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CORTE DEI CONTI, SEZIONI RIUNITE - Sentenza 15 gennaio 2003 n. 3/SR/QM - Pres. Castiglione Morelli, Est. Mastropasqua - P.M. Rebecchi.

1. Responsabilità amministrativa – Azione di responsabilità - Prescrizione - Decorrenza – Illegittimo inquadramento del personale – Dalla data del primo pagamento dei maggiori emolumenti – Pagamenti successivi - Irrilevanza.

2. Responsabilità amministrativa – Azione di responsabilità - Prescrizione – Decorrenza – Danno indiretto – Dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla esecutività della transazione – Effettivo pagamento – Costituisce atto dovuto.

1. Nelle ipotesi di illegittimo inquadramento del personale, il termine iniziale di  prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa decorre dalla data del primo pagamento conseguente all’adozione del provvedimento, a nulla rilevando i singoli pagamenti successivi. È infatti dall’adozione del provvedimento che il diritto può essere fatto valere, non perdurando alcuna  condotta illecita nel soggetto che ha adottato il provvedimento, ma trattandosi di effetti permanenti direttamente riconducibili alla forza ed efficacia dell’atto illegittimo.

2. In ipotesi di danno c.d. indiretto, il termine iniziale di  prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa decorre da quando il debito della P.A. nei confronti del terzo è divenuto certo, liquido ed esigibile. Ciò avviene con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ovvero, nel caso in cui il danno al terzo sia stato risarcito in via stragiudiziale, con l’esecutività della transazione, mentre l’effettivo pagamento costituisce atto dovuto, al quale l’amministrazione non può sottrarsi se non commettendo un diverso illecito.

 

 

F A T T O

1. Con ordinanza n. 53/2002 del 16 luglio 2002 emessa nel corso del giudizio di appello avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale regione V n. 28/2001 sul gravame dei sigg. Q.C., B.G., T.G., J.R., D.G. rappresentati e difesi dagli Avvocati Roberto Longhin e Mario Contaldi, e dai sigg. N.U., P.D., B.P., V.I., V.S., J.D., D.C.A. e T. T. rappresentati e difesi dagli Avvocati Giorgio Santilli ed Enrico Romanelli, la III Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello ha proposto questione di massima in ordine alla decorrenza della prescrizione in ipotesi di danno causato da illecito inquadramento di personale.

L’atto introduttivo veniva depositato in data 18 luglio 2002 ed iscritto al n. 152/SR/QM del registro di segreteria.

L’ordinanza è stata emessa nel corso di un giudizio di appello avverso sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione V, con la quale era stata pronunciata condanna nei confronti di alcuni amministratori e funzionari della Comunità montana di E, in relazione all’inquadramento, illegittimo, di un dipendente comunale, che aveva comportato l’indebita corresponsione di compensi per un importo complessivo di lire 82.716.764.

La Sezione regionale era pervenuta all’affermazione di responsabilità per una parte, dichiarando invece prescritta altra parte, pari a lire 18.232.317, relativa alle somme indebitamente percepite dalla dipendente nel periodo 1989-1995, corrisposte con mandato del 23 maggio 1995.

La sentenza è stata impugnata dalle parti private, anche sotto il profilo dell’erroneo rigetto dell’eccezione di prescrizione avanzata in primo grado.

