CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza 31 luglio 2002 n. 413 – Pres. RUPERTO, Red. CHIEPPA – (giudizio promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 2000 e depositata il 22 gennaio 2001 dal T.A.R. Liguria sul ricorso proposto dall'AMGA s.p.a. - Azienda mediterranea gas e acqua, contro il Comune di Savona ed altri, iscritta al n. 963 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2002).
Comune e Provincia – Servizi pubblici – Servizio di distribuzione del gas naturale – Affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica - Disciplina transitoria prevista dall’art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 – Omessa previsione di limitazioni territoriali per le società che gestiscono servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica - Questione di legittimità costituzionale – Ex artt. 3, 41, 76 della Costituzione – Infondatezza.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 41, 76 della Costituzione - dell'art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui consente senza limitazioni - da intendersi, secondo il giudice remittente, come territoriali o funzionali e per un periodo transitorio che potrebbe protrarsi oltre i cinque anni previsti in via generale - alle società che gestiscono "servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica", la partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale (1).
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(1) La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata soltanto in ordine all’art. 15, comma 10, del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, che prevede esclusivamente una deroga (transitoria) al divieto di partecipazione alle gare indette a norma dell’art. 14, comma 1, consentendo la partecipazione "senza limitazioni" ai soggetti titolari degli affidamenti e delle concessioni "in essere alla data di entrata in vigore" del d.lgs. n. 164 del 2000 (art. 14, comma 5). La durata del regime transitorio di mantenimento di detti affidamenti e concessioni è variamente determinata in base al combinato disposto dei commi precedenti al decimo (commi da 4 a 8 per i casi di concessioni e affidamenti avvenuti senza gara).
Secondo la Corte, nella specie la disciplina transitoria in discorso non ha innanzitutto violato l’art. 76 della Costituzione per mancata osservanza dei principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della legge n. 144 del 1999 che prevede l'obbligo di «eliminare ogni disparità normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas, garantendo, nei casi in cui siano previsti contributi, concessioni, autorizzazioni o altra approvazione per costruire o gestire impianti o infrastrutture del sistema del gas, uguali condizioni e trattamenti non discriminatori alle imprese».
La anzidetta disposizione di principio, infatti, secondo la Corte, non è tale da escludere un ragionevole regime transitorio (cfr. Corte cost., sentenze n. 217 del 1998; ordinanza n. 131 del 1988), ma deve essere interpretata alla luce dell'intera legge di delega, diretta espressamente a dare attuazione alla direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 (relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale), e quindi inserita nell’ambito di un sistema di apertura del mercato nazionale da attuarsi con gradualità in un quadro di integrazione europea, in modo da facilitare la transizione del settore italiano del gas ai nuovi assetti europei (argomentando dal riferimento, essenziale per il contenuto e i limiti della delega, alla direttiva comunitaria e all’art. 41, lettera g), della stessa legge n. 144 del 1999).
Non risultano inoltre violati artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto il regime transitorio (art. 15, comma 10, del d.lgs. n. 164 del 2000) può essere, di per sé stesso, come regime temporaneo di transizione, divergente dalla situazione definitiva.
Nello stesso tempo è tutt’altro che manifestamente irragionevole, secondo il Giudice delle leggi, che il regime transitorio sia determinato dal legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, tenendo conto, nel regolare il passaggio delle situazioni preesistenti in base ad un regime all’epoca valido in Italia, delle esigenze dello stesso principio di libertà di iniziativa economica e della libertà di concorrenza.
Ciò tanto più considerando che per i soggetti disciplinati dal comma 10 dell’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 e sottoposti ad obbligo di adeguamento, la possibilità temporanea di partecipare alle gare è consentita "a partire dalla data dell’avvenuta costituzione o trasformazione", mentre in una serie di ipotesi vi è previsione di cessazione anticipata (rispetto alle pattuizioni originarie) dei rapporti preesistenti, giustificata dall'esigenza di arrivare a regime in tempi ragionevolmente spediti, e controbilanciata dalla temporanea possibilità di partecipare a gare.
