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CORTE DEI CONTI – SEZ. GIUR. REGIONE MOLISE - Sentenza 22 ottobre 2001 n. 192 - Pres. C. Geraci – Est. T. Miele – P.R. c/ O.V. e altri (Avv.ti Colalillo, Scarano – PM C.A. Manfredi Selvaggi.

Responsabilità amministrativa e contabile – Amministratori e dipendenti Enti locali – Danno derivante dai maggiori oneri conseguenti alla opposizione o alla mancata opposizione di atti giudiziari - Decisione di opporsi o non opporsi a ad un decreto ingiuntivo, o di impugnare o non impugnare una sentenza – Scelta discrezionale – E' tale – Insindacabilità, nel merito, da parte del giudice contabile - Limiti

(art. 1, comma 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639)

Responsabilità amministrativa e contabile – Amministratori e dipendenti Enti locali – Danno derivante dai maggiori oneri conseguenti alla opposizione o alla mancata opposizione di atti giudiziari - Decisione di opporsi o non opporsi a ad un decreto ingiuntivo, o di impugnare o non impugnare una sentenza – Scelta discrezionale – E’ tale – Insindacabilità, nel merito, da parte del giudice contabile - Limiti

(art. 1, comma 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639)

La decisione degli amministratori o dei dirigenti degli enti locali di opporsi o non opporsi ad un decreto ingiuntivo, o di impugnare o non impugnare una sentenza, deve ritenersi una scelta discrezionale, e – come tale – non sindacabile, nel merito, da parte del giudice contabile se non nelle ipotesi di manifesta irragionevolezza, ovvero nelle ipotesi di manifesta infondatezza o pretestuosità, atteso che non esiste una regola fissa in ordine al comportamento che gli amministratori devono assumere nei confronti degli atti ingiuntivi di pagamento, dovendosi valutare di volta in volta l’opportunità e la ragionevolezza della opposizione, o della acquiescenza, al provvedimento ingiuntivo in relazione alla fondatezza della pretesa creditoria posta a base dello stesso.

Le scelte degli amministratori relative alla opposizione, o alla mancata opposizione, di provvedimenti giudiziari relativi alle pretese creditorie dei creditori dell’amministrazione presentano un alto contenuto di discrezionalità, rispetto alle quali trova applicazione il principio della insindacabilità delle scelte discrezionali da parte del giudice contabile stabilito dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639; pertanto, anche con riferimento a tali scelte vale il principio giurisprudenziale secondo cui tale limite non sussiste, e non può, quindi, essere invocato dai presunti responsabili del danno, allorché le scelte discrezionali da cui sia derivato il danno per le finanze dell’ente siano connotate da palese irragionevolezza o siano palesemente contrarie alla legge, con la conseguenza che, relativamente alle ipotesi di danno patrimoniale conseguente al pagamento di oneri aggiuntivi (interessi legali, rivalutazione monetaria, o spese di giustizia) connesso alla opposizione, da parte degli amministratori pubblici, a decreti ingiuntivi o alla mancata impugnazione di sentenze o provvedimenti giudiziari relativi a pretese creditorie, la scelta degli amministratori di opporsi – o non opporsi – ad un decreto ingiuntivo deve ritenersi, in linea di principio, insindacabile da parte del giudice contabile, salvo il caso in cui tale scelta sia palesemente infondata e irragionevole, in quanto palesemente pretestuosa e dilatoria, ovvero – nella ipotesi di mancata opposizione - sia palesemente compiacente.

 

 

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 168/EL del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Molise nei confronti dei Signori:

1) O. V., nato omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Umberto I, n. 43, presso lo studio dell’Avv. V. Colalillo, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio, unitamente all’Avv. Stefano Scarano, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione depositato in data 15 giugno 2001;

2) B. E., omissis;

3) D. R., omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Umberto I, n. 43, presso lo studio dell’Avv. V. Colalillo, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio, unitamente all’Avv. Stefano Scarano, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione depositato in data 19 maggio 2000;

4) P. A., nato omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Umberto I, n. 43, presso lo studio dell’Avv. V. Colalillo, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio, unitamente all’Avv. Stefano Scarano, giusta mandato in calce all’atto di costituzione depositato in data 19 maggio 2000;

5) M. M., nato omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Umberto I, n. 43, presso lo studio dell’Avv. V. Colalillo, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio, unitamente all’Avv. Stefano Scarano, giusta mandato a margine dell’atto di costituzione depositato in data 19 maggio 2000;

Visti l'atto introduttivo del giudizio, gli atti di costituzione in giudizio dei convenuti e tutti gli atti e i documenti del giudizio;

Uditi alla pubblica udienza del 5 luglio 2001 il Consigliere relatore, dott. Tommaso Miele, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Sost. Proc. gen. dott. Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, e l’Avv. V. Colalillo in difesa dei convenuti O. V., De Luca R., P. A., e M. M.;

Non rappresentato il convenuto B. E., che non risulta altresì costituito in giudizio.

