CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE LAZIO – Sentenza 20 maggio 2002 n. 1624/2002/R – Pres. Bisogno, Est. Di Fortunato - P.M. Giuseppone c. C.P. (Avv. Clarizia) – (condanna il responsabile della Delegazione Speciale Diplomatica per la missione Arcobaleno in Albania al pagamento in favore dell’Erario della somma di £. 1.000.000.000 pari a € 516.457,00).
Responsabilità contabile e amministrativa – Forme di pagamento – Accreditamento di somme al funzionario delegato – Rendicontazione della spesa – Obbligo – Sussiste – Responsabilità per mancata rendicontazione – Sussiste – Responsabilità per assenza di una regolare azione di vigilanza – Sussiste – Ricorso al potere riduttivo del danno – Presenza di condizioni di obiettiva difficoltà - Possibilità.
Tra le forme di pagamento cui può far ricorso l’amministrazione, vi è quella degli ordini di accreditamento a favore di un funzionario delegato, al quale l’amministrazione medesima pone a disposizione dei fondi che vengono utilizzati per determinate categorie di spese. In tal modo, il funzionario delegato svolge la funzione di ordinatore secondario di spesa che eroga fondi che sono tratti direttamente dal bilancio pubblico, ma che sono stati, in precedenza, impegnati ed appunto messi a disposizione del funzionario delegato medesimo.
Il predetto funzionario delegato, dopo avere utilizzato i fondi che gli sono stati messi a disposizione, ha l’obbligo di trasmettere il rendiconto delle spese sostenute, allegando la documentazione giustificativa della spesa.
Il funzionario delegato, attraverso l’allegazione della documentazione in parola, deve comprovare sia l’esattezza della liquidazione sia la legittimità delle erogazioni effettuate, in sostanza egli deve dare dimostrazione della correttezza della gestione, non solo sotto l’aspetto meramente contabile, ma anche sotto quello giuridico - amministrativo.
L’inosservanza dei doveri d’ufficio, da parte del funzionario delegato ne comporta la personale responsabilità e siffatta responsabilità è configurabile sia dal punto di vista contabile, allorché egli abbia avuto maneggio di pubblico denaro, sia dal punto di vista amministrativo, allorché si verifichi l’inosservanza delle incombenze e degli obblighi demandati al funzionario delegato, come quando disponga un’ordinazione illegittima di spesa e violi il dovere di rendicontazione o quando, egli, essendosi avvalso, per le erogazioni da effettuare, dell’opera di terze persone, non abbia esercitato sulle stesse una regolare azione di vigilanza.
Sussiste la responsabilità amministrativa, sotto il profilo della grave negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza di disposizioni normative, del Capo della Delegazione diplomatica speciale in Albania, per essere venuto meno ai doveri di una corretta e regolare rendicontazione delle spese effettuate in una missione di assistenza all’estero, di popolazioni che fuggivano per sottrarsi ai pericoli di eventi bellici.
Può essere esercitato il potere riduttivo nella quantificazione del danno erariale da addebitare al Capo della Delegazione diplomatica speciale in Albania, quando questi abbia, comunque, operato in condizioni di obiettiva difficoltà.
Commento di
MASSIMO PERIN
Scandalo Arcobaleno e responsabilità per mancata rendicontazione delle spese sostenute dal funzionario delegato in una missione internazionale.
La sentenza che si commenta affronta il tema della responsabilità amministrativo – contabile del Capo della Delegazione diplomatica speciale in Albania il quale, durante la missione internazionale di assistenza alle popolazioni civili che sfuggivano alla guerra del Kossovo, non aveva ben operato nella gestione delle risorse finanziare e dei mezzi che gli erano stati messi a disposizione dall’amministrazione.
