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CORTE DI GIUSTIZIA C.E., SEZ. V - Sentenza 15 gennaio 2002, C-439/99 - Pres. P. Jann, Rel. S. von Bahr - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana

Commercio ed industria - Fiere e mercati - Organizzatore di fiere - Limiti all’esercizio di tale attività previsti dalla legislazione italiana - Violano i principii comunitari di libera prestazione di servizi e di libertà di stabilimento.

Sono contrarie al principio di libera prestazione di servizi, posto dall'ordinamento giuridico dell'Unione Europea, le leggi di uno Stato membro dell'Unione, statuali, regionali o provinciali, che prescrivano un'approvazione oppure un riconoscimento ufficiale per l'esercizio dell'attività di organizzazione di fiere.

Costituisce, nei fatti, addirittura la negazione di fatto di tale libertà il requisito, prescritto per gli operatori fieristici, di un centro di attività stabile, a livello nazionale o locale, nello Stato sede di una fiera; un tale obbligo - che potrebbe essere ammesso soltanto se fosse provato che esso costituisce una condizione indispensabile per conseguire lo scopo perseguito - priva infatti di ogni effetto utile l'art. 59 del trattato CE, il cui scopo è quello di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi da parte delle persone non stabilite nello Stato in cui la prestazione deve avvenire.

Anche l'obbligo, posto da una norma interna, all'organizzatore di fiere, del possesso di una particolare forma o status giuridico o di esercitare tale attività in via esclusiva, così come il divieto di perseguire uno scopo di lucro costituiscono gravi restrizioni alla libera prestazione di servizi.

Sono inoltre contrarie, oltre che al principio di libera prestazione di servizi, alla libertà di stabilimento le norme nazionali e regionali che subordinino la designazione degli organi degli enti fieristici all'intervento di autorità pubbliche o di organismi locali di altra natura oppure l'attività di organizzatore di fiere alla presenza, tra i fondatori o i soci, di un ente territoriale locale e, infine, l'organizzazione di fiere all'intervento di organismi composti da operatori già presenti nel territorio interessato o rappresentativi di questi (1).

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(1) Alla stregua dei suesposti principi, la Corte di Giustizia, con la sentenza in rassegna, ha condannato la Repubblica italiana per aver mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 2, primo comma, e art. 7 del regio decreto legge 29 gennaio 1934, n. 454;

- art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, paragrafi 4, 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 390;

- art. 4 della legge regionale della Liguria 14 luglio 1978, n. 40;

- art. 6, paragrafo 1, lett. e), f) e h), e art. 7 della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 4, art. 5, sesto comma, lett. a) e c), art. 6, primo comma, art. 8, primo e secondo comma, e art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43;

- art. 4, paragrafi 1, lett. c), e 2, e art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 3, 4 e 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- artt. 3, 5 e 12 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

- art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- artt. 2, lett. c) e d), 3, primo comma, lett. b) e c), e 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria 3 novembre 1972, n. 12;

- art. 8, paragrafo 1, lett. d), della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- artt. 8, secondo comma, e 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43, e

- artt. 5, 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10.

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

15 gennaio 2002

Nella causa C-439/99,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Traversa e dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. A. Cevese, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana,

avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 2, primo comma, e art. 7 del regio decreto legge 29 gennaio 1934, n. 454;

- art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, paragrafi 4, 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 390;

- art. 4 della legge regionale della Liguria 14 luglio 1978, n. 40;

- art. 6, paragrafi 1, lett. e), f), g) e h), e 4, e art. 7 della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 2, sesto comma, art. 4, primo trattino, art. 6, terzo e quarto comma, e art. 10, terzo comma, lett. a), della legge regionale delle Marche 12 marzo 1979, n. 16;

- art. 4, art. 5, sesto comma, lett. a) e c), art. 6, primo comma, art. 8, primo e secondo comma, e art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43;