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione del 2 dicembre 1999, depositato nella Segreteria della Sezione in data 3 dicembre 1999, e ritualmente notificato agli odierni convenuti rispettivamente in data 23 marzo 2000 (O. V.), 18 marzo 2000 (B. E.), 14 marzo 2000 (D.R.), 15 marzo 2000 (P. A.), e in data 23 marzo 2000 (M. M.), la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione i Signori O. V., B. E., D. R., P. A., e M. M., come in epigrafe generalizzati, per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Comune di Venafro (Isernia), della somma di £. 1.800.000 (Unmilioneottocentomila) ciascuno, per una somma complessiva pari a £. 9.000.000 (Novemilioni), oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio, per avere gli stessi cagionato – secondo la prospettazione di parte attrice - nella loro qualità di Sindaco e di componenti della Giunta municipale (tutti gli altri convenuti) del Comune di Venafro (Isernia) in carica all’epoca dei fatti da cui trae origine, a parere dell’organo requirente, la pretesa risarcitoria in esame (4 giugno 1992), un danno patrimoniale alle finanze dello stesso Comune di Venafro, pari alla suddetta somma di £. 9.000.000 (Novemilioni), in ragione del danno conseguente alla lievitazione della somma pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni), per effetto della mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e della tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992.

A fondamento della pretesa risarcitoria la Procura attrice ritiene che la maggiore spesa subita dalle finanze comunali per effetto della lievitazione da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni) della somma pretesa ed effettivamente pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", debba essere posta in relazione alla mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e alla tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992, e che la stessa costituisca, pertanto, un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze comunali da ascrivere «.. al comportamento gravemente negligente degli amministratori in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992), i quali, senza farsi carico della sostanziale situazione di omissione in cui versava l’amministrazione da essi rappresentata, decidevano, non senza una certa grave leggerezza, di articolare una improbabile opposizione che lasciava, nella sostanza, sguarnita di fondate ragioni la difesa del Comune» (si veda pag. 5 atto di citazione).

2. A sostegno della pretesa di risarcimento l’organo requirente espone che il Comune di Venafro (Isernia), con contratto Rep. 6/85 del 4 settembre 1985, reso esecutivo dal Co.Re.Co. il 23 settembre 1985, affidò i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", alla Ditta Nicandro D’Orsi, per l’importo di £. 435.950.405. Con successiva delibera n. 44 del 10 febbraio 1989 la Giunta comunale di Venafro, a seguito dell’avvenuto decesso dell’originario titolare della ditta originariamente affidataria del lavori, prese atto del subentro nel contratto per l’esecuzione dei suddetti lavori, della Impresa D’Orsi S.r.l. alle stesse condizioni del contratto inizialmente stipulato con la Ditta Nicandro D’Orsi.

Una volta eseguiti i lavori, pur in assenza dell’avvenuto collaudo degli stessi, l’Impresa D’Orsi S.r.l. chiese il pagamento del corrispettivo pattuito, ma non avendo il Comune provveduto al pagamento, la stessa impresa si rivolse al Presidente del Tribunale di Isernia, che, con decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, ingiunse al Comune di Venafro, in persona del Sindaco pro tempore, di procedere al pagamento, a favore della predetta Impresa D’Orsi S.r.l., entro il termine di 20 giorni dalla avvenuta notifica, della somma di £. 24.803.043, oltre gli interessi legali decorrenti dalla notifica del provvedimento fino al sA., le spese di giudizio e le competenze della procedura.

Avverso tale decreto ingiuntivo, notificato – come si è detto – in data 4 giugno 1992, non fu proposta opposizione, per cui lo stesso, registrato in Isernia in data 6 luglio 1992, fu munito di formula esecutiva in data 14 luglio 1992.

Pur in mancanza di tempestiva opposizione del predetto decreto ingiuntivo, la Giunta comunale di Venafro, con delibera n. 352 del 30 giugno 1992, deliberò «di conferire incarico all’Avv. Attilio D’Orsi, per seguire la procedura relativa al ricorso per decreto ingiuntivo presentato presso il Tribunale di Isernia dalla Impresa D’Orsi S.r.l., di Venafro (Isernia) (..), per ogni stato e grado di giudizio, inclusa la costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», assumendo, a ragione del provvedimento, la mancanza del presupposto giuridico del richiesto pagamento in quanto non risultava intervenuta la collaudazione dei lavori da parte dei tecnici incaricati dalla Regione, che era l’ente finanziatore dell’opera.

Nella perdurante inerzia del Comune, in data 22 marzo 1994 la difesa della ditta creditrice reiterò il precedente atto di precetto (acquisito al Prot. n. 3766 del 22 marzo 1994 del Comune di Venafro), intimando al Comune di Venafro di pagare la somma di £. 30.540.191, oltre le spese di notifica e le successive spese necessarie fino all’effettivo soddisfo.