La vicenda aveva creato nell’opinione pubblica stupore e malumore, in quanto, a fronte del grande sforzo che proveniva dal paese (si pensi, ad esempio, alle lodevoli iniziative prodotte del volontariato) per aiutare una popolazione che sfuggiva a una guerra barbara, l’organizzazione della missione internazionale era apparsa carente sul piano dei controlli, insufficiente e propensa chiudere gli occhi sugli sprechi e sulla sottrazione di notevole materiale che doveva essere, invece, destinato alle popolazioni civili in fuga dal teatro bellico.
La fattispecie affrontata dalla Sezione Lazio della Corte dei Conti riguarda, gli obblighi di rendicontazione e vigilanza a cui avrebbe dovuto far fronte il Capo della Delegazione diplomatica speciale. A costui è stato rimproverato di aver reso poco e male il conto delle spese affrontate sul territorio albanese (come si legge in sentenza «entrate ed uscite per circa 18 miliardi erano state semplicemente annotate su un "modesto quadernetto" con cancellazioni, correzioni ed errori») non fornendo, di conseguenza, le necessarie giustificazioni delle spese sostenute, non solo sotto l’aspetto contabile, ma anche sotto quello giuridico – amministrativo (a questo proposito è emblematico il caso del pagamento della c.d. IVA Albanese, la TVSH, che, a mente del Protocollo di cooperazione e assistenza tra il Governo Italiano e la Repubblica di Albania, non doveva essere effettuato).
La Sezione giudicante, per l’occasione, rimarca le responsabilità a cui deve essere sottoposto il "funzionario delegato" - qualità questa riconosciuta al Capo della Delegazione diplomatica speciale - al quale, come evidenziato dalla dottrina (cfr. G. Zaccaria in Corso di Contabilità di Stato, ed. La Stamperia, 1972, pag. 482 e segg.; A. Bennati in Manuale di Contabilità di Stato, Napoli, 1990, pag. 496 e segg.), viene «disposta un’apertura di credito» con messa a disposizione di somme da utilizzare per erogare singoli pagamenti a soggetti terzi.
Com’è noto i funzionari delegati non costituiscono una specie di categoria a sé stante di dipendenti della p.a., in quanto qualunque impiegato, al quale vengono accreditate somme a suo favore, può assumere detta funzione, alla quale consegue un regime di obblighi e responsabilità (Bennati, op. cit. pag. 497). Essi sono, dunque, personalmente responsabili delle spese che hanno ordinato e delle somme prelevate in proprio sui crediti aperti a loro favore (art. 74 e art. 81 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e art. 346 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827; cfr. sempre Bennati, op. cit. pag. 499).
Il funzionario delegato non può fare un uso diverso, da quello autorizzato, delle somme accreditate a proprio favore; lo stesso, poi, deve trasmettere, al termine dell’esercizio, i conti delle somme erogate, unitamente ai documenti amministrativi alla competente amministrazione, affinché questa proceda ai necessari riscontri (cfr. art. 333 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, con le modifiche apportate dall’art. 23 del d. P.R. n. 367 del 20 aprile 1994 e dall’art. 9, comma 4, dello stesso decreto, dove è previsto anche il ricorso agli strumenti informatici; per i soggetti tenuti alla resa del conto cfr. T. Miele, La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali, pag. 223, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2001; per i profili di responsabilità cfr. F. Garri, I giudizi innanzi alla Corte dei Conti, pag. 221, Milano 2000).
Il funzionario delegato viene visto dalla dottrina (Zaccaria, op. cit., pag. 483) come "organo unipersonale" per la cui individuazione «occorrono tre elementi: quello soggettivo, costituito dalla sua qualità di titolare di un ufficio periferico dell’amministrazione, quello oggettivo, costituito dalla disponibilità di una determinata somma, a lui accreditata, con facoltà di disporne per determinate spese e quello formale costituito da una delega da parte del ministro, ordinatore principale, delega che è implicita nell’ordine di accreditamento».
