CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza 13 febbraio 2003 n. 48
- Pres. CHIEPPA, Red. ONIDA - (giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 5 settembre 2002, depositato in cancelleria il 12 successivo ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2002).Regioni - Regione Sardegna - Istituzione di nuove Province - Anticipata scadenza del mandato elettorale degli organi delle preesistenti province - Mediante l’indizione di elezioni anticipate - Ex art. 1, comma 2, della legge regionale della Sardegna 1° luglio 2002, n. 10 - Non prevista in generale, ma con una legge-provvedimento - Illegittimità costituzionale.
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge regionale della Sardegna 1° luglio 2002, n. 10 (Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4), con il quale - a seguito dell’istituzione, in forza della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9, delle nuove province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell’Ogliastra e di Olbia-Tempio - si dispone che l’elezione degli organi delle nuove province abbia luogo nell’ordinario turno di elezioni amministrative dell’anno 2003, con conseguente scadenza di diritto del mandato degli organi delle province preesistenti di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari (sul territorio delle quali la istituzione delle nuove province incide), organi al cui rinnovo si procede nella stessa data.
Tra i principi che si ricavano dalla Costituzione vi è certamente quello per cui la durata in carica degli organi elettivi locali, fissata dalla legge, non è liberamente disponibile da parte della Regione nei casi concreti. Vi è infatti un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della stessa struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali.
Un’abbreviazione di tale mandato può bensì verificarsi, nei casi previsti dalla legge, per l’impossibilità di funzionamento degli organi o per il venir meno dei presupposti di "governabilità" che la legge stabilisce (cfr. ad es. gli artt. 53 e 141, comma 1, lettere b e c, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), ovvero in ipotesi di gravi violazioni o di gravi situazioni di pericolo per la sicurezza pubblica che la legge sanzioni con lo scioglimento delle assemblee (cfr. ad es. l’art. 141, comma 1, lettera a, e l’art. 143 del citato testo unico). Tuttavia, le ipotesi eccezionali di abbreviazione del mandato elettivo debbono essere preventivamente stabilite in via generale dal legislatore, non potendo una legge provvedimento, disancorata da presupposti prestabiliti in via legislativa, disporre della durata degli organi eletti (1).
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(1) Ha osservato la Corte che tra le ipotesi eccezionali di abbreviazione del mandato elettivo non è escluso che possa ricorrere anche il sopravvenire di modifiche territoriali che incidano significativamente sulla componente personale dell’ente, su cui si basa l’elezione: come, ad esempio, prevede per il caso degli organi comunali l’art. 8, quarto comma, lettera a, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (non compreso nell’abrogazione espressa disposta dall’art. 274, comma 1, lettera e, del testo unico n. 267 del 2000), secondo cui si procede alla rinnovazione integrale del consiglio comunale quando, per effetto di una modificazione territoriale, si sia verificata una variazione di almeno un quarto della popolazione del Comune. Ma, ancora una volta, una siffatta ipotesi dovrebbe essere prevista e disciplinata in via generale dalla legge, ovviamente sulla base di presupposti non irragionevoli.
In ogni caso, non può essere una legge provvedimento, disancorata da presupposti prestabiliti in via legislativa, a disporre della durata degli organi eletti.
Proprio questa, invece, è la portata dell’articolo 1, comma 2, della legge regionale della Sardegna 1° luglio 2002, n. 10. Esso, nel prevedere che si proceda all’elezione degli organi delle nuove Province, stabilisce altresì che decadano di diritto quelli delle Province preesistenti, nel logico presupposto che non possa darsi una doppia contemporanea rappresentanza, nell’ambito di organi elettivi preesistenti e di organi di nuova elezione, delle popolazioni dei territori oggetto della variazione territoriale. Tuttavia, tale previsione di abbreviazione del mandato degli organi delle Province preesistenti (eletti solo tre anni fa) non trova supporto in alcuna disciplina a carattere generale che la contempli e ne precisi i presupposti.
