CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE MOLISE - Sentenza 7 ottobre 2002 n. 234 - Pres. C. Geraci, Est. T. Miele – P.R. c. V.G., F.M., G.C. (Avv.ti Di Pardo, Iacovino, Sabatini e Rampini) – P.M. G. Grasso.
1. Giurisdizione e competenza - Corte dei conti - Giudizio di responsabilità amministrativa e contabile - Qualificazione soggettiva pubblica del soggetto convenuto in giudizio – Non rileva – Qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto – Rileva
2. Giurisdizione e competenza - Corte dei conti - Giudizio di responsabilità amministrativa e contabile - Società private esercenti funzioni pubbliche destinate alla cura e all’esercizio di funzioni pubbliche – Giurisdizione della Corte dei conti – Sussiste
3. Responsabilità amministrativa – Giudizio di responsabilità - Legittimazione passiva – Rappresentante legale in carica all’epoca della produzione del danno – Sussiste.
4. Responsabilità amministrativa – Giudizio di responsabilità - Acquisizione di finanziamenti pubblici – Grave superficialità nell’utilizzo – Responsabilità amministrativa – Sussiste.
1. Alla luce della evoluzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione iniziata a partire dagli anni ’90 attraverso il processo di privatizzazione e di aziendalizzazione della stessa, ai fini della incardinazione della giurisdizione della Corte dei conti assume rilievo non tanto la qualificazione pubblica del soggetto convenuto in giudizio, e cioè la qualificazione soggettiva della persona chiamata in giudizio innanzi alla Corte dei conti, quanto la qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto in giudizio, in relazione alle quali si configura il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria azionata con l’azione di responsabilità amministrativa esercitata dal Procuratore regionale.
2. La lettura dell’art. 102, comma 2, della Costituzione (secondo cui «La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge»), alla luce delle recenti riforme in materia di pubblica amministrazione, evidenzia non tanto la qualificazione pubblica del soggetto convenuto nel giudizio di responsabilità amministrativa, potendo esso non essere caratterizzato da un regime pubblicistico, quanto alla qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto nel predetto giudizio.
In particolare, sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti in ordine ai danni patrimoniali prodotti al Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) da una società di natura privatistica che si trova in rapporto di concessione con il predetto Ministero, in quanto, a prescindere dalla sua natura giuridica, la società risulta, comunque, investiva di funzioni rivolte all’esercizio e alla cura di interessi pubblici.
3. Non sussiste il difetto di legittimazione passiva del legale rappresentante di una società privata destinataria di contributi pubblici per l’esercizio di funzioni oggettivamente pubblica, anche quando questa sia stata posta in liquidazione coatta amministrativa, perché, ai fini della responsabilità amministrativa e, segnatamente ai fini della imputazione del danno patrimoniale ad un soggetto secondo i più elementari principi e criteri che disciplinano l’istituto del nesso di causalità, occorre far riferimento al soggetto che, con il suo comportamento omissivo o commissivo abbia cagionato l’evento dannoso, a nulla rilevando il fatto che il soggetto convenuto non sia più presidente della predetta società, poiché si deve fare riferimento al legale rappresentante della stessa al momento dell’accadimento dei fatti da cui trae origine la pretesa risarcitoria in esame, e non già al legale rappresentante attuale.
4. Sussiste la responsabilità amministrativa, in relazione alla causazione del danno erariale, quando i fatti accertati e documentati negli atti del giudizio denotino un comportamento dei responsabili, in relazione alle loro specifiche competenze, che, se non dal dolo, risulta comunque caratterizzato da un livello di superficialità tale da definire il loro comportamento come gravemente negligente, in quanto non contrassegnato da quel livello minimo di diligenza che l’impiego di risorse pubbliche acquisite a titolo di finanziamento da parte della pubblica amministrazione avrebbe richiesto.
Commento di
MASSIMO PERIN
La responsabilità amministrativa per i danni prodotti da soggetti privati beneficiari di risorse pubbliche destinate allo svolgimento di funzioni pubbliche.
La sentenza in rassegna deve essere segnalata per l’evidente carattere di novità e, in modo particolare, perché indica una soluzione diretta a favorire una maggiore responsabilizzazione di coloro che utilizzano i fondi pubblici. Questa indicazione della giurisprudenza appare più che mai opportuna in un clima, come quello attuale, dove si vogliono colpire gli sprechi e le inefficienze che tanta responsabilità hanno avuto nella creazione di un debito pubblico che si pone come un vero macigno che rallenta, anche gravemente, lo sviluppo del paese.
Il fatto nasce in occasione di un contributo pubblico versato dall’amministrazione dell’agricoltura a favore di una società consortile a responsabilità limitata, già concessionaria di un impianto di macellazione delle carni realizzato interamente con finanziamento pubblico.
La predetta società, dovendo provvedere alla ristrutturazione e alla riattivazione degli impianti di depurazione e alla loro messa in sicurezza, aveva acquisito dal Ministero dell’agricoltura e foreste (di seguito, alla luce delle intervenute modifiche, Ministero delle Politiche Agricole) un contributo per procedere a tale ristrutturazione.
Come, purtroppo, molto spesso avviene, i costi dei lavori effettuati non rispondevano ai contributi pubblici effettivamente ricevuti, in quanto era stato accertato che vi erano false fatturazioni a fronte di lavori di importo notevolmente inferiore ai costi contabilizzati (cfr. la parte in fatto della sentenza dove emergono lavori per 30 milioni e fatture per 300 milioni!).
In questo quadro di danno finanziario la competente Procura regionale ha evocato in giudizio di responsabilità il legale rappresentante della società privata beneficiaria di contributi pubblici, il direttore dei lavori e il funzionario ministeriale responsabile dell’istruttoria che, alla luce dei fatti, poteva avere una qualche responsabilità per difetto di controllo.
La sezione molisana della Corte dei Conti ha escluso la responsabilità del funzionario ministeriale, ma ha condannato a risarcire il danno erariale sia il legale rappresentante della società e sia il direttore dei lavori che avrebbe dovuto vigilare sul corretto svolgimento dei lavori finanziati con il pubblico denaro.
L’occasione giurisprudenziale ha così consentito alla sezione regionale della Corte dei Conti di affermare alcuni principi sulla giurisdizione che possono aprire il campo a nuove soluzioni dirette a creare una maggiore responsabilizzazione sull’uso di risorse pubbliche da parte di soggetti privati, comunque, investiti dello svolgimento di funzioni pubbliche.
Infatti, la sentenza ha affermato che sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti, indipendentemente dal profilo soggettivo della persona evocata in giudizio (pubblico dipendente o soggetto privato) quando la funzione svolta e i contributi acquisiti siano oggettivamente pubblici.
Nel caso specifico l’attività svolta dalla Società a r.l. «Frigomacello Consortile del Molise» prima di tutto si fondava su un rapporto concessorio per l’esercizio di funzioni rivolte alla cura di interessi pubblici, in secondo luogo l’impianto in parola era stato realizzato con una spesa a totale carico dello Stato, in base all’art. 10 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, riguardante la realizzazione di impianti di particolare interesse pubblico di patrimonio dello Stato.
Una volta acclarati questi elementi non vi sono stati più dubbi per l’individuazione del rapporto di servizio, ai fini della sottoposizione dei responsabili del danno all’azione di responsabilità amministrativa della Corte dei Conti.
Il ragionamento seguito dai giudici molisani parte dalla constatazione che ormai la p.a. si è avviata, a partire dagli anni ’90, a un processo di privatizzazione e di aziendalizzazione della stessa, diretto a usufruire degli strumenti più duttili concessi dal diritto privato rispetto a quelli di diritto amministrativo, ma in presenza di risorse finanziarie pubbliche, combinata con lo svolgimento di una funzione oggettivamente pubblica, non può essere esclusa la giurisdizione contabile per coloro che, mal utilizzando risorse pubbliche provenienti dalla fiscalità generale, arrecano un danno finanziario.
L’impostazione seguita risente, sicuramente, dell’influsso della dottrina più autorevole (M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, pag. 25 e segg.) che ha messo in evidenza l’aspetto importante del cd. «servizio pubblico in senso oggettivo», dove si guarda a un’attività oggettivamente pubblica, dove i modi di gestione non necessariamente devono essere di spettanza dei pubblici poteri: l’essenziale è che siano diretti da un pubblico potere.
Infatti, sempre la dottrina (cfr. G. Caia, Diritto Amministrativo, AA.VV., ed. Monduzzi, 1993, pag. 735) ha messo in evidenza che «il servizio pubblico prende campo e si sviluppa con l’evolversi dei compiti dell’amministrazione pubblica» e, in questa ottica evolutiva dell’amministrazione, la qualità di pubblico servizio è indipendente dal modo con cui è gestita o da chi la svolga, l’importante è che essa, in base alla legge, sia sottoposta al potere della p.a. di stabilire i programmi e i controlli idonei a indirizzare e coordinare il servizio pubblico a scopi di utilità sociale.
Questa linea interpretativa è anche conforme agli influssi provenienti dal diritto comunitario, dove si considerano imprese pubbliche tutti quei soggetti individuati attraverso indici rilevatori che si concretano nella cura di interessi generali non economici, nella personalità giuridica pubblica o privata e nel finanziamento o controllo pubblico e, dunque, in stretta dipendenza da pubbliche amministrazioni (cfr. ex multis Cons. Stato VI sez., n. 1478 del 28.10.1998, T.A.R. Lombardia, III sez., 9.5.2001, n. 3738).