Il funzionario delegato, ai sensi dell’art. 74 del R.D. 2440 del 1923 e dell’art. 610 del regolamento n. 827 del 1924, è tenuto alla presentazione del conto della propria gestione. Sul punto la giurisprudenza (cfr. Corte dei Conti, Sez. Controllo, 4 ottobre 1999, n. 77, in Riv. Corte dei Conti, pag. 10 e segg., vol. 5/1999) ha affermato che l’obbligo di vigilare sull’andamento della rendicontazione dei funzionari delegati di tutte le amministrazioni pubbliche e di adottare conseguentemente tutte le misure necessarie per ovviare patologie gravi e generalizzate, rappresenta un’attività da ricomprendere nell’ambito del "controllo successivo" sulla gestione, con la conseguenza che spetta alla Sezione del Controllo e non alle Sezioni giurisdizionali il potere di ordinare la compilazione d’ufficio del rendiconto (cfr. art. 9, comma 8, del d. P.R. n. 367 del 1994 che prevede, appunto, la compilazione d’ufficio del rendiconto su ordine della Sezione del controllo). Tale orientamento non è del tutto condiviso dalle Sezioni giurisdizionali (cfr. Corte dei Conti, Sez. Liguria, decreto n. 64 del 15 maggio 1998, in Riv. Corte dei Conti, pag. 100, vol. 4/1998), dal momento che l’art. 610 del regolamento n. 827 del 1924 deve essere considerato come enunciazione del principio generale della necessità della resa del conto giudiziale, anche con riferimento alle ipotesi dei conti periodici resi dai funzionari delegati. Su tale aspetto non può poi avere inciso la norma di cui all’art. 9, comma 8, del d. P.R. n. 367 del 1994, dettata in materia di controllo per le spese delegate su ordini di accreditamento, specialmente quando si tratta di obbligare alla resa del conto i funzionari delegati infedeli.
Non vi è dubbio, poi, che la mancata resa di un conto o rendiconto, da parte del funzionario delegato, comporti l’invio dell’informativa al competente Procuratore regionale della Corte dei Conti per l’accertamento delle eventuali responsabilità amministrative (art. 9, comma 8, cit.).
Ciò premesso, in ordine alla disciplina che regolamenta gli obblighi del funzionario delegato, appare chiara la responsabilità amministrativa acclarata dalla Sezione Lazio nei confronti del Capo della Delegazione diplomatica speciale, il quale, anche se operava in obiettive condizioni di difficoltà (utili ai fine dell’esercizio del potere riduttivo del danno), non poteva andare, di certo, esente da responsabilità, dal momento che le violazioni e le inosservanze della normativa di settore erano veramente caratterizzare da rilevante gravità.
Gravità che viene affermata anche dal mancato controllo esercitato nei confronti dei propri collaboratori e/o dipendenti, che avevano operato in assenza di una seria vigilanza. D’altra parte, la giurisprudenza, in materia di responsabilità contabile (cfr. Corte dei Conti, Sez. I centrale n. 244/A del 2 agosto 1999, in Riv. Corte dei Conti n. 6/1999, pag. 70 e segg.), ha avuto modo di affermare che l’agente contabile (cioè colui che ha la disponibilità e/o il maneggio di somme o beni dell’amministrazione) risponde anche per il fatto dannoso prodotto dai propri dipendenti, del cui agire egli è garante e responsabile verso l’Erario. Tutto ciò dimostra, che per l’amministrazione della cosa pubblica, specialmente in situazioni particolari come quella della fattispecie in oggetto (dove l’attenzione della pubblica opinione è alta) è necessario avviare una seria e credibile cultura del controllo (a torto visto come antidemocratico), perché non è possibile adoperare le risorse pubbliche, mezzi e personale dell’amministrazione, i cui oneri provengono dalla fiscalità generale, con trascuratezza, negligenza, superficialità etc…, senza nemmeno preoccuparsi, più di tanto, della fine che fanno i soldi dei cittadini.
A questo proposito, giova rammentare, che l’assenza di una seria ed efficace azione di controllo sull’operato dell’amministrazione mina non solo l’efficienza e il buon andamento delle gestioni, ma anche la credibilità dell’amministrazione stessa, la quale viene vista dai cittadini come un’entità incapace di correggere errori e, in modo particolare, incapace di prevenire e di difendersi da azioni di approfittamento personale.
