CORTE COSTITUZIONALE - Ordinanza 5 aprile 2002 n. 90 - Pres. RUPERTO, Red. FLICK - (giudizi promossi con ordinanze emesse il 15 novembre e il 7 dicembre 2000 dal Tribunale di Imperia, iscritte ai nn. 370, 371 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2001).
Circolazione stradale - Patente di guida - Sospensione disposta dal Prefetto - Disciplina prevista dall’art. 223, comma 2, del nuovo Codice della strada - Questione di legittimità costituzionale - Nella parte in cui si prevede la sospensione anche nelle «ipotesi di reato perseguibili a querela, ancorché l’azione penale risulti improcedibile o comunque non iniziata» - Manifesta infondatezza.
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 16, 24, 25 e 97 della Costituzione - dell’art. 223, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 385 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 120 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, nella parte in cui prevede che il Prefetto possa disporre la sospensione provvisoria della validità della patente di guida anche nelle «ipotesi di reato perseguibili a querela, ancorché l’azione penale risulti improcedibile o comunque non iniziata».
L’art. 223, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 385 - alla luce dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario - deve essere infatti letta come espressiva della voluntas legis di rimettere al Prefetto l’irrogazione della sanzione definitiva in tutti i casi (diversi dalla morte dell’imputato) in cui l’accertamento della responsabilità non possa aver luogo in sede penale (compreso, dunque, quello di mancanza della querela o rinuncia alla stessa); e ciò non soltanto per motivi di ordine sistematico, ma anche per una ragione di ordine logico: tra le cause di estinzione del reato il codice penale annovera, invero, anche la remissione della querela (art. 152 cod. pen.), onde sarebbe inspiegabile un diverso trattamento dell’ipotesi di mancata presentazione della stessa (o di rinuncia), essendosi al cospetto di situazioni del tutto omogenee rispetto all’interesse pubblico all’irrogazione della sanzione, che la norma ha inteso tutelare.
In simile prospettiva non si riscontra, dunque, alcuno "stravolgimento" della funzione cautelare propria della misura della sospensione provvisoria della patente: misura che, a mente dell’art. 223, comma 2, del codice della strada, il Prefetto è chiamato a disporre, a fini di tutela immediata della sicurezza della circolazione stradale, quando «sussistano fondati elementi di una evidente responsabilità» per taluno dei reati in rapporto ai quali è prevista l’omologa sanzione accessoria.
ORDINANZA N.90
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare
- Massimo |
RUPERTO
VARI |
Presidente
Giudice |
- Riccardo
- Gustavo |
CHIEPPA
ZAGREBELSKY |
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- Valerio | ONIDA |
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- Carlo | MEZZANOTTE |
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- Guido | NEPPI MODONA |
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- Piero Alberto | CAPOTOSTI |
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- Annibale
- Franco |
MARINI
BILE |
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- Giovanni Maria | FLICK |
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ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 223, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 385 (Nuovo codice della strada), come modificato dall’art. 120 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, promossi con ordinanze emesse il 15 novembre e il 7 dicembre 2000 dal Tribunale di Imperia, iscritte ai nn. 370, 371 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con due ordinanze di identico tenore, emesse il 15 novembre 2000 ed il 7 dicembre 2000 nel corso di altrettanti giudizi di opposizione avverso provvedimenti di sospensione provvisoria della validità della patente di guida, il Tribunale di Imperia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 16, 24, 25 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 223, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 385 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 120 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, nella parte in cui prevede che il prefetto possa disporre la sospensione provvisoria della validità della patente di guida anche nelle «ipotesi di reato perseguibili a querela, ancorché l’azione penale risulti improcedibile o comunque non iniziata»;