In quest’ottica, la lettura più aderente ai nostri tempi, dell’art. 103 della Carta fondamentale («La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge»), consente di sostenere che, se l’amministrazione per lo svolgimento di compiti oggettivamente pubblici, tra l’altro finanziati anche con risorse pubbliche, tralasciando la forma amministrativa, ricorre a forme imprenditoriali (ivi compresi soggetti privati investiti di funzioni pubbliche), non può essere esclusa la giurisdizione di responsabilità della Corte dei Conti.
D’altra parte la scelta verso modelli privatistici per buon senso (ma anche per senso di giustizia sostanziale) non può essere intesa, come autorevolmente sostenuto sulle pagine di questa rivista, «il sapere scansare gli ostacoli formali» (N. Longobardi, L’innovazione istituzionale: grandi disegno o vere riforme?, alla pag. web www.giustamm.it/articoli/longobardi_riforme.htm ), perché il rispetto delle regole in una democrazia è un fatto di sostanza, come anche un fatto di sostanza è il rispetto del denaro pubblico che non può e non deve essere buttato al vento, dal momento che l’amministrazione non può essere una sorta di agenzia erogatrice di contributi che poi si disinteressa degli effetti e dei risultati da essi prodotti.
Un contrario ragionamento, con la sottrazione della giurisdizione della Corte dei Conti, comporterebbe la perdita definitiva di somme destinate, da parte delle amministrazioni, per finanziare importanti settori di obiettivo interesse pubblico, specialmente quando queste siano state oggetto di sprechi inaccettabili o, peggio ancora, di illecita apprensione da parte di soggetti privati (ipotizzare che un’amministrazione, spesso carente sul piano dei controlli, avvii, in un secondo momento, procedure giudiziarie di recupero innanzi all’a.g.o. non solo è illusorio, ma anche ingenuo).
Probabilmente questo sforzo della giurisprudenza, che solo una lettura miope e fautrice dell’inefficienza endemica della p.a., potrebbe considerare una voglia di protagonismo, andrebbe supportata da idonee iniziative legislative dirette a garantire forme di recupero dei finanziamenti pubblici erogati che non raggiungono, almeno per dolo o colpa grave, gli obiettivi per cui erano stati concessi. Una tale ipotesi sarebbe la naturale evoluzione dello spirito dell’art. 1 della legge n. 241 del 7.8.1990 che vuole un’attività amministrativa retta da criteri di economicità ed efficacia, perché una volta concesso un finanziamento pubblico questo dovrebbe garantire un risultato, in termini di sviluppo economico, maggiore occupazione, diffusione della ricchezza etc…
Infine, si deve anche evidenziare un certo parallelismo di ragionamento tra la giurisprudenza più attenta della Corte dei Conti (come quella che si commenta) e quella del Consiglio di Stato, specialmente quando il Supremo Consesso (cfr. ad. pl. 22.4.1999, n. 4, in Foro Amm. , n. 3 / 4 del 1999, pag. 593 e segg.), a proposito dell’esercizio del diritto di accesso, sostiene che l’art. 22 della legge 241/1990 non ha attribuito decisivo rilievo alla natura pubblicistica o privatistica degli atti nei cui confronti si chieda l’accesso e non ha indicato una particolare tipologia di atti dell’amministrazione nei cui confronti sia radicalmente precluso.
Tale ragionamento parte dal presupposto indefettibile e costituzionalmente garantito che l’attività amministrativa deve essere trasparente e controllabile dagli amministrati, per avere sia una più diffusa conoscenza dei processi decisionali e sia un concreto perseguimento dei valori dell’imparzialità e del buon andamento.
L’attività dell’amministrazione, anche quando le leggi amministrative consentono l’utilizzazione di istituti di diritto privato, è vincolata alla cura concreta dell’interesse collettivo, mediante atti e comportamenti comunque finalizzati al perseguimento dell’interesse generale (Cons. Stato, ad. pl. cit.).
A maggior ragione, se la cura dell’interesse concreto dell’amministrazione avviene attraverso l’erogazione di finanziamenti pubblici e quest’ultimi siano oggetto di spreco o di illecita apprensione, qualcuno (dipendente pubblico o privato percettore incaricato di svolgere funzioni pubbliche) ne deve rispondere innanzi al giudice meglio attrezzato per bagaglio ed esperienza in materia di danni finanziari arrecati alla pubblica amministrazione.
Ragionare diversamente non può che apparire, per usare le parole del Prof. N. Longobardi, «un modo di scansare gli ostacoli» e assicurare l’impunità a coloro che, con dolo o grave negligenza, amministrano, anche attraverso i finanziamenti pubblici ricevuti, il denaro dei contribuenti.
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 196/R del registro di Segreteria, promosso ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Molise nei confronti dei Signori:
1) V. G., nato omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Cardarelli, n. 15, presso lo studio dell’Avv. Salvatore Di Pardo, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio giusta mandato a margine dell’atto di costituzione depositato in atti in data 15 maggio 2002;
2) F. M., omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Cardarelli, n. 15, presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Iacovino, del Foro di Campobasso, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio giusta mandato a margine dell’atto di costituzione depositato in atti in data 14 maggio 2002;
3) G. C., omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Piave, n. 100, presso lo studio dell’Avv. Lia Petrone, presso cui domicilia l’Avv. Mario Rampini, del Foro di Perugia, da cui lo stesso è rappresentato e difeso nel presente giudizio giusta mandato a margine dell’atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001;
Visti l'atto introduttivo del giudizio, le memorie difensive dei convenuti e tutti gli atti e i documenti del giudizio;
Uditi nella pubblica udienza del 6 giugno 2002 il Consigliere relatore, dott. Tommaso Miele, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Vice Proc. gen. dott. Giuseppe Grasso, l’Avv. Salvatore Di Pardo, in difesa del convenuto V. G., e, per delega dell’Avv. Vincenzo Iacovino, in difesa del convenuto F. M., e l’Avv. Stefano Sabatini, per delega dell’Avv. Mario Rampini, in difesa del convenuto G. C..
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione del 24 novembre 2000, depositato nella Segreteria della Sezione in data 5 dicembre 2000, e ritualmente notificato agli odierni convenuti rispettivamente in data 5 aprile 2001 (V. G.), in data 4 aprile 2001 (F. M.) e in data 28 aprile 2001 (G. C.), la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione i Signori V. G., F. M. e G. C., come in epigrafe generalizzati, nella loro qualità, rispettivamente, di Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l.>>, con sede in Campobasso, concessionaria dell’impianto di macellazione realizzato, nel quadro degli interventi di cui all’art. 10 della legge n. 910 del 1966, con spesa a totale carico dello Stato (V. G.), di direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza del suddetto impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l. e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto (F. M.), e di funzionario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), incaricato, quale addetto alla Divisione XIV nel periodo dal 15 luglio 1991 al 4 maggio 1994, della istruttoria dei provvedimenti di competenza ministeriale riguardanti i suddetti lavori di ristrutturazione (G. C.), per avere gli stessi cagionato – secondo la Procura attrice - un danno patrimoniale alle finanze del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), pari alla somma complessiva di £. 214.784.000 (Duecentoquattordicimilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), in relazione alle irregolarità rilevate nella realizzazione dei suddetti lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l. e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste) della suddetta somma complessiva di £. 214.784.000, pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), con imputazione, in ragione dell’eguale apporto causale nella determinazione del danno, della somma di £. 71.593.330, pari ad € 36.974,87, ciascuno, oltre, per tutti, alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e alle spese del giudizio.
2. A sostegno della pretesa risarcitoria l’organo requirente espone che, a seguito di accertamenti ispettivi eseguiti dalla USL n. 5 – Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione di Campobasso presso l’impianto di macellazione ubicato in Contrada Selvapiana di Campobasso, realizzato, nel quadro degli interventi di cui all’art. 10 della legge n. 910 del 1966, con spesa a totale carico dello Stato e affidato in concessione alla Società c. a r. l. <<Frigomacello Consortile del Molise>>, che avevano posto in rilievo, fra l’altro, la necessità di procedere all’adeguamento e alla riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, il Presidente del Consiglio di amministrazione della stessa Società <<Frigomacello Consortile del Molise>>, Signor V. G., con nota del 25 novembre 1992, nel rappresentare al Ministero dell’Agricoltura e Foreste la suddetta esigenza in relazione a quanto rilevato e sollecitato dalla USL di Campobasso, chiese che le somme necessarie per l’adeguamento e la rimessa in funzione dell’impianto di depurazione del <<Frigomacello>> di Campobasso fossero poste a totale carico dello Stato ai sensi del citato art. 10 della legge 27 ottobre 1966, n. 910 (impianti di particolare interesse pubblico di patrimonio dello Stato).