SENTENZA N. 48
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 1° luglio 2002, n. 10, recante "Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 5 settembre 2002, depositato in cancelleria il 12 successivo ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2002.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2003 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Graziano Campus e Sergio Panunzio per la Regione Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 5 settembre e depositato il successivo 12 settembre 2002 il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 1° luglio 2002, n. 10, recante "Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4", con particolare riguardo all’art. 1, con il quale, a seguito dell’istituzione, in forza della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9, delle nuove province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell’Ogliastra e di Olbia-Tempio, si dispone che l’elezione degli organi delle nuove province abbia luogo nell’ordinario turno di elezioni amministrative dell’anno 2003, con conseguente scadenza di diritto del mandato degli organi delle province preesistenti di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari (sul territorio delle quali la istituzione delle nuove province incide), organi al cui rinnovo si procede nella stessa data.
Ad avviso del ricorrente, benché alla Regione Sardegna sia attribuita dall’art. 3 dello statuto speciale di autonomia competenza legislativa primaria nella materia dell’"ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni", e benché "rientri nelle sue competenze l’istituzione di nuove province nel territorio – cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 230 del 2001 e art. 43 dello statuto" –, tale competenza legislativa deve tuttavia essere esercitata nei limiti derivanti dall’armonia con le norme della Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica. Le disposizioni censurate, in particolare l’art. 1, comma 2, eccederebbero la competenza della Regione, in quanto la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione recata dalla legge cost. n. 3 del 2001, nel nuovo testo dell’art. 117, comma 2, lettera p, attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia della "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane". La disciplina della materia elettorale degli enti locali, inoltre, sarebbe organicamente contenuta nella normativa statale vigente (legge 8 marzo 1951, n. 122; legge 7 giugno 1991, n. 182; legge 25 marzo 1993, n. 81), che conferisce al Ministero dell’interno la potestà di fissare la data per lo svolgimento delle elezioni dei nuovi consigli comunali e provinciali, comunicandola immediatamente ai prefetti, affinché provvedano alla convocazione dei comizi, nonché nel testo unico sull’ordinamento degli enti locali approvato con il d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale, agli artt. 141 e seguenti, disciplina, in modo analitico e uniforme per tutto il territorio regionale (rectius: nazionale), lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, prevedendo competenze, tempi, procedure.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
Osserva in via preliminare la Regione che, se per far coincidere cronologicamente le elezioni per le vecchie e per le nuove Province istituite con legge regionale nel 2001 si fosse attesa la scadenza naturale del mandato degli organi delle prime, la concreta attivazione degli organi delle seconde sarebbe stata rimandata fino all’anno 2005. La scelta operata con la legge impugnata, di tenere la consultazione elettorale per gli organi delle nuove Province "nell’ordinario turno di elezioni amministrative dell’anno 2003", anticipando alla medesima data la scadenza degli organi di quelle preesistenti, in modo da permetterne il rinnovo contestualmente con l’elezione per le prime, troverebbe la sua giustificazione nella ritenuta inopportunità di far attendere tre anni i cittadini delle neoistituite Province prima di poter votare per consentire l’insediamento degli organi elettivi. La contestualità del rinnovo, poi, sarebbe vincolata, essendo state disegnate le circoscrizioni delle nuove Province scorporando porzioni di territorio da ognuna delle quattro Province già esistenti, in quanto, altrimenti, la sola elezione degli organi delle nuove Province avrebbe avuto come effetto una doppia rappresentanza degli elettori quivi residenti.
Quanto al merito della censura, la Regione ritiene palesemente infondata la tesi della difesa erariale secondo cui le disposizioni denunciate, concernenti la durata degli organi provinciali, non rientrerebbero nella competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione dall’art. 3, comma 1, lettera b, dello statuto in materia di "ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni", ma inciderebbero nella materia della "legislazione elettorale" riservata in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera p, della Costituzione. Ad avviso della Regione, infatti, in quest’ultima materia rientrano sicuramente le modalità di svolgimento delle consultazioni, e quindi il sistema elettorale, la presentazione delle liste, l’attribuzione dei seggi ai gruppi di candidati, la determinazione della cifra elettorale, la proclamazione degli eletti e così via, ma non norme legislative regionali come quelle impugnate, le quali, oltre a stabilire l’anticipazione della scadenza degli organi per le vecchie Province, onde consentire lo svolgimento contestuale delle consultazioni elettorali sia per esse che per le nuove (art. 1, comma 2), prevedono la nomina, da parte della Giunta regionale, di un commissario per curare gli adempimenti connessi alla istituzione della nuova Provincia (art. 2); affidano al detto commissario il compito di individuare le sedi provvisorie degli organi e degli uffici della nuova Provincia (art. 3); attribuiscono ai consigli provinciali il potere di determinare, con norme statutarie, i capoluoghi delle nuove Province (art. 4).