La Sezione centrale di appello, con l’ordinanza in epigrafe, ha rilevato - “…. che la particolare fattispecie all’esame non appare congruamente risolvibile secondo il “monolitico” principio affermato (“nel caso di danno per l’erogazione di una somma denaro la prescrizione comincia a decorrere dal pagamento e, pertanto, nelle ipotesi di inquadramenti illegittimi del personale, il danno si realizza con i singoli pagamenti delle non dovute maggiorazioni stipendiali, soggetto ciascuno ad un proprio termine prescrizionale”) dalla sentenza n. 7/2000/QM delle sezioni Riunite di questa Corte dei conti del 24 maggio 2000; - che egualmente non soddisfacente appare il principio (peraltro esplicitamente disatteso dalle SS.RR. nella citata sentenza n. 7/2000/QM) per il quale il dies a quo deve ritenersi sempre riferito al momento in cui si perfeziona l’obbligo debitorio; - che, viceversa, ad avviso del remittente deve ritenersi conto, ai fini dell’individuazione di un “più articolato e ragionevole principio” (basato sulla sintesi dei due principi), anche e soprattutto (come del resto insegna quella che risulta essere la “realtà” fenomenica di simili fattispecie) del lasso di tempo intercorso fra “inquadramento illegittimo” ed effettivo pagamento, almeno nell’ipotesi che durante il suddetto “lasso di tempo”, di per sé superiore al quinquennio, siano cessati dall’incarico i soggetti a suo tempo responsabili del c.d. illegittimo inquadramento e ciò, se non altro, per non lasciare i precedenti amministratori “in balia” della nuova compagine amministrativa (che potrebbe ad libitum procrastinare il pagamento delle competenze ai dipendenti al solo fine di aumentare il conseguente danno ad altri imputabile); che di conseguenza il “principio” affermato nella ricordata sentenza 7/2000/QM dovrebbe essere integrato nel senso che – ferma la responsabilità nei confronti dei soggetti che per aver omesso la dovuta denuncia abbiano fatto decorrere il periodo prescrizionale – in ipotesi di pagamenti che seguono di oltre un quinquennio la data del ritenuto illegittimo inquadramento di personale, il termine prescrizionale decorre nei confronti dei soggetti che tali inquadramenti ebbero a disporre dalla data in cui è cessata, per essi, ogni e qualsiasi possibilità di ovviare all’originario illegittimo inquadramento…”.

Nelle proprie memorie conclusionali il Procuratore Generale esprime motivi di perplessità in ordine alla ammissibilità della proposta questione. Mancherebbe infatti un contrasto giurisprudenziale posto che la questione è stata risolta con la sentenza di queste SS.RR. n. 7/2000/QM.

Quanto al merito rileva che la individuazione del termine prescrizionale nel caso di inquadramenti illegittimi di personale ha trovato soluzione nella sentenza n. 7/2000/QM, che ha affermato la rilevanza della data dei singoli pagamenti.

La decisione ha affermato che il dies a quo della prescrizione non può non identificarsi nel momento in cui il danno ha assunto i caratteri della certezza e dell’attualità, principio sul quale non vi è alcun contrasto giurisprudenziale.

Detti caratteri ad avviso del Procuratore Generale debbono rinvenirsi nell’effettivo esborso patrimoniale da parte della P.A., salvo possibili eccezioni in ordine a specifiche fattispecie relative soprattutto ai danni conseguenti ai lavori pubblici ed al danno indiretto.

Chiede, pertanto, conseguente pronuncia di queste SS.RR..

Con atto depositato in data 21 ottobre 2002 si sono costituiti in giudizio i sigg. Q.C., B.G., T.G., J.R., D.G., rappresentati e difesi dagli avv.ti Roberto Longhin e Mario Contaldi, motivatamente aderendo alle tesi prospettate dalla Sezione remittente.

Nell’udienza di discussione l’avv. Longhin ed il Pubblico Ministero hanno approfonditamente illustrato le tesi sostenute nei rispettivi atti scritti.

2. Con ordinanza n. 57/2002 del 12 giugno 2002 resa nel giudizio di appello avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale Regione P n. 515/EL/01 del 27 giugno 2001 promosso dal competente Procuratore Regionale nei confronti di F.D., la III Sezione Giurisdizionale Centrale di appello ha proposto questione di massima in ordine alla decorrenza della prescrizione in ipotesi di c.d. danno indiretto.

L’atto introduttivo veniva depositato in data 30 luglio 2002 ed iscritto al n. 156/SR/QM del registro di segreteria delle Sezioni Riunite.

Con la sentenza del giudice di primo grado era stata dichiarata la prescrizione dell’azione nei confronti del sig. F.D., convenuto nella sua qualità di presidente facente funzioni della USL/XX/10 di F.

La vicenda riguardava l’omesso tempestivo rimborso di spese sanitarie sostenute all’estero (per ricoveri in clinica) da un assistito.

L’interessato aveva allora promosso giudizio civile conclusosi con sentenza del tribunale civile di F di condanna della ASL al pagamento, in favore dell’istante, della somma complessiva di lire 92.908.971.