Sulla base di tale atto fu quindi sottoposta a pignoramento la somma di £. 50.000.000 (Cinquantamilioni) presso la Banca Popolare del Molise – Agenzia di Venafro, nella sua qualità di tesoriere del Comune, cui fece seguito il provvedimento del Pretore di Venafro n. 2066/94 del 20 giugno 1994, con cui fu assegnata alla Ditta D’Orsi la somma di £. 25.776.243, oltre gli interessi legali sulla sorte capitale di £. 24.803.043, dal 3 giugno 1992 al sA.. Per effetto della quietanza in data 14 luglio 1994 a firma di Carmine D’Orsi, rimessa al Comune dalla tesoreria comunale, il commissario prefettizio all’epoca in carica presso il Comune di Venafro (Isernia), adottò la delibera n. 41 del 30 dicembre 1994, diretta alla regolarizzazione contabile della complessiva somma di £. 34.046.678 (Trentaquattromilioniquarantaseimila.678), prelevata presso la Cassa del Comune di Venafro in esecuzione del summenzionato provvedimento del Pretore di Venafro n. 2066/94 del 20 giugno 1994.

3. In relazione ai fatti esposti, la Procura regionale della Corte dei conti presso questa Sezione, ritiene che la maggiore spesa subita dalle finanze comunali per effetto della lievitazione da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni) della somma pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", debba essere posta in relazione alla mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e alla tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992, e che la stessa costituisca, pertanto, un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze comunali da ascrivere «.. al comportamento gravemente negligente degli amministratori in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992» (si veda pag. 5 atto di citazione).

4. Ritenendo, pertanto, che in relazione al pagamento della suddetta maggiore somma fosse configurabile una ipotesi di danno patrimoniale subito dalle finanze del Comune di Venafro (Isernia), e ritenendo sussistere gli elementi per una affermazione di responsabilità amministrativa nei confronti degli amministratori in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992) e al momento della adozione della delibera n. 352 del 30 giugno 1992, la Procura regionale della Corte dei conti presso questa Sezione, con distinti atti di invito emessi ai sensi dell'art. 5, comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, e ritualmente notificati agli interessati tra il 19 e il 20 luglio 1999, ha invitato gli stessi a fornire le proprie deduzioni ed eventuali documenti in ordine ai fatti contestati, avvertendoli altresì della facoltà di essere sentiti personalmente.

5. In esito al predetto invito solo alcuni dei soggetti invitati hanno controdedotto, entro i termini assegnati, alle contestazioni mosse, respingendo ogni addebito e controdeducendo alle contestazioni con argomentazioni varie, ma la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise, ritenendo non esaustive le giustificazioni addotte, con l’atto di citazione di cui sopra ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione, i predetti Signori O. V., B. E., D. R., P. A., e M. M., nella loro qualità di amministratori del Comune di Venafro (Isernia) in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992) e al momento della adozione della delibera n. 352 del 30 giugno 1992, per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Comune di Venafro (Isernia), della somma di £. 1.800.000 (Unmilioneottocentomila) ciascuno, per una somma complessiva pari a £. 9.000.000 (Novemilioni), oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio, corrispondente (per arrotondamento) al suddetto danno patrimoniale subito dalle finanze del Comune di Venafro in relazione ai fatti esposti, in quanto gli stessi, «.. senza farsi carico della sostanziale situazione di omissione in cui versava l’amministrazione da essi rappresentata, decidevano, non senza una certa grave leggerezza, di articolare una improbabile opposizione che lasciava, nella sostanza, sguarnita di fondate ragioni la difesa del Comune» (si veda pag. 5 atto di citazione).

6. Quanto alla imputazione del danno agli odierni convenuti, l’organo requirente osserva come «l’origine del danno, nella misura in cui si è definitivamente concretizzata, debba essere individuata nella improvvida decisione degli amministratori di trascurare ogni iniziativa di reale soluzione del problema che veniva ad essi prospettato sin dalla notifica del decreto ingiuntivo. Infatti - osserva ancora la Procura attrice – trascurando la sostanza della pretesa azionata dalla ditta creditrice, l’Amministrazione comunale riteneva che potesse rappresentare una valida esimente il fatto che, a distanza di lungo tempo dalla data di ultimazione dei lavori, per inerzia, tra l’altro, della stessa Amministrazione, non era ancora intervenuto il collaudo dell’opera»(si veda pag. 3 atto di citazione).

«Per tali ragioni – conclude la Procura attrice – il danno patito dalle finanze comunali per effetto della lievitazione da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni) della somma pretesa ed effettivamente pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", debba essere ascritta (..) al comportamento gravemente negligente degli amministratori in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992), i quali, senza farsi carico della sostanziale situazione di omissione in cui versava l’amministrazione da essi rappresentata, decidevano, non senza una certa grave leggerezza, di articolare una improbabile opposizione che lasciava, nella sostanza, sguarnita di fondate ragioni la difesa del Comune» (si veda pag. 5 atto di citazione).