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità ad istanza del Procuratore Regionale presso la Corte dei conti per il Lazio nei confronti del sig. C. P..
Visto l’atto introduttivo del giudizio e contestuale ricorso per sequestro conservativo iscritto al n. 54442 del registro di Segreteria;
Vista l’ordinanza del Giudice designato n. 084/2001 in data 10/17 gennaio 2001;
Vista l’ordinanza n. 352/2001/R dell’8/16 marzo 2001;
Vista l’ordinanza n. 761/2001/R in data 12 luglio – 2 agosto 2001;
Visti gli altri atti e documenti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del giorno 4 aprile 2002, con l’assistenza del segretario sig. Paola Achille, il relatore, nella persona del Consigliere dott. Bruno Di Fortunato, l’avv. Angelo Clarizia per il convenuto e il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Antonio Giuseppone.
Ritenuto in
FATTO
A seguito dei noti eventi bellici che, nel 1999, interessarono il Kossovo, centinaia di migliaia di kossovari di etnia albanese furono costrette a varcare i confini albanesi e porsi sotto la protezione e assistenza della Comunità internazionale.
L’Italia, per mezzo della Protezione Civile, allestì campi per accogliere e assistere i profughi, attività che prese il nome di "Missione Arcobaleno".
Nell’estate dello stesso anno, la stampa nazionale segnalava, tra l’altro, che la gestione del Campo di Valona era stata caratterizzata da una serie di irregolarità con danni al pubblico Erario.
In relazione a ciò il Procuratore Regionale condusse proprie indagini ed accertamenti diretti in Albania, a Tirana, presso la sede della Delegazione Italiana e della Delegazione Diplomatica Speciale (DDS).
In data 4 settembre 2000 notificava al Capo della D.D.S. P. C., invito a dedurre con il quale erano richiamati l’organizzazione dei campi profughi e le procedure di erogazione dei fondi, nonché le acquisizioni documentali seguite alle audizioni personali dello stesso C. da cui erano scaturiti motivi di perplessità circa la regolarità delle spese da lui eseguite.
Alla ricostruzione contabile della gestione, con una liquidazione avvenuta in via di fatto, provvedeva la Guardia di Finanza (entrate ed uscite per circa 18 miliardi erano state semplicemente annotate su un "modesto quadernetto" con cancellazioni, correzioni ed errori) che poneva in luce irregolarità diverse cui era collegato un danno complessivo quantificato in £ 2.521.008.111, di cui £ 1.832.231.202 per TUHS (IVA albanese non dovuta) e £ 688.776.909 per spese non giustificate.
Circa, in particolare, le irregolarità di pagamento dell’IVA albanese, non dovuta in quanto la DDS era una delegazione diplomatica, non erano fornite spiegazioni convincenti dal C., il quale aveva provveduto a pagamenti senza documentazione giustificativa, derivandone, ad avviso di parte attrice, una sua responsabilità quale funzionario delegato.
All’invito a dedurre era stato unito un ampio stralcio del rapporto della Guardia di Finanza relativo alle anzidette irregolarità ed illiceità riconducibili direttamente al C..
In data 16 ottobre 2000, il suddetto forniva elementi di conoscenza respingendo le ipotesi configurate a suo carico e dichiarandosi nell’impossibilità di adeguatamente controdedurre in mancanza della documentazione a suo tempo sequestrata, tanto che, in sede di audizione, non era stato molto preciso nelle sue dichiarazioni, né la sua preparazione era di tipo amministrativo, per cui si era dovuto rivolgere al Dipartimento della Protezione Civile, senza, peraltro, ottenere riscontro.
Nella sua memoria il C. concludeva affermando che l’unico impiegato assegnato dal MAE era carente di specifica esperienza amministrativo-contabile, mentre l’attività da funzionario delegato era stata svolta sotto il segno dell’urgenza e dell’emergenza.