SENTENZA N.413
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre 2000 e depositata il 22 gennaio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto dall'AMGA s.p.a. (Azienda mediterranea gas e acqua) contro il Comune di Savona ed altri, iscritta al n. 963 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di costituzione dell'AMGA s.p.a. (Azienda mediterranea gas e acqua), del Comune di Savona, della Società italiana per il gas - ITALGAS s.p.a. e di Piccardo Maura, nonché gli atti di intervento della Confservizi e Federgasacqua e del Presidente del Consiglio dei ministri.
Udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi gli avvocati Luigi Manzi per l'AMGA s.p.a. (Azienda mediterranea gas e acqua), Corrado Mauceri per il Comune di Savona, Mario Alberto Quaglia per la Società italiana per il gas - ITALGAS s.p.a., Giovanni Bormioli per Piccardo Maura, Sergio Panunzio per la Confservizi e Federgasacqua e l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza emessa il 21 dicembre 2000, depositata il 22 gennaio 2001 (e pervenuta alla Corte costituzionale il 10 dicembre 2001) il Tribunale amministrativo regionale della Liguria - nel corso di un giudizio promosso dalla società AMGA (Azienda mediterranea gas e acqua s.p.a.) per l’annullamento della delibera consiliare del 12 giugno 2000, n. 24, con cui il Comune di Savona aveva attribuito a trattativa privata all’ ITALGAS s.p.a. il servizio pubblico per la distribuzione del gas per il periodo 1° gennaio 2001-31 dicembre 2015, prorogando così la durata della precedente concessione in scadenza al 31 dicembre 2000 - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144).
2.- Il giudice rimettente osserva, in via preliminare, che la società ricorrente, pur essendo una società primaria operante nel settore del gas, sarebbe priva di un interesse attuale e concreto a ricorrere sulla base del sistema a regime previsto dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000. Tale norma ammette a partecipare alle gare (dichiarate obbligatorie dal comma 1 dello stesso art. 14) per l’affidamento del servizio pubblico del gas le società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica (quale è l’AMGA), senza limitazioni territoriali; la stessa norma, però, esclude dalla partecipazione le società che "gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica". Sulla base di quest’ultima previsione legislativa la società ricorrente non potrebbe, pertanto, partecipare alla gara essendo affidataria diretta del servizio di distribuzione del gas nel Comune di Genova. Sennonché - continua il giudice a quo - l’art. 15 del d.lgs. citato consentirebbe "senza limitazioni" e per un periodo transitorio detta partecipazione.
2.1.- La specificazione "senza limitazioni" andrebbe intesa, secondo il Tribunale rimettente, nel senso che la partecipazione alle gare "delle società ex municipalizzate" possa avvenire senza alcuna limitazione territoriale e/o funzionale e non invece, come affermato dalle parti ricorrenti nel giudizio a quo, senza le "limitazioni altrimenti poste dallo stesso decreto n. 164".
3.- La disposizione transitoria impugnata attribuirebbe, pertanto, alla società AMGA la legittimazione ad agire ma sarebbe, sempre nella prospettiva del giudice a quo, viziata da illegittimità costituzionale.
3.1.- La possibilità concessa di partecipazione alla gara a soggetti che godono di posizioni di notevole vantaggio rispetto agli altri concorrenti per essere affidatari diretti del servizio pubblico, sempre secondo il Tar rimettente, vanificherebbe il principio della libera concorrenza che costituisce la ratio giustificativa della esclusione dettata a regime dall’art. 14, comma 5, del decreto citato. Più in particolare, viene sottolineato che: "il sistema transitorio così congegnato (che può protrarsi ben oltre i cinque anni previsti in via generale, per effetto degli incrementi consentiti dallo stesso art. 15, comma 7) stravolge, per effetto del superamento dei limiti territoriali e/o funzionali derivante dal combinato disposto con l’art. 14, quinto comma, con effetti perduranti nel tempo, tutto il sistema delineato a regime". Da qui il mancato rispetto del "principio della parità di condizioni tra i possibili concorrenti e della stessa uguaglianza di trattamento tra posizioni potenzialmente simili", con conseguente violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione.
