altro funzionario e, in ogni caso, al termine dell’esercizio.

Il conto delle somme erogate, con i documenti giustificativi deve essere trasmesso alla competente Amministrazione, nella specie quella regionale, per i necessari riscontri, che sono normalmente affidati agli uffici di ragioneria. Ciò deve avvenire entro dieci giorni dal termine fissato. Tali conti debbono essere resi distintamente per ciascun capitolo per la competenza e per i residui e deve essere data dimostrazione dei pagamenti effettuati.

I funzionari delegati sono tenuti a far conoscere alla Corte dei conti in sede di controllo tutti gli elementi necessari contenuti nel frontespizio. L’art. 33 legge n. 468/1978 ha disposto che “ i funzionari delegati, compresi quelli all’estero, nell’inviare i rendiconti alle rispettive amministrazioni, ovvero alle ragionerie regionali o provinciali competenti al riscontro ai sensi del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, trasmettono alla Corte dei conti o alle Delegazioni regionali della stessa, copia a ricalco del frontespizio di ciascun rendiconto”.

La Corte dei conti è così in grado di applicare, previa contestazione all’interessato, le penalità previste dal r.d. 26 ottobre 1933, n. 1454 a carico dei funzionari delegati che, senza giustificato motivo, non presentino i rendiconti nei termini stabiliti dagli art. 333, 334 e 335 del regolamento di contabilità generale dello Stato.

L’applicazione di tale penalità nei confronti del funzionario delegato inadempiente – qualora non vi abbia già provveduto l’Amministrazione ai sensi dell’art. 337 dello stesso regolamento – è di competenza della Sezione regionale di controllo della Corte e non è in contrasto, ma anzi fa sistema, col giudizio per resa di conto che, su istanza del Procuratore regionale, può essere instaurato presso la stessa Corte dei conti in sede giurisdizionale contabile ai sensi dell’art. 610, ultimo comma, del reg. di contabilità generale dello Stato. Infatti, l’applicazione della pena pecuniaria può essere disposta dalla Corte dei conti in sede di controllo ed ha il limitato scopo di porre una remora a carico dei funzionari inadempienti prescindendo sia da una specifica richiesta dell’Amministrazione e sia dal successivo comportamento del funzionario delegato.

Il giudizio per la resa del rendiconto amministrativo – secondo la procedura prevista dagli art. 45 e seg. del t.u. di leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 – ha lo scopo ben più vasto di costringere il funzionario a rendere il conto; sicché, in caso di persistente inadempienza, la Corte – sempre su istanza del P.R. – può disporre che il conto sia fatto compilare d’ufficio a spese del funzionario inadempiente. Vero è che anche la Corte dei conti in sede giurisdizionale può condannare il funzionario inadempiente ad una pena pecuniaria, ma questa – a differenza di quella che può essere applicata dalla Sezione regionale del controllo – può essere applicata soltanto dopo che sia spirato il termine stabilito dalla stessa Corte per la resa del conto ed in conseguenza di questo comportamento nei confronti del giudice.

Teoricamente le due penalità sono cumulabili.

Nel caso in cui dal rendiconto presentato risulti che il funzionario delegato abbia pagato delle somme in eccedenza a quelle da lui prelevate direttamente, il pagamento di questo saldo a favore del funzionario creditore è eseguito con mandato diretto. Queste eventuali eccedenze debbono essere, ovviamente, contenute entro i limiti modesti, potendosi altrimenti compromettere il sistema degli impegni con pagamenti oltre i limiti degli stanziamenti del rispettivo capitolo di bilancio.

Se il rendiconto è presentato quando ancora non sia chiuso l’esercizio, per la somma pagata in più dal funzionario delegato e riconosciuta giustificata dall’Amministrazione centrale, è rilasciato a favore del medesimo un ordine d’accreditamento di saldo. E può anche farsi a meno della emissione dell’ordine d’accreditamento di saldo se siano emessi, nello stesso esercizio e sullo stesso capitolo, altri ordini d’accreditamento a favore del medesimo funzionario delegato. In quest’ultimo caso, la somma in eccedenza pagata è accreditata al funzionario delegato nel rendiconto del successivo accreditamento.

