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CORTE DEI CONTI - SEZ. I CENTRALE D’APPELLO - Sentenza 29 novembre 2002 n. 420 Pres. Simonetti, Est. PensaP.M. Pinotti - Procura Generale c/ C. G. (avv.ti R. Russo Valentini, R. Sciolti, E. Cavarretta) - (riforma sezione Emilia Romagna n. 1050/00 dell’1.6.2000).

1. Responsabilità amministrativa – Prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa - Eccezione di prescrizione formulata per la prima volta in appello – Inammissibilità.

2. Responsabilità amministrativa - Elemento psicologico – Colpa grave – Nozione – Comportamento gravemente colposo - Modello astratto di comportamento – Impossibilità - Accertamento in concreto – Necessità.

3. Responsabilità amministrativa - Elemento psicologico – Direttore casa circondariale – Uso prolungato auto blindata di servizio per raggiungimento domicilio – Colpa grave – Non sussiste.

1. Deve essere affermata l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 345 del codice di procedura civile, dell’eccezione di prescrizione relativa ad un danno erariale formulata per la prima volta in appello.

2. Per affermare la responsabilità amministrativa di un agente pubblico, si deve escludere che si possa far ricorso a un modello individuale ed astratto di comportamento, essendo necessario, invece, l'accertamento in concreto del comportamento del soggetto, ritenuto responsabile, in tutte le situazioni oggettive e soggettive che hanno determinato l'evento dannoso, stante la duplice esigenza della personalizzazione di detta responsabilità e della sua graduazione psicologica.

Ai fini dell’individuazione del concetto di colpa grave è opportuno fare riferimento alle norme che precisano questo livello di colpevolezza, quali l'art. 5 del D.L.vo 472/97 (sulle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie), nel testo sostituito dall'art. 2 del D.L.vo 203/98, secondo il quale «la colpa è grave quando l'imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari», oppure l'art. 2 della legge 117/88 (sulla responsabilità dei magistrati) che definisce grave la violazione di legge «determinata da negligenza inescusabile».

Per configurare l’elemento psicologico della colpa grave, necessario per l’addebitabilità della responsabilità amministrativa, occorre verificare la presenza dei seguenti elementi: inosservanza del minimo di diligenza; la prevedibilità e prevenibilità dell'evento dannoso; la cura sconsiderata e arbitraria degli interessi pubblici; il grave disinteresse nell'espletamento delle funzioni; la totale negligenza nella fase dell'esame del fatto e dell'applicazione del diritto; la macroscopica deviazione dal modello di condotta connesso alla funzione; la sprezzante trascuratezza dei doveri di ufficio resa ostensiva attraverso un comportamento improntato alla massima negligenza o imprudenza ovvero ad una particolare noncuranza degli interessi pubblici.

3. L’uso da parte del direttore di un istituto penitenziario dell’autovettura blindata dell’amministrazione per raggiungere il proprio domicilio, in assenza dell’assegnazione dell’alloggio di servizio, non appare un fatto del tutto ingiustificato, né tanto meno arbitrario e, comunque, non è ravvisabile la macroscopica deviazione dal modello di condotta connesso alla funzione espletata, né la violazione di legge o regolamento determinata da negligenza inescusabile.

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Commento di

MASSIMO PERIN
(Magistrato della Corte dei Conti)

Ancora per una nozione di colpa grave

La sentenza in rassegna si segnala per lo sforzo di riassumere, con il richiamo agli unici due testi normativi (1) che individuano la fattispecie della colpa grave, una definizione dell’elemento psicologico necessario per l’individuazione della responsabilità amministrativa.

Infatti, il legislatore, com’è noto, richiede, per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa, l’elemento psicologico della colpa grave (art. 1, comma 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificata dalla legge n. 639 del 1996), con esclusione degli stati psicologici colposi di minore intensità come la colpa lieve o lievissima.

Come messo in evidenza dalla predetta sentenza, una definizione del concetto di colpa grave è piuttosto difficile da dare in astratto, atteso che il suo contenuto va necessariamente specificato in concreto e, dunque, in relazione al tipo di attività e di professionalità dell’agente e/o amministratore pubblico, tenendo conto anche delle particolarità della situazione in cui il dipendente si trova ad operare (organizzazione amministrativa, mezzi disponibili etc…).