D’altronde, osserva la Regione Sardegna, che la disciplina della durata degli organi elettivi provinciali non possa considerarsi parte della materia elettorale trova conferma, indiretta ma palese, nell’art. 38 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il "testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali", il quale prevede che la "durata in carica" dei consigli comunali e provinciali è regolata dallo stesso testo unico, il cui titolo si riferisce esplicitamente ed esclusivamente alla disciplina dell’"ordinamento" degli enti locali: materia certamente attribuita alla competenza legislativa regionale dall’art. 3, lettera b, dello statuto.
Quanto all’altro argomento posto dalla difesa erariale a fondamento della questione, e cioè il fatto che la disciplina della materia elettorale degli enti locali sarebbe organicamente contenuta nella normativa statale vigente, ad avviso della Regione esso incorrerebbe in un doppio equivoco. Da una parte, infatti, verrebbero così ritenute "espressione" della materia elettorale le norme che conferiscono al Ministro dell’interno il potere di fissare la data per lo svolgimento delle elezioni dei consigli comunali e provinciali, o che attribuiscono ai prefetti il compito di convocare i comizi, o che disciplinano i casi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali: norme queste palesemente estranee alla materia elettorale, ed attinenti piuttosto alla disciplina della durata degli organi elettivi – e quindi all’"ordinamento" dei medesimi – o alla materia dei controlli. Dall’altra, si finirebbe per ritenere che, esistendo già in tali ambiti una disciplina statale, ed applicandosi essa anche nel territorio della Regione Sardegna, quest’ultima non possa provvedere direttamente a regolare, con normativa propria, quei medesimi ambiti. Al contrario, se la Regione non ha esercitato la propria competenza legislativa fondata sull’art. 3, lettera b, dello statuto, consentendo così alla disciplina statale di spiegare effetti anche sul territorio regionale, ciò sarebbe avvenuto solo in forza del disposto dell’art. 57 dello statuto, secondo il quale "nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato". Sicché, ad avviso della Regione, la circostanza che la disciplina statale della materia – da ultimo quella del d.lgs. n. 267 del 2000 – sia tuttora applicata nella Regione non incide sulla possibilità che questa possa esercitare la propria potestà legislativa, modificando o derogando alla legge dello Stato, come è accaduto nella specie.
D’altra parte, è lo stesso testo unico del 2000 sull’ordinamento degli enti locali appena menzionato che, all’art. 1, esclude l’applicazione alle Regioni a statuto speciale delle disposizioni da esso dettate "se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione". Ciò, ad esempio, sarebbe già avvenuto nella materia considerata con l’approvazione della legge regionale 29 dicembre 1998, n. 38, che dispose il rinvio di un anno delle elezioni dei consigli comunali e provinciali della Sardegna – modificando la normale durata di tali organi –, consultazioni elettorali previste "per una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 1999" in base alla legge statale n. 182 del 1991. In quell’occasione, la legge regionale non sarebbe stata oggetto di alcuna impugnazione da parte del Governo.
Rileva ancora la Regione in via meramente subordinata che, anche qualora si volesse ascrivere la normativa impugnata alla materia elettorale, l’infondatezza della questione sollevata nondimeno discenderebbe dalla titolarità, in capo alla Regione, della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, materia nella quale dovrebbe ritenersi compresa anche la disciplina delle modalità di svolgimento delle consultazioni elettorali.
Conclusioni non diverse, infine, possono trarsi, secondo la Regione Sardegna, dal nuovo testo dell’art. 117, secondo comma, lettera p, della Costituzione, invocato dal ricorrente per sostenere la spettanza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane". Tale disposizione costituzionale andrebbe infatti interpretata in coordinazione con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha approvato le modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, articolo a tenore del quale "fino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite". Pertanto, essendo la Regione Sardegna già titolare di una competenza – quella in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni – comprendente anche la disciplina elettorale degli enti locali, la nuova competenza esclusiva attribuita allo Stato non potrebbe in alcun modo esplicarsi anche nei confronti di essa Regione senza ridurne e ridimensionarne l’autonomia legislativa conferita dallo statuto.