Prive di pregio e infondate, aggiunge il Procuratore Regionale, si appaleserebbero le giustificazioni del convenuto.
Assume in diritto l’organo requirente che non sarebbero da condividere le ragioni addotte dall’interessato, atteso che la documentazione, al momento della notifica dell’invito, era stata dissequestrata e che i rilievi formulati sarebbero apodittici e non consentirebbero superare le precise argomentazioni della Guardia di Finanza.
Superata la doglianza di parte – che non si sarebbe potuta difendere nel merito – secondo l’attore sussisterebbe la responsabilità amministrativa che il C., che, in forza dell’apertura di credito disposta in suo favore, era funzionario delegato e, in tale veste, per omesso controllo nei confronti del personale sottoposto e per carente azione di direzione, avrebbe provocato il danno nell’importo indicato.
Elencati gli obblighi di servizio che ne derivavano e le corrispondenti violazioni portate a termine, alla luce sia degli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza, sia delle dichiarazioni rese dal medesimo, il Procuratore Regionale ha ravvisato tutti gli elementi della fattispecie: l’elemento oggettivo del danno erariale, consistito nelle anzidette poste (pagamento dell’IVA albanese non dovuta e spese prive di documentazione) e quello soggettivo, costituito dalla colpa grave rinvenibile nella condotta tenuta dal convenuto per non aver utilizzato, nella gestione della Missione, le risorse umane e professionali, di cui la D.D.S. disponeva, ma per essersi limitato ad impiegare un dipendente di una USL romana comandato al MAE, lasciato senza direttive (registrava i movimenti riguardanti l’impiego di 18 miliardi su un quadernetto di scuola elementare).
Ipotizza parte attorea che il C. abbia voluto evitare confusioni tra la gestione ordinaria e quella straordinaria, ma ciò avrebbe dovuto fare senza negligenze; in buona sostanza avrebbe dovuto organizzare razionalmente l’attività; vigilarlo, altresì, sull’impiegato (tale Cantarella), interessandosi dell’attività compiuta da costui, vistando le autorizzazioni alle liquidazioni e curando i controlli fiscali generali sui pagamenti.
Peraltro, sempre ad avviso del pubblico ministero, il convenuto era ben a conoscenza della situazione per la quale aveva anche interessato il sottosegretario Barberi.
Contestualmente alla evocazione in giudizio il Procuratore Regionale ha chiesto il sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute, nei limiti di legge, nella considerazione che sussistano, nella fattispecie, il fumus boni juris e il periculum in mora.
Il Presidente di questa Sezione, con proprio decreto del 6 novembre 2000, ha autorizzato la chiesta misura cautelare fissando l’udienza del 20 dicembre 2000 per la comparizione delle parti innanzi al Giudice designato.
Con ordinanza n. 84/2001 veniva accolto il ricorso per sequestro conservativo fino alla concorrenza di £ 2.251.000.000.
Si è costituito il C. con la rappresentanza e difesa degli avv.ti Angelo Clarizia e Stefano Carullo, i quali, nella memoria depositata il 16 febbraio 2001 chiedono, conclusivamente, l’assoluzione del patrocinato dalla domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto; in via ulteriore e meramente subordinata, l’applicazione del potere riduttivo.
Successivamente, con istanza di revoca di sequestro conservativo, i difensori del convenuto chiedevano che il disposto provvedimento cautelativo fosse limitato alla misura di un quinto del solo stipendio e, con memoria depositata il 26 giugno 2001 gli avv.ti Clarizia e Tarullo insistevano nei sensi sopra indicati.
Questa Sezione, nella Camera di Consiglio del 12 luglio 2001 dichiara inammissibile il "reclamo" proposto e confermava il contenuto della ordinanza n. 84/2001 del 10 – 17 gennaio 2001.