7. I convenuti P. A., M. M., e D. R. si sono costituiti in giudizio con l’assistenza e il patrocinio degli Avv.ti V. Colalillo e Stefano Scarano, i quali hanno depositato in atti, in data 19 maggio 2000, un atto di costituzione in giudizio del 15 maggio 2000, recante procura a margine, nel quale i predetti difensori, nel respingere ogni addebito di responsabilità in ordine ai fatti contestati ai propri assistiti e al danno che ne sarebbe derivato, per assenza di antigiuridicità della condotta e assenza di colpa grave, affermano, fra l’altro, come «l’assunto dell’attrice è del tutto artificioso e fuorviante, in quanto esso non considera minimamente l’effettiva situazione esistente all’atto della richiesta del corrispettivo da parte dell’Impresa D’Orsi, (..) atteso che la Regione (ente finanziatore del progetto) non aveva ancora provveduto al collaudo dell’opera realizzata, non aveva cioè ancora provveduto a verificare se l’edificio scolastico in questione fosse stato eseguito a regola d’arte e secondo le prescrizioni tecniche prestabilite nel contratto e degli atti progettuali ad esso allegati, e a verificare la rispondenza dei lavori eseguiti al compenso pattuito, e, conseguentemente, a determinare il corrispettivo spettante all’appaltatore, con la conseguenza che il credito vantato dall’impresa D’Orsi non era né certo, né liquido, né tantomeno esigibile. In presenza di dette condizioni, quindi, – prosegue la difesa del convenuti – non solo l’opposizione al procedimento monitorio appariva assolutamente necessaria e doverosa per l’amministrazione, ma risultava, nel merito, fondata su valide argomentazioni difensive» (si veda pag. 2 atto di costituzione in giudizio del 15 maggio 2000, depositato in data 19 maggio 2000).

Sulla base di tali argomentazioni i predetti difensori chiedono conclusivamente, in via principale, il rigetto della domanda attrice in quanto nessun danno si è verificato a carico delle finanze del Comune di Venafro in relazione ai fatti esposti e che nessuna responsabilità può essere, quindi, addebitata agli odierni convenuti. In via subordinata, qualora si volesse ritenere che un danno patrimoniale si è comunque verificato, i predetti difensori chiedono che venga disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eventuali responsabili. In estremo gradato subordine, nella ipotesi di affermazione di responsabilità dei propri assistiti, i difensori chiedono che questa adita Corte faccia uso del potere di riduzione dell’addebito nella misura massima consentita.

Per il convenuto O. V. (rimasto vittima, nelle more del presente giudizio, di un grave incidente stradale) si è costituita in giudizio, nella sua qualità di tutrice provvisoria del proprio coniuge, la Signora D. S. C., con l’assistenza e il patrocinio degli Avv.ti V. Colalillo e Stefano Scarano, i quali hanno depositato in atti, in data 15 giugno 2001, un atto di costituzione in giudizio del 13 giugno 2001, recante procura a margine, nel quale i predetti difensori, nel respingere ogni addebito di responsabilità a carico dell’O. in ordine ai fatti contestati, e nel ribadire come «il credito vantato dall’impresa D’Orsi non era né certo, né liquido, né tantomeno esigibile, e che pertanto, in presenza di dette condizioni, non solo l’opposizione al procedimento monitorio appariva assolutamente necessaria e doverosa per l’amministrazione, ma risultava, nel merito, fondata su valide argomentazioni difensive», osservano, tra l’altro, che «la valutazione della condotta dei presunti responsabili (con particolare riferimento alla presunta responsabilità connessa alla resistenza in giudizio), deve essere effettuata ex ante e sulla base degli elementi che avevano a disposizione gli amministratori al momento della decisione di resistere in giudizio, e non ex post, sulla base degli esiti del giudizio (cfr. Corte dei conti – Sez. giur. Regione Lazio 17 febbraio 1998, n. 20; Corte dei conti – Sez. giur. Regione Sicilia 14 settembre 1993, n. 85). Ciò significa, in altri termini, - proseguono i predetti difensori – che nell’accertamento della responsabilità bisogna rapportarsi sia logicamente che cronologicamente al momento in cui è stata posta in essere la condotta presuntivamente lesiva (..), e non come fa la Procura attrice, che, con una valutazione ex post ha ritenuto l’azione esperita dagli amministratori improbabile, senza considerare che all’atto della notifica del decreto ingiuntivo (atto al quale si ricollega, secondo la prospettazione di parte attrice, la produzione del danno), mancava chiaramente il presupposto giuridico del richiesto pagamento, mancavano, cioè, le condizioni per l’esperimento dell’azione monitoria (..), condizioni, queste, che la Procura attrice – sostengono ancora i predetti difensori – avrebbe dovuto considerare prima di formulare giudizi in ordine all’opportunità o meno di un’opposizione, da parte dell’amministrazione comunale di Venafro, alle ragioni creditorie dell’Impresa D’Orsi» (si vedano pagg. 3 e 4 atto di costituzione in giudizio del 13 giugno 2001, depositato in data 15 giugno 2001).

Sulla base di tali argomentazioni i predetti difensori chiedono conclusivamente, anche con riferimento alla posizione dell’O., in via principale, il rigetto della domanda attrice in quanto nessuna responsabilità può essere addebitata al proprio assistito, e, in via subordinata, che venga disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eventuali responsabili dell’asserito danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice. In estremo gradato subordine, nella ipotesi di affermazione di responsabilità del proprio assistito, i difensori chiedono che l’adita Corte faccia uso del potere di riduzione dell’addebito nella misura massima consentita.