- art. 4, paragrafi 1, lett. c), e 2, e art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 3, 4 e 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- artt. 2, ultimo comma, e 6 della legge regionale dell'Abruzzo 13 novembre 1980,

n. 75, e

- artt. 3, 5 e 6, terzo e quarto comma, 12 e 19, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE), 60 del Trattato CE (divenuto art. 50 CE), 61, 63 e 64 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 51 CE, 52 CE e 53 CE) e 65 e 66 del Trattato CE (divenuti artt. 54 CE e 55 CE),

e che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, lett. c) e d), art. 3, primo comma, lett. b) e c), e art. 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria 3 novembre 1972, n. 12;

- art. 8, paragrafo 1, lett. d), della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 6, terzo comma, paragrafi 3 e 4, art. 7, art. 8, secondo comma, e art. 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980 n. 43;

- art. 5, paragrafi 2 e 5, art. 10, paragrafo 4, art. 11, paragrafi 2 e 3, e art. 15, paragrafo 1, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 5, 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- art. 7 della legge regionale dell'Abruzzo 13 novembre 1980, n. 75, e

- artt. 6, 7 e 23 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato nonché in forza degli artt. 52 e 54 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 43 CE e 44 CE), 55 del Trattato CE (divenuto art. 45 CE), 56 e 57 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 46 CE e 47 CE) e 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE),

LA CORTE (Quinta Sezione)

composta dai sigg. P. Jann, presidente di sezione, S. von Bahr (relatore), A. La Pergola, L. Sevón e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: S. Alber

cancelliere: R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 29 maggio 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 17 novembre 1999, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 2, primo comma, e art. 7 del regio decreto legge 29 gennaio 1934, n. 454;

- art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, paragrafi 4, 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 390;

- art. 4 della legge regionale della Liguria 14 luglio 1978, n. 40;

- art. 6, paragrafi 1, lett. e), f), g) e h), e 4, e art. 7 della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 2, sesto comma, art. 4, primo trattino, art. 6, terzo e quarto comma, e art. 10, terzo comma, lett. a), della legge regionale delle Marche 12 marzo 1979, n. 16;

- art. 4, art. 5, sesto comma, lett. a) e c), art. 6, primo comma, art. 8, primo e

secondo comma, e art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43;

- art. 4, paragrafi 1, lett. c), e 2, e art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 3, 4 e 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- art. 2, ultimo comma, e art. 6 della legge regionale dell'Abruzzo 13 novembre 1980, n. 75, e

- artt. 3, 5 e 6, terzo e quarto comma, 12 e 19, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE), 60 del Trattato CE (divenuto art. 50CE), 61, 63 e 64 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 51 CE, 52 CE e 53 CE) e 65 e 66 del Trattato CE (divenuti artt. 54 CE e 55 CE) e che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, lett. c) e d), art. 3, primo comma, lett. b) e c), e art. 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria 3 novembre 1972, n. 12;

- art. 8, paragrafo 1, della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 6, terzo comma, nn. 3 e 4, e artt. 7, 8, secondo comma, e art. 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980 n. 43;

- art. 5, paragrafi 2 e 5, art. 10, paragrafo 4, art. 11, paragrafi 2 e 3, e art. 15, paragrafo 1, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 5, 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- art. 7 della legge regionale dell'Abruzzo 13 novembre 1980, n. 75, e

- artt. 6, 7 e 23 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato nonché in forza degli artt. 52 e 54 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 43 CE e 44 CE), 55 del Trattato CE (divenuto art. 45 CE), 56 e 57 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 46 CE e 47 CE) e 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE).

Fase precontenziosa

2. A seguito delle denunce presentate da taluni operatori del settore fieristico, la Commissione esaminava diverse normative nazionali, regionali e provinciali italiane in materia di fiere, esposizioni, mostre e mercati (in prosieguo: le "fiere").

3. Al termine di tale esame, la Commissione riteneva che una prima serie di disposizioni fosse in contrasto con il principio della libera prestazione dei servizi, previsto dagli artt. 59 e seguenti del Trattato, e che una seconda serie di disposizioni fosse in contrasto sia con il principio della libera prestazione dei servizi sia con il principio della libertà di stabilimento, previsto dagli artt. 52 e seguenti del Trattato.