Previo parere favorevole del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche di Campobasso, reso con voto n. 1704 del 2 febbraio 1993, con decreto ministeriale n. 55 del 27 marzo 1993 il Ministero dell’Agricoltura e Foreste accordò il richiesto finanziamento per i lavori di adeguamento e di ristrutturazione per la rimessa in funzione del depuratore per un importo complessivo di £. 302.900.000 (Trecentoduemilioninovecentomila). L’esecuzione dei lavori venne affidata in concessione alla stessa Società c. a r. l. <<Frigomacello Consortile del Molise>>, che, a sua volta, sub-affidò i lavori, a trattativa privata, alla Ditta <<Elio De Vincenzo>>, con sede in Duronia (Campobasso). In data 2 marzo 1993 ebbero quindi inizio i lavori, come da verbale di consegna lavori presente in atti, e la loro ultimazione, dopo un periodo di sospensione, risulta certificata dal Direttore dei lavori, Ing. F. M., in data 10 dicembre 1995, e cioè, prima della scadenza del 31 dicembre 1995 fissata per la esecuzione dei lavori dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste con il decreto di proroga n. 217 del 25 luglio 1995. Tuttavia, già in data 25 settembre 1995 il Direttore dei lavori, Ing. F. M., aveva certificato la consistenza dei lavori e la loro regolare esecuzione e piena efficienza. L’importo delle opere realizzate, secondo il riconoscimento di congruità espresso dal Ministero dei lavori pubblici – Provveditorato alle Opere Pubbliche per il Molise con nota n. 967/1795 del 25 marzo 1996, è risultato ammontare a £. 178.022.960, oltre gli oneri accessori per IVA, pari al 19%, e per le spese generali, pari all’8%, ed ammontanti a £. 48.066.200, per un importo complessivo di £. 226.089.160.
<<Pur in mancanza di collaudo (..) – espone ancora la Procura regionale – il Ministero delle Politiche Agricole, con decreto Prot. n. 65/IMP del 23 febbraio 1997, liquidava la somma di £. 214.784.000, pari al 95% della somma rendicontata>> (si veda pag. 2 atto di citazione, nonché il decreto del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali – Direzione generale delle Politiche Agricole ed Agroindustriali Nazionali – Ufficio Agroindustria Prot. n. 65/IMP del 23 febbraio 1997, presente in atti).
Risulta altresì dagli atti che in data 25 settembre 1995, a lavori ufficialmente non ancora ultimati, il Comune di Campobasso, sulla base degli accertamenti eseguiti dall’Azienda U.S.L. n. 3 del Molise in data 19 settembre 1995, autorizzò definitivamente l’amministratore delegato della Società c. a r. l. <<Frigomacello Consortile del Molise>>, Signor V. G., a scaricare nel ristrutturato depuratore in questione i reflui liquidi provenienti dallo svolgimento dell’attività lavorativa della stessa Società <<Frigomacello >>.
Espone ancora parte attrice che, a seguito di accertamenti istruttori disposti ed eseguiti in merito alla esecuzione dei suddetti lavori di ristrutturazione del depuratore esistente presso il Frigomacello di Campobasso, <<è stata acquisita una dichiarazione del Signor Elio De Vincenzo, titolare della omonima impresa che aveva eseguito i lavori al depuratore in questione, (..) in cui si riferiva in merito ad una sua attività di fatturazione compiacente a favore del Frigomacello per lavori eseguiti in minima parte e quantificati in 30 milioni di lire, a fronte di un importo complessivo di circa 300 milioni di lire realmente fatturate al Frigomacello>>. <<Peraltro – espone ancora l’organo requirente – detta fatturazione compiacente era stata già in parte oggetto di accertamento da parte della magistratura penale, che, proprio in relazione alla falsa fatturazione finalizzata alla percezione di contributi comunitari, relativi ad altra iniziativa finalizzata alla costruzione del prosciuttificio B & G, socio del Frigomacello, e per lavori eseguiti dalla stessa impresa Elio De Vincenzo, pur escludendo il reato di truffa, aveva accertato la sussistenza di frode fiscale>> (si veda pag. 3 atto di citazione).
Sulla base della relazione di consulenza tecnica d’ufficio (CTU) disposta dalla Procura regionale della Corte dei conti allo scopo di trovare riscontro a quanto dichiarato dal Signor Elio De Vincenzo, e redatta dall’Ing. Domenico Briamonte, acquisita agli atti, la Procura attrice rappresenta che sono state accertate gravi irregolarità nella esecuzione delle opere in questione. In particolare, nel rinviare a quanto puntualmente esposto nella riferita relazione peritale di consulenza tecnica d’ufficio (CTU) redatta dall’Ing. Briamonte, la Procura attrice ritiene che in relazione ai suddetti lavori di adeguamento e riattivazione del depuratore esistente presso l’impianto della Società <<Frigomacello Consortile del Molise>>, e alle irregolarità rilevate anche a seguito degli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, sia configurabile un danno patrimoniale alle pubbliche finanze e la conseguente responsabilità amministrativa di quanti, con la loro condotta, hanno contribuito a cagionarlo.
3. In considerazione di ciò, la Procura regionale della Corte dei conti presso questa Sezione, ritenendo che in relazione ai fatti esposti fosse configurabile una ipotesi di danno patrimoniale subìto dalle pubbliche finanze, e segnatamente dalle finanze del Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste), in relazione alle irregolarità rilevate nella esecuzione dei suddetti lavori di adeguamento e riattivazione del depuratore esistente presso l’impianto della Società <<Frigomacello Consortile del Molise>>, di Campobasso, ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, ha invitato i soggetti che, a parere della stessa Procura regionale, avevano avuto un ruolo attivo nella determinazione del suddetto danno erariale, fra cui gli odierni convenuti, a fornire le proprie deduzioni ed eventuali documenti in ordine ai fatti contestati, avvertendoli altresì della facoltà di essere sentiti personalmente.
4. I soggetti invitati hanno controdedotto alle contestazioni e agli addebiti mossi loro con memorie depositate in atti o mediante audizioni personali i cui verbali sono versati in atti, respingendo ogni addebito e controdeducendo alle contestazioni con argomentazioni varie, ma la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise, pur escludendo alcuni dei soggetti originariamente invitati a fornire le proprie deduzioni in ordine ai fatti contestati (omissis), ritenendo non esaustive le giustificazioni addotte da alcuni invitati, con l’atto di citazione di cui sopra ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione i Signori V. G., F. M. e G. C., nella loro qualità, rispettivamente, di Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l.>>, di direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, e di funzionario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), incaricato, quale addetto alla Divisione XIV nel periodo dal 15 luglio 1991 al 4 maggio 1994, della istruttoria dei provvedimenti di competenza ministeriale riguardanti i suddetti lavori di ristrutturazione, per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste) della somma complessiva di £. 214.784.000, pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), con imputazione della somma di £. 71.593.330, pari ad € 36.974,87, ciascuno in ragione dell’eguale apporto causale nella determinazione del danno, oltre, per tutti, alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e alle spese del giudizio.
5. Per quanto riguarda specificamente l’elemento oggettivo del danno, la Procura attrice rappresenta nell’atto di citazione come <<il Signor Elio De Vincenzo, titolare della omonima impresa, nel corso della audizione resa in sede istruttoria, abbia riferito di lavori effettivamente eseguiti, con riferimento all’adeguamento del depuratore del Frigomacello consortile di Campobasso, per un importo inferiore a quello fatturato e pari, nella realtà, ad appena 30 milioni, a fronte di una fatturazione compiacente di circa 300 milioni>>, e che <<detta dichiarazione è risultata confermata dalla relazione resa dal CTU, che per quanto concerne la messa in opera di ringhiere in varie parti del depuratore, a fronte di una spesa documentata per £. 45.676.000, ha accertato che il totale delle opere in ferro (..) ammonta a £. 14.057.142>> (pagg. 5 e 6 atto di citazione). Analogamente – espone ancora la Procura attrice – a conferma della avvenuta contabilizzazione e rendicontazione di lavori non eseguiti, è stato accertato che, a fronte di una spesa contabilizzata e rendicontata per £. 43.500.000, poi rettificata in £. 33.225.960, per la ricostruzione di un tratto fognario della lunghezza di m. 220 con tubi in PRFV del diametro di 400 mm., <<gli accessi effettuati, consistiti in tre scavi a sezione obbligata lungo le direttrici principali delle condotte di scarico che dal macello portano all’impianto di depurazione, hanno evidenziato che la tubazione esistente è ancora quella originaria, costruita con tubazioni in gres del diametro di circa 500 mm., con la conseguenza che la relativa voce di spesa è risultata priva di riscontro oggettivo a seguito dei sondaggi eseguiti>> (pag. 6 e 7 atto di citazione).
6. Per quanto riguarda i soggetti cui imputare il danno patrimoniale configurabile in relazione ai fatti esposti, ammontante alla somma complessiva di £. 214.784.000, pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), e corrispondente al 95% della somma rendicontata, la Procura attrice ritiene che lo stesso debba essere imputato, in parti eguali, al Signor V. G., nella sua qualità di Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S.c.a.r.l.>>, all’Ing. F. M., nella sua qualità di direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, e al dott. G. C., nella sua qualità di funzionario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), incaricato, quale addetto alla Divisione XIV nel periodo dal 15 luglio 1991 al 4 maggio 1994, della istruttoria dei provvedimenti di competenza ministeriale riguardanti i suddetti lavori di ristrutturazione e della vigilanza sulla loro corretta e regolare esecuzione, per avere omesso quegli obblighi di vigilanza di competenza del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, che, se tempestivamente ed opportunamente adempiuti, avrebbero consentito di evitare la produzione del danno patrimoniale in questione.
Ritiene, infatti, la Procura attrice che il danno patrimoniale in questione sia da addebitare, in relazione alle loro specifiche competenze, al comportamento omissivo o commissivo degli odierni convenuti, e che – a parere dell’organo requirente - è stato sicuramente connotato, nella fattispecie, da dolo, o comunque, da grave negligenza.
