CORTE DEI CONTI, SEZIONI RIUNITE - Sentenza 20 dicembre 2000 n. 14/2000/QM - Pres. Coco, Est. Zingale - A. (Avv.ti Vignola e Antonucci) c. B. e C. (Avv. Gagliardi La Gala) e E. ed F. (Avv. Mescia).
Giudizio di responsabilità – Invito a dedurre – Natura – Equivale ad atto di costituzione in mora, ove dotato di tutti gli elementi idonei a tal fine.
Il P.M. contabile è legittimato autonomamente a porre in essere atti di costituzione in mora nei confronti dei presunti responsabili di danni erariali devoluti dall'ordinamento alla giurisdizione della Corte dei Conti e, pertanto, l'invito a dedurre formulato ai sensi dell'art. 5 del D.L. 453/1993, convertito con modificazioni, in Legge n. 19/1994 e successive modifiche ed integrazioni, laddove dotato di tutti gli elementi idonei al fine, può validamente costituire in mora il destinatario ai sensi degli artt. 1219 e 2963 c.c. (1).
----------------------------
(1) Ringraziamo l’Avv. Donato Antonucci, per avere segnalato la sentenza in rassegna. Alla sentenza era anche allegato un messaggio dello stesso Avv. Antonucci, che riteniamo utile riportare per una migliore comprensione della vicenda:
"Vi segnalo la recente sentenza della Corte dei Conti, Sezioni Riunite n. 14/2000/QM del 29.11-20.12.2000, resa nel giudizio iscritto al n. 118/SR/QM, con la quale è stata risolta la questione di massima relativa all'efficacia interruttiva dell'invito a dedurre di cui all'art. 5, 1° co., L. n. 19/94.
La Corte, richiamando la ricostruzione operata dal Giudice remittente (Sez. Giur. Puglia, ord.za n. 22/EL/00 del 7.6.2000), ha stigmatizzato i tre distinti indirizzi giurisprudenziali che si erano formati al riguardo: il primo che negava recisamente ogni valenza interruttiva della prescrizione all'invito a dedurre; il secondo che l'ammetteva solo nel caso in cui l'invito contenesse contestualmente la formale costituzione in mora ex artt. 1219 e 2943 c.c.; il terzo, infine, che riconosceva detta efficacia in modo incondizionato.
Le Sezioni Riunite hanno accolto il secondo orientamento, precisando innanzitutto che l'invito a dedurre non produce "ex se" alcun effetto interruttivo, trattandosi di istituto introdotto dal legislatore ordinario come strumento di tutela del diritto alla difesa, "anticipando i principi del giusto processo". La sua funzione tipica è quindi quella di "precostituire un utile contraddittorio" in ordine al bagaglio probatorio già acquisito, tra la parte pubblica ed il presunto responsabile, costringendo il P.R. "a confrontarsi con le argomentazioni ed eventuali richieste di integrazione istruttoria prodotte dall'interessato". La pronuncia sottolinea inoltre come nessuna norma vigente disponga, al fine della procedibilità dell'azione del P.R., che l'invito a dedurre debba contemplare una intimazione e/o richiesta di adempimento ex art. 1219 c.c., ancorché gli inviti generalmente contengano gli elementi strutturali per essere apprezzati quali atti di costituzione in mora.
La Corte individua quindi, quale problematica di fondo, la possibilità o meno per il P.R. di porre in essere atti di costituzione in mora nell'interesse della P.A., dando al quesito una risposta affermativa.
Sul punto, rifacendosi a svariate pronunce della Suprema Corte, la sentenza sottolinea come ai comportamenti del Procuratore contabile vada riconosciuta una valenza "mediatamente" finalizzata alla tutela patrimoniale di una specifica P.A. - "identificata come centro di imputazione del ristoro azionabile in sede giudiziaria" - la quale, pur essendone "titolare", non può disporre nel modo più ampio dei propri diritti patrimoniali, essendo tenuta al rispetto di particolari regole e procedure fissate dal legislatore (così, ad esempio, non ha facoltà di rinunciare alla prescrizione). Conseguentemente, posto che il vigente ordinamento attribuisce al P.R., soggetto terzo rispetto alla P.A., lo ius postulandi nelle ipotesi di responsabilità amministrativa e quindi una legittimazione generale alla tutela della finanza pubblica, in tale contesto deve riconoscersi al Procuratore la possibilità di porre in essere validi atti di costituzione in mora, non necessariamente contenuti nell'invito a dedurre, purché ne abbiano i relativi requisiti (Avv. Donato Antonucci)".
nel giudizio su questione di massima iscritto al n. 118/SR/QM del registro di segreteria, promosso dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Puglia con ordinanza n. 022/EL/00 del 7 giugno 2000.