4. Con lettera 16 aprile 1996 la Commissione ingiungeva alla Repubblica italiana di presentare le proprie osservazioni a tale riguardo entro due mesi.

5. Ritenendo la risposta della Repubblica italiana insoddisfacente, la Commissione, con lettera 18 maggio 1998, rivolgeva un parere motivato al suddetto Stato membro, invitandolo ad adottare le misure necessarie per conformarsi al parere medesimo entro due mesi a decorrere dalla sua notifica.

6. Con lettera 15 febbraio 1999 la rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso l'Unione europea trasmetteva alla Commissione un disegno di legge che il Senato aveva già approvato, ma che era ancora all'esame di un comitato ristretto della decima commissione "Industria" della Camera dei deputati.

7. Visto quanto precede, la Commissione ha proposto il ricorso di cui trattasi.

Sulla ricevibilità

8. In limine occorre evidenziare che la Corte può esaminare d'ufficio se ricorrano i presupposti contemplati dall'art. 226 CE perché sia proposto un ricorso per inadempimento (sentenza 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2353, punto 8).

9. In primo luogo, risulta che talune delle censure formulate dalla Commissione dinanzi alla Corte non corrispondono esattamente a quelle che essa ha sollevato durante la fase precontenziosa o sono prive della chiarezza e della precisione necessarie.

10. A tale riguardo si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il procedimento precontenzioso ha lo scopo di offrire allo Stato membro interessato l'opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario e, dall'altro, di far valere utilmente i suoi motivi di difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (v., in particolare, sentenza 10 maggio 2001, causa C-152/98, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3463, punto 23).

11. Ne consegue, innanzi tutto, che l'oggetto di un ricorso proposto ai sensi dell'art. 226 CE è determinato dal procedimento precontenzioso previsto dal medesimo articolo (sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata, punto 23). Pertanto, il ricorso deve essere basato sui medesimi motivi e mezzi del parere motivato (v., in particolare, sentenza 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3851, punto 28). Se una censura non è stata formulata nel parere motivato, essa è irricevibile in sede di procedimento dinanzi alla Corte.

12. Inoltre, il parere motivato deve contenere un'esposizione coerente e dettagliata delle ragioni che hanno indotto la Commissione al convincimento che lo Stato interessato è venuto meno a uno degli obblighi impostigli dal Trattato (v., in particolare, sentenza 4 dicembre 1997, causa C-207/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6869, punto 18).

13. In base a tali principi, la prima censura deve essere dichiarata irricevibile nella parte in cui riguarda l'art. 6 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78, dal momento che, come ha rilevato l'avvocato generale nel paragrafo 22 delle sue conclusioni, i riferimenti fatti alle parti del suddetto articolo indicate dalla Commissione nella fase precontenziosa sono inesatti e differiscono da quelli effettuati nel ricorso.

14. Per quanto riguarda la seconda censura della Commissione, nella parte in cui inerisce all'art. 7 della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, occorre osservare che il ricorso fa riferimento all'art. 7, primo comma, lett. a), della suddetta legge, mentre il parere motivato contesta l'art. 7, terzo e quarto comma, della stessa legge. Ne consegue che la seconda censura, nella parte in cui attiene a tale articolo, non è stata formulata in modo chiaro nel parere motivato e deve essere pertanto dichiarata irricevibile.

15. In secondo luogo, dalle risposte fornite da entrambe le parti a un quesito posto dalla Corte si desume che le leggi regionali delle Marche n. 16/79 e dell'Abruzzo n. 75/80 sono state abrogate rispettivamente il 13 aprile 1995 e il 10 settembre 1993.

16. A questo proposito, si deve ricordare che dal disposto dell'art. 226, secondo comma, CE risulta che la Commissione può adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora lo Stato membro di cui trattasi non si sia conformato al parere motivato entro il termine impartitogli dalla Commissione a tale scopo (v. sentenza Commissione/Italia, citata, punto 9).

17. Poiché le leggi regionali delle Marche n. 16/79 e dell'Abruzzo n. 75/80 sono state abrogate prima della scadenza del termine fissato nel parere motivato - addirittura prima dell'invio della lettera di diffida -, l'inadempimento contestato non era più in essere alla data di scadenza del suddetto termine. Pertanto, il ricorso della Commissione deve essere respinto nella parte in cui riguarda le suddette leggi regionali.