In relazione al suddetto pagamento, la Procura regionale aveva ravvisato profili di responsabilità per danno erariale nei confronti del suddetto sig. F.D.

Nel corso del giudizio di primo grado era stata eccepita preliminarmente la prescrizione dell’azione di responsabilità, nella considerazione che il termine quinquennale di prescrizione fosse decorso rispetto al dies a quo, coincidente con la data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna della ex USL XX/10.

La Sezione regionale aveva accolto tale tesi difensiva.

La competente Procura regionale proponeva gravame sostenendo che il dies a quo della prescrizione andava individuato nella data in cui si era realizzato l’effettivo nocumento patrimoniale, e cioè dalla data dell’effettivo pagamento.

La Sezione centrale di appello, con l’ordinanza in epigrafe ha rilevato che “…… in tema di individuazione del termine di decorrenza della prescrizione, in caso di nocumento all’erario, a seguito di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni in favore di terzi, causati da pubblico dipendente nell’esercizio delle proprie funzioni, la giurisprudenza della Corte appare, al momento oscillante: parte della giurisprudenza ritiene che detto termine debba essere identificato con il momento dell’avvenuto depauperamento del danno dell’ente pubblico, cioè del materiale esborso di denaro (Sez. II, 8 maggio 2001, n. 174/2001 e, in senso conforme, n. 218/2001); altra parte ritiene, invece, che il dies a quo per il computo del termine di prescrizione, vada individuato nel momento di formalizzazione dell’accordo transativo (Sez. II, 28 marzo 2001, n. 128/2001) o del passaggio in giudicato della sentenza di condanna dell’amministrazione (sez. II, 5 febbraio 2001, n. 56). Inoltre, altro indirizzo giurisprudenziale (Sez. III n. 174 del 2 luglio 2001) ha identificato il termine in questione nel giorno dell’avvenuta notificazione dell’atto di evocazione in giudizio dell’amministrazione”.

La Procura Generale ha depositato in data 28 settembre 2002 la propria memoria conclusionale nella quale chiede una soluzione articolata della proposta questione di massima che affermi la necessità di individuazione della data in cui vi sia certezza ed attualità del danno, che coincide, in caso di già intervenuta definizione della presupposta controversia, nel momento del pagamento, mentre, in caso di pagamento  intervenuto in corso di causa, con il passaggio in giudicato della sentenza ovvero di conclusione del giudizio in sede transattiva.

Tali tesi sono state illustrate dal Procuratore Generale nell’udienza di discussione.

Ritenuto in

D I R I T T O

I giudizi possono opportunamente essere esaminati congiuntamente esistendo motivi di connessione oggettiva per materia.

3.  La prima delle questioni di massima è proponibile perché prospetta la soluzione di una rilevante questione interpretativa applicabile sia al caso concreto che in una serie indefinita di casi.

Il giudice remittente, non ritenendo soddisfacente ed esaustiva la soluzione data da queste Sezioni Riunite con la sentenza n. 7/2000/QM del 24 maggio 2000 alla questione dell’esordio della prescrizione in ipotesi di illegittimo inquadramento del personale, secondo la quale ogni singolo pagamento è soggetto ad un proprio termine prescrizionale, ha prospettato un criterio integrativo secondo il quale il termine prescrizionale decorre nei confronti dei soggetti che ebbero a disporre gli inquadramenti illegittimi dalla data in cui è cessata, per essi, ogni e qualsiasi possibilità di ovviare all’originario illegittimo inquadramento.

La soluzione proposta dal giudice remittente è impercorribile. Essa si fonda su una posizione soggettiva del debitore (cessazione dalla carica) del tutto estranea alle esigenze sottostanti all’istituto della prescrizione; essa poi sarebbe ablativa del diritto dell’amministrazione danneggiata di ottenere il risarcimento del danno, dal momento che questo potrebbe non essersi integralmente o parzialmente verificato al momento di cessazione dalla carica del soggetto autore del danno, con conseguente impossibilità di tutela dell’Ente pubblico del proprio diritto in preciso contrasto con l’art. 24 della Costituzione.