3.2.- Il Tar rimettente assume, altresì, la violazione dell’art. 76 della Costituzione per non essere stati osservati i principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali). Detta disposizione, nel delegare il Governo a dare attuazione alla direttiva 98/30/CE, lo avrebbe vincolato ad "eliminare ogni disparità normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas (...)", al fine di garantire condizioni e trattamenti non discriminatori a favore delle imprese. La norma impugnata, di converso, consentendo - per un periodo transitorio ma rilevante - alle società affidatarie dirette del servizio la partecipazione alla gara pubblica, competendo con altre imprese del settore non ugualmente agevolate, falserebbe, conclude il giudice a quo, le regole della libera concorrenza.
4.- Si è costituita la Società italiana per il gas - ITALGAS s.p.a. -, controinteressata nel giudizio a quo, affermando di condividere le censure di illegittimità costituzionale prospettate dal giudice rimettente, qualora si volesse aderire all’interpretazione dallo stesso proposta secondo cui nel periodo transitorio le società affidatarie dirette del servizio pubblico potrebbero partecipare alle gare indette dall’ente locale senza alcun limite territoriale e/o funzionale.
Segnatamente, si osserva che la violazione dell’art. 3 della Costituzione deriverebbe dalla ampiezza irragionevole del periodo transitorio in cui le predette società miste potrebbero liberamente partecipare alle gare per l’affidamento del servizio, nonostante siano destinatarie di vantaggi economici e agevolazioni fiscali che le porrebbero in una situazione di favore rispetto alle altre partecipanti. Da qui l’assunto stravolgimento degli obiettivi della riforma e la lesione del principio di pari opportunità degli operatori nel mercato di distribuzione del gas.
4.1.- In relazione all’art. 41 della Costituzione, la difesa della società privata ne assume la violazione ritenendo che detta norma - letta, soprattutto, alla luce delle regole comunitarie esistenti in materia - "incorpora i principi essenziali di tutela della concorrenza", con la conseguente necessità di "un controllo di costituzionalità sulla legislazione restrittiva dei principi di libertà e di pari opportunità nell’ambito dell’iniziativa economica, più severo ed attento rispetto al passato".
4.2.- In relazione, infine, all’assunta violazione dell’art. 76 della Costituzione vengono ribadite le argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione.
4.3.- La difesa dell’ITALGAS, "in via subordinata", chiede che venga emanata una sentenza interpretativa di rigetto. La norma impugnata, potrebbe, infatti, essere interpretata - secondo la parte privata - nel senso di consentire alle società miste in esame la partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici in altri Comuni soltanto in presenza di un collegamento funzionale con gli interessi della collettività dell’ente locale che le ha costituite o che vi partecipa. Il termine "senza limitazioni" contenuto nella disposizione censurata andrebbe, pertanto, riferito esclusivamente alle rigorose "limitazioni" previste dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000 "che avrebbero radicalmente precluso alle società miste la partecipazione a gare", ma non anche alle preesistenti limitazioni territoriali e/o funzionali. L’interpretazione proposta sarebbe, ad avviso della esponente, avallata dalla permanenza del vincolo di scopo che continua a connotare l’attività delle società miste locali non essendo stata la relativa disciplina modificata dal citato decreto legislativo. Sarebbe, inoltre, continua la difesa della parte privata, "paradossale" ritenere che detto decreto abbia introdotto a regime una disciplina estremamente rigorosa al fine di tutelare la concorrenza e allo stesso tempo abbia previsto un periodo transitorio in cui varrebbe una disciplina addirittura più favorevole per le società miste (affidatarie dirette del servizio), rispetto a quella su cui il legislatore stesso ha inteso incidere.
5.- Si è costituito il Comune di Savona con una memoria in cui, dopo avere esposto il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale volto a limitare funzionalmente l’attività extra moenia delle società miste di scopo, si sofferma sulla ratio che giustificherebbe l’esclusione di queste ultime dalla partecipazione alle gare, qualora siano state affidatarie dirette del servizio. In particolare, si sottolinea come il legislatore avrebbe inteso evitare, con detta esclusione, che i soggetti in esame potessero risultare ingiustificatamente avvantaggiati rispetto agli altri concorrenti a causa delle agevolazioni economiche e fiscali di cui sarebbero destinatari.