7. Il convenuto V. G. si è costituito in giudizio con l’assistenza e il patrocinio dell’Avv. Salvatore Di Pardo, il quale, in data 15 maggio 2002, ha depositato in atti, a difesa del proprio assistito, un atto di costituzione, recante mandato a margine, nel quale il predetto difensore, dopo aver respinto ogni addebito di responsabilità mosso dalla Procura attrice nei confronti del proprio assistito, chiede conclusivamente il rigetto della domanda attorea.
Il convenuto F. M. si è costituito in giudizio con l’assistenza e il patrocinio dell’Avv. Vincenzo Iacovino, il quale, a difesa del proprio assistito, ha depositato in atti, in data 14 maggio 2002, un atto di costituzione, recante mandato a margine, nel quale il predetto difensore, nel respingere ogni addebito di responsabilità mosso dalla Procura attrice nei confronti del proprio assistito, chiede conclusivamente il rigetto della domanda della Procura attrice e la conseguente assoluzione del proprio assistito dagli addebiti mossigli.
Il convenuto G. C., infine, si è costituito in giudizio con l’assistenza e il patrocinio dell’Avv. Mario Rampini, che a difesa del proprio assistito ha depositato in atti, in data 7 settembre 2001, un atto di costituzione e memoria difensiva, recante mandato a margine, e corredata da ampia documentazione, nel quale il predetto difensore, nel respingere ogni addebito di responsabilità mosso dalla Procura attrice nei confronti del proprio assistito, chiede conclusivamente, in via principale, che venga dichiarata la nullità della citazione, o, in subordine, che venga accertata la prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dalla Procura attrice, e, in via subordinata, il rigetto della domanda attorea e la conseguente assoluzione del proprio assistito da ogni addebito. In via ancora più subordinata, il predetto difensore chiede che il danno venga quantificato e rideterminato nella minore somma di £. 159.860.000, in quanto nella quantificazione del danno non può essere considerata anche l’IVA già corrisposta allo Stato per un importo di £. 33.824.363. Chiede altresì che sulla stessa somma, così ridotta, venga poi esercitato il potere di riduzione dell’addebito. In particolare, il predetto difensore, nel sostenere l’infondatezza della domanda attrice proposta nei confronti del proprio assistito, eccepisce, in via preliminare, la nullità dell’atto di citazione in considerazione del fatto che <<l’invito a dedurre è stato notificato al dott. C. in data 31 luglio 2000, assegnando allo stesso un termine di 30 giorni per la produzione di deduzioni e documenti, (..) mentre l’atto di citazione, pur recando la data del 24 novembre 2000, è stato notificato il 27 aprile 2001>> (pagg. 1 e 2 atto di costituzione e memoria difensiva dell’Avv. Mario Rampini depositato in atti in data 7 settembre 2001). Il predetto difensore eccepisce altresì, seppure in subordine, l’intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità, in considerazione del fatto che <<poiché l’unico atto contestato al dott. C. è il D.M. n. 216 del 3 giugno 1993 (alla redazione del quale egli ha partecipato essendo le sue competenze limitate alla fase istruttoria), ogni azione risarcitoria derivante da tale provvedimento poteva essere proposta, ai sensi della legge n. 639 del 1996, entro e non oltre il 31 dicembre 1998>> (pagg. 2 e 3 atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001).
Quanto al merito, l’Avv. Rampini insiste nella richiesta di assoluzione del proprio assistito per assoluta infondatezza della domanda attrice proposta nei suoi confronti, atteso che, se è vero che l’apporto causale del dott. C. nella causazione del danno di cui alla pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice è consistito nella redazione del D.M. n. 216 del 3 giugno 1993, deve considerarsi che tale atto fu restituito dalla Ragioneria Centrale del Ministero dell’Agricoltura e Foreste al Ministero emanante con rilievo n. 72 del 25 giugno 1993 e non è stato più riproposto per la registrazione, e che relativamente agli atti emanati successivamente dal Ministero dell’Agricoltura nulla può essere contestato al C., avendo egli lasciato la Divisione XIV del Ministero fin dal 4 maggio 1994 (pag. 17 atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001). Peraltro, sempre con riferimento a tale circostanza, in vista di una precedente udienza di trattazione del giudizio, e precisamente in data 17 gennaio 2002, l’Avv. Rampini ha depositato in atti una ulteriore memoria difensiva, recante la data del 7 gennaio 2002, corredata dalla nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato Prot. 3016 del 4 settembre 2001, nella quale risulta attestato che <<il D.M. n. 216 del 3 giugno 1993 venne restituito dalla Ragioneria Centrale del Ministero dell’Agricoltura e Foreste al Ministero emanante (Div. XIV) con rilievo n. 72 del 25 giugno 1993, e che non è stato più riproposto per la registrazione>> (pag. 1 memoria difensiva depositata in atti in data 17 gennaio 2002).
8. All’udienza pubblica odierna l’Avv. Salvatore Di Pardo, intervenuto in difesa del convenuto V. G., e, per delega dell’Avv. Vincenzo Iacovino, in difesa del convenuto F. M., ha preliminarmente chiesto di depositare una memoria difensiva in difesa del proprio assistito a sua firma, recante la data odierna, e cioè, la data del 6 giugno 2002, e una memoria difensiva redatta dall’Avv. Vincenzo Iacovino in difesa del convenuto F. M., recante anch’essa la data del 6 giugno 2002. Acquisito, al riguardo, il parere del pubblico ministero, che si è comunque opposto al deposito delle memorie da parte dell’Avv. Di Pardo in considerazione della evidente tardività del loro deposito, le stesse sono state materialmente acquisite agli atti, riservandosi la Sezione di prendere ogni decisione in merito al loro rilievo formale in Camera di Consiglio.
Essendosi passati alla discussione del giudizio, l’Avv. Salvatore Di Pardo, nel richiamarsi agli atti di costituzione e alle memorie difensive già versati in atti, ha illustrato le argomentazioni difensive sia in punto di fatto che in punto di diritto già in essi prospettate e rappresentate, ribadendo le conclusioni già formulate per iscritto. In particolare, il predetto difensore ha chiesto, preliminarmente l’inammissibilità dell’atto di citazione per violazione del termine fissato dall’art. 5 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, atteso che l’invito a dedurre è stato notificato ai convenuti G. e M. a fine luglio 2000, mentre l’atto di citazione, pur recando la data del 24 novembre 2000, è stato notificato agli stessi, rispettivamente, in data 5 aprile 2001 (V. G.), e in data 4 aprile 2001 (F. M.), e quindi oltre il termine di 120 giorni fissato a pena di decadenza dal citato art. 5 della legge 20 dicembre 1996, n. 639.
Con particolare riferimento alla posizione del Signor V. G., l’Avv. Di Pardo ha, poi, eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti e il contestuale difetto di legittimazione passiva del G. in relazione al fatto che – a parere del predetto difensore - <<manca, nella fattispecie, la qualificazione pubblica di una società di natura privatistica quale è la Società C. a r.l. "Frigomacello Consortile del Molise", come pure manca quell’indefettibile rapporto di servizio fra gli amministratori della stessa e gli enti pubblici che hanno finanziato la somma, in relazione alla quale sarebbe configurabile il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria attorea>.
Sempre con riferimento alla particolare posizione del Signor G. quale Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l.>>, il difensore ha altresì eccepito, in ogni caso, il suo difetto di legittimazione passiva (cui si ricollega il difetto di giurisdizione) in relazione al fatto che destinataria e beneficiaria delle concessioni, e dei conseguenti finanziamenti di pubblico denaro, è la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", e non già il Presidente della stessa, i suoi amministratori, o addirittura i dipendenti di essa.
Sempre con riferimento alla legittimazione passiva del G., poi, l’Avv. Di Pardo, nel rappresentare che la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise" è in liquidazione coatta amministrativa dal 1999, ha osservato come la Procura attrice avrebbe dovuto chiamare in giudizio non già il suo Presidente, V. G., ma il Commissario liquidatore Avv. Pietro Ruggi, che è, attualmente, il legale rappresentante della Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise". In relazione a tale circostanza l’Avv. Di Pardo ha quindi chiesto l’estromissione dal giudizio del Signor V. G. per difetto di legittimazione passiva.
Quanto, poi, alla posizione dell’Ing. F. M., l’Avv. Di Pardo, intervenendo, a tale riguardo, per delega dell’Avv. Vincenzo Iacovino, nel rilevare come lo stesso risulta convenuto in giudizio quale direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, ha eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in considerazione del fatto che il M. ha avuto rapporti solo con un soggetto privato, e cioè, con la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", con la conseguenza che non si configura, con riferimento alla sua posizione, il rapporto di servizio che necessariamente deve sussistere fra l’autore del danno e l’ente pubblico che lo ha subito ai fini della incardinazione della giurisdizione della Corte dei conti.
Quanto al merito, l’Avv. Di Pardo, pur insistendo, in via principale, nella richiesta di assoluzione dei propri assistiti per assoluta infondatezza della domanda attrice, nel rilevare come risulti dagli atti che sono stati comunque realizzati lavori per un importo di £. 97.000.000 circa, ha, in ogni caso, chiesto la rideterminazione del danno tenendo conto dello scomputo dell’IVA, in quanto già corrisposta allo Stato per un importo di £. 33.824.363, e dello scomputo della predetta somma di £. 97.000.000, in quanto comunque sono stati realizzati lavori per un importo pari alla predetta somma. Nel sollevare dubbi sulla veridicità di quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica dell’Ing. Domenico Briamante, redatta su richiesta della Procura attrice, l’Avv. Di Pardo ha chiesto altresì, in via subordinata, che fosse disposto un supplemento di istruttoria per acquisire una ulteriore relazione di consulenza tecnica d’ufficio (CTU) allo scopo di verificare la veridicità di quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica resa al Procuratore regionale dall’Ing. Domenico Briamante.
