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CORTE DEI CONTI - SEZIONI RIUNITE - Sentenza 26 febbraio 2001 n. 02/QM/01 Pres. Castiglione Morelli, Est. Miele, P.M. Benedetti.

Corte dei conti – Giurisdizione – Danni cagionati ad amministrazioni diverse da quella di appartenenza – Fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della legge 20/94 – Interpretazione – Realizzazione della sola condotta senza alcun riferimento al danno.

La giurisdizione della Corte dei conti per danni cagionati ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza, sussiste solo per i comportamenti posti in essere successivamente all’entrata in vigore della legge 20/1994, giacché l'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge», contenuta nell'art. 1, comma 4, della predetta legge, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, si riferisce alla condotta omissiva o commissiva da cui sia derivato il danno, e non già al «fatto dannoso», comprensivo anche del danno.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE DEI CONTI

A SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

composta dai seguenti magistrati:

Dott. Francesco Castiglione Morelli Presidente

Dott. Edoardo Andreucci Consigliere

Dott. Giuseppe David Consigliere

Dott.ssa Maria Teresa Arganelli Consigliere

Dott. Augusto Sanzi Consigliere

Dott. Rocco Di Passio Consigliere

Dott. Tommaso Miele Consigliere relatore

ha emanato la seguente

SENTENZA

nel giudizio sulle questioni di massima iscritte al n. 120/SR/QM e al n. 121/SR/QM del registro di segreteria delle Sezioni Riunite, deferite dal Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, rispettivamente, con ordinanza n. 296/2000 del 19 settembre 2000 e con ordinanza n. 297/2000 del 19 settembre 2000, relative ai giudizi di responsabilità amministrativa iscritti ai nn. 444/EL e 445/EL del registro di segreteria di quella Sezione giurisdizionale regionale, promossi ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Calabria nei confronti del Signor AZ, quale sindaco del Comune di X;

Viste le ordinanze di remissione n. 296/2000 del 19 settembre 2000, e n. 297/2000 del 19 settembre 2000 e tutti gli atti e i documenti del giudizio;

Uditi alla pubblica udienza del 10 gennaio 2001 il Consigliere relatore, dott. Tommaso Miele, l'Avv. Francesco Scalzi per il Signor AZ, e il Pubblico Ministero nella persona del Vice Proc. gen. dott. Roberto Benedetti.

Premesso in

Fatto

l. La Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, con ordinanza n. 296/2000 del 19 settembre 2000 emessa nell'ambito del giudizio di responsabilità iscritto al n. 445/EL del registro di segreteria di quella Sezione giurisdizionale regionale, promosso ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Calabria nei confronti del Signor AZ, nella sua qualità di sindaco del comune di X ha sollevato, ai sensi dell'art. 1, comma 7, del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, una questione di massima così precisata: «Se l'espressione "fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della presente legge" recte: «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge" - ndr) di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 2 bis, della legge n 639/1996, (recte: come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996), debba essere riferita al fatto - comportamento, cioè alla condotta omissiva o commissiva, ovvero vada intesa al di là del suo significato letterale nel senso di fatto dannoso, comprensivo anche dell'evento antigiuridico (danno)».