In effetti la giurisprudenza (2), seguendo questa impostazione, ha ravvisato la colpa grave in quella condotta caratterizzata da una particolare negligenza, imprudenza o imperizia e che sia posta in essere senza l'osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza, prudenza o perizia in relazione al tipo di attività concretamente richiesto all'agente e alla sua particolare preparazione professionale, in quel settore della p.a. al quale è preposto.

Le norme sulle violazioni tributarie e quella sulla responsabilità dei magistrati sono, allo stato, gli unici esempi del tentativo di dare un contorno definito (per quanto possibile) al concetto di colpa grave, probabilmente anche allo scopo di lasciare meno spazio all’interpretazione della giurisprudenza e mantenere, in quei settori, un minimo di univocità del significato di gravità della colpa (3).

Resta, comunque, il fatto che le predette norme sono composte, certamente, di belle parole alle quali è però necessario attribuire un significato e ciò è possibile solo con riferimento alla fattispecie concreta che viene portata innanzi al giudice, dove il concetto di colpa grave esce dall’indefinito per assumere connotati precisi qualificando, così, il comportamento dell’agente pubblico che ha prodotto il danno finanziario per l’amministrazione e, di conseguenza, anche per la collettività.

La necessità di ancorare la responsabilità amministrativa alla colpa grave ravvisabile nel comportamento tenuto in concreto dall’agente pubblico è coerente con un’amministrazione che deve operare in base ai criteri di economicità, efficienza ed efficacia (art. 97 Cost. e art. 1 legge n. 241 del 1990), i quali sono, certamente, dei canoni elastici e non rigidi e che devono essere inquadrati nella singola fattispecie amministrativa che viene esaminata, esaltando, così, il momento della concretezza del risultato raggiunto.

Se il risultato amministrativo raggiunto non è negativo, sia per l’assenza di un danno e sia per l’eventuale compensazione con i vantaggi, comunque, conseguiti dall’amministrazione (art. 1, comma 1 bis della legge n. 20 del 1994) non potrà esservi una declaratoria di responsabilità.

Vi è da dire che la dottrina civilistica (4) parla di un’inconsistenza della tradizionale teoria dei gradi della colpa, perché quel che conta è la valutazione della gravità della negligenza e, quindi, il modo stesso di essere della negligenza e di quel che si fa con riguardo alla possibilità di prevenire il danno e alle circostanze del caso (5).

Orbene, senza addentrarci oltre sui profili problematici della colpa grave (6) in materia di responsabilità amministrativa, è indubbio che per affermarne l’esistenza occorre verificare, in concreto, la diligenza tenuta dall’agente pubblico nella fattispecie trattata, di quanto da egli fatto per evitare il danno finanziario, nonché per attenuare le possibili conseguenze per l’amministrazione.

Occorre poi dire che in molti casi, ai fini della definizione della diligenza richiesta, è necessario anche vedere il grado di perizia a cui è tenuto l’agente pubblico e al livello di retribuzione, perché, come messo in luce dalla dottrina (7), da quest’ultimo si può desumere l’impegno professionale e, di conseguenza, il grado di perizia profuso nell’azione amministrativa.

Vi è da dire, in un’ottica evolutiva, che il legislatore (probabilmente anche a fronte di retribuzioni elevate per determinate categorie di pubblici dipendenti quali i direttori generali, i city manager o la dirigenza in genere) è tornato a scoprire forme di responsabilità amministrativa di tipo "formale" (8), così come emerge nell’art. 24, comma 4, della legge finanziaria per il 2003 (9) n. 289 del 27.12.2002.

La predetta norma afferma che la stipula dei contratti, da parte della amministrazioni, in violazione delle convenzioni quadro della CONSIP s.p.a. è causa di responsabilità amministrativa e, ai fini della quantificazione del danno, si tiene conto anche della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni e quello indicato nel contratto.

La stessa cosa può dirsi per l’ultimo comma dell’art. 30, dove viene stabilito che agli amministratori che siano ricorsi all’indebitamento, in violazione dell’art. 119 della Costituzione, può essere irrogata dalla Corte dei Conti una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque a un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della commissione della violazione.

Queste due ultime ipotesi dimostrano che la tendenza del legislatore, nell’ottica di evitare e colpire (giustamente) gli sprechi, è di guardare, almeno in certi casi, un po’ meno allo svolgersi del caso concreto e di punire, con sanzione economica, la violazione di norme che, quasi sempre, comporta la dissipazione del pubblico denaro con conseguente mancato rispetto della regola costituzionale del buon andamento che impone un uso corretto delle risorse finanziarie.