5.1.- La difesa dell’ente comunale, al fine di salvaguardare l’assetto normativo predisposto dal d.lgs n. 164 del 2000, propone di interpretare la norma impugnata negli stessi termini esposti dalla difesa dell’ITALGAS s.p.a. riportati sub 4.3.; qualora non si intendesse seguire detta interpretazione si chiede che la norma impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima per le ragioni illustrate nell’ordinanza di rimessione.
6.- Si è costituita la dottoressa Maura Piccardo, dirigente comunale, parte resistente nel giudizio a quo, sostenendo che la norma impugnata potrebbe essere interpretata, al fine di evitare una declaratoria di illegittimità costituzionale, nel senso che la stessa possa trovare applicazione soltanto dopo la cessazione del periodo transitorio, in relazione alle gare, da svolgersi secondo le modalità previste dall’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 164 del 2000, che l’ente locale dovrà indire, ex art. 15, comma 6, dello stesso decreto, per provvedere all’affidamento diretto.
6.1.- "In via subordinata" si chiede l’accoglimento della questione per le motivazioni illustrate nell’ordinanza di rimessione.
6.2.- Nell’ultima parte della memoria si adduce, infine, il contrasto della disposizione censurata con gli artt. 82, 86, commi 1 e 2, del Trattato Ce - relativi alla portata e all’estensione del principio della libera concorrenza in ambito comunitario - con consequenziale necessità di dichiarare, "preliminarmente", la prevalenza delle predette norme comunitarie.
7.- Sono intervenute la Confservizi (Confederazione nazionale dei servizi) e la Federgasacqua (Federazione italiana delle imprese dei servizi idrici energetici e vari) svolgendo, in via preliminare, considerazioni volte a dimostrare la propria legittimazione a intervenire nel presente giudizio di costituzionalità, ancorché non siano state parti del processo a quo. In particolare, si sostiene che a rendere ammissibile il predetto intervento sarebbe la funzione istituzionale di rappresentazione degli interessi delle imprese che gestiscono servizi pubblici di distribuzione del gas svolta da entrambi gli enti. Si richiamano, a tal proposito, alcune decisioni della Corte costituzionale (sentenze n. 176 del 1996; n. 235 del 1997; ordinanze n. 67 del 1998 e n. 346 del 2001), con cui sarebbe stata riconosciuta ad enti ed associazioni la legittimazione a partecipare al giudizio di legittimità costituzionale nei casi in cui l’esito della decisione avrebbe potuto incidere - come avverrebbe, secondo le deducenti, nel caso in esame - sui diritti dei soggetti da essi rappresentati.
7.1.- Nel merito gli intervenienti affermano l’infondatezza della questione sollevata con una serie di argomentazioni.
8.- Si è costituita l’AMGA - Azienda mediterranea gas e acqua s.p.a. - chiedendo che la questione sollevata venga dichiarata inammissibile e infondata per le ragioni che verranno esposte con separata memoria.
9.- E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, osservando: a) in relazione all’assunta violazione delle disposizioni contenute nella legge delega che quest’ultima non escluderebbe affatto il ricorso alla disciplina transitoria; b) in relazione "ai restanti profili (...) che la norma denunziata sembra obbedire a criteri di necessità e di ragionevolezza, mirando essa sostanzialmente ad impedire l’inoperatività della legge sino al termine di adozione previsto per gli enti locali per l’adeguamento alle disposizioni del decreto medesimo". La difesa erariale chiede, pertanto, che la questione venga dichiarata non fondata.
10.- Nell’imminenza dell’udienza pubblica sono state depositate dalle parti costituite e intervenute ulteriori memorie difensive.
10.1.- La Società italiana per il Gas - ITALGAS s.p.a. - ha ribadito, con ampiezza di argomentazioni, quanto già sostenuto nell’atto di costituzione.