2. Riferisce la Sezione remittente che nel corso di un giudizio di responsabilità amministrativa proposto dalla Procura regionale per la Calabria nei confronti del Sindaco del Comune di X, concernente la richiesta di condanna al risarcimento del danno avanzata nei confronti di quest'ultimo per il danno subito dalle finanze comunali in relazione alla soccombenza dello stesso Comune in un giudizio civile risarcitorio, pari alla differenza tra quanto pagato dall’ente locale ed il valore dell'area illegittimamente espropriata, e dell'ulteriore danno erariale rappresentato dal costo del mutuo contratto dal Comune con la Cassa Depositi e Prestiti (con oneri a carico dello Stato) per pagare il debito conseguente alla sentenza di condanna al risarcimento del danno emessa nei confronti dell'ente locale e passata in giudicato, il Collegio giudicante, con sentenza parziale ha proceduto a dichiarare la responsabilità del convenuto per la domanda relativa alla prima posta di danno, sollevando, invece, con la prima ordinanza in epigrafe, seri dubbi in ordine alla fondatezza della domanda attrice relativa alla seconda posta di danno, e segnatamente, con riferimento al profilo della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti per tali ipotesi di danno, e ciò in considerazione che - secondo quanto eccepito anche dalla difesa del convenuto - i fatti su cui si fonda l'azione di responsabilità sono antecedenti al limite temporale indicato dalla normativa che ha reso perseguibili anche i danni causati da dipendenti ed amministratori pubblici ad amministrazioni diverse da quelle cui sono legati da un rapporto di servizio.

3. Con altra ordinanza n. 297/2000 del 19 settembre 2000, la stessa Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, nell'ambito del giudizio di responsabilità iscritto al n. 444/EL del registro di segreteria di quella Sezione giurisdizionale regionale, promosso ad istanza del Procuratore regionale nei confronti dello stesso Signor AZ, ha sollevato una analoga questione di massima di identico contenuto di quella sollevata con la predetta ordinanza, dando conto, negli stessi termini, dei medesimi dubbi già prospettati.

4, Sulla base di quanto esposto nelle ordinanze in epigrafe, il giudice remittente ha ritenuto di dover rimettere la prospettata questione di massima a queste Sezioni Riunite, ai sensi dell'art. 1, comma 7, del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, avendo riscontrato nella giurisprudenza delle sezioni giurisdizionali regionali un contrasto in ordine alla prospettata questione del limite temporale indicato dalla normativa che ha reso perseguibili anche i danni causati da dipendenti ed amministratori pubblici ad amministrazioni diverse da quelle cui sono legati da un rapporto di servizio, e alla conseguente giurisdizione della Corte dei conti, e segnatamente sulla esatta interpretazione da dare, a tal fine, all'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge» di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, e cioè, se l'espressione medesima debba essere riferita al «fatto comportamento», cioè alla condotta omissiva o commissiva, ovvero vada intesa, al di là del suo significato letterale, nel senso di «fatto dannoso», comprensivo anche dell’evento antigiuridico (danno). In particolare - espone il remittente - da un lato è andato affermandosi, sul punto, un orientamento (cfr. Corte dei conti - Sez. giur. Regione Campania n. 29 del 23 aprile 1998) secondo cui l’espressione «fatti commessi» andrebbe riferita al «comportamento» e non propriamente all'«evento dannoso», il che escluderebbe la giurisdizione della Corte dei conti per tutti i fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore della normativa richiamata, e dall'altro, si è delineato un diverso orientamento (cfr. Corte dei conti - Sez. giur. Regione Molise, n. 103 del 3 giugno 1999, nonché Corte dei conti - Sez. giur. Regione Marche, n. 2459 del 24 luglio 1999), secondo cui dovrebbe ritenersi inscindibile il legame fra «fatto causa» e «fatto effetto», per cui, pur in presenza di comportamenti posti in essere prima della data di entrata in vigore della suddetta normativa, assumerebbe rilievo l'effetto dannoso (eventus damni) concretizzatosi successivamente, il che comporterebbe la sussistenza della giurisdizione di questa Corte anche sui fatti verificatisi prima della suddetta data, i cui eventi dannosi si siano, tuttavia, concretizzati dopo la data medesima.

5. Con memoria acquisita agli atti in data 20 dicembre 2000, si è costituito in giudizio, per conto del Signor AZ, l'Avv. Francesco Scalzi, il quale, nel riportarsi alle argomentazioni prospettate nelle ordinanze di remissione, rileva come «allorquando il legislatore ha fatto riferimento ai "fatti commessi successivamente" ha inteso riferirsi al «fatto-comportamento" e non invece al fatto comprensivo dell'evento», e che pertanto «la dizione letterale della norma è inequivocabile nel senso predetto, e cioè, nel senso che prima dell'entrata in vigore della legge, per ritenersi esclusa la giurisdizione della Corte dei conti deve essere stato posto in essere solo il comportamento commissivo od omissivo produttivo del danno senza comprendere anche l'evento». Nel richiamare l'attenzione sulla differenza rilevabile fra il comma 2 dell'art. 1 della legge n. 20/1994, ove a proposito della decorrenza del termine prescrizionale si legge che il termine quinquennale decorre «dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso», e il comma 4 dello stesso art. 1 della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, ove invece si parla di «fatti commessi», il predetto difensore sostiene che la diversa locuzione usata nelle suddette disposizioni induce a ritenere che il legislatore ha inteso sancire la giurisdizione della Corte dei conti solo con riferimento alla data di commissione dei fatti, e cioè, dalla data in cui si siano verificati i comportamenti attivi od omissivi. Sulla base di tali considerazioni chiede conclusivamente che alla questione di massima venga data soluzione nel senso di affermare il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in relazione ad asseriti danni prodotti da comportamenti precedenti alla suddetta data di riferimento stabilita dalla legge.

6. Con atto depositato in data 29 dicembre 2000 il Procuratore Generale, nel rassegnare le proprie considerazioni sulle questioni di massima di cui alle ordinanze in epigrafe, osserva come, ai fini della corretta interpretazione da dare all'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge» di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, possa opportunamente soccorrere, all'occorrenza mutatis mutandis, il canone interpretativo affermatosi in giurisprudenza a proposito dell'applicazione dell'istituto della prescrizione, che fa perno sul concetto di «evento danno», in quanto «è assolutamente pacifico che davanti alla giurisdizione di questa Corte non viene portato qualunque fatto avvenuto, ma solo quelli che si connotano della specifica qualità dannosa e comportano, pertanto, l'obbligo del risarcimento (), atteso, peraltro, che in presenza di una giurisdizione che si qualifica per risarcitoria, è il danno che assume rilevanza ai fini dell'esercizio dell'azione di responsabilità, rimanendo ovviamente estranei alla stessa i comportamenti che non abbiano poi integrato il pregiudizio risarcibile, dovendosi conseguentemente ritenere, in altri termini, che è la dannosità del comportamento compiuto e non il comportamento in quanto tale - e quindi fine a sé stesso - ad assumere rilievo determinante ai fini dell'utile esercizio dell'azione».

Sulla base di tali considerazioni il Procuratore Generale chiede conclusivamente che alla questione di massima in esame venga data soluzione nei senso di ritenere che «l'espressione "fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della presente legge" venga ragionevolmente interpretata nella sistematica del vigente ordinamento giuridico nel senso di riferirsi a quei fatti nel momento in cui si siano qualificati in senso dannoso, e quindi, ancorché iniziati (ovvero avvenuti) prima della normativa attributrice della giurisdizione, siano divenuti effettivamente rilevanti ai fini dell'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa nel momento in cui abbiano determinato un vero e proprio danno (.

7. All'udienza pubblica odierna l'Avv. Francesco Scalzi, intervenuto per conto del Signor AZ, si è ampiamente richiamato alla memoria difensiva già versata in atti, ne ha illustrato le argomentazioni già in essa prospettate e rappresentate, ribadendo le conclusioni già formulate nell’atto scritto. Anche il rappresentante del pubblico ministero, nel richiamarsi alla memoria scritta già versata in atti, ha diffusamente illustrato le argomentazioni in essa prospettate, ribadendo le conclusioni già rassegnate per iscritto.

Considerato in

Diritto

1. Si deve, in via preliminare, rilevare che, per evidenti motivi di connessione oggettiva e soggettiva e per economia processuale, le questioni di massima deferite con le ordinanze in epigrafe possono essere riunite ai sensi dell'art. 274 del c.p.c. ed essere quindi decise congiuntamente con unica decisione.

2. Ciò premesso, si rileva che con le ordinanze in epigrafe è stato chiesto a queste Sezioni Riunite di far conoscere, in sede di definizione di questione massima ai sensi dell'art. 1, comma 7, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, «se l'espressione "fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della presente legge" (recte, "fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge" - ndr) di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 2 bis, della legge n. 639/1996, (recte: come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996), debba essere riferita al fatto - comportamento, cioè alla condotta omissiva o commissiva, ovvero vada intesa al di là del suo significato letterale nel senso di fatto dannoso, comprensivo anche dell'evento antigiuridico (danno)».

3. Al riguardo giova rammentare che il precitato art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, stabilisce che «la Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». Tale disposizione, a cui si è pervenuti, nel testo vigente, solo a seguito della novella del 1996, rappresenta l'evoluzione e il punto di arrivo di un indirizzo giurisprudenziale e di un processo legislativo non sempre univoci.

Con la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 1, comma 4) è stata ammessa per la prima volta, sul piano legislativo, la possibilità che soggetti legati ad una amministrazione pubblica potessero essere chiamati a rispondere innanzi al giudice contabile del danno cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, essendosi espressamente stabilito che «1a Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza».

Tale disposizione è stata, poi, innovata con la successiva decretazione d'urgenza esitata nella approvazione della legge 20 dicembre 1996, n. 639, il cui art. 3, comma 1, lett. c) bis, ha modificato la citata disposizione di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994 nel senso di riservare la giurisdizione della Corte dei conti, per le ipotesi di danno arrecato da amministratori o dipendenti pubblici ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quello di appartenenza, soltanto in relazione «ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge», e, quindi, ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge 14 gennaio 1994, n. 20, il cui testo (art. 1, comma 4) era stato sostituito dalla stessa legge n. 639/96.

La disposizione innovatrice, analogamente a quella precedente di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/94, in ragione della sua natura procedurale è stata ritenuta di immediata applicazione (cfr. Cassazione SS.UU. n. 5667 dell'8 giugno 1994; id. n. 9204 del 7 novembre 1994; Corte dei conti - Sez. II Centr. app. n. 32/95/A del 23 ottobre 1995; id. n. 10/A del 15 marzo 1996), come del pari è stato ritenuto che trattasi di norma di diritto intertemporale espressa per effetto della quale, non potendo trovare applicazione il generale principio della perpetuatio iurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c. novellato (cfr. Cassazione SS. UU, civili n. 9858 del 10 ottobre 1997), la giurisdizione della Corte dei conti non può radicarsi per i fatti commessi in epoca antecedente all'entrata in vigore della succitata legge (cfr., in tal senso, anche Corte dei conti - Sezioni Riunite n. 51 del 28 maggio 1997).

4. Anche la giurisprudenza successiva (cfr. Cassazione SS. UU. civili n. 4874 del 14 maggio 1998), nel richiamarsi alla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione sopra menzionata (cfr. Cassazione SS.UU. n. 5667 dell’8 giugno 1994; id. n. 9202 e n. 9204 del 7 novembre 1994) secondo cui la disposizione di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994 contiene una norma sulla giurisdizione, e ad altra precedente giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite (cfr. n. 9858 del 10 ottobre 1997) in cui veniva affermato che «la nuova disposizione (quella introdotta dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/96) ha carattere interpretativo della precedente» (e cioè del sostituito comma 4 dell'art. 1 della legge n. 20/1994), ha poi precisato che «la giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della legge n. 20 del 1994, presuppone che tra l'autore del fatto e l'amministrazione od ente pubblico che in conseguenza di quel fatto subisce un danno sussista un rapporto di impiego o di servizio».