In data 31 luglio 2001 il Procuratore Regionale, in esito alle disposizioni di questa Sezione (Ordinanza adottata nell’udienza dell’8/3/2001), depositata una documentata relazione della Guardia di Finanza in merito alla effettiva debenza (o meno) delle c.d. "IVA Albanese" per gli acquisti operati dalla "Missione Arcobaleno" in territorio albanese.
Con memoria depositata il 15 marzo 2002 gli avv.ti Clarizia e Tarullo, dopo aver controdedotto in ordine alle considerazioni svolte dalla Guardia di Finanza circa la esenzione dal pagamento dell’IVA (TVSH), hanno, in buona sotanza, escluso che, la fattispecie che ne occupa, possa rientrare fra le attività previste nell’ambito di accordi governativi bilaterali o unilaterali, attesa la natura emergenziale ed umanitaria svolta dalla D.D.S. a supporto della Missione Arcobaleno, volta a fornire – direttamente – e non attraverso il governo albanese, aiuti ai rifugiati kossovari.
In conclusione, i difensori insistono per l’assoluzione del convenuto dalla domanda attrice perché infondata in fatto e in diritto e, in via meramente subordinata, chiedono che venga fatto largo uso del potere riduttivo.
Nell’odierno pubblico dibattimento l’avv. Clarizia, dopo aver ribadito che nel caso in discussione il Ministero delle Finanze albanese ha ritenuto dovuta l’IVA in favore dei fornitori dei beni e servizi, per le altre questioni ha escluso il danno perché, comunque, trattasi di attività svolta.
In conclusione, dopo aver insistito sulla circostanza che la documentazione contabile era stata sequestrata, ha concluso per l’assoluzione del C..
Il Pubblico Ministero ha confermato la richiesta di condanna per l’importo indicato in citazione, sottolineando l’avvenuto doppio pagamento dell’IVA asseritamene non dovuta e ribadendo che le spese non risultano documentate e gli atti non reperiti; peraltro, manca, nella fattispecie,l’elemento essenziale del "Visto di liquidi", atteso che la fase della liquidazione definisce l’esatto ammontare del quantum, nonché la natura delle spese e la persona del creditore.
Non sarebbero, pertanto, da accogliere le affermazioni del C. in ordine alle forniture, a suo dire, regolarmente effettuate, perché, comunque, non risultano provate.
Ha replicato l’avv. Clarizia confermando le conclusioni spiegate nel precedente intervento.
Considerato in
DIRITTO
La pretesa attrice di cui all’atto di citazione in giudizio del sig. P. C., nella qualità di "funzionario delegato" nella c.d. "Missione Arcobaleno" ha alla base – come è stato specificamente riportato in fatto – la valutazione del danno erariale di complessive £ 2.251.000.000 (oltre agli interessi legali ed alle spese di giudizio) subito dall’Erario.
In relazione alla riferita pretesa attrice è intervenuto il decreto del Presidente di questa Sezione in data 6 novembre 2000, autorizzativi del sequestro conservativo sui beni mobili ed immobili del medesimo C., confermato con ordinanza n. 084/2001 del 10 – 17 gennaio 2001.
La vicenda in causa riguarda le gravissime irregolarità connesse con l’intervento dell’Italia a favore dei profughi kossovari nel 1999 e consistenti in sprechi ed illeciti evidenziati – oltre che da notizie riportate sulla stampa – dalle indagini ed accertamenti diretti a Tirana (Albania) del Procuratore Regionale e da quelle effettuate dalla Guardia di Finanza.
Dalle indicate indagini sono emerse fattispecie relative a pagamenti di spese non sorrette da documentazione giustificativa, e che non risultano sottoscritte ed autorizzate dall’odierno convenuto.
Oltre a tale "posta" il danno erariale è configurato rispetto anche al pagamento di TVSH (IVA albanese) che non doveva essere corrisposta.