Alla chiusura del rendiconto, le aperture di credito sono ridotte alle somme effettivamente prelevate, con la procedura prevista per l’emissione delle medesime.

Il rendiconto deve essere firmato dal funzionario delegato in carica all’atto della sua compilazione e deve essere vidimato dal capo dell’ufficio di ragioneria.

Se nell’esame di un rendiconto l’Amministrazione regionale riconoscesse che una spesa è stata disposta erroneamente dal funzionario delegato, ne ordina il recupero, che può avvenire o mediante ritenuta su altri eventuali ordinativi a favore di che riscosse l’ordinativo errato ovvero con versamento presso la tesoreria regionale a cura del funzionario delegato. In quest’ultimo caso, la quietanza deve essere trasmessa in originale alla competente Amministrazione regionale, e deve essere allegata al rendiconto.

Il funzionario delegato deve essere assoggettato alla giurisdizione contabile, oltre che alla presentazione del rendiconto amministrativo.

Difatti, l’art.103 della Costituzione, non soltanto ha esteso la giurisdizione contabile all’intera contabilità pubblica, ma ha anche reso più rigida l’applicazione della giurisdizione medesima nell’ambito statale. Tale rigidità riguarda tanto l’assoggettamento alla giurisdizione contabile quanto la competenza dell’organo – Corte dei conti – cui è attribuita la funzione.

Invero, allorquando ricorrono i presupposti obiettivi d’assoggettamento alla giurisdizione contabile – maneggio di denaro o di cose di proprietà dello Stato con obbligo di restituzione – vi è sottoposizione dell’agente alla resa del conto giudiziale.

In virtù dell’art.610, 2° comma, del regolamento di contabilità generale approvato con r.d.23 maggio 1924, n. 827, sono esonerati dalla resa del conto giudiziale anche “i funzionari di tutte le amministrazioni delegati a pagare spese sopra aperture di credito, i quali rendono i loro conti periodici, ai sensi e per gli effetti dell’art. 60 della legge alle amministrazioni da cui rispettivamente dipendono”.

Occorre precisare che tale esenzione non comporta la totale sottrazione alla giurisdizione contabile, ma semplicemente la trasformazione della medesima da necessaria in eventuale.

Con tale deroga, è trasferito dal magistrato contabile ai funzionari dell’Amministrazione, nella fattispecie quella regionale, l’accertamento della correttezza nella gestione da parte dei singoli agenti, venendo così meno la garanzia costituzionale, divenuta ora inderogabile.

In ordine alla responsabilità cui può andare incontro il funzionario delegato, il medesimo dovrebbe essere assoggettato alla responsabilità amministrativa nei casi in cui la sua funzione sia solamente quella d’ordinatore secondario della spesa, nonché nei casi in cui egli si avvalga dell’opera d’altri funzionari mediante i buoni di subanticipazione. Dovrebbe, invece, trovare applicazione la responsabilità contabile, allorquando il funzionario delegato abbia la disponibilità, per prelevamenti in contanti, sia diretta sia a mezzo di un suo fiduciario.

Si potrebbe osservare che la gestione di tutti i funzionari delegati, per la parte relativa agli ordinativi emessi in favore dei creditori della Regione, è compresa nel conto giudiziale reso dall’istituto incaricato del servizio di tesoreria regionale, sicché, in definitiva, quella gestione non è oggettivamente sottratta alla giurisdizione contabile. Non altrettanto può dirsi per le somme prelevate in contanti dal funzionario delegato, in quanto la gestione delle medesime si svolge al di fuori della sfera di competenza del tesoriere regionale, per rientrare nella piena e sostanziale illimitata disponibilità del funzionario delegato.