Considerato in diritto
1.– Il Governo ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per eccesso dalla competenza regionale, degli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge regionale della Sardegna 1° luglio 2002, n. 10 (Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4).
L’art. 1 della legge impugnata, al comma 1, stabilisce la delimitazione delle nuove Province istituite dalla legge regionale 12 luglio 2001, n. 9; al comma 2 prevede che "le elezioni degli organi delle nuove province hanno luogo nell’ordinario turno di elezioni amministrative dell’anno 2003", e che "conseguentemente scade di diritto il mandato degli organi delle province preesistenti di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari e si procede al loro rinnovo nella stessa data".
Gli artt. 2, 3 e 4 recano integrazioni alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle province e procedure ordinarie per l’istituzione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali). In particolare, essi prevedono la nomina di un commissario per gli adempimenti connessi alla istituzione di nuove Province fino all’insediamento degli organi elettivi (art. 2); la individuazione ad opera del commissario delle sedi provvisorie degli organi e degli uffici delle nuove Province (art. 3); le modalità di determinazione dei capoluoghi delle nuove Province (art. 3).
Il Governo ricorrente, pur riconoscendo che la Regione gode di competenza legislativa primaria – da esplicare però nei limiti derivanti dall’armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica – nella materia dell’"ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni" (art. 3, lettera b, dello statuto speciale), e che rientra nelle competenze della stessa l’istituzione di nuove Province, come statuito da questa Corte con la sentenza n. 230 del 2001, afferma che le disposizioni impugnate eccedono la competenza della Regione, in quanto l’art. 117, secondo comma, lettera p, della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la materia della "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane"; e in quanto la disciplina della "materia elettorale degli enti locali" sarebbe organicamente contenuta nella normativa statale vigente, che conferisce al Ministero dell’interno il potere di fissare la data per lo svolgimento delle elezioni dei consigli comunali e provinciali e disciplina, in modo analitico e uniforme per tutto il territorio nazionale, lo scioglimento dei consigli ad opera di organi statali, prevedendo competenze, tempi e procedure.
2.– La questione concernente l’art. 1, limitatamente al comma 2, della legge impugnata è fondata nei termini di seguito precisati.
2.1.– Non rileva, in questa materia, la norma – invocata dal Governo ricorrente – dell’art. 117, secondo comma, lettera p, della Costituzione, che definisce fra l’altro la "legislazione elettorale" relativa alle Province come oggetto di legislazione esclusiva dello Stato. Infatti le disposizioni del nuovo titolo V, parte II, della Costituzione, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, non si applicano alle Regioni ad autonomia speciale, se non per "le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" (art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e in proposito cfr. ordinanza n. 377 del 2002, sentenze nn. 408, 533 e 536 del 2002).
Nel caso specifico dell’ordinamento degli enti locali, il nuovo testo dell’art. 117 non fa che ripercorrere, in forme nuove, le tracce del sistema costituzionale preesistente, in cui le sole Regioni a statuto speciale godevano già (in particolare dopo la riforma degli statuti recata dalla legge cost. 23 settembre 1993, n. 2) di una competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali del proprio territorio, mentre le Regioni ordinarie ne erano prive. Tale competenza, attribuita alle Regioni differenziate, non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti.
Ancor meno può valere come argomento il fatto che esista una legislazione statale uniforme in tema di elezioni provinciali e di scioglimento dei consigli provinciali. La competenza primaria della Regione, nei limiti ad essa propri, si può infatti esplicare anche e proprio sostituendo, limitatamente al proprio territorio, le norme statali con norme regionali.
2.2.– Non può accogliersi nemmeno una prospettazione secondo cui la legislazione elettorale sarebbe di per sé estranea alla materia dell’ordinamento degli enti locali.
La configurazione degli organi di governo degli enti locali, i rapporti fra gli stessi, le modalità di formazione degli organi, e quindi anche le modalità di elezione degli organi rappresentativi, la loro durata in carica, i casi di scioglimento anticipato, sono aspetti di questa materia: anche se, come è evidente, diversi e diversamente intensi possono essere i vincoli per il legislatore regionale derivanti dall’esigenza di rispettare i principi costituzionali e dell’ordinamento giuridico, quando l’intervento legislativo tocca i delicati meccanismi della democrazia locale.