10.2.- La dottoressa Maura Piccardo - dopo aver illustrato le regole poste alla base della nuova costituzione economica e i principi comunitari e nazionali di liberalizzazione e concorrenza caratterizzanti l’intera riforma del mercato del gas naturale - ha sottolineato come la disposizione impugnata risponda alla diversa logica della conservazione tendenzialmente "statica" delle imprese già operanti nel settore con addirittura un rafforzamento della loro posizione. Sarebbe stato più ragionevole, ha sostenuto, concedere semmai alle imprese affidatarie dirette del servizio la facoltà "di svincolarsene anticipatamente" in modo da poter "competere ad armi pari" con gli altri concorrenti per l’attribuzione della gestione del servizio stesso. La difesa della parte conclude ribadendo la richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata o, in subordine, l’adozione dell’interpretazione adeguatrice proposta nell’atto di costituzione.
10.3.- La Confservizi e la Federgasacqua, in via preliminare, riaffermano la propria legittimazione ad intervenire nel giudizio costituzionale. Nel merito chiedono l’accoglimento della questione sollevata ritenendo "insostenibile" l’interpretazione adeguatrice che vorrebbe limitare la possibilità di partecipazione alle gare delle società miste soltanto a quelle indette dal "proprio" ente pubblico di riferimento, per vari ordini di motivi.
10.4.- La difesa dello Stato nella memoria integrativa depositata, si sofferma sulla ratio della previsione del periodo transitorio, volto a garantire un passaggio graduale dal vecchio al nuovo sistema di distribuzione del gas per imprese esistenti sul mercato; un divieto di partecipazione alle gare in detto periodo avrebbe escluso per le dette imprese "la possibilità di garantirsi in alcun modo la continuazione della (...) attività imprenditoriale" una volta cessati il periodo transitorio e la gestione in corso, con conseguente crisi delle società interessate e pregiudizio per la stessa concorrenza. Per quanto attiene alla assunta violazione dell’art. 76 della Costituzione l’Avvocatura osserva che la legge delega non si riferirebbe alla possibilità o meno di partecipazione alla gara; in ogni caso, la previsione di una disciplina transitoria non urterebbe contro alcun principio direttivo contenuto nella legge delega stessa, costituendo al contrario "integrazione e attuazione" di quanto stabilito dalla direttiva CE n. 98/30.
10.5.- La Società AMGA, con la memoria chiede, in via preliminare, che la questione venga dichiarata inammissibile per carenza di motivazione sulla rilevanza. Questi i motivi: a) mancata indicazione di quale sia "il notevole vantaggio" dei soggetti affidatari diretti del pubblico servizio, la cui partecipazione alla gara rischierebbe di falsare le regole della concorrenza; b) non verrebbe specificato se detti vantaggi siano riconnessi soltanto alla posizione delle società miste o anche a quella delle società private a cui pure si riferisce la norma transitoria. Si sottolinea, inoltre, come detta carenza di motivazione renderebbe indefinito lo stesso thema decidendum, non comprendendosi se il dubbio di legittimità costituzionale della norma censurata investa le sole società miste o, più in generale, i soggetti (pubblici o privati) che abbiano avuto affidamenti del servizio senza gara.
10.5.1.- Nel merito la difesa della società evidenzia la ratio sottesa al regime transitorio volta a garantire un graduale passaggio dal vecchio al nuovo regime e a tutelare l’affidamento dei gestori diretti del servizio legittimamente scelti in virtù della normativa precedente (si richiamano, a tal proposito, Corte di giustizia CE 29 febbraio 1996, in cause riunite C-296/93 e C-307/93; Corte costituzionale, n. 390 del 1995); una applicazione immediata del divieto di partecipazione sulla base di una "previsione del tutto nuova per il nostro ordinamento" vanificherebbe le aspettative dei soggetti imprenditoriali che non potrebbero aspirare ad ampliare la propria attività nel settore dei servizi.
10.5.2.- Non si potrebbe, inoltre - sempre secondo l’AMGA -, seguire l’interpretazione adeguatrice proposta dal Comune di Savona secondo cui la partecipazione delle società miste affidatarie dirette sarebbe ammessa con la permanenza del vincolo territoriale e/o funzionale. Ciò in quanto il legislatore non avrebbe operato alcuna distinzione tra le gare accessibili da parte dei concessionari privati e quelle accessibili da parte delle società miste locali, con la conseguenza che vietare l’attività extra moenia di queste ultime significherebbe introdurre una ingiustificata discriminazione a favore dei primi. Inoltre "se la società mista potesse essere ammessa alla gara solo qualora fosse anche gestore uscente (...) non vi sarebbe stata nemmeno alcuna ragione di prevedere una disposizione transitoria, di deroga al regime ordinario delineato dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. 164". Si sottolinea, infine, come, in ogni caso, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza 3 settembre 2001, n. 4586), avrebbe ritenuto insussistente - alla luce della natura delle società miste - i limiti all’attività extraterritoriale delle stesse, esigendo soltanto che detta attività non incida negativamente sulla gestione del servizio affidato dal Comune.