Visto l'atto introduttivo del giudizio
Vista la memoria di costituzione in giudizio di A. rappresentato e difeso dagli avv.ti Gaetano Vignola e Donato Antonucci, B. e C., rappresentati e difesi dall'avv. Franco Gagliardi La Gala, E. ed F., rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Mescia.
Viste le conclusioni scritte del Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero innanzi a questa Corte.
Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Uditi alla pubblica udienza del 29 novembre 2000, il relatore Consigliere Pino Zingale, l'avv. Donato Antonucci per sè e per l'avv. Franco Gagliardi La Gala, l'avv. Antonio Mescia ed il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Sergio Auriemma.
FATTO
Con atto di citazione del 31 maggio 1997, notificato tra il 20 ed il 26 giugno 1997, la Procura Regionale della Puglia conveniva in giudizio gli ex assessori regionali ... per sentirli condannare in favore della Regione Puglia al pagamento della somma di £.179.975.000 ... e di £.13.844.230 ciascuno degli altri componenti, oltre quanto dovuto per rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, a titolo di risarcimento del danno cagionato alle finanze regionali per avere proposto e relazionato positivamente (l'assessore al Lavoro ...) e deliberato l'approvazione (tutti gli altri assessori) del provvedimento della Giunta Regionale n. 6911 del 29 luglio 1988.
Gli inviti a dedurre sono stati notificati ai convenuti tra il 18 ed il 25 maggio 1995.
In presenza delle eccezioni di prescrizione del diritto avanzate dagli avv.ti Gaetano Vignola, Donato Antonucci, Franco Gagliardi La Gala e Giuseppe Violante, sul presupposto che l'atto di citazione sarebbe stato notificato quando era già decorso il termine quinquennale di prescrizione, la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Puglia ha ritenuto di dovere sollevare questione di massima in ordina alla problematica dell'eventuale efficacia interruttiva della prescrizione mediante l'invito a dedurre, formulato ai sensi dell'art. 5 del D.L. 453/1993, convertito, con modificazioni, in Legge n. 19/1994 e successive modifiche ed integrazioni.
Ha osservato il giudice remittente che la questione dell'attribuibilità o meno dell'effetto interruttivo della prescrizione all'invito a dedurre ha dato luogo a tre distinti orientamenti giurisprudenziali:
1. un primo indirizzo che nega all'invito a dedurre ogni efficacia interruttiva della prescrizione (Sez. III centrale n. 98 del 10 marzo 1997; Id. n. 234 del 25 luglio 1997; Sez. Umbria n. 215 del 13 maggio 1996; Sez. Sicilia, n. 54 del 3 dicembre 1996; Sez. Lazio n. 2 del 16 maggio 1995; Sez. Sardegna n. 233 del 10 aprile 1995 e n. 675 del 9 novembre 1998; Sez. Liguria n. 833 del 15 settembre 1999 e Sez. Basilicata n. 93 del 7 aprile 1999);
2. un secondo orientamento che ammette la suddetta efficacia ma solo se l'invito contenga contestualmente e formalmente la costituzione in mora ai sensi degli artt. 1219 e 2943 c.c. (Sez. II centrale, n. 329 del 17 dicembre 1999; Sez. II centrale, n. 278 del 4 luglio 1996; Sez. Campania, n. 29 del 23 aprile 1998 e n. 87 del 30 novembre 1998; Sez. Puglia, n. 67 del 14 dicembre 1998; Sez. Lombardia, n. 166 del 12 febbraio 1999);
3. un terzo, nettamente minoritario, che ammette la detta efficacia in modo incondizionato (Sez. Puglia, n. 47 del 13 dicembre 1996 e n. 19 del 18 aprile 1996).
Considerato "evidente" il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione e ritenutane la rilevanza nel giudizio di merito, il Giudice a quo ha ritenuto di dover sollevare "questione di massima" innanzi a queste Sezioni Riunite, in ordine all'efficacia, interruttiva o meno della prescrizione, dell'invito a dedurre ex art. 5 del D.L. n. 453/1993, emesso dal Procuratore Regionale.
Si sono costituiti nel presente giudizio incidentale i convenuti ..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Gaetano Vignola e Donato Antonucci, ... e ..., rappresentati e difesi dall'avv. Franco Gagliardi La Gala, ... ed ..., rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Mescia.
I convenuti ..., ... e..., con atti depositati l'8 - 9 novembre 2000 hanno concluso nel senso che l'invito a dedurre non potrebbe mai interrompere la prescrizione.
I convenuti ... e ... con atti depositati il 27 novembre 2000, hanno concluso, invece, nel senso che l'invito a dedurre, laddove integrato con tutti gli elementi richiesti dalla legge per la formale costituzione in mora, ben potrebbe svolgere efficacia interruttiva della prescrizione.