D’altro canto le esigenze di giustizia sottostanti alla prospettazione del giudice remittente vengono in altro modo tutelate dall’ordinamento.

Infatti ove il provvedimento adottato dall’amministrazione, rispetto al quale si connota il comportamento illecito del pubblico amministratore o dipendente, sia illegittimo e produca effetti reversibili ancora disponibili è obbligo dell’ente pubblico adottare provvedimenti di secondo grado intesi a far venire meno detti effetti. La mancata adozione di siffatti provvedimenti in funzione di autotutela interrompe, poi, il nesso di causalità tra danno (successivo alla mancata adozione) e comportamento illecito di chi ha adottato l’originario provvedimento illegittimo, facendo eventualmente nascere la responsabilità di altri soggetti.

Egualmente i maggiori danni derivanti da ingiustificati ritardi nei pagamenti delle somme dovute sono apprezzabili ai sensi e nei limiti previsti dall’art. 1227 c.c..

La impercorribilità della soluzione indicata dal giudice remittente non fa venir meno l’esigenza sottostante alla proposta questione di massima, che è in sostanza quella di individuare un termine prescrizionale univoco nella vicenda, superando la tesi di termini prescrizionali frazionati per ciascun pagamento (ritenuta non rispondenti ad esigenze di giustizia).

La sentenza n. 7/2000/QM di queste Sezioni Riunite fissa taluni principi che non possono essere messi in discussione.

Il primo è che l’azione del Procuratore Regionale non ha una funzione direttamente sanzionatoria di una condotta contra legem (che potrebbe anche non aver prodotto un danno patrimoniale) ma risarcitoria di un danno economicamente valutabile, il quale abbia inciso sul patrimonio dell’Ente pubblico depauperandolo.

Il secondo principio è che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno comincia a decorrere dal momento in cui il danno stesso si è verificato, essendo l’evento di danno costitutivo della fattispecie lesiva e che la prescrizione pertanto comincia a decorrere dal primo pagamento.

La soluzione adottata dalle Sezioni Riunite con la citata sentenza n. 7/2000/QM non è però persuasiva in ordine al substrato giuridico posto a  fondamento della pluralità dei termini prescrizionali relazionati a ciascun pagamento.

Nella sentenza viene affermato che”nell’ipotesi di inquadramento illegittimo si ha una situazione antigiuridica che è modificabile ma che può protrarsi nel tempo per il persistere della violazione della medesima ovvero per l’omessa assunzione delle doverose iniziative occorrenti a porvi fine.

Con il primo pagamento comincia a realizzarsi il danno e con esso il decorso della prescrizione. Ma poiché la situazione viene fatta perdurare nel tempo essa è continuamente produttiva di altro e autonomo danno per cui in relazione alla scansione temporale del sorgere del medesimo ed in base all’art. 2935 c.c. il dies a quo decorre da ciascun giorno rispetto al danno verificatosi”.

Siffatta ricostruzione della tipologia dell’illecito non appare però convincente. Va, intanto, notato che essa presuppone una pronuncia di illegittimità dell’atto amministrativo adottato dall’ente pubblico causativo del danno e l’affermazione di un obbligo incondizionato dell’amministrazione di procedere all’annullamento o alla revoca dell’atto illegittimo nonché la certezza che il provvedimento di secondo grado produca i suoi effetti eliminatori delle conseguenze giuridiche dell’atto annullato.

La pronuncia di questo giudice in tal modo non investirebbe il comportamento illecito del pubblico dipendente, ma in via immediata atti od attività della P.A. e solo mediatamente comportamenti omissivi antidoverosi.

Inoltre se si considera che per dettato costituzionale (art. 24) è ammessa la tutela giurisdizionale avverso tutti gli atti della Pubblica Amministrazione e che perciò non vi è la certezza assoluta che dalla adozione di un provvedimento necessariamente conseguano sul piano fenomenico e su quello giuridico determinati effetti, sicuri solo dopo la conseguita inoppugnabilità dell’atto, risulta evidente che non vi può essere certezza assoluta sugli effetti dannosi della mancata adozione di un atto, non potendosi ipotizzare le reazioni del destinatario dell’atto stesso.