Che, in ogni caso, anche l’elezione degli organi di Comuni e Province rientri nell’ambito della competenza in tema di ordinamento degli enti locali è confermato non solo dalla legislazione regionale, in particolare della Regione Siciliana che da più tempo esercita tale competenza, e dalle norme di attuazione di altri statuti (cfr. l’art. 7 del d. lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, recante "Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni", che espressamente stabilisce che "la regione disciplina il procedimento di elezione negli enti locali, esercitandone tutte le funzioni, compresa la fissazione e l’indizione dei comizi elettorali"), ma anche dalla giurisprudenza di questa Corte: già la sentenza n. 105 del 1957 ha espressamente riconosciuto che la disciplina elettorale rientra nelle locuzioni "regime degli enti locali" e "ordinamento degli enti locali" che identificano la competenza in materia della Regione Siciliana; e, più di recente, la sentenza n. 84 del 1997 ha assunto come presupposto l’appartenenza della disciplina delle elezioni comunali e provinciali alla competenza regionale della Sicilia in materia di ordinamento degli enti locali.
3.– Il quesito sulla legittimità costituzionale della norma regionale impugnata va dunque esaminato alla sola luce dei limiti che l’art. 3 dello statuto speciale pone all’esercizio della competenza legislativa primaria, ed essenzialmente del limite dell’armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica.
Tra i principi che si ricavano dalla stessa Costituzione vi è certamente quello per cui la durata in carica degli organi elettivi locali, fissata dalla legge, non è liberamente disponibile da parte della Regione nei casi concreti. Vi è un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni, come aspetto essenziale della stessa struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali. Un’abbreviazione di tale mandato può bensì verificarsi, nei casi previsti dalla legge, per l’impossibilità di funzionamento degli organi o per il venir meno dei presupposti di "governabilità" che la legge stabilisce (cfr. ad es. gli artt. 53 e 141, comma 1, lettere b e c, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), ovvero in ipotesi di gravi violazioni o di gravi situazioni di pericolo per la sicurezza pubblica che la legge sanzioni con lo scioglimento delle assemblee (cfr. ad es. l’art. 141, comma 1, lettera a, e l’art. 143 del citato testo unico).
Tuttavia, le ipotesi eccezionali di abbreviazione del mandato elettivo debbono essere preventivamente stabilite in via generale dal legislatore. Tra di esse non è escluso che possa ricorrere anche il sopravvenire di modifiche territoriali che incidano significativamente sulla componente personale dell’ente, su cui si basa l’elezione: come, ad esempio, prevede per il caso degli organi comunali l’art. 8, quarto comma, lettera a, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (non compreso nell’abrogazione espressa disposta dall’art. 274, comma 1, lettera e, del testo unico n. 267 del 2000), secondo cui si procede alla rinnovazione integrale del consiglio comunale quando, per effetto di una modificazione territoriale, si sia verificata una variazione di almeno un quarto della popolazione del Comune. Ma, ancora una volta, una siffatta ipotesi dovrebbe essere prevista e disciplinata in via generale dalla legge, ovviamente sulla base di presupposti non irragionevoli.
In ogni caso, non può essere una legge provvedimento, disancorata da presupposti prestabiliti in via legislativa, a disporre della durata degli organi eletti.
Proprio questa, invece, è la portata della norma qui impugnata. Essa, nel prevedere che si proceda all’elezione degli organi delle nuove Province, stabilisce altresì che decadano di diritto quelli delle Province preesistenti, nel logico presupposto che non possa darsi una doppia contemporanea rappresentanza, nell’ambito di organi elettivi preesistenti e di organi di nuova elezione, delle popolazioni dei territori oggetto della variazione territoriale.