 

NOTE

(1) Art. 5 del D.L.vo 472/97 (sulle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie), nel testo sostituito dall'art. 2 del D.L.vo 203/98 e l'art. 2 della legge 117/88 (sulla responsabilità dei magistrati).

(2) Così C.d.C. Sez. giur. Sicilia, 2 marzo 1998, n. 68.

(3) A questo proposito si rinvia alla sentenza n. 340 del 24.10.2001 della Corte Costituzionale, con la quale è stato dichiarato illegittimo l’art. 2, comma 3° della legge della Provincia autonoma di Bolzano, recante la «Responsabilità amministrativa degli amministratori e del personale della Provincia e degli enti provinciali» che aveva alterato il concetto di colpa grave, in Giustizia amm.va, n. 11/2001, pag. 1223.

(4) C. Maiorca, voce Colpa civile (teoria generale), Enc. Diritto, vol. VII, pag. 581.

(5) Corte dei conti Sez. Abruzzo, sent. n. 32/2002 del 23.01.2002, afferma che l’inosservanza di regole e principi generali di buona organizzazione può provocare danno erariale, dal momento che è assolutamente pronosticabile (in ciò consiste la colpa grave con previsione) che, a seguito di una grave incuria organizzativa, è possibile provocare dei gravi disguidi produttivi di nocumento finanziario per la p.a. .

(6) A questo proposito si rinvia a P. Maddalena, La colpa nella responsabilità amministrativa, in Rivista della Corte dei conti, n. 2, marzo-aprile 1997, pag. 272 ss. e, sempre di P. Maddalena, La nuova conformazione della responsabilità amministrativa alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale, su www.amcorteconti.it .

(7) L. Schiavello, La nuova conformazione della responsabilità amministrativa, Milano, 2001, pag. 24 e 25.

(8) La responsabilità formale trovava la sua fonte negli artt. 252, 253 e 256 del T.U. della legge comunale e provinciale di cui al r.d. 3 marzo 1934, n. 383, dove la responsabilità era caratterizzata dal solo fatto della trasgressione di norme attinenti alle spese, indipendentemente dall’accertamento di un danno patrimoniale e dalla condanna del trasgressore al versamento di una somma corrispondente a quella illegittimamente erogata, così Anelli Izzi Talice, Contabilità pubblica, Milano, pag. 977 e 978.

(9) Il testo legge finanziaria 2003 è stato pubblicato nella G.U.R.I. del 31.12.2002 con entrata in vigore dal 1° gennaio 2003, presente su www.giustamm.it, copertina di gennaio 2003.

 

 

Uditi, nella pubblica udienza del giorno 26 novembre 2002, il relatore cons. Antonio Carlo Pensa, l'avv. Ercole Cavarretta per l' appellante ed il P.M. nella persona del V.P.G. Cinthia Pinotti;

Visti gli atti e i documenti tutti di causa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di appello iscritto al N.ro. 12955 del registro di Segreteria, proposto dal dott. C. G., rappresentato e difeso dagli avvocati Rosaria Russo Valentini, Rossella Sciolti ed Ercole Cavarretta del Foro di Bologna, elettivamente domiciliato presso i primi nel loro studio in Roma, al Corso Vittorio Emanuele II° n. 284, appellante

avverso

la sentenza della Sezione giurisdizionali della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna n. 1050/OO/R emessa il 1° dicembre 1999, depositata il 1°giugno 2000 e notificata il 6 luglio 2000.

contro

il Procuratore Generale della Corte dei conti ed il Ministero di Grazia e Giustizia, quest'ultimo domiciliato in Roma presso l’ Avvocatura Generale dello Stato, appellati,

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, la Sezione regionale della Corte dei conti per l’Emilia Romagna ha condannato il dott. G. C., all’epoca dei fatti Direttore della Casa circondariale di Bologna, al pagamento della somma di £ 12.856.881, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio.

I fatti dai quali è scaturita la pronuncia della Sezione traggono origine dalla denuncia in data 7 agosto 1997 (prot. 125), con la quale il Provveditorato regionale dell’Emilia Romagna dell’ Amministrazione penitenziaria segnalava, anche alla locale Procura regionale della Corte dei conti, alcune situazioni di danno erariale derivanti dalla gestione amministrativo-contabile della Casa circondariale di Bologna.