Nel rilevare, infine, che i lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise S.c.a.r.l. e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, sono stati comunque sottoposti a collaudo, e che la USL ne ha comunque autorizzato la riattivazione e l’utilizzazione, il predetto difensore ha infine chiesto, in via subordinata, l’integrazione del contraddittorio, oltre che nei confronti dell’attuale Commissario liquidatore, Avv. Pietro Ruggi, che è, attualmente, il legale rappresentante della Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", per i motivi già dianzi rappresentati, anche nei confronti di tutti i soggetti che hanno avuto modo di certificare la regolarità e l’esatta esecuzione dei lavori in questione, e cioè, i funzionari della USL che hanno autorizzato la riattivazione e l’utilizzazione dell’impianto di depurazione dopo i lavori di adeguamento e di ristrutturazione, e i membri della Commissione di collaudo che hanno attestato la regolare ed esatta esecuzione dei lavori stessi.
Sempre nel merito, il predetto difensore, nel ribadire conclusivamente, in via principale, la richiesta di rigetto della domanda attrice, ha chiesto, in estremo gradato subordine, che questa Corte faccia uso del potere di riduzione dell’addebito nella misura massima consentita.
Anche l’Avv. Stefano Sabatini, intervenuto per delega dell’Avv. Mario Rampini in difesa del convenuto G. C., nel richiamarsi agli atti di costituzione e alle memorie difensive già versati in atti, ha illustrato le argomentazioni difensive sia in punto di fatto che in punto di diritto già in essi prospettate e rappresentate, ribadendo le eccezioni e le richieste conclusionali già avanzate negli atti scritti. In particolare, l’Avv. Sabatini ha ribadito l’eccezione di inammissibilità dell’atto di citazione in relazione alla tardività del suo deposito rispetto al termine previsto dall’art. 5 della legge n. 639 del 1996, e l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dalla Procura attrice, insistendo, nel merito, per il rigetto della domanda attorea e la conseguente assoluzione del proprio assistito da ogni addebito. In estremo gradato subordine, ha chiesto che il danno fosse rideterminato in considerazione del fatto che in esso è stata considerata anche l’IVA e che non si è tenuto conto, nella richiesta risarcitoria, dei lavori comunque effettuati.
9. Dal canto suo il rappresentante del pubblico ministero, nel corso del suo intervento orale svolto in occasione della udienza pubblica odierna, ha preliminarmente controdedotto a tutte le eccezioni sollevate dai difensori dei convenuti, chiedendone la reiezione. Quanto al merito, il rappresentante del pubblico ministero ha diffusamente illustrato i presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento della pretesa risarcitoria ed ha controdedotto alle argomentazioni difensive prospettate, al riguardo, dai difensori dei convenuti, insistendo conclusivamente per l’accoglimento della domanda attrice così come formulata nell’atto introduttivo del giudizio.
10. Sentiti gli interventi delle parti e le loro repliche, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. In via preliminare la Sezione, con riferimento al deposito, da parte dell’Avv. Salvatore Di Pardo, di una memoria difensiva in difesa del proprio assistito a sua firma, recante la data odierna, e cioè, la data del 6 giugno 2002, e di una memoria difensiva redatta dall’Avv. Vincenzo Iacovino in difesa del convenuto F. M., recante anch’essa la data del 6 giugno 2002, avvenuto in limine litis, in apertura della udienza pubblica odierna, rileva come il termine assegnato per il deposito di memorie e documenti è fissato in venti giorni prima dell’udienza, come espressamente indicato in calce all’atto di citazione e nello stesso decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, ove, con riferimento al caso di specie, è espressamente indicato che <<è assegnato a tutto il giorno 17 maggio 2002 il termine utile alle parti per il deposito degli atti e documenti in Segreteria>>.
Ciò premesso, in considerazione della evidente tardività del deposito delle suddette memorie difensive da parte dell’Avv. Di Pardo, avvenuto – come si è detto - in limine litis, in occasione della udienza pubblica odierna, la Sezione ritiene che le stesse, pur essendo state materialmente acquisite agli atti, non possono assumere alcun rilievo formale ai fini del presente giudizio, come pure non possono assumere alcun rilievo formale le eccezioni e le richieste conclusionali in esse prospettate e formulate.
2. Sempre in via preliminare la Sezione deve darsi carico di esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’atto di citazione per violazione del termine fissato dall’art. 5 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, avanzata dall’Avv. Rampini nell’atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001 in relazione al fatto che <<l’invito a dedurre è stato notificato al dott. C. in data 31 luglio 2000, (..) mentre l’atto di citazione, pur recando la data del 24 novembre 2000, è stato notificato il 27 aprile 2001>> (pagg. 1 e 2 atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001) e dall’Avv. Salvatore Di Pardo in occasione dell’udienza pubblica odierna in relazione al fatto che l’invito a dedurre è stato notificato ai convenuti G. e M. a fine luglio 2000, mentre l’atto di citazione, pur recando la data del 24 novembre 2000, è stato notificato agli stessi rispettivamente in data 5 aprile 2001 (V. G.) e in data 4 aprile 2001 (F. M.), e quindi oltre il termine di 120 giorni fissato a pena di decadenza dal citato art. 5 della legge 20 dicembre 1996, n. 639.
Al riguardo la Sezione, nel ricordare che l’art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come modificato dall’art. 1, comma 3 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, stabilisce che <<prima di emettere l’atto di citazione in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a trenta giorni dalla notifica della comunicazione, le proprie deduzioni ed eventuali documenti>>, che <<nello stesso termine il presunto responsabile può chiedere di essere sentito personalmente>>, e che <<il procuratore regionale emette l’atto di citazione in giudizio entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile>> (art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come modificato dall’art. 1, comma 3 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639), non può non rilevare come ai fini della decorrenza dei termini suddetti debba tenersi conto anche della sospensione dei termini per il periodo feriale prevista, in via generale, per la decorrenza di tutti i termini giudiziari.
Giova altresì considerare che ai fini della decadenza prevista dalla citata disposizione di cui all’art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come modificato dall’art. 1, comma 3 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, il termine finale (dies ad quem) va individuato non già nel momento della notifica dell’atto di citazione al presunto responsabile chiamato in giudizio dal Procuratore regionale, ma nel momento del deposito dello stesso atto di citazione nella Segreteria della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti (<<..emette l’atto di citazione in giudizio>>, stabilisce la norma), deposito che deve avvenire non già dal momento in cui è avvenuto il deposito delle controdeduzioni da parte del presunto responsabile invitato, ma – come afferma espressamente l’art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come modificato dall’art. 1, comma 3 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 - <<dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile>>. Ciò è a dire che il dies a quo da cui far decorrere il termine di 120 giorni suddetto va individuato non già nel momento in cui è avvenuto il deposito delle controdeduzioni da parte del presunto responsabile invitato (che potrebbe essere avvenuto anche anticipatamente rispetto al termine minimo di trenta giorni assegnatogli), ma nel giorno di scadenza del termine assegnato al presunto responsabile per la presentazione delle deduzioni.
In considerazione di ciò, la Sezione, nel rilevare che l’invito a dedurre è stato notificato agli odierni convenuti, rispettivamente, in data 28 luglio 2000 a V. G., in data 26 luglio 2000 a M. F., e in data 1° agosto 2000 a G. C., non può non osservare come, in considerazione della sospensione dei termini per il periodo feriale (1° agosto – 15 settembre), il termine per la presentazione delle controdeduzioni da parte dei presunti responsabili invitati, da cui far decorrere il termine di 120 giorni previsto dalla citata disposizione per il deposito dell’atto di citazione da parte del Procuratore regionale, scadesse, rispettivamente, in data 12 ottobre 2000 per V. G., in data 20 ottobre 2000 per M. F., e in data 15 ottobre 2000 per G. C.. In ogni caso, pur a voler considerare che la sospensione dei termini per il periodo feriale (1° agosto – 15 settembre) non trovasse applicazione ai fini della presentazione delle controdeduzioni da parte dei presunti responsabili invitati, e che pertanto il termine per la presentazione delle controdeduzioni da parte dei presunti responsabili invitati, scadesse, rispettivamente, in data 27 agosto 2000 (V. G.), in data 25 agosto 2000 (M. F.), e in data 31 agosto 2000 (G. C.), comunque deve ritenersi che la sospensione stessa si applica nei confronti dei termini previsti per la emanazione degli atti da parte della Procura regionale.
Ne consegue che l’atto di citazione, essendo stato depositato nella Segreteria della Sezione (ed è ciò che rileva ai fini della <<emissione dell’atto di citazione in giudizio>>, e quindi ai fini della citata decadenza prevista dalla legge - ndr) in data 5 dicembre 2000, risulta comunque emesso entro il termine di 120 giorni fissato a pena di decadenza dall’art. 5, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come modificato dall’art. 1, comma 3 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639.
In considerazione di ciò, l’eccezione di inammissibilità dell’atto di citazione per violazione del termine fissato dall’art. 5 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, avanzata dall’Avv. Rampini nell’atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001 e dall’Avv. Salvatore Di Pardo in occasione dell’udienza pubblica odierna, è giuridicamente infondata, e, come tale, va respinta.
3. Ancora in via preliminare la Sezione deve farsi carico di esaminare l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dalla Procura attrice nei confronti del dott. C., sollevata dall’Avv. Rampini, difensore dello stesso dott. C., nell’atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001, in relazione al fatto che <<poiché l’unico atto contestato al dott. C. è il D.M. n. 216 del 3 giugno 1993 (alla redazione del quale egli ha partecipato essendo le sue competenze limitate alla fase istruttoria), ogni azione risarcitoria derivante da tale provvedimento poteva essere proposta, ai sensi della legge n. 639 del 1996, entro e non oltre il 31 dicembre 1998>> (pagg. 2 e 3 atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001).
Al riguardo, la Sezione deve rilevare come nel caso di specie il dies a quo da cui far decorrere il termine prescrizionale quinquennale previsto dalla legge per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa debba essere individuato non già nella data del summenzionato D.M. n. 216 del 3 giugno 1993 alla cui redazione risulta aver partecipato il C. (3 giugno 1993), ma nella data della liquidazione, da parte del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, della somma di £. 214.784.000, pari al 95% della somma rendicontata, con riferimento alla quale la Procura attrice ritiene essersi configurato il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria in esame, somma che – come riferito in narrativa - risulta essere stata liquidata con il decreto del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali – Direzione generale delle Politiche Agricole ed Agroindustriali Nazionali – Ufficio Agroindustria Prot. n. 65/IMP del 23 febbraio 1997, presente in atti. Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale del giudice contabile, infatti, il dies a quo ai fini della decorrenza del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione di responsabilità va individuato non già nel momento in cui sono stati emessi gli atti o sono stati commessi i fatti da cui trae origine il danno patrimoniale, ma nel momento in cui si è materialmente verificato il depauperamento patrimoniale per la pubblica amministrazione attraverso la liquidazione delle somme o attraverso il pagamento delle stesse mediante l’emissione dei mandati.
Né ha pregio quanto sostenuto, in proposito, dall’Avv. Rampini in relazione al fatto che, in base all’art. 1, comma 2-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dall’art. 3 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, <<poiché l’unico atto contestato al dott. C. è il D.M. n. 216 del 3 giugno 1993 (..), ogni azione risarcitoria derivante da tale provvedimento poteva essere proposta, ai sensi della legge n. 639 del 1996, entro e non oltre il 31 dicembre 1998>> (pagg. 2 e 3 atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001). Se è vero, infatti, che la citata norma stabilisce che <<per i fatti verificatisi anteriormente alla data del 15 novembre 1993 e per i quali stia decorrendo un termine di prescrizione decennale, la prescrizione si compie entro il 31 dicembre 1998, ovvero nel più breve termine dato dal compiersi del decennio>>, occorre, tuttavia, considerare che, sulla base di quanto sopra si è detto, e cioè, che il dies a quo ai fini della decorrenza del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione di responsabilità va individuato non già nel momento in cui sono stati emessi gli atti o sono stati commessi i fatti da cui trae origine il danno patrimoniale, ma nel momento in cui si è materialmente verificato il depauperamento patrimoniale per la pubblica amministrazione, i <<fatti>> rilevanti ai fini della ipotesi di danno di cui alla pretesa risarcitoria in esame devono ritenersi avvenuti il 23 febbraio 1997, e quindi nella vigenza del termine prescrizionale quinquennale ordinario, e non già <<anteriormente alla data del 15 novembre 1993>>, per i quali il citato art. 1, comma 2-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dall’art. 3 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, stabilisce imperativamente <<che la prescrizione si compie entro il 31 dicembre 1998 (..)>>.
Ciò premesso, considerato che il dies a quo da cui far decorrere il termine per l’esercizio dell’azione di responsabilità va individuato, nel caso di specie, nella data del 23 febbraio 1997, e che nessun rilievo assume, ai fini che qui ne occupa, la disposizione di cui al citato art. 1, comma 2-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dall’art. 3 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, la Sezione ritiene che nei confronti del convenuto G. C., come pure nei confronti degli altri convenuti, l’azione di responsabilità, esercitata mediante il deposito dell’atto di citazione nella Segreteria della Sezione in data 5 dicembre 2000, è stata esercitata tempestivamente e comunque entro il termine quinquennale previsto dall’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Ne consegue che l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dalla Procura attrice, sollevata dall’Avv. Rampini, difensore del convenuto G. C., nell’atto di costituzione e memoria difensiva depositato in atti in data 7 settembre 2001, è infondata, e, come tale, va respinta.
4. Altresì da respingere è l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del convenuto V. G., sollevata dall’Avv. Di Pardo nel corso del suo intervento orale svolto in occasione della udienza pubblica odierna in relazione alla particolare posizione dello stesso G., chiamato in giudizio nella sua qualità di Presidente della Società c. a r. l. <<Frigomacello Consortile del Molise>>, con sede in Campobasso. In particolare – come riferito in narrativa – il predetto difensore, nell’eccepire il difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del G., ha osservato come <<manca, nella fattispecie, la qualificazione pubblica di una società di natura privatistica quale è la Società C. a r.l. "Frigomacello Consortile del Molise", come pure manca quell’indefettibile rapporto di servizio fra gli amministratori della stessa e gli enti pubblici che hanno finanziato la somma, in relazione alla quale sarebbe configurabile il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria attorea>.
Al riguardo la Sezione, nel rilevare che nel caso di specie fra il Ministero dell’Agricoltura e Foreste e la Società C. a r.l. "Frigomacello Consortile del Molise", esisteva comunque un rapporto di concessione, e che pertanto, a prescindere dalla sua natura privatistica, la Società risultava comunque investiva dell’esercizio di funzioni rivolte alla cura di interessi pubblici (non a caso l’impianto di depurazione del <<Frigomacello>> di Campobasso era stato realizzato con spesa a totale carico dello Stato ai sensi dell’art. 10 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, riguardante la realizzazione di impianti di particolare interesse pubblico di patrimonio dello Stato), ritiene che, in considerazione del ruolo e della particolare partecipazione attiva avuta dal G. nella causazione del danno di cui alla pretesa risarcitoria in esame, nel caso di specie vi sia stato comunque lo sforamento dello schermo societario, sì da far assumere allo stesso Presidente della Società un rilievo autonomo rispetto a quello della società e una propria soggettività nella gestione delle pubbliche risorse in relazione alle quali si configurerebbe – a parere dell’organo requirente – il danno patrimoniale alle pubbliche finanze.
In ogni caso la Sezione, con riferimento alla questione della giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa, ritiene, in via generale, che, alla luce della evoluzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione iniziata a partire dagli anni ’90 attraverso il processo di privatizzazione e di aziendalizzazione della stessa avviato con il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (che ha disposto, in particolare, la privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni), proseguito con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (che ha affermato, fra l’altro, la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie in materia di rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche) e con il d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 (che ha riordinato i controlli interni nelle amministrazioni pubbliche), ed esitato nella approvazione del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", ai fini della incardinazione della giurisdizione della Corte dei conti assume rilievo non tanto la qualificazione pubblica del soggetto convenuto in giudizio, e cioè, la qualificazione soggettiva del soggetto chiamato in giudizio innanzi alla Corte dei conti, come del resto ritenuto dalla stessa giurisprudenza della Corte dei conti fino a quando la pubblica amministrazione si è caratterizzata per la sua qualificazione soggettiva pubblica in relazione al particolare regime pubblicistico del suo ordinamento, quanto la qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto in giudizio, e in relazione alle quali si configura il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria azionata con l’azione di responsabilità amministrativa esercitata dal Procuratore regionale.
Ciò è a dire che, con il venir meno della connotazione in ogni caso pubblicistica dell’ordinamento delle amministrazioni pubbliche, esistente fino all’inizio degli anni ’90, ai fini della affermazione della giurisdizione della Corte dei conti, che trova il suo fondamento – è appena il caso di ricordare – nell’art. 102, comma 2, della Costituzione (<<La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge>>), deve farsi riferimento non tanto alla qualificazione pubblica del soggetto convenuto in giudizio, potendo esso non essere caratterizzato da un regime pubblicistico, quanto alla qualificazione oggettivamente pubblica delle risorse finanziarie gestite dal soggetto convenuto in giudizio, e in relazione alle quali si configura il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria oggetto del giudizio.
Alla luce di tali considerazioni, non essendovi dubbio, nel caso di specie, sulla natura pubblica dei finanziamenti erogati dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste a favore della Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", e in relazione alle quali sarebbe configurabile – a parere della Procura regionale – il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria in esame, la Sezione ritiene che debba essere affermata la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del convenuto V. G., nella sua qualità di Presidente della Società <<Frigomacello Consortile del Molise.>>, con sede in Campobasso. Ne consegue che l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del convenuto V. G., sollevata dall’Avv. Di Pardo in occasione della udienza pubblica odierna in relazione alla particolare posizione dello stesso G., è priva di giuridico fondamento, e, come tale, va respinta.
5. Parimenti non ha pregio, e come tale va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti dello stesso convenuto V. G., sollevata sempre dall’Avv. Di Pardo nel corso del suo intervento orale svolto in occasione della udienza pubblica odierna, con riferimento al difetto di legittimazione passiva dello stesso in relazione al fatto che la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise" è in liquidazione coatta amministrativa dal 1999, con la conseguenza che il Signor V. G. non è più, da quella data, il legale rappresentante della stessa Società. A tale riguardo – come si è detto in narrativa – l’Avv. Di Pardo ha osservato come la Procura attrice avrebbe dovuto chiamare in giudizio non già il suo Presidente, V. G., ma il Commissario liquidatore Avv. Pietro Ruggi, che è, attualmente, il legale rappresentante della Società C. a r.l. "Frigomacello Consortile del Molise".
In proposito, nel rilevare come l’eccezione in questione sia palesemente infondata in quanto contraria alle più elementari regole di logica giuridica, è appena il caso di ricordare che ai fini della responsabilità amministrativa, e segnatamente ai fini della imputazione del danno patrimoniale ad un soggetto secondo i più elementari principi e criteri che disciplinano l’istituto del nesso di causalità, occorre far riferimento al soggetto che, con il suo comportamento omissivo o commissivo abbia cagionato l’evento dannoso, sicché, con riferimento al caso di specie, a nulla rileva il fatto che attualmente il convenuto non sia più Presidente della predetta Società, dovendosi fare riferimento al legale rappresentante della stessa al momento dell’accadimento dei fatti da cui trae origine la pretesa risarcitoria in esame, e non già al legale rappresentante attuale.
6. Vieppiù si rivela del tutto infondata, e come tale, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del G., prospettata dal predetto difensore nel corso della udienza pubblica odierna, in relazione al fatto che destinataria e beneficiaria delle concessioni, e dei conseguenti finanziamenti di pubblico denaro, in relazione alle quali si configurerebbe – a parere della Procura attrice - il danno patrimoniale di cui alla pretesa risarcitoria in esame, è stata la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", e non già il Presidente della stessa, i suoi amministratori, o addirittura i dipendenti di essa.
A tale riguardo, si è già avuto modo di osservare come, in considerazione del ruolo e della particolare partecipazione attiva avuta dal G. nella causazione del danno di cui alla pretesa risarcitoria in esame, nel caso di specie vi sia stato comunque lo sforamento dello schermo societario, sì da far assumere allo stesso Presidente della Società un rilievo proprio ed autonomo rispetto alla stessa Società, e una propria, autonoma soggettività nella gestione delle pubbliche risorse in relazione alle quali si configurerebbe – a parere dell’organo requirente – il danno patrimoniale alle pubbliche finanze.
Anche sotto tale profilo, quindi, l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del G. sollevata dall’Avv. Di Pardo è palesemente infondata, e, come tale, va respinta.
7. Alla luce delle stesse considerazioni sopra esposte in merito alla sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del G., pur alla luce della particolare natura privatistica della Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", la Sezione ritiene di dover respingere altresì l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del convenuto F. M., sollevata, in via preliminare, dall’Avv. Di Pardo nel corso della udienza pubblica odierna, in considerazione della particolare posizione dello stesso come Direttore dei lavori che ha intrattenuto rapporti – secondo il predetto difensore - non già con un soggetto pubblico, e cioè, con una pubblica amministrazione (fattispecie, questa, con riferimento alla quale, sulla base di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, non dovrebbero sussistere più dubbi sulla giurisdizione della Corte dei conti - ndr), ma con un soggetto privato quale – sempre a parere del predetto difensore – risulterebbe essere la Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise".
Premesso, infatti, che sulla vexata quaestio della giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del professionista esterno alla pubblica amministrazione incaricato della direzione dei lavori non esistono più dubbi sulla base di un ormai consolidato ed univoco orientamento giurisprudenziale, in considerazione di quanto si è osservato nei paragrafi precedenti con riferimento alla sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del G. pur alla luce della particolare natura privatistica della Società C. a r.l. "Frigomacello Consortile del Molise", anche l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del convenuto F. M., sollevata, in via preliminare, dall’Avv. Di Pardo, si rivela priva di giuridico fondamento, e va, quindi, respinta.
8. Altresì da respingere è la richiesta avanzata, in via subordinata, sempre dall’Avv. Di Pardo nel corso della udienza pubblica odierna, di disporre un supplemento di istruttoria per acquisire una relazione di consulenza tecnica d’ufficio (CTU), allo scopo di verificare la veridicità di quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica resa al Procuratore regionale dall’Ing. Domenico Briamante.
A tale riguardo la Sezione, pur consapevole e fermamente convinta che scopo del giudice sia quello di accertare sempre ed in ogni caso, e con qualsiasi mezzo, la verità e la fondatezza della domanda attrice, non può non osservare come, a fronte della mancata produzione, da parte del predetto difensore, di una propria relazione di consulenza tecnica, atta a confutare le risultanze della relazione di consulenza tecnica resa al Procuratore regionale dall’Ing. Domenico Briamante, la richiesta di disporre l’acquisizione di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio (CTU), avanzata dal difensore stesso allo scopo di verificare la veridicità di quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica esibita dal Procuratore regionale a sostegno della domanda attrice, si rivela non solo singolare, ma del tutto pretestuosa, come se, abdicando la difesa al ruolo che gli è proprio, dovesse essere questo giudice adito a preoccuparsi di confutare le prove addotte da parte attrice a sostegno della domanda risarcitoria. In considerazione di ciò la richiesta di disporre un supplemento di istruttoria per acquisire una relazione di consulenza tecnica d’ufficio (CTU), allo scopo di verificare la veridicità di quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica esibita dal Procuratore regionale, avanzata in via subordinata dall’Avv. Di Pardo va respinta.
9. Ancora in via preliminare, la Sezione ritiene di dover respingere anche la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che hanno certificato la regolarità e l’esatta esecuzione dei lavori (funzionari della USL e membri della Commissione di collaudo), avanzata – anch’essa - dall’Avv. Di Pardo nel corso della udienza pubblica odierna.
Al riguardo la Sezione ritiene, infatti, di dover limitare l’oggetto del giudizio all’ambito oggettivo e soggettivo prospettato da parte attrice, e ciò anche per ragioni di giustizia e di tutela delle pubbliche finanze, atteso che, ai sensi dell’art. 3, comma 2 bis, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, che ha introdotto innovazioni assai significative nel regime della responsabilità amministrativa, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti, anche per effetto di una chiamata in giudizio iussu iudicis, in caso di assoluzione degli stessi dagli addebiti di responsabilità amministrativa mossi loro, sono rimborsate non già dalla parte che ne abbia sollecitato la chiamata in giudizio da parte del giudice, come pure sarebbe stato logico prevedere, ma dall’amministrazione di appartenenza.
10. Così delibate e decise le numerose richieste ed eccezioni avanzate dai difensori dei convenuti, e segnatamente dall’Avv. Salvatore Di Pardo, nel merito la Sezione osserva che essa è chiamata a pronunciarsi in ordine ad una fattispecie di responsabilità amministrativa che la Procura regionale della Corte dei conti per il Molise ritiene sussistere nei confronti dei Signori V. G., F. M. e G. C., come in epigrafe generalizzati, nella loro qualità, rispettivamente, di Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S.c.a r.l.>>, con sede in Campobasso, realizzato, nel quadro degli interventi di cui all’art. 10 della legge n. 910 del 1966 con spesa a totale carico dello Stato (V. G.), di direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l. e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto (F. M.), e di funzionario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), incaricato, quale addetto alla Divisione XIV nel periodo dal 15 luglio 1991 al 4 maggio 1994, della istruttoria dei provvedimenti di competenza ministeriale riguardanti i suddetti lavori di ristrutturazione (G. C.), per avere gli stessi cagionato – secondo la Procura attrice - un danno patrimoniale alle finanze del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), pari alla somma complessiva di £. 214.784.000 (Duecentoquattordicimilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), in relazione alle irregolarità rilevate nella realizzazione dei suddetti lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l. e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto.
Sulla base di tale ipotesi di responsabilità, il Procuratore regionale della Corte dei conti per il Molise ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione i predetti Signori V. G., F. M. e G. C., nelle predette loro qualità, per ivi sentirli condannare al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste) della suddetta somma complessiva di £. 214.784.000 (Duecentoquattordicimilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), con imputazione, in ragione dell’eguale apporto causale nella determinazione del danno, della somma di £. 71.593.330, pari ad € 36.974,87, ciascuno, oltre, per tutti, alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e alle spese del giudizio.
11. Così definito l’oggetto del giudizio e richiamati brevemente i fatti posti a base della pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice, prima di soffermarsi più diffusamente nella verifica della sussistenza, nel caso di specie, degli elementi che integrano la responsabilità amministrativa dell’odierno convenuto, giova ricordare che, affinché possa parlarsi di responsabilità amministrativa è necessario che ricorrano gli elementi tipici della stessa, e cioè, un danno patrimoniale, economicamente valutabile, sofferto dall’amministrazione pubblica, l’elemento psicologico del dolo o della colpa grave, il nesso di causalità fra la condotta del convenuto e l’evento dannoso, e il rapporto di servizio fra l’agente che ha causato il danno e l’ente pubblico che lo ha sofferto.