Il Procuratore Generale ha depositato, in data 18 settembre 2000, delle note con le quali ha concluso, in via principale, nel senso che l'invito a dedurre esplicherebbe sempre "ex se" l'effetto interruttivo della prescrizione in via subordinata, nel senso che, laddove integrato con tutti gli elementi richiesti dalla legge per la formale costituzione in mora, ben potrebbe svolgere efficacia interruttiva della prescrizione.
Alla pubblica udienza del 29 novembre 2000 l'avv. Donato Antonucci, per sè e per l'avv. Franco Gagliardi La Gala, l'avv. Antonio Mescia ed il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Sergio Auriemma hanno ulteriormente illustrato le rispettive posizioni confermando le richieste di cui agli atti scritti.
DIRITTO
La questione sottoposta all'esame di queste Sezioni riunite è sotto il profilo della rilevanza nel giudizio a quo, ammissibile.
I fatti dannosi oggetto del giudizio principale rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 1, comma 7, del D.L. n. 324/1993, convertito, con modificazioni, nella legge n. 423/1998, per i quali la prescrizione si compie alla data del 31 dicembre 1996, ai sensi dell'art. 2-bis della legge n. 14/1994, introdotto dal D.L. n. 503/1996, convertito, con modificazioni, in legge n. 639/1996.
Atteso che le citazioni in giudizio risultano notificate dopo il 31 dicembre 1996, la prescrizione si dovrebbe ritenere compiuta laddove non si riconoscesse alcuna valenza interruttiva della medesima agli inviti a dedurre che, invece, sono stati notificati ai presunti responsabili tra il 18 e il 25 maggio 1995.
Nel merito, rileva il Collegio che l'invito a dedurre, al di là della sua natura processuale o extra-processuale. è stato introdotto dal legislatore nell'ordinamento, anticipando i principi del "giusto processo", come mezzo di tutela del diritto alla difesa, ancorandolo al momento in cui le risultanze emerse dalle indagini fin li condotte dal P.M. hanno fatto maturare in quest'ultimo un ragionevole convincimento in ordine alla colpevolezza dell'indagato, al fine di precostituire un utile contraddittorio con la parte pubblica in ordine al bagaglio probatorio già acquisito e da quello che, eventualmente, dovesse essere necessario acquisire sulla base di motivate richieste ed argomentazioni sul presunto responsabile.
L'invito a dedurre, quindi, assolve ad una funzione strettamente giudiziale, nel senso di "costringere" il P.M., che pure a quel momento deve avere già elevato l'indagato al rango di "presunto responsabile" (art. 5, comma 1, del D.L. n. 453/94, convertito, con modificazioni, in legge n. 19/94) a confrontarsi con le argomentazioni ed eventuali richieste di integrazione istruttoria prodotte dall'interessato.
In quanto tale, cioè come atto di tutela del "giusto processo", nessuna norma del vigente ordinamento attribuisce all'invito a dedurre in sè una valenza interruttiva della prescrizione, nè, d'altronde, l'invito a dedurre deve necessariamente contenere, al fine della procedibilità dell'azione, quell'intimazione o richiesta di adempimento richiesta dall'art. 1219 c.c., non risultante neppure inserito tra gli atti di cui all'art. 2943 c.c.
Deve, pertanto, concludersi che l'invito a dedurre di cui all'art. 5, comma 1, del D.L. n. 453/94, convertito, con modificazioni, in legge n. 19/94, non produce "ex se" alcun effetto interruttivo della prescrizione.
Gli inviti a dedurre, di cui al giudizio principale, però, contengono gli elementi strutturali per essere considerati atti di costituzione in mora (cfr. Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1999, n. 2417): l'analitica ricostruzione dei fatti, la volontà di far valere il diritto menzionandone la causa e l'ammontare, l'esplicito riferimento agli artt. 1219 e 2943 c.c.
La problematica di fondo, pertanto, alla quale occorre dare esito, è costituita dalle possibilità o meno, per il P.M., di porre in essere atti di costituzione in mora nell'interesse della P.A.
E' noto come il P.M. contabile, nell'attuale ricostruzione dogmatica e giurisprudenziale del giudizio di responsabilità amministrativa, sia visto come un soggetto terzo agente nell'interesse dello Stato ordinamento, titolare dell'azione ma non del diritto sostanziale fatto valere in giudizio.
Orbene, la stessa Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto validi gli effetti di un atto interruttivo della prescrizione compiuto stragiudizialmente da un professionista legale, investito dal creditore dei poteri per realizzare la propria pretesa, eventualmente anche invia giudiziale, affermandone la riferibilità al creditore medesimo, nel cui interesse viene intimato il pagamento ed effettuata così la costituzione in mora, perchè egli abbia operato come mandatario del creditore, che lo abbia abilitato ad agire, ovvero sulla base di un più ampio rapporto comprensivo di analogo potere (Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 1993, n. 1359), confermando quell'orientamento secondo cui l'atto idoneo ad interrompere la prescrizione può provenire oltre che dal creditore anche da chi agisce nel suo interesse (Trib. Sup. Acque, 3 ottobre 1986, n. 55).