Dagli accertamenti esperiti al riguardo ed, in particolare, dalle verifiche di cassa, delle scritture contabili e delle gestioni amministrative, eseguite — dal 12 marzo al 5 agosto 1997 - ai sensi degli articoli 3 e 12 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 444, era emerso, secondo quanto evidenziato nel verbale all’uopo redatto, che il dott. G. C., all’epoca dei fatti Direttore della Casa circondariale di Bologna, aveva usato l’apparecchio telefonico installato nell’alloggio demaniale, nel periodo 1° giugno/31 dicembre 1996, per tre chiamate non di servizio per un importo complessivo di £ 191.921, ed aveva, inoltre, utilizzato l’ autovettura blindata di servizio, senza alcuna preventiva autorizzazione, per viaggi di andata e ritorno da Reggio Emilia a Bologna, dal mese di ottobre 1992 al mese di ottobre 1993, per un costo complessivo stimato di £ 12.664.960.

Il Provveditorato regionale dell'Emilia Romagna dell'Amministrazione Penitenziaria, con nota del 20 giugno 1998, prot. RIS/37, aveva contestato i fatti al C., intimandogli di rimborsare, tra l'altro, l'importo come sopra quantificato e costituendolo in mora ai sensi degli artt. 2943 e 2946 del codice civile.

Detta autovettura protetta era stata assegnata provvisoriamente alla Direzione della Casa circondariale di Bologna con determinazione del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Ufficio centrale dei beni e servizi- in data 4 settembre 1992, in relazione ad "improrogabili necessità" rappresentate dalla stessa Direzione circondariale",

In precedenza, la Direzione Generale per gli Istituti di prevenzione e Pena, con propria nota del 16 marzo 1987, aveva precisato che "fermo restando il primario servizio di protezione per gli operatori che si trovino in particolari posizioni di pericolo, le vetture blindate in carico alle Direzioni degli Istituti penitenziali debbono espletare, ove occorra, tutti quei servizi indispensabili per il buon funzionamento dell'Istituto, a cui non è possibile provvedere in altro modo o che per la particolarità dell'operazione ....potrebbero generare azioni delittuose da parte di organizzazioni delinquenziali di stampo comune o terroristico".

Per gli stessi fatti, poi, il G.I.P. presso il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 279/01 in data 20 febbraio 2001, ha posto in evidenza che la disciplina attinente all'uso dell'autovettura di servizio trovava, all'epoca dei fatti, fonte esclusiva in atti di natura amministrativa, quali le circolari ministeriali, in quanto la legge ed i regolamenti disciplinanti l'uso di tali autovetture risultano emessi successivamente, nel 1996-1997, sicché ha dichiarato non doversi procedere per il reato di abuso d'ufficio, perché "il fatto non sussiste".

La Procura regionale, dopo aver rivolto al predetto l'invito a dedurre previsto dall'art. 5, comma primo, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, lo conveniva in giudizio dinnanzi alla Sezione giurisdizionale territoriale per sentirlo condannare al pagamento in favore dell’erario, della somma complessiva di £ 12.856.881 oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali ed alle spese di giustizia. Seguiva sentenza di condanna per pari importo ed accessori richiesti.

Avverso detta pronuncia di condanna ha proposto appello il dott. C. per la sola parte relativa all'utilizzo dell'autovettura di servizio per viaggi di andata e ritorno da Reggio Emilia a Bologna, allegando i seguenti motivi:

1. Erroneità ed ingiustizia per omessa valutazione e motivazione del difetto dell’elemento psicologico e dell’ insussistenza di danno erariale.

Sotto il profilo della insussistenza dell'elemento soggettivo della colpa grave e del danno erariale, l'appellante sostiene che l'impiego dell'autovettura blindata si era reso necessario per motivi di sicurezza durante il trasferimento dal suo domicilio di Reggio Emilia alla Casa circondarialedi Bologna, non potendo egli disporre dell'alloggio di servizio in loco, provvisoriamente occupato da altri.

L'automezzo era stato assegnato per improrogabili necessità di sicurezza della Casa circondarialedi Bologna, dalla Direzione centrale del Dipartimento di Amministrazione penitenziaria, con ordine di servizio del 4 febbraio 1992, prot. 620323, per cui non era necessaria alcuna autorizzazione all'uso, essendo ben note le obiettive ragioni di pericolo, tanto che nel corso di cinque anni dal 1992 alla verifica del Provveditore regionale del 1997 nulla era stato eccepito al riguardo, nonostante quattro verifiche ispettive.