Nel merito

Osservazioni preliminari

18. Secondo la Commissione, le censurate norme nazionali, regionali e provinciali impongono restrizioni ingiustificate per quanto riguarda sia la libera prestazione dei servizi sia il diritto di stabilimento nell'ambito dell'organizzazione delle fiere per gli operatori di altri Stati membri.

19. Dinanzi alla Corte il governo italiano non contesta più l'inadempimento.

20. Si deve tuttavia ricordare che, nell'ambito di un ricorso per inadempimento, proposto dalla Commissione ai sensi dell'art. 226 CE e la cui opportunità rientra esclusivamente nella discrezionalità della Commissione medesima, spetta alla Corte accertare la sussistenza o meno dell'inadempimento contestato anche qualora lo Stato interessato non contesti piú l'inadempimento (v. sentenza 22 giugno 1993, causa C-243/89, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-3353, punto 30).

21. Per quanto concerne l'attività di organizzatore di fiere, si tratta di un'attività economica che rientra nel capitolo del Trattato relativo al diritto di stabilimento quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e continuativa, a partire da un centro di attività principale o secondario in quest'ultimo Stato membro, mentre rientra nel capitolo del Trattato relativo ai servizi quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro che si sposta in un altro Stato membro per esercitarvi tale attività in via temporanea (v. in tal senso, sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punti 25 e 26).

22. Gli artt. 52 e 59 del Trattato impongono l'abolizione delle restrizioni, rispettivamente, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

Devono essere considerate come tali tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraenti l'esercizio di tali libertà (v., in tal senso, per quanto riguarda la libertà di stabilimento, sentenza 30 marzo 1993, causa C-168/91, Konstantinidis, Racc. pag. I-1191, punto 15, e, per la libera prestazione dei servizi, sentenza 20 febbraio 2001, causa C-205/99, Analir e a., Racc. pag. I-1271, punto 21).

23. Risulta tuttavia da una giurisprudenza costante che, quando dette misure si applicano a persone o imprese che esercitano un'attività nel territorio dello Stato membro ospitante, esse sono giustificabili qualora rispondano a motivi imperativi di interesse pubblico, purché siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v., in tal senso, citate sentenze Gebhard, punto 37, e Analir e a., punto 25).

24. Alla luce di tali considerazioni, occorre esaminare in successione la prima censura della Commissione, relativa ad una violazione del principio della libera prestazione dei servizi, e la seconda censura, relativa ad una violazione sia del principio della libera prestazione dei servizi sia del principio della libertà di stabilimento.

Sulla prima censura, relativa ad una violazione del principio della libera prestazione dei servizi

25. Con la prima censura la Commissione sostiene che talune delle norme nazionali, regionali o provinciali in esame sono contrarie al principio della libera prestazione dei servizi a causa della loro natura restrittiva o discriminatoria, in quanto:

- obbligano l'organizzatore di fiere a ottenere un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità nazionali, regionali, o locali italiane [art. 2, primo comma, del regio decreto legge n. 454/34; art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 7/72; art. 2, paragrafo 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 390/94; art. 8, primo e secondo comma, dellalegge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80; art. 5, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78; art. 7 della legge regionale del Veneto n. 35/88; art. 4, paragrafo 1, lett. c), della legge regionale della Lombardia n. 45/80];

- impongono all'organizzatore di fiere di disporre di una sede, di uno stabilimento o di una struttura permanente a livello nazionale o locale (art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia n. 45/80; art. 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81);

- impongono all'organizzatore di fiere di possedere una particolare forma o status giuridico, con conseguente esclusione delle altre categorie di operatori (art. 4 della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, secondo il quale le manifestazioni fieristiche sono organizzate da enti pubblici, da organizzazioni che siano emanazione diretta delle associazioni di categoria, da associazioni private e da comitati aventi come scopo od oggetto principale attività di altra natura);