Tuttavia, tale previsione di abbreviazione del mandato degli organi delle Province preesistenti (eletti solo tre anni fa) non trova supporto in alcuna disciplina a carattere generale che la contempli e ne precisi i presupposti. Infatti la Regione Sardegna, che pure dal 1993 è titolare della competenza primaria sancita dall’art. 3, lettera b, dello statuto, non ha mai proceduto a darsi una legislazione organica sull’ordinamento degli enti locali (solo alcuni specifici aspetti di tale ordinamento sono oggetto di disciplina nella legge regionale n. 4 del 1997, e negli articoli 6 e seguenti, qui non impugnati, della legge regionale n. 10 del 2002), né comunque ha provveduto a disciplinare in generale i casi di scioglimento anticipato dei consigli degli enti. Resta dunque applicabile, anche ai sensi dell’art. 57 dello statuto (secondo il quale "nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato"), la normativa statale. Tanto è vero che lo stesso art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata, nel prevedere le elezioni degli organi delle Province, fa riferimento all’"ordinario turno di elezioni amministrative dell’anno 2003", che non può essere altro, nel silenzio della legislazione provinciale, che il "turno annuale ordinario" previsto dall’art. 1 della legge statale 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni, il cui svolgimento avviene nella data fissata dal Ministro dell’interno (art. 3 della stessa legge, come modificato da ultimo dall’art. 4 della legge 23 febbraio 1995, n. 43).
Ora, nella legislazione statale sulle Province l’ipotesi di una abbreviazione del mandato degli organi provinciali a seguito di variazioni territoriali non è contemplata (l’art. 8, quarto comma, lettera a, del d.P.R. n. 570 del 1960 si riferisce infatti ai soli consigli comunali): gli unici casi di scioglimento anticipato sono quelli previsti dai citati articoli 53, 141 e 143 del testo unico approvato con il d.lgs. n. 267 del 2000. Tant’è che in tutti i provvedimenti legislativi con cui sono state istituite nuove Province fuori del territorio delle Regioni speciali, e in particolare in occasione della istituzione di otto nuove Province attuata ai sensi dell’art. 63 della legge 8 giugno 1990, n. 142, si è invariabilmente previsto che l’elezione dei nuovi consigli avesse luogo nel successivo turno generale delle consultazioni amministrative (pur mancando, all’epoca, ancora un triennio a tale data), cioè alla scadenza naturale dei consigli preesistenti, salva l’ipotesi di scioglimento anticipato di questi ultimi per altra causa (cfr. l’art. 3, comma 2, dei decreti legislativi 6 marzo 1992, nn. 248, 249, 250, 251, 252, 253, 254, e del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 277; e, nello stesso senso, cfr. già l’art. 2 della legge 16 luglio 1974, n. 306, recante l’istituzione della Provincia di Oristano).
La norma impugnata, intervenendo solo sull’elezione, in questa unica occasione, degli organi delle nuove Province e di quelle preesistenti – dunque con la tecnica della legge provvedimento –, dispone invece che tale elezione avvenga anticipando "di diritto" il termine del mandato degli organi già eletti: con ciò ponendosi in contraddizione con i principi che si sono sopra delineati circa le garanzie costituzionali del mandato degli organi elettivi locali, ed eccedendo pertanto dai limiti della competenza regionale di cui all’art. 3, lettera b, dello statuto speciale.
4.– E’ invece inammissibile la questione con riguardo all’art. 1, comma 1, e agli articoli 2, 3 e 4 della legge impugnata.
Quanto all’art. 1, la censura del Governo è in realtà limitata al disposto del comma 2, ove si prevede l’elezione degli organi delle Province, e non investe l’oggetto del comma 1, relativo alla delimitazione dei confini delle nuove e delle preesistenti Province.
Quanto agli articoli 2, 3 e 4, il Governo assume nel ricorso che essi siano "conseguenti" o "correlati" all’art. 1, ma in realtà essi hanno ad oggetto previsioni circa la nomina dei commissari incaricati di curare gli adempimenti connessi alla istituzione delle nuove Province fino all’insediamento degli organi elettivi, alla scelta delle sedi provvisorie degli organi e degli uffici, e alla determinazione dei capoluoghi delle nuove Province: previsioni che non sono in rapporto con la statuizione contenuta nell’art. 1, comma 2, circa il tempo dell’elezione degli organi provinciali.
Poiché il ricorrente non adduce alcun altro motivo a sostegno della questione di legittimità concernente tali ulteriori disposizioni della legge impugnata, essa deve essere dichiarata inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge regionale della Sardegna 1° luglio 2002, n. 10 (Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4);
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, e degli articoli 2, 3 e 4 della medesima legge regionale della Sardegna n. 10 del 2002, sollevata dal Governo, in riferimento all’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e successive modificazioni, con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2003.