La sentenza di primo grado, poi, sarebbe affetta da illogicità della motivazione, avendo ritenuto che l'autovettura blindata poteva essere usata una tantum, ma non con carattere di continuità, così introducendo un criterio di valutazione empirico dello stato di pericolo, non ancorato ad alcun parametro di legalità.

2. Errata ed ingiusta quantificazione della misura della condanna al risarcimento.

Sotto il profilo oggettivo della condanna al risarcimento, non avendo egli potuto usufruire dell'alloggio di servizio, l'Amministrazione penitenziaria avrebbe dovuto sopportare gli oneri conseguenti, i quali, quindi, dovrebbero essere quantificati e detratti dal presunto danno.

3. Omessa valutazione dell’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

L’appellante eccepisce l’intervenuta prescrizione dell’ azione risarcitoria, osservando al riguardo che l'utilizzo dell'auto blindata è avvenuto nel periodo ottobre 1992 - ottobre 1993, mentre l’invito a dedurre della Procura regionale gli è stato notificato in data 18 marzo 1999, quindi ben oltre il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale di cui all’art. 1, comma 2, legge n. 20/1994, come modificato dall'art. 3 del d.l. n. 543/1996, convertito in legge n. 639/96.

Conclusivamente, l’interessato chiede il proscioglimento con formula piena da ogni addebito; in subordine, una congrua riduzione dell’addebito.

Con proprie conclusioni scritte depositate il 5 marzo 2001, il Procuratore generale ha confutato i motivi di gravame, evidenziando che:

1. L'eccezione in ordine alla prescrizione è stata formulata per la prima volta in appello e, quindi, è da ritenersi inammissibile per la preclusione derivante dal disposto dell'art. 345 c.p.c., ma, comunque, è infondata nel merito, giacché vi è stata la costituzione in mora da parte dell'Amministrazione di appartenenza in data 20 giugno 1998.

2. L'uso delle autovetture assegnate in regime di protezione non è libero per gli accompagnamenti domiciliari, ma è sempre richiesta una valutazione degli elementi di fatto cui si connette l'esistenza e la persistenza della situazione di pericolo, valutazione rimessa al prudente apprezzamento del capo dell'ufficio, sicché il C. avrebbe dovuto, ai fini dell’utilizzazione della macchina blindata, richiedere l’emanazione di un apposito ordine di servizio, con individuazione delle modalità di accompagnamento nel quadro di un programma di protezione. In altri termini, il dedotto stato di pericolo non poteva, secondo le stesse circolari ministeriali, legittimare, al di fuori di un programma di protezione definito dal capo dell’ufficio, l’uso abitudinario di fruire, per gli spostamenti, di un' auto adibita al servizio e delle prestazioni strumentali del conducente, con aggravio di non indifferenti oneri per le finanze pubbliche. Né può essere addotta a sua giustificazione la tolleranza dimostrata dall’Amministrazione, dato che, prima di utilizzare in maniera costante l’auto come sopra precisato, il predetto avrebbe dovuto avvertire, per la sua posizione, la necessità di documentarsi ed informarsi circa i limiti inerenti all'uso esterno.

3. Ai fini della "compensatio lucri cum damno" ai sensi dell’art. 3 della legge n. 639/96, occorre che le poste siano omogenee e derivino dallo stesso titolo, e che, sempre agli stessi fini, il vantaggio deve essere oggetto di riconoscimento da parte dell’ Amministrazione.

In sintesi, il P.G. conclude per il rigetto del ricorso, con condanna dell'appellante alle spese anche del secondo grado di giudizio.

Nell'udienza pubblica, l'avv. Cavarretta, riportandosi all'appello, ha ribadito che nel 1992 - 93 era certo lo stato di pericolo in quel di Bologna, tanto da indurre il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ad assegnare alla locale Direzione del carcere circondariale l'autovettura protetta, e che il suo rappresentato ha sempre agito in buona fede, registrando tutti i viaggi effettuati e contabilizzando puntualmente le spese, convinto della legittimità dell'uso, anche perché solo nel 1997 si è disciplinato l'uso degli automezzi in dotazione, distinguendo tra auto di servizio ed auto assegnata alla persona. Egli, quindi, ha insistito per l'assoluzione del C. da ogni addebito o, in subordine, per una congrua riduzione del dovuto.

