CORTE COSTITUZIONALE - Ordinanza 9 maggio 2003 n. 152 - Pres. CHIEPPA, Red. CAPOTOSTI - (giudizio promosso con ordinanza del 7 febbraio 2001 dal T.A.R. Lazio, sez. III, sul ricorso proposto da D. C. contro Ministero della sanità ed altri, iscritta al n. 308 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 prima serie speciale, dell’anno 2001).
Pubblico impiego - Sanitari - Sanitari universitari - Opzione tra tempo pieno e tempo definito - Ex art. 5, comma 12, del D.L.vo n. 517/1999 - Questione di legittimità costituzionale - Sollevata con riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione - Omessa considerazione delle modifiche al regime delle modalità dell’esercizio dell’attività libero-professionale da parte dei medici universitari apportate dall'art. 3 del D.L.vo n. 254/2000 - Manifesta inammissibilità.
E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione - dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), nella parte in cui dispone che, fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario, «lo svolgimento di attività libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attività extramuraria comporta l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382» (1).
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(1) Ha osservato la Corte che la norma de quo, avente ad oggetto la disciplina dell’opzione dei docenti universitari per il rapporto a tempo pieno, riguarda un profilo della complessiva disciplina concernente i rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università stabilita con il d.lgs. n. 517 del 1999.
La legittimità di essa, pertanto, deve essere valutata nel quadro della complessiva regolamentazione concernente le modalità dell’esercizio dell’attività libero-professionale da parte dei medici universitari e, in particolare, alla luce dell'art. 3 del d.lgs. 28 luglio 2000, n. 254, che, modificando l'art. 15-quinquies, comma 10, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - prevede che: "in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino al 31 luglio 2003, l'utilizzazione del proprio studio professionale con le modalità previste dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000"; la stessa norma dispone altresì che resta fermo "per l'attività libero professionale in regime di ricovero, quanto disposto dall'articolo 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448";
Quest'ultima norma, nonostante che influisca sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrive la questione di legittimità costituzionale sollevata, tuttavia, non risulta essere stata presa in esame nell’ordinanza di rimessione, non avendo il T.A.R. Lazio esplicitato se il mutamento dell’assetto normativo abbia eventualmente inciso (ed entro quali limiti) sulla fattispecie sottoposta al suo esame; in conseguenza di ciò, la q.l.c. è stata dichiarata manifestamente inammissibile.
ORDINANZA N.152
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), promosso con ordinanza del 7 febbraio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, sul ricorso proposto da D. C. contro Ministero della sanità ed altri, iscritta al n. 308 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di costituzione di D. C., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
udito l’Avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, con ordinanza del 7 febbraio 2001 (depositata il 1° marzo 2001), nel corso di un giudizio promosso da una docente universitaria della Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli studi dell’Aquila, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione;
che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata, nella parte in cui dispone che, fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario, «lo svolgimento di attività libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attività extramuraria comporta l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382», recherebbe una disciplina dei rapporti di lavoro a tempo pieno ed a tempo definito difforme rispetto a quella stabilita dall'art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, come modificato dall'art. 3 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, e dagli artt. 3 e 4 della legge 18 marzo 1989, n. 118;
che, a suo avviso, la disciplina stabilita dalla disposizione in esame, fissando una sorta di «correlazione automatica» tra la scelta concernente la modalità di esercizio dell’attività libero-professionale e l’opzione per il tempo pieno o per il tempo definito, violerebbe l'art. 3 della Costituzione, ponendosi altresì in contrasto con il principio dell'autonomia universitaria nel perseguimento dei fini istituzionali, didattici e scientifici;
che, inoltre, secondo il rimettente, la norma censurata recherebbe vulnus all'art. 76 della Costituzione, poiché inciderebbe sullo stato giuridico dei medici universitari, eccedendo il contenuto della delega conferita al Governo dall'art. 6, lettera c), della legge 30 novembre 1998, n. 419, realizzando, in contrasto con l'art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, una intrinseca contraddittorietà della disciplina concernente i medici universitari, in violazione sia dell'art. 3, sia dell'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo della mancanza di proporzionalità rispetto agli scopi da realizzare;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata;
che, ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata, da esaminare alla luce della complessiva ridefinizione della disciplina dei rapporti tra Università e Servizio sanitario nazionale stabilita con il d.lgs. n. 517 del 1999, consentendo ai medici universitari a tempo pieno di svolgere attività libero-professionale intramuraria non si porrebbe affatto in contrasto con l’art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980, in quanto quest’ultimo d.P.R. vietava ai docenti a tempo pieno l’esercizio di qualsiasi attività libero-professionale, dovendo altresì ritenersi ragionevole che la revocabilità della scelta sia stata esclusa una volta che l’impegno universitario a tempo pieno è stato collegato con l’opzione per lo svolgimento della libera professione intramuraria;
che nel giudizio si è costituita la ricorrente nel processo principale, chiedendo l’accoglimento della questione.
Considerato che il Tar del Lazio impugna, in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione, l’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 517 del 1999, nella parte in cui dispone che, fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino dello stato giuridico universitario, «lo svolgimento di attività libero professionale intramuraria comporta l'opzione per il tempo pieno e lo svolgimento dell'attività extramuraria comporta l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382»;
che la norma censurata, avente ad oggetto la disciplina dell’opzione dei docenti universitari per il rapporto a tempo pieno, riguarda un profilo della complessiva disciplina concernente i rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università stabilita con il d.lgs. n. 517 del 1999 e, in quanto tale, deve essere valutata nel quadro della complessiva regolamentazione concernente le modalità dell’esercizio dell’attività libero-professionale da parte dei medici universitari;
che, anteriormente all’ordinanza di rimessione, l'art. 3 del d.lgs. 28 luglio 2000, n. 254, ha modificato l'art. 15-quinquies, comma 10, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - al quale rinvia l'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517 del 1999 - consentendo, nel testo così vigente, "in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino al 31 luglio 2003, l'utilizzazione del proprio studio professionale con le modalità previste dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000" e disponendo altresì che resta fermo "per l'attività libero professionale in regime di ricovero, quanto disposto dall'articolo 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448";
che, benché questa disposizione influisca sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrive la questione di legittimità costituzionale sollevata, non risulta presa in esame nell’ordinanza di rimessione, e, conseguentemente, il Tar non ha esplicitato se il mutamento dell’assetto normativo abbia eventualmente inciso, ed entro quali limiti, sulla fattispecie sottoposta al suo esame;
che la mancanza di ogni specificazione al riguardo determina la carenza della motivazione in ordine alle ragioni che, secondo il Tar, fanno ritenere la perdurante rilevanza della questione;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 12, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della l. 30 novembre 1998, n. 419), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 33, 76 e 97 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA