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CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. PER IL PIEMONTE - Sentenza 13 settembre 2000 n. 1444/R/00 - Pres. De Filippis, Est. Zuccheretti - Procura Regionale (VPG Pastorino Olmi) c. S.G. (Avv.ti Scanavino e Disegni).

Corte dei Conti – Giurisdizione - Messo comunale - Ritardo nella notifica di accertamenti tributari dell’amministrazione finanziaria – Sussiste.

Responsabilità amministrativa – Danno – Omessa tempestiva notifica di accertamenti tributari – Quantificazione – Criteri.

Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti a conoscere del danno subito dall’amministrazione finanziaria, a causa del ritardo nella notifica di un avviso di accertamento tributario da parte del messo comunale.

In seguito all’omessa tempestiva notifica di un accertamento tributario il danno subito dall’Erario corrisponde all’importo per il quale è venuta meno la pretesa tributaria ed è quantificabile nell’imposta conciliata in casi analoghi.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome dei popolo italiano

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte

composta dai seguenti magistrati:

dott.Francesco De Filippis Presidente

dott. Cristina Zuccheretti Consigliere - relatore

dott. Carlo Greco Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 268/R del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore regionale per il Piemonte nei confronti dei signor SG;

Visto l'atto introduttivo della causa, ritualmente notificato alla parte;

Visti tutti gli atti e documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del giorno 20.6.2000, il relatore cons. Cristina Zuccheretti, l'avv. Disegni per il convenuto ed il Pubblico Ministero nella persona dei dr.Giovanni Pastorino;.

Ritenuto in

FATTO

L'atto di citazione della Procura regionale riferisce che l'ufficio imposte dirette di Alba inviava, nel 1997, al Comune di X tre distinti avvisi di accertamento relativi all'anno 1991, riferiti a tre contribuenti diversi, con la segnalazione "notificare con urgenza atti in scadenza da notificare entro e non oltre il 31.12.97".

Peraltro, uno dei suddetti atti di accertamento (relativo al sig. FF) non veniva notificato nel termine indicato dal messo comunale SG, per cui l'ufficio imposte, di fronte al ricorso avanzato dal contribuente che aveva appunto eccepito la tardività della notificazione, provvedeva in via di autotutela all’annullamento dell'atto di accertamento.

In relazione a tale fatto, la Procura regionale citava in giudizio il sig. SG per lire 11.684.000 pari alla maggiore imposta accertata a carico del contribuente, aumentata di una pena pecuniaria calcolata in via equitativa.

Il convenuto, costituitosi in giudizio con atto degli avv.ti Giorgio Scanavino e Giulio Disegni, ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione di questa Corte, atteso che non sussisterebbe un rapporto di servizio tra l'amministrazione finanziaria ed il messo comunale (viene allegata giurisprudenza della corte di cassazione relativa responsabilità risarcitoria del Comune, per fatti propri dei messi comunali, nei confronti dell'ammimistrazione finanziaria).

Inoltre, ritiene la difesa di parte che l'avviso di accertamento non equivalga alla definitività dell'imposizione tributaria e pertanto contesta che un reale danno sia conseguito.

Fa inoltre presente che il debito tributario del sig. FF deriva interamente da un maggior reddito accertato relativo alla soc. E s.a.s.di MG. Peraltro quest'ultimo propose ricorso innanzi alla Commissione tributaria, sia per conto della società, ai fini Iva e Ilor, sia personalmente, a fini irpef.

Il ricorso, ai fini iva, interposto dalla società, afferma la difesa di parte, si è concluso con l'accoglimento, mentre, per quanto attiene alle due controversie relative alle imposte dirette, si sono entrambi conclusi con una conciliazione: consequenzialmente, dalla maggior imposta accertata dì lire 12.943.000, si è passati ad una imposta conciliata di lire 6.943.000.

All'odierna pubblica udienza, l'avv. Disegni ha insistito per l'assoluzione nel merito del suo assistito facendo presente l'insussistenza del rapporto di servizio e, comunque -ha aggiunto- come l'eventuale debito debba essere considerato quello, ridotto dei 50%, scaturente dalla conciliazione nell'analogo caso del socio MG e non quanto inizialmente contestato dal P.M.

Il Procuratore, a sua volta, ha ribadito le richieste formulate con l'atto introduttivo dei presente giudizio, condividendo tuttavia le ragioni espresse dalla difesa in relazione all'ammontare del danno (che, dunque, deve essere considerato nell'importo di lire 6.943.000, per effetto della conciliazione), ed ha altresì espresso l'avviso che, attesa l'assenza di dolo, sia ipotizzabile l'esercizio del potere riduttivo.