Ritiene il Collegio che non possa disconoscersi ai comportamenti del P.M. contabile, ancorchè agente nell'interesse dell'ordinamento, una valenza "mediatamente" finalizzata alla tutela patrimoniale della specifica Amministrazione identificata come centro di imputazione del ristoro azionabile in sede giudiziaria, e per ciò stesso pur sempre rilevante sotto il profilo strettamente giuridico.
Peraltro, la stessa P.A. "titolare" del diritto patrimoniale, non lo è nel senso pieno del termine, non potendone disporre come chiunque altro ma solo nel pubblico interesse e secondo le particolari regole e procedure fissate dal legislatore, in tal senso, ad esempio, la P.A. non ha la facoltà di rinunciare all'intervenuta prescrizione in suo favore ed alla relativa eccezione, configurandosi l'eventuale rinuncia, espressa e tacita, come atto illegittimo suscettibile di riesame in via di autotutela (Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 1999, n. 521; Cons. Stato, Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1679).
La questione, pertanto, non può essere risolta senza avere riguardo alle particolari regole che disciplinano la materia della contabilità pubblica, senza cioè, prendere atto della circostanza che l'ordinamento attribuisce ad un soggetto terzo, il P.M. contabile, una legittimazione generale alla tutela della finanza pubblica mediante il conferimento delle ius postulandi nell'ipotesi di responsabilità patrimoniale di soggetti legati da rapporto di servizio con la P.A. per danni arrecati a quest'ultima nell'esercizio o in relazione all'esercizio delle funzioni ad essi affidati.
In tale contesto sicuramente più ampio di quello del semplice mandato, negare al P.M. titolare "ex lege" dell'azione posta a tutela del diritto leso, la possibilità di porre in essere atti di costituzione in mora significherebbe non solo menomare i poteri al di sotto di quanto invece riconosciuto al difensore di un privato cittadino, ma, addirittura prescindergli l'attivazione di tutti quegli strumenti extra-processuali che potrebbero, senza l'ulteriore ricorso al Giudice, consentire uno spontaneo ristoro della lesione subita.
Tale menomazione potrebbe determinare inoltre, conseguenze di sicuro abnormi in ordine alla tutela patrimoniale affidata al P.M. contabile, il quale, in assenza della prefata facoltà, potrebbe vedersi costretto, anche a prescindere dalle previste cautele pre-processuali di cui all'invito a dedurre, ad agire in giudizio al solo fine di interrompere il decorso del termine prescrizionale, atteso che anche la notificazione di un atto di citazione nullo, purchè abbia i requisiti di un atto di costituzione in mora, ha effetto interruttivo, peraltro permanente, della prescrizione ai sensi del 2° comma art. 2945 c.c., fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio dichiarando la nullità della citazione (Cass. civ., 8 febbraio 1991, n. 1329).
Nè appaiono conducenti le perplessità da taluno sollevate in relazione alla circostanza che il riconoscere al P.M. contabile un autonomo potere di costituzione in mora potrebbe determinare un prolungamento tendenzialmente "sine die" del termine prescrizionale e, quindi, un'estrema incertezza in ordine alle situazioni giuridiche di rilevanza pubblica devolute alla giurisdizione di questa Corte.
Tale eventualità è esclusa dalla possibilità connessa a qualunque soggetto vi abbia interesse, dell'azione per l'acccertamento negativo di responsabilità, ricompresa dalla giurisprudenza nell'ambito dei giudizi ad istanza di parte di cui all'art. 53 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 (Corte dei Conti, Sez. I, 31 dicembre 1988, n. 199), capace di porre fine, con l'autorità e l'intangibilità del giudicante, a qualunque ingiustificata pretesa della parte pubblica.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei conti - Sezioni Riunite in sede giudisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara che il P.M. contabile è legittimato autonomamente a porre in essere atti di costituzione in mora nei confronti dei presunti responsabili di danni erariali devoluti dall'ordinamento alla giurisdizione di questa Corte e, pertanto, l'invito a dedurre formulato ai sensi dell'art. 5 del D.L. 453/1993, convertito con modificazioni, in Legge n. 19/1994 e successive modifiche ed integrazioni, laddove dotato di tutti gli elementi idonei al fine, può validamente costituire in mora il destinatario ai sensi degli artt. 1219 e 2963 c.c.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 novembre 2000.
Depositata in segreteria nei modi di legge.
Roma, 20 dicembre 2000.