Premesso e richiamato tutto quanto sopra, il Collegio è tenuto a verificare la reale sussistenza del danno erariale e la sua quantificazione e ad accertare la sussistenza nei confronti del convenuto della responsabilità amministrativa-contabile in presenza del nesso di causalità della condotta commissiva ed ommissiva tenuta ed in presenza dell’elemento soggettivo del dolo e dalla colpa grave.
Nel caso che ne occupa, dall’esame degli atti acquisiti al fascicolo processuale emerge che il C. si è reso certamente responsabile di fatti ed atti non conformi ai doveri del suo ufficio.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, tali comportamenti emergono con chiarezza dalla ricostruzione dei fatti operata dalla Guardia di Finanza.
Da tale documentazione risultano accertate gravissime irregolarità nella gestione degli interventi e delle iniziative attivati nei settori in cui si è articolata l’assistenza italiana in Albania in favore dei profughi kossovari.
In proposito giova, comunque, premettere che una forma di pagamento è quella degli ordini di accreditamento a favore di un funzionario delegato al quale l’Amministrazione pone a disposizione dei fondi che egli utilizza per determinate categorie di spese.
In tal modo il funzionario delegato svolge la funzione di ordinatore secondario di spesa che eroga fondi che sono tratti direttamente dal bilancio pubblico, ma che sono stati, in precedenza, impegnati ed appunto messi a disposizione del funzionario delegato.
Alla fine, detto funzionario ha l’obbligo di trasmettere il rendiconto delle spese sostenute allegando la documentazione giustificativa della spesa.
Quanto sopra proprio in considerazione che la documentazione, necessariamente completa, diretta a comprovare sia l’esattezza della liquidazione sia la legittimità delle erogazioni, deve dare dimostrazione della correttezza della gestione, corrispondentemente sotto l’aspetto meramente contabile e sotto quello giuridico amministrativo, attraverso l’allegazione delle quietanze e di tutti gli appositi atti giustificativi della spesa.
L’inosservanza dei doveri d’ufficio da parte del funzionario delegato ne comporta la personale responsabilità e siffatta responsabilità si configura in modo articolato, potendo essere di tipo contabile, allorché egli abbia avuto maneggio di pubblico denaro – inteso sia come materiale detenzione, sia come disponibilità specifica ed effettiva di danaro.
La detta responsabilità, peraltro, può essere di tipo amministrativo allorché si verifichi inosservanza in genere delle incombenze e degli obblighi demandati al funzionario delegato, come quando disponga un’ordinazione illegittima di spese e violi il dovere di rendicontazione o quando, egli, essendosi avvalso per le erogazioni da effettuare dell’opera di terze persone, non abbia esercitato sulle stesse una regolare azione di vigilanza.
Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, è agevole constatare l’inadempimento del convenuto C. al suo essenziale e fondamentale obbligo di dare effettivo e sostanziale conto della sua gestione, attraverso la presentazione di un regolare rendiconto completo di tutta la documentazione necessaria e sufficiente a dare dimostrazione dell’esattezza della liquidazione della spese e del legittimo esito delle somme che gli erano state accreditate.
Trattasi di responsabilità di carattere non disciplinare, bensì patrimoniale, sancita dalla legge che prevede la personale responsabilità del funzionario delegato per le spese ordinate ed per la regolarità dei pagamenti disposti ed eseguiti e, cioè, dei pagamenti che risultino idoneamente quietanzati e documentati.
Nell’evenienza ora considerata va, dunque, configurata una c.d. "responsabilità da obbligo di rendiconto" obbligo che comporta il dovere di documentare i risultati della gestione effettuata, nella quale il danno è già di per sé presunto ed insito, essendo il danno stesso costituito dagli importi esposti ma non giustificati e, in definitiva, da spese sine titulo.
In tal caso, all’attore è sufficiente provare il fatto costitutivo della pretesa azionata; vale a dire, la sussistenza di un "rendiconto" irregolare, mentre spetta al convenuto, funzionario delegato, fornire la prova della regolare erogazione della spesa, dimostrando – in buona sostanza – il fondamento e producendo la documentazione dei pagamenti effettuati, al fine di ottenere il discarico delle singole partite di spesa.