Questa interpretazione troverebbe, ad avviso della difesa della società, una conferma nel comma 2 dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), nella parte in cui prevede che a far tempo dalla scadenza del periodo transitorio "è comunque vietato alle società di capitali in cui la partecipazione pubblica è superiore al 50 per cento, se ancora affidatarie, di partecipare ad attività imprenditoriali al di fuori del proprio terreno"; il che significherebbe "a contrario" che "prima di tale disposizione non vi era alcun divieto di attività extra moenia da parte delle s.p.a. a partecipazione maggioritaria pubblica".
10.5.3.- L’AMGA ritiene, altresì, non censurabile da parte della Corte costituzionale la durata del periodo transitorio senza invadere la sfera discrezionale del legislatore; si pone, comunque, in evidenza come l'eventuale protrazione di detto periodo costituirebbe pur sempre un’eccezione giustificata dalla necessità di porre in essere operazioni volte ad accrescere le dimensioni dei soggetti gestori ed a realizzare l’ingresso di capitali privati nelle società in mano pubblica per consentire a queste ultime di aumentare le proprie dimensioni ponendosi sul mercato in posizione di parità con le grandi aziende europee.
10.5.4.- In ordine all’assunta violazione dell’art. 3 della Costituzione l’AMGA osserva che, qualora fosse stata prevista una applicazione immediata del nuovo regime, si sarebbe compromessa la stessa sopravvivenza delle società miste con evidenti difficoltà di reinserimento nel mercato; incidendo, così, ulteriormente sulla loro posizione già pregiudicata dalla risoluzione anticipata degli affidamenti in atto senza rimborso per il "mancato profitto". La disposizione transitoria sarebbe, pertanto, ragionevole, non introducendo alcuna ingiustificata discriminazione che sussisterebbe, di converso, se si consentisse la partecipazione alle gare soltanto ad imprenditori privati.
10.5.5.- In ordine all’assunta violazione dell’art. 41 della Costituzione la difesa della società - dopo avere premesso che la norma costituzionale tutela allo stesso modo l’iniziativa pubblica e privata - afferma che la predetta violazione sarebbe ravvisabile soltanto qualora "alcuni operatori economici (sia pubblici che privati) venissero esclusi da determinati settori in modo ingiustificato"; la norma impugnata, invece, consentirebbe "l’accesso al mercato a tutti gli operatori, previa gara e quindi in condizioni adeguatamente paritarie, senza sacrificare la possibilità, per alcuna delle imprese del gas, di svolgere la propria attività economica". Né si può ritenere che le società miste godano, rispetto agli altri imprenditori, di una situazione privilegiata, non beneficiando (a differenza delle aziende speciali) della possibilità di ripianamento di eventuali "deficit" con oneri a carico del Comune, né di agevolazioni fiscali essendo le stesse cessate al 31 dicembre 1999, ex art. 3 della legge n. 549 del 1995; viene richiamata, in proposito, fermo restando quanto sostenuto, la decisione della Corte di giustizia CE, sez. VI, 7 dicembre 2000 (in causa C-94/99, ARGE e Bundsministerium für Land), secondo cui l’eventuale esistenza di vantaggi a favore di alcuni organismi partecipanti ad un appalto pubblico di servizi non violerebbe il principio di parità di trattamento nelle pubbliche gare.
10.5.6 - In ordine, infine, all’assunta violazione dell’art. 76 della Costituzione si deduce che il legislatore delegato avrebbe: disciplinato nel medesimo modo imprenditoria pubblica e privata; introdotto l’obbligo del confronto concorrenziale per qualsiasi soggetto aspirante al servizio. Si sarebbe, inoltre, dettata una disciplina in linea con quanto contenuto nella direttiva CE 98/30 che espressamente prevede la possibilità che gli Stati membri introducano deroghe temporanee al sistema "a regime".