che il giudice a quo premette, in punto di fatto, di essere investito dell’opposizione avverso un provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria della validità della patente di guida, adottato ai sensi dell’art. 223, comma 2, del codice della strada a seguito di un incidente stradale da cui erano derivate lesioni personali: fatto in relazione al quale, peraltro, la persona offesa non aveva proposto querela entro il termine di legge;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente osserva come, nel caso di violazione di norme sulla circolazione stradale da cui siano derivati danni alle persone, sia prevista l’applicazione, con la sentenza di condanna emessa in sede penale, della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente;
che in relazione alle ipotesi di reato ora indicate, l’art. 223, comma 2, del codice della strada stabilisce altresì che il prefetto disponga, su segnalazione dell’organo accertatore, la sospensione provvisoria della patente, ove sussistano «fondati elementi di una evidente responsabilità»;
che quest’ultima disposizione, peraltro — nella parte in cui obbliga l’autorità amministrativa ad emanare il provvedimento interdittivo della guida anche quando il reato ipotizzato sia perseguibile a querela e la stessa non sia stata proposta — risulterebbe intrinsecamente irragionevole e contraria ai principi costituzionali di uguaglianza, di buon andamento della pubblica amministrazione, di legalità e tassatività in materia sanzionatoria e di libertà di circolazione, oltre che lesiva del diritto di difesa;
che nell’ipotesi considerata, difatti, la natura cautelare, innegabilmente propria della sospensione provvisoria della patente rispetto all’esito sfavorevole all’imputato del giudizio penale (al quale soltanto conseguirebbe l’irrogazione della sanzione vera e propria), risulterebbe completamente «stravolta» e la misura si trasformerebbe essa stessa in una sanzione, non prevista peraltro dalla legge;
che a differenza delle altre misure di cautela preventiva, le quali possono essere adottate, in rapporto ai reati perseguibili a querela, solo se questa sia presentata (come stabilisce, ad esempio, l’art. 381, comma 3, cod. proc. pen.), la sospensione della patente — provvedimento che pure «comprime con inevitabile danno economico la libertà di circolazione» — potrebbe essere disposta in via preventiva anche quando, difettando la querela, il procedimento penale non abbia luogo: col risultato che essa verrebbe «scontata» senza alcun possibile rimedio;
che in tal modo, il diritto di difesa del soggetto la cui patente è stata cautelarmente sospesa resterebbe sostanzialmente rimesso all’arbitrio della parte lesa, libera di non proporre la querela e di inibire, così, all’interessato l’accertamento della propria innocenza (presunta fino alla condanna definitiva) nell’ambito naturale del giudizio penale;
che ne deriverebbe, in pari tempo, una ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti «che hanno avuto la possibilità di essere sottoposti a giudizio» e quelli «cui il giudizio è stato negato», benché destinatari di «analoga ed impropria "sanzione"»: né l’accertamento penale potrebbe ritenersi superfluo solo perché la norma impugnata subordina la sospensione provvisoria al riscontro di una «evidente» responsabilità, stante la genericità ed indeterminatezza di tale concetto;
che lo stesso legislatore avrebbe mostrato del resto di condividere i rilievi esposti, allorché, nell’introdurre, con il d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431, una nuova disciplina in materia analoga — quella delle patenti nautiche — ha espressamente subordinato, all’art. 25, comma 4, il corrispondente provvedimento di sospensione all’«inizio» del procedimento penale nei confronti dell’abilitato e, dunque, alla presentazione della querela, nei casi in cui essa è richiesta;
che emergerebbe così, peraltro, una ulteriore disparità di trattamento tra conducenti di mezzi terrestri e di natanti, non potendo sostenersi che la tutela dell’incolumità personale richieda minor tutela durante la navigazione, piuttosto che durante la circolazione su strada;
che è intervenuto in entrambi i giudizi di costituzionalità il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Considerato che le due ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni, onde i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente;