5. Peraltro, anche la Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, nella sentenza n. 29 del 23 aprile 1998 con riferimento alla quale è stato rilevato il contrasto di giurisprudenza che ha indotto il giudice remittente a sollevare la questione di massima prospettata con le ordinanze in epigrafe, ha avuto modo di osservare, in proposito - seguendo la stessa linea interpretativa della Corte regolatrice e di queste stesse Sezioni Riunite (cfr. Cassazione SS. UU. civili n. 9858 del 10 ottobre 1997; Corte dei conti - Sezioni Riunite n. 51 del 28 maggio 1997) - che «1a norma di diritto intertemporale di cui all'art. 3, comma 1, lett. c) bis della legge n. 639/1996 e la stessa norma sostituita (art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994) fanno riferimento ad ipotesi di danno cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli "di appartenenza", sottolineandosi così la necessità di un vero e proprio rapporto di servizio tra agente pubblico e amministrazione, appunto, "di appartenenza", differente dal rapporto funzionale con l'ente "diverso" al quale viene arrecato il danno (…)», così escludendo «dal proprio ambito di applicazione i fatti antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 20/1994», ed affermando che deve individuarsi «il solo rapporto di servizio che lega l'agente pubblico alla "propria" amministrazione, restando irrilevanti - ai fini del radicarsi della giurisdizione della Corte dei conti per fatti o comportamenti antecedenti il 15 gennaio 1994 - eventuali rapporti solo funzionali con enti o amministrazioni diverse» (cfr. Corte dei conti - Sez. giur. Regione Campania n. 29 del 23 aprile 1998).

6. Considerato che, per quanto sopra rilevato, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della legge n. 20 del 1994, la giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici presuppone che tra l'autore del fatto e l'amministrazione od ente pubblico che in conseguenza di quel fatto subisce un danno sussista un rapporto di impiego o di servizio, queste Sezioni Riunite ritengono, poi, che, ai fini della esatta interpretazione dell'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge», di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall’art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996 (che segna il discrimine della giurisdizione della Corte dei conti per i fatti commessi da amministratori o dipendenti pubblici ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza), sia da far riferimento alla diversa terminologia rilevabile fra il testo della disposizione di cui al comma 2 dell'art. 1 della legge n. 20/1994 - ove a proposito della decorrenza del termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione di responsabilità si legge che «il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso (- e il testo della disposizione di cui al comma 4 dello stesso art. 1 della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, ove invece, con riferimento alla giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di amministratori e dipendenti pubblici per i danni cagionati ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, si parla di «fatti commessi».

7. Sulla scorta di tali considerazioni queste Sezioni Riunite ritengono che le questioni di massima deferite dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria con le ordinanze in epigrafe debbano essere risolte nel senso che l'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge», di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall’art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, deve essere intesa come riferita al «fatto comportamento», cioè alla condotta omissiva o commissiva da cui sia derivato il danno, e non già al «fatto, dannoso», comprensivo anche dell'evento antigiuridico.

8. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE DEI CONTI

A SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

definitivamente pronunciando ai sensi dell’art. 1, comma 7, del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, previa riunione in rito, nel giudizio sulle questioni di massima iscritte al n. 120/SR/QM e al n. 121/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni Riunite, deferite dal Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, rispettivamente, con ordinanza n. 296/2000 del 19 settembre 2000 e con ordinanza n. 297/2000 del 19 settembre 2000, dichiara che le questioni di massima deferite a queste Sezioni Riunite con le suddette ordinanze vanno risolte nel senso che l'espressione «fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge», di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 20/1994, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. c) bis, della legge n. 639/1996, deve essere intesa come riferita al «fatto comportamento», cioè alla condotta omissiva o commissiva da cui sia derivato il danno, e non già al «fatto dannoso», comprensivo anche dell'evento antigiuridico.

Dispone la restituzione degli atti alla remittente Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria per la definizione delle relative controversie.

Nulla per le spese.

Depositata il 26 febbraio 2001.

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