Ma soprattutto non appare convincente l’affermazione che qualifica come permanente la condotta illecita del soggetto che ha adottato l’atto di  illegittimo inquadramento (comportamento, peraltro, “trasferibile” ad altro soggetto succeduto nell’ufficio).

Nella sentenza n. 7/2000/QM viene avanzata la tesi che in ipotesi di danno causato da illegittimo inquadramento del personale (o da illegittima attribuzione di migliore trattamento economico) questo si protragga nel tempo per il persistere della violazione del suo autore ovvero per la omessa assunzione delle doverose iniziative occorrenti a porvi fine dai soggetti funzionalmente succeduti all’autore del danno.

Se detta tesi fosse esatta da essa conseguirebbe la necessità di verifica per ogni pagamento effettuato ai pubblici dipendenti della legittimità di ciascun atto sottostante al pagamento, che potrebbe seguire solo all’esito positivo della verifica; ma da essa conseguirebbe anche l’autonomia di ogni partita di danno costituita da ciascun pagamento la cui causa efficiente andrebbe individuata nel comportamento omissivo della mancata verifica. Sarebbero, pertanto, necessari autonomi giudizi di responsabilità per ogni pagamento, non più fondato sull’adozione, o sulla sola adozione, dell’atto illegittimo, ma anche nella mancata verifica della legittimità di ciascun pagamento sulla base di tutti i provvedimenti ad esso sottostanti.

La realtà amministrativa è peraltro in fatto contraria alla tesi: i pagamenti dei pubblici dipendenti avvengono ordinariamente attraverso ruoli di spesa fissa, che prevedono automatismi a ciascuna scadenza.

È d’altro canto fuor di dubbio che atti quali quelli di inquadramento, promozione, attribuzione di trattamento economico si inseriscono nel rapporto di pubblico impiego modificando lo stato giuridico ed economico del personale in un momento puntuale nel tempo, che è quello dell’adozione del provvedimento, e proprio perché modificano una posizione giuridica essi hanno effetti permanenti nel tempo sino a quanto non interviene un nuovo atto, contratto, provvedimento ulteriormente modificativo di detta posizione.

È pertanto necessaria l’adozione di un provvedimento di secondo grado per caducare gli effetti dell’asseritamente illegittimo provvedimento di inquadramento.

Va di conseguenza affermato che il comportamento illecito del soggetto agente si è puntualizzato nell’adozione del provvedimento modificativo della realtà giuridica per paralizzare il quale è necessario un nuovo e diverso provvedimento.

In particolare il provvedimento di inquadramento del personale incide sullo status del personale stesso e produce modificazioni nel rapporto d’impiego tra amministrazione e dipendente.

Da queste modificazioni conseguono effetti sia sul piano giuridico che sul piano economico direttamente derivanti dal provvedimento amministrativo caratterizzato dai principi di esecutività e di presunzione di legittimità.

Rispetto a questa situazione non può predicarsi il permanere di una condotta illecita del soggetto che ha adottato il provvedimento, i cui effetti non si riferiscono al perdurare della condotta illecita ma direttamente alla forza ed efficacia dell’atto supposto illegittimo ma non caducato.

È ben vero che l’amministrazione di fronte ad un provvedimento illegittimo può iniziare procedimenti di secondo grado che si possono concludere con l’annullamento o la revoca dell’atto illegittimo, semprechè ne ricorrano i presupposti. Si tratta di un procedimento amministrativo nel quale vengono versati e rivalutati gli interessi coinvolti ed in particolare viene accertata l’esistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’annullamento nonché la disponibilità degli effetti del provvedimento illegittimo. Come ben si vede per caducare gli effetti dell’illegittimo inquadramento, e perciò la produzione di ulteriori danni, è necessaria una positiva condotta dell’Ente, caratterizzata da autonome valutazioni, e non già la cessazione di una condotta violativa (e che comunque si è necessariamente puntualizzata ed esaurita nell’adozione del provvedimento illecito).

Ciò non significa che l’Amministrazione, ove ne ricorrano i presupposti, non abbia l’obbligo di iniziare procedimenti di secondo grado per eliminare o ridurre gli effetti dannosi di un provvedimento illegittimo, solo che in questi casi il comportamento inerte dell’amministrazione incide sul nesso di causalità come si è innanzi detto.

Alla stregua delle esposte considerazioni va affermato che in ipotesi di illegittimo inquadramento del personale il termine prescrizionale decorre dalla data del primo pagamento di maggiori emolumenti, momento nel quale comincia a realizzarsi il danno ed il diritto può essere fatto valere.

4. il giudice remittente ha introdotto questione di massima sul dies a quo della prescrizione in ipotesi di danno c.d. indiretto, prospettando sul punto un contrasto giurisprudenziale tra l’indirizzo che fissa l’esordio della prescrizione alla data di pagamento al terzo del danno di questi subito e la data in cui è divenuto definitivo il debito per l’amministrazione in conseguenza di sentenza di condanna passata in giudicato o di stipula di transazione.

Per vero il giudice remittente incidentalmente prospetta una terza tesi, del tutto minoritaria, che fissa l’esordio della prescrizione alla data di proposizione della domanda giudiziale da parte del terzo danneggiato. Quest’ultima soluzione non appare sostenibile perché a detta data non vi è alcuna certezza sull’an né sul quantum dell’eventuale danno subito dall’amministrazione e quindi a quel momento manca uno degli elementi costitutivi della responsabilità.

Il quesito proposto si risolve nel concorrere di due diverse considerazioni.

La prima è che nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di condanna dell’Amministrazione (il cui agente ha danneggiato il terzo) al pagamento di una somma di denaro quantificata ovvero il danno stesso viene risarcito stragiudizialmente attraverso la transazione diviene certo liquido ed esigibile il debito dell’amministrazione pubblica nei confronti del terzo danneggiato.

Il pagamento del debito costituisce comportamento dovuto da parte dell’ente pubblico, il quale non può sottrarsi se non commettendo un illecito. D’altro canto il terzo ha un titolo esecutivo che può far valere anche coattivamente.

Il debito pertanto entra come elemento negativo nel patrimonio dell’ente causandone il depauperamento, essendo i crediti e i debiti tra gli elementi costitutivi del patrimonio.

La seconda considerazione e che, secondo costante giurisprudenza, il fondamento della prescrizione non è costituita da una presunta rinuncia all’esercizio del diritto da parte del titolare, ma dalla esigenza della certezza dei rapporti giuridici, che non possono restare troppo a lungo sospesi, con il pericolo che sia resa impossibile o notevolmente più difficile la prova, allorché sia decorso un notevole periodo di tempo.

Non vi è, pertanto, nessun motivo giuridico per spostare l’esordio della prescrizione dal momento in cui diviene certo, liquido ed esigibile il debito della P.A. nei confronti del terzo al momento dell’effettivo pagamento. Le evenienze prospettate dal giudice remittente in ordine alla possibilità che l’Amministrazione non onori il debito o che il terzo danneggiato non spenda il titolo esecutivo oltrechè del tutto eventuali e sostanzialmente teoriche rappresentano comunque evenienze successive ed esterne rispetto al fatto dannoso e come  tali possono eventualmente essere fatte valere da chi vi abbia interesse.

Deve pertanto conclusivamente affermarsi che in ipotesi di danno c.d. indiretto l’esordio della prescrizione del diritto dell’Amministrazione al risarcimento del danno va fissato alla data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo è divenuto certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna dell’Amministrazione o dalla esecutività della transazione.

P. Q. M.

La Corte dei conti a Sezioni Riunite, pronunciando sulle questioni di massima deferite con le ordinanze in epigrafe:

1) afferma che in ipotesi di inquadramenti illegittimi del personale il termine iniziale della prescrizione decorre dalla data del primo pagamento conseguente al provvedimento illegittimo;

2) afferma che in ipotesi di danno c.d. indiretto il termine iniziale della prescrizione va fissato alla data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo danneggiato è diventato certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna della P.A. e della esecutività della transazione tra terzo e P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 30 ottobre 2002.

L'ESTENSORE                                     IL PRESIDENTE

(Nicola MASTROPASQUA)              (Francesco CASTIGLIONE MORELLI )

Depositata in Segreteria il 15 gennaio 2003.

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