che i dubbi di costituzionalità espressi dal giudice a quo poggiano sulla premessa interpretativa per cui la sanzione della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222 del codice della strada nei casi di violazione di norme del medesimo codice da cui siano derivati «danni alle persone», non possa essere comunque applicata allorché — trattandosi di reato perseguibile a querela (come nell’ipotesi di lesioni colpose) — l’azione penale non abbia corso per difetto di questa;
che da ciò il rimettente trae la conseguenza che, in violazione di plurimi parametri costituzionali (tra cui, in primis, quello di ragionevolezza), l’art. 223, comma 2, del codice della strada — prevedendo indistintamente, nelle ipotesi di reato dianzi indicate, la misura cautelare della sospensione provvisoria della patente da parte del prefetto — consentirebbe di applicare tale misura, anticipatoria della sanzione vera e propria, anche in fattispecie nelle quali la sanzione definitiva resterebbe, per contro, radicalmente preclusa;
che il presupposto interpretativo da cui il rimettente muove contrasta, tuttavia, con l’indirizzo seguito dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, la quale ritiene che nelle ipotesi in cui l’azione penale non possa essere iniziata per mancanza di querela, si determina non già una preclusione all’applicazione della sanzione della sospensione della patente, ma soltanto lo spostamento della relativa competenza dal giudice penale all’autorità amministrativa;
che, al riguardo, giova in effetti osservare che — a differenza del precedente codice della strada, il quale (secondo la tesi maggioritaria) configurava la sospensione della patente di guida come pena accessoria, totalmente legata, in quanto tale, alle sorti del reato cui accedeva — il nuovo codice della strada del 1992 qualifica tale misura come sanzione amministrativa accessoria, tanto nei casi in cui essa segue ad una violazione costituente semplice illecito amministrativo, quanto nei casi in cui essa segue ad un fatto previsto come reato: e ciò anche allo scopo di renderla insensibile alle vicende del processo penale, aumentandone l’effettività;
che facendo eco alla generale previsione dell’art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689, l’art. 221 del nuovo codice della strada stabilisce, altresì, che quando l’esistenza di un reato dipenda da una violazione del medesimo codice non costituente reato — ossia nel caso di connessione obiettiva tra reato ed illecito amministrativo stradale — il giudice penale è competente a conoscere di entrambi e ad applicare, quindi, anche le sanzioni amministrative; nondimeno, la competenza del giudice penale sulla violazione amministrativa cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità;
che in tale cornice sistematica, l’art. 222 del codice della strada — nello stabilire che nei casi di omicidio e lesioni colpose per violazione di norme sulla circolazione stradale il giudice applichi, con la sentenza di condanna, la sanzione della sospensione della patente di guida (unitamente alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione stessa) — opera dunque su un duplice versante: giacché, da un lato, individua il fatto punibile con la sanzione amministrativa accessoria de qua (profilo sostanziale); e, dall’altro, attribuisce al giudice penale la competenza ad irrogarla, sul presupposto (e a condizione) che la cognizione di quel «fatto», in quanto costituente illecito penale, sia a lui devoluta (profilo processuale);
che da ciò si inferisce, quindi, che ove il giudice penale non sia chiamato ad intervenire — come quando manchi una condizione di procedibilità — la competenza ad applicare la sanzione avuta di mira non può che spettare all’autorità amministrativa ordinariamente deputatavi;
che a tale conclusione non varrebbe opporre che il successivo art. 224, comma 3, del codice della strada demanda specificamente al prefetto il compito di disporre la sospensione della patente, in luogo del giudice, previo accertamento dei relativi presupposti, solo nel caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato, senza far menzione dell’ipotesi dell’improcedibilità;
che la disposizione da ultimo citata — alla luce dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario, dianzi ricordato — deve essere infatti letta come espressiva della voluntas legis di rimettere al prefetto l’irrogazione della sanzione definitiva in tutti i casi (diversi dalla morte dell’imputato) in cui l’accertamento della responsabilità non possa aver luogo in sede penale (compreso, dunque, quello di mancanza della querela o rinuncia alla stessa); e ciò non soltanto per motivi di ordine sistematico, ma anche per una ragione di ordine logico: tra le cause di estinzione del reato il codice penale annovera, invero, anche la remissione della querela (art. 152 cod. pen.), onde sarebbe inspiegabile un diverso trattamento dell’ipotesi di mancata presentazione della stessa (o di rinuncia), essendosi al cospetto di situazioni del tutto omogenee rispetto all’interesse pubblico all’irrogazione della sanzione, che la norma ha inteso tutelare;