- esigono che l'attività di organizzatore di fiere sia esercitata in via esclusiva [art. 4, n. 1, lett. c), della legge regionale della Lombardia n. 45/80; art. 3 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81; art. 5, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78];

- esigono che l'attività di organizzatore di fiere sia esercitata senza scopo di lucro [art. 4, paragrafi 1, lett. c), e 2, della legge regionale della Lombardia n. 45/80; art. 6, paragrafo 1, lett. e), f) e h), della legge regionale del Veneto n. 35/88; art. 4 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81; artt. 3, 5, primo e secondo comma, 12 e 19, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78; art. 4 della legge regionale della Liguria n. 40/78; art. 5, sesto comma, lett. c), della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80];

- impongono che la fiera abbia un carattere periodico (art. 6, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, secondo il quale le manifestazioni fieristiche nazionali ed internazionali devono disporre di una sede stabile e di una organizzazione amministrativa permanente e devono avere periodicità e durata prefissate);

- impongono che la manifestazione fieristica da organizzare sia conforme agli obiettivi fissati da una regione nel quadro della programmazione regionale [art. 5, sesto comma, lett. a), della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80];

- impongono il rispetto di scadenze particolarmente vincolanti nell'ambito della procedura amministrativa di autorizzazione obbligatoria [art. 2, paragrafi 4, 6,e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 390/94, che dispone che le domande per ottenere il riconoscimento della qualifica di manifestazione fieristica di rilevanza internazionale e l'autorizzazione al suo svolgimento devono essere presentate agli organi competenti entro il 30 settembre del primo dei due anni precedenti quello in cui la manifestazione si deve svolgere (paragrafo 4), che la suddetta qualifica è attribuita entro il 1° febbraio dell'anno precedente a quello di svolgimento della manifestazione e che tale provvedimento deve essere comunicato alle regioni (paragrafo 5), che i provvedimenti di competenza regionale ai fini dell'autorizzazione di cui trattasi devono essere adottati dalle regioni entro trenta giorni prima della comunicazione di cui al quinto comma (paragrafo 6) e che, prima del 30 settembre dell'anno precedente quello di svolgimento delle manifestazioni, le regioni devono trasmettere al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato l'elenco delle manifestazioni fieristiche riconosciute di rilevanza nazionale e autorizzate (paragrafo 7)];

- sanciscono il divieto di organizzare fiere che non siano quelle iscritte nel calendario ufficiale (art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 454/34; art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80).

26. A tale proposito occorre anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una normativa nazionale che subordini l'esercizio di talune prestazioni di servizi nel territorio nazionale da parte di un'impresa avente sede in un altro Stato membro al rilascio di un'autorizzazione amministrativa costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell'art. 59 del Trattato (v., in particolare, sentenza 9 marzo 2000, causa C-355/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-1221, punto 35).

27. Se il requisito di un riconoscimento ufficiale o di una previa autorizzazione per l'esercizio dell'attività di organizzatore di fiere poteva essere eventualmente giustificato dall'interesse generale consistente nel garantire la necessaria qualità del servizio offerto e la sicurezza della manifestazione, tale requisito non è giustificato quando detto interesse è salvaguardato dalle norme alle quali il prestatore è assoggettato nello Stato membro in cui è stabilito.

28. Orbene, le disposizioni nazionali e regionali in esame non sembrano tenere conto delle norme applicabili al prestatore di servizi nello Stato membro in cui è stabilito. Del resto il governo italiano non ha nemmeno sostenuto che le suddette disposizioni dovessero essere interpretate in tal senso.

29. Le restrizioni di cui al punto 25, primo trattino, della presente sentenza non sono quindi giustificate. Ne consegue che la prima censura è fondata nella misura in cui riguarda le norme nazionali, regionali e provinciali che prescrivono un'approvazione o un riconoscimento ufficiale per l'esercizio dell'attività di organizzatore di fiere.