Il convenuto B. E. non si è costituito in giudizio.

8. All’udienza pubblica odierna, non rappresentato il convenuto B. E., che non risulta – come si è detto – costituito in giudizio, in difesa dei convenuti O. V., D. R., P. A., e M. M. è intervenuto il Prof. Avv. V. Colalillo, il quale, nel richiamarsi agli atti di costituzione e alle memorie difensive già versati in atti, ha illustrato le argomentazioni difensive sia in punto di fatto che in punto di diritto già in essi prospettate e rappresentate, ribadendo le conclusioni già formulate per iscritto.

9. Anche il rappresentante del pubblico ministero, nel corso del suo intervento orale svolto in occasione della udienza pubblica odierna, ha diffusamente illustrato i presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento della pretesa risarcitoria ed ha controdedotto alle argomentazioni difensive prospettate dal difensore dei convenuti, insistendo conclusivamente per l’accoglimento della domanda attrice.

10. Sentiti gli interventi delle parti e le loro repliche, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. La Sezione è chiamata a pronunciarsi in ordine ad una fattispecie di responsabilità amministrativa che la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise ritiene sussistere nei confronti dei Signori O. V., B. E., D. R., P. A., e M. M., come in epigrafe generalizzati, per avere gli stessi cagionato – secondo la prospettazione di parte attrice - nella loro qualità di Sindaco (O. V.) e di componenti della Giunta municipale (tutti gli altri convenuti) del Comune di Venafro (Isernia) in carica all’epoca dei fatti da cui trae origine, a parere dell’organo requirente, la pretesa risarcitoria in esame (4 giugno 1992), un danno patrimoniale alle finanze dello stesso Comune di Venafro, pari alla somma di £. 9.000.000 (Novemilioni), in ragione del danno conseguente alla lievitazione della somma pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni), per effetto della mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e della tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992.

Come si è detto in narrativa, a fondamento della pretesa risarcitoria la Procura attrice ritiene che la maggiore spesa subita dalle finanze comunali per effetto della lievitazione da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni) della somma pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", debba essere posta in relazione alla mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e alla tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992, e che costituisca, pertanto, un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze comunali da ascrivere «.. al comportamento gravemente negligente degli amministratori in carica alla data della notifica del primo precetto (4 giugno 1992), i quali, senza farsi carico della sostanziale situazione di omissione in cui versava l’amministrazione da essi rappresentata, decidevano, non senza una certa grave leggerezza, di articolare una improbabile opposizione che lasciava, nella sostanza, sguarnita di fondate ragioni la difesa del Comune» (si veda pag. 5 atto di citazione).

Sulla base di tali argomentazioni, la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione i predetti Signori O. V., B. E., D R., P. A., e M. M., per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Comune di Venafro (Isernia), della somma di £. 1.800.000 (Unmilioneottocentomila) ciascuno, per una somma complessiva pari a £. 9.000.000 (Novemilioni), oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio.

2. Così definito l’oggetto del giudizio e richiamati brevemente i fatti posti a base della pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice, prima di soffermarsi più diffusamente nella verifica della sussistenza, nel caso di specie, degli elementi che integrano la responsabilità amministrativa degli odierni convenuti, giova ricordare che, affinché possa ritenersi sussistente la responsabilità amministrativa degli odierni convenuti è necessario che ricorrano gli elementi tipici della stessa, e cioè, un danno patrimoniale, economicamente valutabile, sofferto dall’amministrazione pubblica, l’elemento psicologico del dolo o della colpa grave, il nesso di causalità fra la condotta del convenuto e l’evento dannoso, e il rapporto di servizio fra l’agente che ha causato il danno e l’ente pubblico che lo ha sofferto.

3. Ciò premesso, nel procedere all’accertamento della sussistenza, nel caso specifico, dei suddetti elementi, e cominciando dall’accertamento dell’elemento oggettivo del danno, da ritenere presupposto prioritario, indispensabile ed indefettibile ai fini della sussistenza della responsabilità amministrativa, la Sezione osserva che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in relazione al danno derivante dal pagamento di oneri aggiuntivi (interessi legali, rivalutazione monetaria, o spese di giustizia), a seguito della compiacente opposizione, da parte della amministrazione locale, a decreti ingiuntivi o della compiacente mancata impugnazione di sentenze o provvedimenti giudiziari, possono sicuramente configurarsi, con riguardo a diverse fattispecie particolari, delle ipotesi di responsabilità amministrativa.