che in simile prospettiva non si riscontra, dunque, alcuno "stravolgimento" della funzione cautelare propria della misura della sospensione provvisoria della patente: misura che, a mente dell’art. 223, comma 2, del codice della strada, il prefetto è chiamato a disporre, a fini di tutela immediata della sicurezza della circolazione stradale, quando «sussistano fondati elementi di una evidente responsabilità» per taluno dei reati in rapporto ai quali è prevista l’omologa sanzione accessoria;
che nei casi di mancanza di querela — e, amplius, di improcedibilità dell’azione penale — la misura in questione conserva infatti pienamente detta funzione in rapporto alla sanzione definitiva che sarà irrogata, non più dal giudice penale, ma dallo stesso prefetto;
che palesemente insussistente si rivela, del pari, la dedotta violazione del diritto di difesa: la previsione, nell’art. 222 del codice della strada, dell’applicabilità della sospensione della patente ad opera del giudice penale costituisce infatti espressione del principio del simultaneus processus; principio che non ha modo peraltro di operare quando il processo penale non si celebri per difetto di una condizione di procedibilità, e che comunque resta privo di copertura costituzionale (cfr., ex plurimis, sentenza n. 60 del 1996; ordinanze n. 410 del 2000, n. 396 del 1996 e n. 308 del 1991);
che nella fattispecie considerata, d’altro canto, l’interessato — al di là della facoltà di immediata impugnazione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria dello stesso provvedimento di sospensione provvisoria (cfr. sentenza n. 31 del 1996) — può svolgere egualmente con pienezza le sue difese proponendo opposizione davanti al giudice civile, ai sensi dell’art. 205 del codice della strada, avverso il provvedimento del prefetto di applicazione della sanzione in via definitiva;
che, di conseguenza, va negato anche il supposto vulnus del principio di uguaglianza, sotto il profilo della disparità di trattamento, a seconda delle scelte della persona offesa in tema di proposizione della querela, tra soggetti cui il giudizio sarebbe concesso e soggetti cui sarebbe negato;
che d’altro canto, una volta escluso l’ipotizzato fenomeno di trasformazione della sospensione provvisoria della patente in vera e propria sanzione, i sospetti di violazione dei principi «della legalità e della tassatività in materia sanzionatoria» restano eo ipso travolti;
che quanto, poi, all’ulteriore profilo di supposta compromissione dell’art. 3 Cost. — vale a dire alla disparità di trattamento tra conducenti di mezzi terrestri e conducenti di natanti, connessa al fatto che l’art. 25, comma 4, del d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431 (recante il regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche) subordina la sospensione cautelare della patente nautica all’inizio del procedimento penale — anche a voler prescindere dal rango secondario della norma invocata come tertium comparationis, va comunque negata la validità del postulato del giudice a quo, circa la totale omologabilità delle situazioni poste a confronto;
che contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, infatti, le esigenze di tutela dell’incolumità personale durante la circolazione stradale e durante la navigazione si prestano a valutazioni legislative diversificate, nei limiti della ragionevolezza, in rapporto alle caratteristiche dei mezzi impiegati, nonché alle modalità e all’intensità dei due tipi di circolazione;
che sostanzialmente immotivati, e comunque affatto privi di autonomia rispetto alle altre doglianze, risultano da ultimo i sospetti di violazione dei principi di libertà di circolazione e di buon andamento della pubblica amministrazione (artt. 16 e 97 Cost.);
che la questione deve essere dichiarata, pertanto, manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 223, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 385 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 120 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 16, 24, 25 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Imperia con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 2002.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2002.