12. Ciò premesso, nel procedere all’accertamento della sussistenza, nel caso specifico, dei predetti elementi, e cominciando dall’accertamento dell’elemento oggettivo del danno, da ritenere presupposto prioritario, indispensabile ed indefettibile ai fini della sussistenza della responsabilità amministrativa, la Sezione, nel rilevare che la Procura attrice ritiene che il danno patrimoniale complessivamente subito dalle pubbliche finanze del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) in relazione ai fatti esposti debba essere individuato nella somma complessiva di £. 214.784.000 (Duecentoquattordicimilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 110.926,70 (Centodiecimilanovecentoventisei/70), conviene certamente con la Procura attrice sul fatto che, in astratto, le somme erogate dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) a favore della Società c. a r. l. "Frigomacello Consortile del Molise", a titolo di finanziamento dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, a fronte della accertata mancata esecuzione dei lavori, o della loro esecuzione solo parziale, o a fronte di una contabilizzazione fittizia degli stessi, costituiscano danno patrimoniale per le pubbliche finanze.
In proposito giova considerare, infatti, che è fuori di dubbio che la corresponsione di somme, da parte di un ente pubblico o di una amministrazione pubblica, per effetto di errori nella progettazione o nella realizzazione di un’opera pubblica, o per effetto di errori nella contabilizzazione dei lavori, per lavori non eseguiti, o eseguiti solo parzialmente, o per lavori contabilizzati irregolarmente o contabilizzati senza essere stati eseguiti, configura un danno per lo stesso ente pubblico, dal momento che, a prescindere dagli intenti dolosi o meno, con cui tali errori di progettazione o irregolarità si sono verificati, sul piano contrattuale e sinallagmatico, la prestazione di una parte a fronte della erronea, o della inesatta, o della mancata prestazione dell’altra parte, fa venire meno la causa della prestazione stessa e realizza certamente una condictio indebiti.
Tuttavia la Sezione, nel rilevare altresì che il predetto danno risulta documentalmente provato dalla Procura attrice sulla base delle risultanze degli atti del giudizio, ritiene che ai fini della esatta quantificazione del danno che i soggetti responsabili sono tenuti a risarcire debba, in ogni caso, tenersi conto della somma impiegata per la realizzazione dei lavori comunque eseguiti. In considerazione di ciò, poiché risulta dagli atti del giudizio che, nel caso di specie, pur risultando contabilizzati lavori non eseguiti, o eseguiti solo parzialmente, sono stati comunque realizzati lavori per un importo di £. 97.000.000 circa, la Sezione ritiene che il danno da risarcire da parte dei soggetti responsabili debba essere rideterminato nella somma di £. 117.784.000 (Centodiciassettemilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 60.830,40 (Sessantamilaottocentotrenta/40), determinata sottraendo alla predetta somma di £. 214.784.000 la somma di £. 97.000.000.
13. Così rideterminato il danno patrimoniale subito dalla pubbliche finanze del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) in relazione ai fatti esposti, che i soggetti responsabili sono tenuti a risarcire nel concorso degli altri elementi richiesti dalla legge ai fini della sussistenza della loro responsabilità amministrativa, quanto ai soggetti cui imputare il predetto danno, come sopra rideterminato, la Sezione ritiene che il dott. G. C., sulla base delle risultanze degli atti del giudizio e in relazione alle sue specifiche competenze istituzionali di funzionario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, incaricato, quale addetto alla Divisione XIV nel periodo dal 15 luglio 1991 al 4 maggio 1994, della istruttoria dei provvedimenti di competenza ministeriale riguardanti i suddetti lavori di ristrutturazione, risulti del tutto estraneo alla causazione del danno in questione, il quale va rapportato, sotto il profilo causale, in eguale misura alla condotta omissiva o commissiva del Signor V. G. e dell’Ing. F. M., nella loro qualità, rispettivamente, di Presidente del <<Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l.>> (V. G.), e di direttore dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione affidato in concessione alla stessa Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto (F. M.). Ne consegue che il dott. G. C. va ritenuto esente da responsabilità in ordine ai fatti contestati e va, quindi, assolto dalla domanda attrice.
14. Alla luce delle suesposte considerazioni, la Sezione ritiene, quindi, che la somma di £. 117.784.000 (Centodiciassettemilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 60.830,40 (Sessantamilaottocentotrenta/40), corrispondente al danno patrimoniale effettivamente subito dalle pubbliche finanze del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) in relazione alle irregolarità rilevate nella realizzazione dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione realizzato, nel quadro degli interventi di cui all’art. 10 della legge n. 910 del 1966 con spesa a totale carico dello Stato, ed affidato in concessione alla Frigomacello Consortile del Molise S. c. a r. l., e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto, finanziati con somme erogate dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), costituisce sicuramente danno patrimoniale per le pubbliche finanze dello stesso Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole), che i convenuti V. G. e F. M. sono tenuti a risarcire in eguale misura in considerazione del loro eguale apporto causale nella determinazione del danno stesso, atteso, peraltro, che il loro comportamento relativamente ai fatti contestati risulta essere connotato dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, richiesto dalla legge n. 639 del 1996 per l’affermazione della responsabilità amministrativa del soggetto al cui comportamento omissivo o commissivo il danno è riconducibile.
15. Ed infatti, quanto all’elemento soggettivo riferito al comportamento del Signor V. G. e dell’Ing. F. M. in relazione alla causazione del suddetto danno, la Sezione ritiene che i fatti accertati e documentati negli atti del giudizio denotino un comportamento degli stessi, in relazione alle loro specifiche competenze, che, se non dal dolo, risulta comunque caratterizzato da un livello di superficialità tale da definire il loro comportamento come gravemente negligente, in quanto non contrassegnato da quel livello minimo di diligenza che l’impiego di risorse pubbliche acquisite a titolo di finanziamento da parte del Ministero dell’Agricoltura e Foreste avrebbe richiesto. Sulla base di tali considerazioni la Sezione ritiene quindi che, nel caso di specie, con riferimento al danno patrimoniale come sopra identificato e determinato, ricorre certamente in entrambi i soggetti responsabili (V. G. e F. M.) l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dall’art. 3, comma 1, della legge 20 dicembre 1996, n. 639 ai fini della sussistenza della responsabilità amministrativa dei soggetti al cui comportamento omissivo o commissivo esso è riconducibile.
16. Così accertata la sussistenza di tutti gli elementi necessari a ritenere sussistente, nel caso di specie, la responsabilità amministrativa dei convenuti V. G. e F. M., ai fini della esatta determinazione della somma da porre a carico degli stessi la Sezione ritiene che, in parziale adesione alla richiesta di parte attrice, la somma complessiva da porre a carico dei Signori V. G. e F. M. va determinata in £. 117.784.000 (Centodiciassettemilionisettecentottantaquattromila), pari ad € 60.830,40 (Sessantamilaottocentotrenta/40), corrispondente al danno patrimoniale effettivamente subito dalle pubbliche finanze del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole) in relazione alle irregolarità rilevate nella realizzazione dei lavori di ristrutturazione, di adeguamento e di messa in sicurezza dell’impianto di macellazione realizzato, nel quadro degli interventi di cui all’art. 10 della legge n. 910 del 1966 con spesa a totale carico dello Stato, ed affidato in concessione alla Frigomacello Consortile del Molise e di riattivazione del depuratore esistente presso lo stesso impianto.
In considerazione dell’eguale apporto causale avuto dai predetti nella causazione del danno, come sopra determinato, la predetta somma va ripartita, ai fini del risarcimento, in parti uguali fra il Signor V. G. e il Signor F. M., i quali, pertanto, sono tenuti a risarcire la somma di £. 58.892.000 (Cinquantottomilioniottocentonovantaduemila), pari ad € 30.415,20 (Trentamilaquattrocentoquindici/20), ciascuno.
Alle somme da porre a carico dei responsabili, come sopra determinate, vanno, inoltre, aggiunti la rivalutazione monetaria, a decorrere dalla data di indebita erogazione delle somme di cui sopra da parte del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste fino alla data della presente sentenza, e gli interessi legali, decorrenti, questi ultimi, dalla data della sentenza fino all’effettivo soddisfo.
17. Quanto alle modalità di riscossione delle somme predette, la Sezione rammenta che le stesse vanno recuperate dall’Ente creditore, e cioè, dal Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste), ai sensi e con le modalità di cui al DPR 24 giugno 1998, n. 260, recante il Regolamento per la semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 1998).
18. Alla condanna dei convenuti V. G. e F. M. segue l’obbligo, per gli stessi, del pagamento delle spese di giudizio, come quantificate in parte dispositiva.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE MOLISE,
definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 196/R del registro di Segreteria, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, accoglie parzialmente la domanda attrice, e per l’effetto:
a) dichiara esente da responsabilità il Signor G. C., come in epigrafe generalizzato, e per l’effetto lo assolve dalla domanda attrice;
b) condanna i Signori V. G. e F. M., come in epigrafe generalizzati, al pagamento, in favore delle pubbliche finanze del Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste), della somma di £. 58.892.000 (Cinquantottomilioniottocentonovantaduemila), pari ad € 30.415,20 (Trentamilaquattrocentoquindici/20), ciascuno, oltre alla rivalutazione monetaria, a decorrere dalla data di indebita erogazione della somma di cui sopra da parte del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste fino alla data della presente sentenza, e gli interessi legali, decorrenti, questi ultimi, dalla data della sentenza fino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento delle spese del giudizio, da liquidarsi in € omissis
Le somme di cui sopra vanno recuperate dall’Ente creditore, e cioè, dal Ministero delle Politiche Agricole (ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste), ai sensi e con le modalità di cui al DPR 24 giugno 1998, n. 260, recante il Regolamento per la semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 1998).
Omissis