Così, ad esempio, si è ritenuto, in passato, che fosse configurabile una ipotesi di danno patrimoniale alle finanze dell’ente e la responsabilità amministrativa degli amministratori in relazione al «comportamento dei componenti della giunta municipale, i quali abbiano deliberato di opporsi ad un decreto ingiuntivo, cui abbia fatto seguito la soccombenza del Comune e la condanna al pagamento di una maggiore somma, in presenza di elementi che dovevano indurli ad una maggiore prudenza, attesa la posizione debitoria dell’ente locale nei confronti di una prestazione comunque resa da un professionista» (si veda Corte dei conti - Sez. II centr. d’app., 13 marzo 1995, n. 6/A, in Riv. Corte dei conti, 1995, 2, II, 101).

Allo stesso modo, in relazione ad una analoga fattispecie di responsabilità amministrativa, si è affermato che «l’aver fatto opposizione a un decreto ingiuntivo da parte degli amministratori di un ente locale, con motivazioni chiaramente pretestuose, finalizzate in realtà solo a mascherare l’effettivo intento dilatorio di procrastinare i pagamenti per difficoltà di bilancio, integra i connotati della colpevolezza, idonea a configurare l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa» (si veda Corte dei conti - Sez. giur. Regione Puglia, n. 145 del 19 dicembre 1994).

In generale, la giurisprudenza della Corte dei conti ha ritenuto che fosse configurabile una ipotesi di responsabilità amministrativa in relazione alla opposizione, o alla mancata opposizione, a un decreto ingiuntivo allorché la stessa si riveli temeraria, pretestuosa, o meramente dilatoria, o compiacente, anche se, – è bene precisarlo ! – occorre valutare di volta in volta e caso per caso, in riferimento alla particolare fattispecie considerata, se l’opposizione al decreto ingiuntivo è opportuna e ragionevole o è pretestuosa e dilatoria, ovvero compiacente.

In considerazione di ciò, non può non rilevarsi come non è facile per gli amministratori di un ente locale stabilire quale sia il comportamento da tenere di fronte ad un atto ingiuntivo emesso dall’autorità giudiziaria su richiesta di un creditore dell’ente locale, non potendo certamente essere previamente stabilito, in via generale, se è opportuno pagare subito e soddisfare le pretese creditorie o opporsi alla richiesta di pagamento e fare opposizione ai provvedimenti giudiziari relativi a tali pretese. Il problema, infatti, non è di facile soluzione, non potendo ad esso essere data una risposta univoca ed assoluta, ma dovendo il comportamento da assumere al riguardo essere valutato e deciso caso per caso, atteso, peraltro, che indicazioni univoche, al riguardo, non vengono fornite neppure dalla giurisprudenza della Corte dei conti, la quale ha, in varie occasioni, diversamente valutato il comportamento degli amministratori in relazione alla particolare fattispecie di responsabilità per danno di volta in volta sottoposta a giudizio.

Assai frequentemente, infatti, la giurisprudenza della Corte ha ravvisato la sussistenza di responsabilità amministrativa in capo agli amministratori di un ente locale per la mancata opposizione ad atti ingiuntivi, sul presupposto che la colpevole acquiescenza ad atti di questo tipo, a fronte di una manifesta infondatezza delle pretese creditorie, potesse essere frutto di un tacito accordo fra amministratori dell’ente e creditori dello stesso per conseguire presto e bene, da parte di questi ultimi, ingiustificati vantaggi economici, altrimenti non conseguibili (si veda, ad esempio, Corte dei conti - Sez. giur. Regione Puglia, n. 33 del 10 marzo 1995, in Riv. Corte dei conti, 1995, 2, II, 154).

Se in taluni casi, tuttavia, la mancata opposizione ad atti ingiuntivi può comportare la responsabilità amministrativa degli amministratori o dei dirigenti dell’ente locale, non è detto che si debba sempre ed in ogni caso fare opposizione alla ingiunzione di pagamento, dovendo essere di volta in volta valutata la fondatezza delle ragioni creditorie, onde evitare che l’aggravio dei maggiori oneri finanziari conseguenti alla procedura di opposizione possa finire per configurare, a sua volta, una ipotesi di ingiustificato danno patrimoniale per le finanze dell'ente locale, e la conseguente responsabilità degli amministratori che abbiano deliberato di resistere alle ragioni creditorie.

In taluni casi, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto che «del danno conseguente alla opposizione al decreto ingiuntivo e corrispondente ai maggiori oneri conseguenti a titolo di interessi e spese di giustizia, devono essere ritenuti responsabili il Sindaco e i componenti della giunta municipale che si sono opposti ad atti ingiuntivi dell’autorità giudiziaria concernenti il soddisfacimento di obbligazioni che essi stessi avevano assunto in precedenza e di cui conoscevano la fondatezza, ponendo in essere quindi - con la procedura dell’opposizione - degli atti emulativi, al solo scopo di dilazionare il momento del pagamento» (si veda Corte dei conti - Sez. giur. Regione Puglia, n. 155 del 29 novembre 1995, in Riv. Corte dei conti, 1995, 6, II, 162).