Considerato in diritto
1.- La questione di legittimità costituzionale sottoposta all'esame della Corte dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con ordinanza depositata il 22 gennaio 2001, investe l’art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui consente senza limitazioni - da intendersi, secondo il giudice a quo, come territoriali o funzionali e per un periodo transitorio che potrebbe protrarsi oltre i cinque anni previsti in via generale - alle società che gestiscono "servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica", la partecipazione alla gara per l’affidamento del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale.
Viene denunciata la violazione:
a) degli artt. 3 e 41 della Costituzione, per contrasto della norma censurata con il "principio della parità di condizioni tra i possibili concorrenti e della stessa uguaglianza di trattamento tra posizioni potenzialmente simili", in quanto le predette società sarebbero, nella loro posizione di "affidatarie dirette", destinatarie di rilevanti agevolazioni fiscali e vantaggi economici;
b) dell’art. 76 della Costituzione sotto il profilo della inosservanza dei principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della legge 17 maggio 1999, n. 144, recante "Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali", in quanto il decreto delegato non avrebbe eliminato "ogni disparità normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas", al fine di garantire condizioni e trattamenti non discriminatori a favore delle imprese.
2.- Preliminarmente deve essere dichiarata la inammissibilità dell’intervento della Confservizi (Confederazione nazionale dei servizi) e della Federgasacqua (Federazione italiana delle imprese dei servizi idrici energetici e vari), in quanto soggetti estranei al giudizio a quo (cfr. sentenza n. 289 del 1999; ordinanza n. 262 del 2002) e non titolari di un interesse qualificato, né tantomeno pubblicistico (sentenza n. 171 del 1996), non potendo vantare una partecipazione a convenzioni o intese, con conseguenti riflessi giuridici diretti sull'attività espletata (v. sentenza n. 67 del 1998) o un legale potere rappresentativo (cfr. sentenza n. 235 del 1997).
3.- Deve essere precisato che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata soltanto in ordine all’art. 15, comma 10, del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, che prevede esclusivamente una deroga (transitoria) al divieto di partecipazione alle gare indette a norma dell’art. 14, comma 1, consentendo la partecipazione "senza limitazioni" ai soggetti titolari degli affidamenti e delle concessioni "in essere alla data di entrata in vigore" del d.lgs. n. 164 del 2000 (art. 14, comma 5). La durata del regime transitorio di mantenimento di detti affidamenti e concessioni è variamente determinata in base al combinato disposto dei commi precedenti al decimo (commi da 4 a 8 per i casi di concessioni e affidamenti avvenuti senza gara).
Pertanto, rimangono estranei alla norma denunciata (e quindi devono ritenersi al di fuori della questione di legittimità costituzionale sollevata) sia i termini di durata del regime transitorio e la effettiva temporaneità della deroga, sia le possibilità di incrementi o di sommatorie di durata del regime transitorio (del resto, queste ultime possibilità non sono state neppure enunciate come rilevanti ed attuali).
4.- L’ordinanza del Tar ha offerto una interpretazione plausibile della norma denunciata fornendo una giustificazione, egualmente plausibile, della rilevanza della questione proposta.
Né può essere invocata, come fatto dalla difesa di alcune parti, la sopravvenuta modifica all’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), introdotta dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), sia perché successiva alla fattispecie in discussione e non retroattiva, sia perché espressamente non innovativa delle disposizioni previste per i singoli settori e di quelle nazionali di attuazione delle normative comunitarie (art. 113, comma 1, nel testo modificato, cit.), sia, infine, per il carattere meramente residuale e sussidiario dell’art. 35, comma 2, della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448 (applicabile in mancanza di un congruo periodo di transizione previsto dalle disposizioni relative ai singoli settori).
5.- Così circoscritto l’ambito ammissibile delle questioni, come ritualmente proposte, deve esserne dichiarata la non fondatezza, rispetto a tutti i parametri invocati (artt. 3, 41 e 76 della Costituzione).