Sotto questo profilo, peraltro, le risultanze istruttorie non hanno suffragato la tesi difensiva della causa di forza maggiore, secondo cui l’assolvimento dell’obbligo di corretta e regolare rendicontazione sarebbe stato impedito al C. dal sequestro del materiale documentale disposto dal Procuratore Regionale.
Risulta, al contrario, che proprio per consentire al suddetto di disporre degli atti, parte attrice provvide a dissequestrare la documentazione contabile e restituire la stessa all’Ambasciata di Tirana per l’elaborazione del rendiconto ed il successivo inoltro al Dipartimento della Protezione Civile.
Da quanto sopra esposto consegue che, dovendo imputarsi la mancata giustificazione delle spese a negligenza e trascuratezza dell’odierno convenuto, in presenza degli accertati elementi del danno, della colpa, del nesso di causalità e del rapporto d’impiego, va affermata la responsabilità del C. stesso.
Il Collegio, poi, in ordine alla pretesa avanzata dal Procuratore Regionale conseguente al danno patito per il pagamento dovuto della TVSH – Imposta sul valore aggiunto (corrispondente IVA albanese), ritiene censurabile il comportamento del convenuto, nella considerazione che il protocollo di cooperazione ed assistenza tra il Governo della Repubblica di Albania per il rafforzamento delle istituzioni albanesi, concordato in Roma il 3 marzo 1998, all’art. 1, punto 2) recita testualmente "per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 il Governo della Repubblica Italiana fornirà beni, attrezzature e servizi e invierà in territorio albanese personale delle Amministrazioni pubbliche interessate ed esperti dei singoli settori. Tali beni, forniture e servizi saranno esenti dalle tasse doganali d’importazione albanesi in base all’art. n. 8100 del 28/3/1996".
Alla luce di quanto sopra si appalesa sterile e va respinta la tesi sostenuta dalla difesa secondo cui l’IVA era dovuta, facendone derivare una incertezza della domanda attrice e, correlativamente, una difficoltà nell’accertamento dell’operatività dell’imposta in discussione.
Se tanto è vero, è, però, pur vero che lo stesso C. ebbe a dichiarare che ne autorizzò la corresponsione allo scopo di evitare incrinature tra i due Stati (italiano e albanese) onde continuare ad ottenere forniture che, altrimenti, non sarebbero state eseguite, determinando, di conseguenza, pregiudizio per la popolazione da soccorrere.
Emerge, in definitiva, dagli atti di causa che, nei fatti descritti e nelle considerazioni svolte, è la prova dell’esistenza di un danno soggettivamente inferibile al convenuto, il quale ha agito con grave negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza di disposizioni normative.
Tuttavia, il Collegio è consapevole che il C. ebbe ad operare in condizioni di difficoltà obiettive, vuoi perché pressato dalle problematiche d’ordine generale che incombevano sulla struttura di cui era responsabile, vuoi, perché, nella circostanza, emersero difficoltà amministrativo contabili nell’espletamento delle funzioni delegate.
Ciò premesso, quanto alla determinazione del danno che, come sopra visto, deve considerarsi sussistente, ritiene il Collegio che sullo stesso possa esercitarsi il potere riduttivo, richiesto, in via subordinata, dalla stessa difesa del convenuto, tenuto conto delle circostanze soggettive ed oggettive in cui si sono svolti i fatti suddescritti; pertanto, ravvisa che il danno da risarcirsi possa essere determinato in £ 1 miliardo, compresa la rivalutazione, oltre agli interessi legali dalla data di deposito della presente sentenza e fino al soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione
CONDANNA
il sig. P. C. al pagamento, in favore dell’Erario, della somma di £ Unmiliardo (pari a Euro 516.457,00) compresa la rivalutazione monetaria, oltre agli interessi legali dalla data di deposito della presente sentenza e fino al soddisfo, nonché alle spese di giudizio…
Omissis