Il P.M. , a sua volta, ha contestato le argomentazioni di parte appellante, richiamando, in particolare, la circolare del Ministero di Grazia e Giustizia n.26/79 del 1979, la quale precisava, tra l'altro, che gli automezzi dotati di speciali caratteristiche per la sicurezza e la protezione dei trasportati non potevano formare oggetto di assegnazione ad personam, sicché è da condividersi l'individuazione della colpa grave in capo all'appellante, giustificata anche dalla funzione da lui rivestita, operata dalla pronuncia di primo grado e ravvisabile nell'avvenuta distrazione dell'uso dell'autovettura blindata per mere esigenze di accompagnamento, per giunta protrattasi per un arco di tempo considerevole che non può giustificare in alcun modo il comportamento del convenuto.

In ordine, infine, alla compensazione prospettata con l'appello, il P.M. ha escluso che vi siano gli elementi per ravvisarvi tale possibilità, non essendo provato quali vantaggi ne ha tratto l'Amministrazione penitenziaria dall'uso improprio dell'autovettura, per cui ha concluso per il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di primo grado.

In tale stadio la causa è stata ritenuta in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Ai fini del decidere va premesso che l'appello investe in modo esplicito solo il capo della sentenza che ha condannato il convenuto al risarcimento del danno prodotto all'erario per l'uso improprio dell'autovettura blindata assegnata alla Casa circondariale di Bologna, sicché il "thema decidendum" è circoscritto a tale "petitum", posto che l'effetto devolutivo dell'appello entro i limiti dei motivi d'impugnazione preclude al giudice del gravame di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d'impugnazione.

Ciò premesso, l'eccezione in ordine alla prescrizione è stata formulata per la prima volta in appello e, quindi, è da ritenersi inammissibile per la preclusione derivante dal disposto dell'art. 345 c.p.c. , ma, comunque, è infondata nel merito, giacché vi è stata la costituzione in mora da parte dell'Amministrazione di appartenenza in data 20 giugno 1998, sicché per l'uso improprio dell'autovettura blindata, trattandosi di fatti causativi del presunto danno erariale avvenuti nel periodo ottobre 1992 - ottobre 1993, anteriori, quindi, al 15 novembre 1993, per essi la prescrizione era decennale ed ai sensi dell'art. 1, comma 2 ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, introdotto dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, si sarebbe compiuta entro il 31 dicembre 1998, mentre la costituzione in mora e del giugno 1998, cui ha fatto seguito l'atto di citazione del luglio 1999.

Passando al merito della causa, l'appellante contesta, essenzialmente, il difetto dell'elemento psicologico della colpa grave e l'insussistenza del danno erariale.

Al riguardo, per affermare la responsabilità amministrativa, è da escludere che possa utilizzarsi un modello individuale ed astratto di comportamento, essendo necessario, invece, l'accertamento in concreto del comportamento del soggetto, ritenuto responsabile, in tutte le situazioni oggettive e soggettive che hanno determinato l'evento dannoso, stante la duplice esigenza della personalizzazione di detta responsabilità e della sua graduazione psicologica. In realtà, è difficile, se non impossibile, enucleare una definizione unitaria della colpa grave e tutti i criteri individuati dalla giurisprudenza appaiono come semplici figure sintomatiche di grave comportamento anomalo, nella infinita varietà delle regole di condotta da rispettarsi. Ne consegue che al fine della individuazione del concetto di colpa grave è opportuno fare riferimento alle norme che precisano questo livello di colpevolezza, quali l'art. 5 del D.L.vo 472/97 (sulle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie), nel testo sostituito dall'art. 2 del d.lvo 203/98, secondo il quale "la colpa è grave quando l'imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari", oppure l'art. 2 della legge 117/88 (sulla responsabilità dei magistrati) che definisce grave la violazione di legge «determinata da negligenza inescusabile». Ed in quest'ambito normativo più determinato si giustificano le varie specificazioni della gravità della colpa proposte dalla giurisprudenza, quali: l'inosservanza del minimo di diligenza; la prevedibilità e prevenibilità dell'evento dannoso; la cura sconsiderata e arbitraria degli interessi pubblici; il grave disinteresse nell'espletamento delle funzioni; la totale negligenza nella fase dell'esame del fatto e dell'applicazione del diritto; la macroscopica deviazione dal modello di condotta connesso alla funzione; la sprezzante trascuratezza dei doveri di ufficio resa ostensiva attraverso un comportamento improntato alla massima negligenza o imprudenza ovvero ad una particolare noncuranza degli interessi pubblici (ex plurimis SS.RR. 14 settembre 1982, n. 313; 22 febbraio 1997, n. 27/A).