In considerazione delle oggettive difficoltà e delle incertezze in cui gli amministratori si trovano a decidere a fronte delle inevitabili responsabilità connesse alle loro scelte, dalle riferite pronunce giurisprudenziali sembra potersi trarre l’indicazione che non esiste una regola fissa in ordine al comportamento da assumere nei confronti degli atti ingiuntivi di pagamento, dovendo gli amministratori valutare di volta in volta, al solo fine della tutela dell’interesse pubblico e nel solo interesse dell’ente locale, l’opportunità e la ragionevolezza della opposizione, o della acquiescenza, al provvedimento ingiuntivo in relazione alla fondatezza della pretesa creditoria posta a base dello stesso.

4. Se talvolta, pertanto, può certamente configurarsi un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze dell'ente locale, e la conseguente responsabilità degli amministratori, in relazione al pagamento di oneri aggiuntivi (interessi legali, rivalutazione monetaria, o spese di giustizia) connesso alla compiacente opposizione, da parte della amministrazione locale, a decreti ingiuntivi o alla compiacente mancata impugnazione di sentenze o provvedimenti giudiziari, non può non rilevarsi, tuttavia, come, proprio in relazione a quanto sopra si è detto e in considerazione della mancanza di regole oggettive da osservare al riguardo, le scelte degli amministratori relative alla opposizione, o alla mancata opposizione, di provvedimenti giudiziari relativi alle pretese creditorie dei creditori dell’amministrazione presentino un alto contenuto di discrezionalità, rispetto alle quali, pertanto, trova applicazione il principio della insindacabilità delle scelte discrezionali da parte del giudice contabile stabilito dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639.

5. Come è noto, l’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, ha stabilito che «la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali» (art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639).

L’affermazione di tale principio sta a significare che il giudice contabile, nell’accertare e nel valutare gli atti o i fatti degli amministratori e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa o contabile, non può sostituirsi alla stessa amministrazione e «ripensare» le scelte discrezionali già operate dall’amministrazione, dovendo in ogni caso rispettare la sfera di autonomia decisionale dell’amministrazione stessa. In tale valutazione, quindi, il giudice contabile incontra il limite della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, salvo l’ipotesi in cui le scelte, per quanto discrezionali, si presentino come palesemente irrazionali, e quindi non sorrette da alcun criterio logico-giuridico.

In tal senso, del resto, si era orientata la stessa giurisprudenza della Corte dei conti prima della entrata in vigore della citata legge 20 dicembre 1996, n. 639. Ed infatti, in passato, prima che fosse stabilito sul piano legislativo il principio di cui sopra, la giurisprudenza della Corte dei conti, pur ammettendo la sindacabilità delle scelte discrezionali degli amministratori da parte del giudice contabile, aveva avuto modo di affermare che esse assumono rilievo ai fini della responsabilità amministrativa solo quando siano connotate da una palese irragionevolezza.

Pur alla luce della affermazione, sul piano normativo, del suddetto principio, la giurisprudenza della Corte dei conti sembra essersi consolidata nel senso di ritenere sicuramente esistente il limite della insindacabilità, nel merito, delle scelte discrezionali degli amministratori locali, fermo restando il fatto che tale limite non sussiste, e non può, quindi, essere invocato dai presunti responsabili del danno, allorché le scelte discrezionali da cui sia derivato il danno per le finanze dell’ente sono connotate da palese irragionevolezza o sono palesemente contrarie alla legge (si veda, ad esempio, Corte dei conti – Sez. giur. Regione Emilia Romagna, n. 747 del 1° ottobre 1999, in Riv. Corte dei conti, 1999, n. 6, 90).

6. Premesso, pertanto, che le scelte degli amministratori relative alla opposizione, o alla mancata opposizione, di provvedimenti giudiziari relativi alle pretese creditorie dei creditori dell’amministrazione presentano un alto contenuto di discrezionalità, e che, come tali, sono da ritenere, in via generale, insindacabili da parte del giudice contabile, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, va rilevato che, anche con riferimento a tali scelte, vale il principio giurisprudenziale secondo cui, fermo restando il principio della insindacabilità, nel merito, delle scelte discrezionali degli amministratori locali, tale limite non sussiste, e non può, quindi, essere invocato dai presunti responsabili del danno, allorché le scelte discrezionali da cui sia derivato il danno per le finanze dell’ente siano connotate da palese irragionevolezza o siano palesemente contrarie alla legge.

Ora, con riferimento al caso di specie, e, più in generale, alle ipotesi di danno patrimoniale conseguente al pagamento di oneri aggiuntivi (interessi legali, rivalutazione monetaria, o spese di giustizia) connesso alla compiacente opposizione, da parte degli amministratori pubblici, a decreti ingiuntivi o alla compiacente mancata impugnazione di sentenze o provvedimenti giudiziari relativi a pretese creditorie, la Sezione ritiene che, salvo il caso in cui tale scelta sia palesemente infondata e irragionevole, in quanto palesemente pretestuosa e dilatoria, ovvero – nella ipotesi di mancata opposizione - sia palesemente compiacente, la scelta degli amministratori di opporsi – o non opporsi – ad un decreto ingiuntivo sia, in linea di principio, insindacabile da parte del giudice contabile.