30. Per quanto riguarda l'obbligo per l'organizzatore di fiere di avere una sede permanente a livello nazionale o locale, si deve osservare che, mentre il requisito di un'autorizzazione costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, il requisito relativo ad un centro di attività stabile costituisce di fatto la negazione stessa di tale libertà. Esso ha come conseguenza di privare di ogni effetto utile l'art. 59 del Trattato, il cui scopo consiste per l'appunto nell'eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio dev'essere fornita la prestazione. Tale requisito può essere ammesso soltanto qualora sia provato che esso costituisce una condizione indispensabile per conseguire lo scopo perseguito (v., in particolare, sentenza 9 luglio 1997, causa C-222/95, Parodi, Racc. pag. I-3899, punto 31).

31. Il governo italiano non ha prospettato alcun argomento diretto a dimostrare che il requisito di una sede, di uno stabilimento o di una struttura permanente a livello nazionale o locale è indispensabile ai fini dell'esercizio dell'attività di organizzatore di fiere. Pertanto, la prima censura è fondata per quanto riguarda le norme regionali menzionate nel punto 25, secondo trattino, della presente sentenza.

32. Anche l'obbligo per l'organizzatore di fiere di possedere una particolare forma o status giuridico, l'obbligo di esercitare l'attività di organizzatore di fiere in via esclusiva e il divieto di perseguire uno scopo di lucro costituiscono gravi restrizioni alla libera prestazione dei servizi. Sono difficilmente ravvisabili motivi di interesse generale che possano giustificare tali restrizioni. Poiché, peraltro, non è stato fornito alcun motivo dal governo italiano, si deve ritenere la prima censura fondata nella parte in cui riguarda le norme regionali e provinciali di cui trattasi nel punto 25, dal terzo al quinto trattino, della presente sentenza, ad eccezione, tuttavia, dell'art. 19, primo comma, della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78. Infatti, la Commissione non è stata in grado di dimostrare che detta disposizione, che prevede la concessione di contributi a taluni operatori del settore fieristico, pregiudichi la libera prestazione dei servizi.

33. Quanto alle norme nazionali e regionali che impongono un carattere periodico alle fiere, alla conformità delle fiere agli obiettivi fissati da una regione nel quadro della programmazione regionale e al rispetto di scadenze vincolanti nell'ambito della procedura di autorizzazione delle fiere, nonché alle norme che sanciscono il divieto di organizzare fiere che non siano quelle iscritte nel calendario ufficiale, è indubbio che disposizioni di tale natura possono rendere piú difficile l'esercizio della libera prestazione dei servizi. Anche se non è escluso che possano esistere motivi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni di tal genere, il governo italiano non ne ha invocato alcuno con la precisione necessaria per consentire alla Corte di valutarne l'eventuale valore e di verificare se siano soddisfatte le condizioni di necessità e di proporzionalità. La prima censura risulta quindi fondata anche nella parte in cui riguarda le dette disposizioni, menzionate nel punto 25, dal sesto al nono trattino, della presente sentenza.

34. Infine, si deve rilevare che la Commissione non ha indicato le ragioni per le quali l'art. 6, paragrafi 1, lett. g), e 4, della legge regionale del Veneto n. 35/88, che essa cita unicamente nelle conclusioni del ricorso, pregiudicherebbero la libera prestazione dei servizi. Pertanto, si deve respingere la prima censura per quanto riguarda tali disposizioni.

Sulla seconda censura, relativa ad una violazione dei principi della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento

35. Con la seconda censura la Commissione sostiene che talune norme nazionali, regionali e provinciali sono contrarie sia al principio della libera prestazione dei servizi sia alla libertà di stabilimento, in quanto subordinano l'attività di organizzatore di fiere

- all'intervento di autorità pubbliche o di organismi locali di varia natura nella designazione, totale o parziale, degli organi di enti fieristici quali il consiglio di amministrazione, il comitato esecutivo, il collegio dei revisori dei conti, il presidente, il segretario generale [art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 7/72; artt. 2, lett. c) e d), 3, primo comma, lett. b) e c), e 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria n. 12/72; art. 8, paragrafo 1, lett. d), della legge regionale del Veneto n. 35/88; artt. 8, secondo comma, e 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80; art. 5 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81];

- alla presenza tra i fondatori o i soci di almeno un ente territoriale locale (art. 8, secondo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80);