In definitiva, se potrebbe essere posta in discussione l’esonero dalla resa del conto giudiziale per i fondi dal funzionario delegato utilizzati mediante ordinativi – agendo egli in tal caso come ordinatore secondario della spesa e quindi non soggetto alla responsabilità contabile ma a quella amministrativa – non può assolutamente trovare giustificazione razionale l’esonero per le somme prelevate in contanti e gestite direttamente ed autonomamente. E’ da rilevare, al riguardo, che l’irregolarità nell’ordinazione della spesa non può farsi rientrare nella responsabilità amministrativa, bensì in quella contabile, in quanto il funzionario delegato ha la disponibilità delle somme accreditategli dall’Amministrazione regionale presso il conto corrente aperto presso la Tesoreria regionale.

Riferendo tali considerazioni alla fattispecie in questione si esprimono le seguenti conclusioni:

1. Il L., ove non fosse defunto, avrebbe dovuto rispondere a titolo di responsabilità contabile in quanto nella qualità di funzionario delegato ha avuto la disponibilità, per prelevamenti in contanti, a mezzo del geometra De S. come suo fiduciario, con conseguente inversione dell’onere della prova in ordine alla rendicontazione delle spese effettuate su anticipazione disposta dalla Regione; intervenuto il decesso del L. non è venuto meno il diritto della Regione a ricevere la presentazione dei conti, compilati d’ufficio da parte della Regione e sottoscritti dagli eredi del L., relativi alla somma di lire 12.933.556.962. Nei rendiconti in questione dovrà essere riportata l’indicazione delle spese effettuate, regolarmente documentate, in relazione ai progetti approvati, con l’avvertenza che la parte di spesa non documentata ovvero la differenza tra le spese effettuate ed i valori delle opere contabilizzate saranno poste a debito degli eredi del L.;

2. Il De S. è obbligato alla presentazione a questa Sezione del conto giudiziale per le somme gestite in contanti; dovrà pertanto produrre alla Regione Calabria il conto relativo alle anticipazioni gestite producendo l’intera documentazione giustificativa con riferimento ai singoli progetti ed alle specifiche delibere d’assegnazione dei fondi; in caso d’inadempienza rispetto al termine fissato, dovrà provvedere la medesima Regione alla compilazione d’ufficio dei conti in questione, con addebito delle relative spese a carico del De S.;

3. Il Responsabile dell’Ufficio di Ragioneria della Regione ha passivamente tollerato la perdurante inadempienza nella presentazione dei rendiconti da parte del L. e del De S., senza adottare alcuna sollecitazione, non ha avviato nei confronti del L. e del De S. la procedura per l’applicazione della penalità di cui all’art.337 del regolamento di contabilità generale dello Stato e non ha segnalato alla Corte dei conti la mancata presentazione dei rendiconti nei termini stabiliti dagli art. 333, 334 e 335 del regolamento di contabilità generale dello Stato, non consentendo di applicare nei loro confronti, previa contestazione all’interessato, le penalità previste dall’art.1 del r.d. 26 ottobre 1933, n. 1454;

4. L’Assessore regionale alla forestazione avv. P., nonostante la persistente inadempienza nella presentazione della rendicontazione da parte del L. e del De S., ha continuato ad autorizzare la Ragioneria della Regione per l’emissione d’ordini d’accreditamento a favore dei soggetti inadempienti per un complessivo importo di spese non rendicontate alla Regione di 12.933.556.962 ed ha attestato l’avvenuta presentazione di stati d’avanzamento dei lavori in realtà mai prodotti.

Una volta rilevato che vi è stata un’inadempienza nella presentazione dei rendiconti e che nonostante tale inadempienza non è stata adottata alcuna iniziativa per intimarne la presentazione, per la compilazione d’ufficio, e per l’applicazione delle penalità previste dalla normativa di contabilità generale dello Stato, resta da valutare il profilo relativo al danno sopportato dalla medesima Regione.

L’esame di tale profilo, tuttavia, che comporta la quantificazione esatta del danno non può essere compiuta sulla base di precisi elementi probatori, ma alla relativa liquidazione può pervenirsi solo in via equitativa ai sensi dell’art.1226 c.c. e va rinviato al momento della presentazione del predetto rendiconto in quanto la sua determinazione va eseguita con riferimento alle somme eventualmente non rendicontate da parte dei soggetti obbligati.