Un esame prioritario merita il profilo relativo alla pretesa violazione dell’art. 76 della Costituzione per mancata osservanza dei principi e criteri direttivi dettati dall’art. 41, lettera c), della legge n. 144 del 1999 che prevede l'obbligo di «eliminare ogni disparità normativa tra i diversi operatori nel sistema del gas, garantendo, nei casi in cui siano previsti contributi, concessioni, autorizzazioni o altra approvazione per costruire o gestire impianti o infrastrutture del sistema del gas, uguali condizioni e trattamenti non discriminatori alle imprese».
La anzidetta disposizione di principio non è tale da escludere un ragionevole regime transitorio (cfr. sentenze n. 217 del 1998; ordinanza n. 131 del 1988), ma deve essere interpretata alla luce dell'intera legge di delega, diretta espressamente a dare attuazione alla direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 (relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale), e quindi inserita nell’ambito di un sistema di apertura del mercato nazionale da attuarsi con gradualità in un quadro di integrazione europea, in modo da facilitare la transizione del settore italiano del gas ai nuovi assetti europei (argomentando dal riferimento, essenziale per il contenuto e i limiti della delega, alla direttiva comunitaria e all’art. 41, lettera g), della stessa legge n. 144 del 1999).
Né si può configurare, ai fini del presente giudizio relativo all’art.15, comma 10, del d.lgs. n. 164 del 2000, una violazione dei limiti della delega sotto il profilo della eguaglianza di condizioni e di pari opportunità tra i diversi operatori del settore, con l’obiettivo finale di eliminare situazioni di privilegio preesistenti previste dalla normativa comunitaria, in quanto la stessa direttiva comunitaria presupponeva l'esistenza di differenze tra le varie economie, con l'eventualità di deroghe a carattere temporaneo e limitato, nonché l'esigenza di gradualità nell'instaurazione del mercato interno del gas.
D’altro canto, per quanto riguarda la possibilità di partecipare alle gare prevista dalla norma denunciata, non sussiste una situazione di diseguaglianza o discriminatoria, in quanto a tutti i soggetti è attribuita tale facoltà di partecipazione nel periodo transitorio, dilazionando, in detto periodo, la preclusione per determinate situazioni sancita in via definitiva da norma destinata a operare a regime. Ragionando diversamente si perverrebbe all’assurda conseguenza di escludere in linea di principio, in caso di innovazioni di sistemi o di regimi, la possibilità di gradualità di attuazione e modalità di adattamento temporanei e transitori.
6.- Le predette considerazioni portano ad escludere la violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto il regime transitorio (art. 15, comma 10, del d.lgs. n. 164 del 2000) può essere, di per sé stesso come regime temporaneo di transizione, divergente dalla situazione definitiva. Nello stesso tempo è tutt’altro che manifestamente irragionevole che il regime transitorio sia determinato dal legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, tenendo conto, nel regolare il passaggio delle situazioni preesistenti in base ad un regime all’epoca valido in Italia, delle esigenze dello stesso principio di libertà di iniziativa economica e della libertà di concorrenza. In realtà, il legislatore ha riscontrato la necessità di intervenire in via transitoria per impedire una serie di ostacoli operativi e concorsuali con rischi - connessi all'immobilizzo di ogni acquisizione di mercato - per il successivo reinserimento e quindi per la sopravvivenza di categorie di imprese esistenti e legittimamente operanti ed aventi nel mercato italiano una consistenza tutt’altro che trascurabile, ancorché a dimensioni ridotte rispetto alle grandi aziende di altri Paesi.
Ciò tanto più considerando che per i soggetti disciplinati dal comma 10 dell’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 e sottoposti ad obbligo di adeguamento, la possibilità temporanea di partecipare alle gare è consentita "a partire dalla data dell’avvenuta costituzione o trasformazione", mentre in una serie di ipotesi vi è previsione di cessazione anticipata (rispetto alle pattuizioni originarie) dei rapporti preesistenti, giustificata dall'esigenza di arrivare a regime in tempi ragionevolmente spediti, e controbilanciata dalla temporanea possibilità di partecipare a gare.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41, 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2002.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2002.