Considerato in

DIRITTO

Il Collegio deve in via preliminare, pronunziarsi nell'avanzata eccezione di difetto di giurisdizione di questo giudice.

Al riguardo non ritiene di discostarsi dalla linea fin qui seguita dalla giurisprudenza contabile la quale ha sempre ritenuto che, pur in carenza di rapporto di impiego pubblico tra l'amministrazione finanziaria e messo comunale, sussiste la giurisdizione di questo giudice nei confronti di quest'ultimo per il danno arrecato alla P.A.

Invero l'art.60 dei d.P.r. 29.settembre 1973 n.600, con lo stabilire che "la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente ……. è eseguito da messi comunali", viene ad inserire questi ultimi nella fase conclusiva del procedimento di accertamento delle imposte, di competenza appunto dell'amministrazione finanziaria, realizzando in tal modo una dipendenza funzionale e dando vita conseguentemente ad un rapporto di servizio fra i primi e la seconda.

Né può valere la giurisprudenza della Corte di cassazione allegata dalla difesa in quanto (emessa non in sede di regolamento di giurisdizione) relativa a cause risarcitorie intentate direttamente dall'amm.ne finanziaria nei confronti del Comune.

E, comunque, qualsiasi contestazione in ordine a tale eccezione viene a cadere per effetto della norma di cui all'art.3, della legge n. 639 del 20.12.96, secondo cui questa Corte giudica sulla responsabilità amm.va dei pubblici dipendenti anche quando il danno sia stato cagionato ad amm.ni diverse da quelle di appartenenza.

Nel merito la domanda del PM. appare fondata, sussistendo nella fattispecie tutti gli elementi propri dell'azione di responsabilità (danno, elemento soggettivo, nesso di causalità).

Invero, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa secondo cui il danno erariale appare ipotetico ed eventuale, il Collegio rileva che il danno non solo è certo ma è anche precisamente determinato nel suo ammontare, come emerge dai documenti in atti. Certo è infatti che lo Stato, per la mancata notifica tempestiva dell'avviso di accertamento, è decaduto dal diritto di esigere quanto di sua spettanza e pari, almeno, all'importo di lire 6.943.000, scaturito per effetto della conciliazione intervenuta nell'omologo caso dei sig. MG, socio del contribuente FF.

Che poi il comportamento gravemente colposo dei sig. SG -l'omessa notifica nei termini- sia in rigoroso nesso di causalità con l'evento dannoso per l'erario (la mancata riscossione dell'imposta a seguito dell'eccezione di decadenza dall'azione avanzata dal contribuente) risulta evidente dalla semplice enunciazione dei termini della questione.

Giova infatti ricordare che il messo comunale ricevette la disposizione di effettuare la notifica dell'avviso di accertamento in data 16.12.97, che sulla richiesta di notifica era stato specificato testualmente "notificare con urgenza atti in scadenza da notificare entro e non oltre il 31.12.97" e dunque SG aveva avuto 15 giorni a sua disposizione per la notifica. L'avviso relativo al sig. FF venne invece notificato solamente in data 19.1.98 e, quindi, abbondantemente oltre i termini decadenziali.

Unico responsabile dei danno erariale risulta essere dunque il sig. SG il quale è tenuto a risarcire l'erario del danno sofferto.

Tuttavia il Collegio, considerato che il convenuto ebbe comunque un tempo limitato per effettuare la notifica e che, verosimilmente, nello stesso periodo dovette notificare molti altri atti, considerato inoltre che lo stesso procuratore, in udienza, si è rimesso a questo organo giudicante sul "quantum" da addebitare al convenuto attesa l'assenza di dolo, avvalendosi del potere riduttivo ritiene conforme a giustizia porre a carico del convenuto la somma di lire quattro milioni comprensiva dei ristoro per l'intervenuta svalutazione. Oltre gli interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per il Piemonte, definitivamente pronunciando nel giudizio in epigrafe,

CONDANNA

il sig. SG al pagamento della somma di lire quattro milioni, comprensiva di rivalutazione monetaria. Oltre gli interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

Condanna inoltre il convenuto al pagamento delle spese di giudizio che, fino alla presente decisione, sono liquidate in Lire 213.470 (duecentotredicimilaquattrocentosettanta).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio dei 20.6.2000

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