In ogni caso a carico del geometra De S. va applicata la pena pecuniaria di lire 1.000.000, prevista dall’art.1 del r.d. 26 ottobre 1933, n. 1454 e dall’art.337 del regolamento di contabilità generale dello Stato, ed indipendentemente dagli eventuali provvedimenti disciplinari e dall’esito del giudizio di conto dinanzi a questa Corte, per la persistente mancata presentazione dei rendiconti nei termini stabiliti dagli art. 333, 334 e 335 del regolamento di contabilità generale dello Stato.

Per la parte restante del danno occorre procedere alla fissazione di un termine per la presentazione– secondo la procedura prevista dagli art. 45 e seg. del t.u. di leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, – dei rendiconti delle spese effettuate sulla base delle anticipazioni ricevute per i progetti affidati negli anni 1986 e successivi da parte del De S. alla Regione Calabria ed essere portate all’approvazione del Consiglio regionale, ovvero in caso di mancato rispetto del termine la compilazione d’ufficio da parte della medesima Regione con spese a carico del medesimo De S.; della presentazione del rendiconto dovrà essere fornita prova a questa Sezione ed alla Procura regionale.

Le spese legali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:

1.Dichiara estinto il giudizio, per intervenuto decesso, nei confronti di T. L.

2. Per il punto 1 condanna A.P. al pagamento in favore della Regione Calabria della somma di lire 100.000.000 comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre gli interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

3. Per il punto 1 assolve G. P. per carenza di nesso di causalità nel verificarsi del fatto dannoso.

4. Per il punto 2 assolve A.P. e G. P. per carenza di nesso di causalità nel verificarsi del fatto dannoso.

5. Per il punto 2 ordina l’iscrizione a ruolo del giudizio sui conti resi dalla Cassa di Risparmio per la Calabria e Lucania per la gestione della contabilità regionale per gli esercizi 1986- 1987- 1988, procedendo, in caso d’intervenuta approvazione con decreto, alla revoca del medesimo ed instaurazione del giudizio all’esame della Sezione.

6. Per il punto 3 assolve A.P. e G. P. per carenza di nesso di causalità nel verificarsi del fatto dannoso.

7. Per il punto 4 condanna A.P. al pagamento in favore della Regione Calabria della somma di lire 1.600.000 comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

8. Per il punto 4 assolve S.Z. e G. P. per carenza di nesso di causalità nel verificarsi del fatto dannoso.

9. Per il punto 5 condanna D. De S. al pagamento in favore della Regione Calabria della somma di lire 1.000.000 comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

10. Per il punto 5 fissa il termine di 60 giorni per la presentazione– secondo la procedura prevista dagli art. 45 e seg. del t.u. di leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, – dei rendiconti delle spese effettuate sulla base delle anticipazioni ricevute per i progetti affidati negli anni 1986 e successivi da parte del De S. alla Regione Calabria ed essere portate all’approvazione del Consiglio regionale, ovvero in caso di mancato rispetto del termine la compilazione d’ufficio da parte della medesima Regione con spese a carico del medesimo De S.; della presentazione del rendiconto dovrà essere fornita prova a questa Sezione ed alla Procura regionale.

11. Per i punti 1 e 4 condanna A.P. a rimborsare all’Erario le spese di giudizio, che liquida in lire omissis.

12. Per il punto 5 condanna D. De S. a rimborsare all’Erario le spese di giudizio, che liquida in lire omissis

13. Fissa per la prosecuzione del giudizio al fine di procedere all’esame dei conti resi dal tesoriere regionale per gli esercizi dal 1986 al 1988 e di quelli resi dal geometra De S. l’udienza del 30 maggio 2002.

Manda alla Segreteria per le notifiche di competenza ai soggetti convenuti ed all’Amministrazione regionale della Calabria.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 16 maggio 2001.

Depositata in Segreteria il 14-11-2001

omissis

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