7. Ciò posto sul piano dei principi, con riferimento al caso di specie, non può non osservarsi come, in relazione alle particolari condizioni in cui gli amministratori oggi convenuti in giudizio hanno adottato le loro decisioni in merito alla pretesa creditoria avanzata dalla Impresa D’Orsi, le scelte dagli stessi operate non presentano i connotati della palese infondatezza o irragionevolezza, o della palese pretestuosità, né appaiono connotate da quegli intenti meramente dilatori, che, sulla base di quanto sopra si è detto, ne consentirebbero il sindacato da parte di questo giudice adito in deroga al principio della insindacabilità delle scelte discrezionali stabilito dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639.

Al riguardo non può non convenirsi, infatti, con quanto osservato, in proposito, dalla difesa dei convenuti, secondo cui, ai fini dell’accertamento della responsabilità per il danno di cui alla pretesa risarcitoria in esame, deve considerarsi come «il credito vantato dall’impresa D’Orsi non era, al momento della delibera da cui sarebbe derivato l’asserito danno, né certo, né liquido, né tantomeno esigibile, atteso che la Regione (ente finanziatore del progetto) non aveva ancora provveduto al collaudo dell’opera realizzata, non aveva cioè ancora provveduto a verificare se l’edificio scolastico in questione fosse stato eseguito a regola d’arte e secondo le prescrizioni tecniche prestabilite nel contratto e degli atti progettuali ad esso allegati, e a verificare la rispondenza dei lavori eseguiti al compenso pattuito, e, conseguentemente, a determinare il corrispettivo spettante all’appaltatore, con la conseguenza che, in presenza di dette condizioni, l’opposizione al procedimento monitorio appariva non solo assolutamente necessaria e doverosa per l’amministrazione, ma risultava, nel merito, fondata su valide argomentazioni difensive» (si veda pag. 2 atto di costituzione in giudizio del 15 maggio 2000, depositato in data 19 maggio 2000).

Parimenti deve convenirsi con la difesa dei convenuti nel ritenere che «la valutazione della condotta dei presunti responsabili (con particolare riferimento alla presunta responsabilità connessa alla resistenza in giudizio), deve essere effettuata ex ante e sulla base degli elementi che avevano a disposizione gli amministratori al momento della decisione di resistere in giudizio, e non ex post, sulla base degli esiti del giudizio (cfr. Corte dei conti – Sez. giur. Regione Lazio 17 febbraio 1998, n. 20; Corte dei conti – Sez. giur. Regione Sicilia 14 settembre 1993, n. 85), in quanto (..), nell’accertamento della responsabilità bisogna rapportarsi sia logicamente che cronologicamente al momento in cui è stata posta in essere la condotta presuntivamente lesiva (..)» (si vedano pagg. 3 e 4 atto di costituzione in giudizio del 13 giugno 2001, depositato in data 15 giugno 2001).

8. Sulla base di tali considerazioni, seppure in relazione alla maggiore spesa subita dalle finanze comunali per effetto della lievitazione da £. 24.000.000 (Ventiquattromilioni) a £. 34.000.000 (Trentaquattromilioni) della somma pagata alla Impresa D’Orsi S.r.l. per i lavori di costruzione dell’edificio della scuola elementare in Venafro, in località "Ponte scassato", fosse configurabile un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze del Comune di Venafro, la Sezione ritiene che, poiché – secondo la prospettazione di parte attrice – il danno stesso sarebbe da porre in relazione alla mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 128/92 del 18 maggio 1992, notificato in data 4 giugno 1992, e alla tardiva «costituzione in giudizio per le opposizioni del caso», deliberata dalla Giunta comunale di Venafro con delibera n. 352 del 30 giugno 1992, il comportamento degli amministratori convenuti in giudizio deve ritenersi insindacabile da parte del giudice contabile ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, atteso, peraltro, che esso non presenta quei connotati di palese infondatezza o irragionevolezza, o di palese pretestuosità e temerarietà, né appaiono connotate da quegli intenti meramente dilatori, che, sulla base di quanto sopra si è detto, ne consentirebbero il sindacato da parte di questo giudice adito in deroga al principio della insindacabilità delle scelte discrezionali stabilito dalla citata disposizione.

9. Alla stregua di tali considerazioni, la Sezione ritiene che il comportamento degli odierni convenuti in relazione all’asserito danno patrimoniale subito dalle finanze del Comune di Venafro di cui alla pretesa risarcitoria in esame è insindacabile da parte del giudice contabile ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, e che, pertanto, gli stessi vanno dichiarati esenti da responsabilità amministrativa in ordine al danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria avanzata con l’atto di citazione in epigrafe, e che vanno, conseguentemente, assolti dalla domanda attrice. Ne consegue il rigetto della domanda attrice e la conseguente assoluzione degli odierni convenuti da ogni addebito di responsabilità in ordine ai fatti contestati loro con l’atto di citazione in epigrafe.

10. Alla luce di quanto sopra, non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE MOLISE,

definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 168/EL del registro di Segreteria, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, respinge la domanda attrice, e per l’effetto, dichiara esenti da responsabilità gli odierni convenuti…

Omissis

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