Ciò posto, nel comportamento dell'appellante non sono ravvisabili quelle caratteristiche sintomatiche della colpa grave sopra richiamate. Infatti, detta autovettura protetta era stata assegnata provvisoriamente alla Direzione della Casa circondariale di Bologna con determinazione del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Ufficio centrale dei beni e servizi- in data 4 settembre 1992, in relazione ad "improrogabili necessità" rappresentate dalla stessa Direzione circondariale, il che evidenzia che la "necessità" di disporre di un'auto blindata era stata valutata e condivisa dagli Organi superiori, i quali ne avevano autorizzato l'uso.

Al riguardo, secondo le disposizioni della Direzione Generale per gli Istituti di prevenzione e Pena, di cui alla nota del 16 marzo 1987, le vetture blindate in carico alle Direzioni degli Istituti penitenziali dovevano essere adibite innanzi tutto per assicurare il "servizio di protezione per gli operatori in particolari posizioni di pericolo" ed espletare, occorrendo, "tutti quei servizi indispensabili per il buon funzionamento dell'Istituto, a cui non (era) possibile provvedere in altro modo o che per la particolarità dell'operazione (avrebbero potuto) generare azioni delittuose da parte di organizzazioni delinquenziali di stampo comune o terroristico". Dette disposizioni, quindi, non pongono delle limitazioni specifiche nell'uso delle autovetture, anzi affermano che sono destinate al "primario servizio di protezione per gli operatori che si trovino in particolari posizioni di pericolo", sicché chiunque si trovava in situazioni di pericolo poteva usufruirne ed è indubbio che il direttore della Casa circondariale è particolarmente esposto ad azioni delittuose da parte di organizzazioni delinquenziali di stampo comune o terroristico.

Cade, quindi, l'assunto che l'utilizzo di tale automezzo dovesse essere preventivamente autorizzato, giacché la Direzione Generale per gli Istituti di prevenzione e Pena, con la nota del 16 marzo 1987 sopra richiamata, aveva precisato che dette autovetture blindate "debbono espletare, ove occorra, tutti quei servizi indispensabili per il buon funzionamento dell'Istituto, a cui non è possibile provvedere in altro modo", il che sta a significare che era il Direttore della casa circondariale ad individuare, all'occorrenza, i servizi da espletarsi col mezzo blindato.

Ed, in effetti, per gli stessi fatti in sede penale è stato escluso che il dott. C. abbia commesso il reato di abuso d'ufficio, ponendo in evidenza che la disciplina attinente all'uso dell'autovettura di servizio trovava, all'epoca, fonte esclusiva in atti di natura amministrativa, quali le circolari ministeriali, in quanto la legge ed i regolamenti disciplinanti l'uso di tali autovetture risultano emessi successivamente, nel 1996 – 1997.

Vi è, inoltre, da considerare che l'alloggio di servizio presso la Casa circondariale di Bologna non era disponibile e, quindi, il Direttore era costretto ad allontanarsi per raggiungere il proprio domicilio, per cui non appare del tutto ingiustificato, né tanto meno arbitrario, l'uso dell'autovettura in questione e, comunque, non è ravvisabile la macroscopica deviazione dal modello di condotta connesso alla funzione espletata, né la violazione di legge o regolamento determinata da negligenza inescusabile, per cui è da escludersi la colpa grave e restano assorbiti gli altri motivi di gravame.

Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello è meritevole di accoglimento e, per l'effetto, la sentenza impugnata va annullata per la parte relativa alla condanna per l'avvenuto utilizzo dell'autovettura blindata per il periodo ottobre 1992 - ottobre 1993.

L'accoglimento dell'appello consente di non porre a carico le spese di giustizia del presente grado di giudizio e di ridurre, quelle di primo grado in proporzione della condanna residua.

PER QUESTI MOTIVI

La Sezione 1^ giurisdizionale centrale d'appello, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, azione o eccezione, accoglie l'appello indicato in epigrafe e, per l'effetto, riforma la sentenza impugnata ed assolve il dott. G. C. dal pagamento in favore dell'erario della somma di £ 12.664.960, pari ad € 6.540,90.

Nulla per le spese del presente grado di giudizio.

Omissis

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