- all'intervento, anche a mero titolo consultivo, di organismi composti da operatori già presenti nel territorio interessato o rappresentativi di questi ultimi, ai fini del riconoscimento e dell'autorizzazione al soggetto organizzatore, nonché della concessione di contributi pubblici al medesimo [art. 6, terzo comma, nn. 3 e 4, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80; artt. 6, 7 e 23 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78; artt. 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81; art. 5, paragrafi 2 e 5, art. 10, paragrafo 4, art. 11, paragrafi 2 e 3, e art. 15, paragrafo 1, della legge regionale della Lombardia n. 45/80].

36. Si deve, in primo luogo, rilevare che le norme nazionali e regionali che subordinano la designazione degli organi degli enti fieristici all'intervento di autorità pubbliche o di organismi locali di altra natura possono ostacolare, se non addirittura impedire, l'esercizio, da parte degli operatori provenienti da altri Stati membri, del diritto alla libera prestazione dei servizi e di rendere ad essi piú difficile l'esercizio del diritto di stabilirsi in Italia.

37. Lo stesso vale, inoltre, per l'art. 8, secondo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80 che non subordina l'attività di organizzatore di fiere all'intervento delle autorità pubbliche o di organismi locali nella designazione degli organi degli enti fieristici, ma che, invece, subordina l'attività di organizzatore di fiere alla presenza, tra i fondatori o i soci, di almeno un ente territoriale locale.

38. Non è agevole ravvisare motivi di interesse generale che possano giustificare restrizioni di questo genere. Peraltro non è stato fatto presente alcun motivo concreto da parte del governo italiano. Ne consegue che la seconda censura è fondata nella parte in cui riguarda le norme nazionali e regionali menzionate nel punto 35, primo e secondo trattino, della presente sentenza, fatta eccezione, tuttavia, per l'art. 8, secondo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, in quanto menzionato nel primo trattino del suddetto punto.

39. Per quanto riguarda, infine, le disposizioni che subordinano l'organizzazione di fiere all'intervento di organismi composti da operatori già presenti nel territorio interessato o rappresentativi di questi ultimi, ai fini del riconoscimento e dell'autorizzazione del soggetto organizzatore, nonché della concessione di contributi pubblici al medesimo, si deve osservare che il requisito di un'autorizzazione o di un riconoscimento ufficiale costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi o alla libertà di stabilimento. Allo stesso modo, e per i motivi indicati dall'avvocato generale nel paragrafo 165 delle sue conclusioni, un pregiudizio del genere può scaturire da norme che prevedono l'intervento di organismi composti da operatori concorrenti già presenti nel territorio interessato.

40. E' questo il caso degli artt. 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81 che dispongono l'intervento, ai fini dell'autorizzazione di manifestazioni fieristiche, di un comitato consultivo comprendente, in particolare, quattro presidenti di enti fieristici aventi una sede nella regione. In mancanza di qualsiasi giustificazione, tali norme, menzionate nel punto 35, terzo trattino, della presente sentenza, contrastano con i principi della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento.

41. Per contro, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi o alla libertà di stabilimento create dalle altre disposizioni menzionate nel punto 35, terzo trattino, della presente sentenza, vale a dire l'art. 6, terzo comma, nn. 3 e 4, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, gli artt. 6, 7 e 23 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78, nonché l'art. 5, paragrafi 2 e 5, l'art. 10, paragrafo 4, l'art. 11, paragrafi 2 e 3, e l'art. 15, paragrafo 1, della legge regionale della Lombardia n. 45/80, possono trovare una giustificazione nel fatto che le cognizioni o l'esperienza dei rappresentanti della vita economica che non siano concorrenti degli operatori interessati dalla procedura di riconoscimento o di autorizzazione nonché quelle dei rappresentanti del pubblico al quale è destinata la fiera possono risultare preziose per la procedura di cui trattasi.

42. Pertanto, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 2, primo comma, e art. 7 del regio decreto legge n. 454/34;

- art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 7/72;

- art. 2, paragrafi 4, 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 390/94;

- art. 4 della legge regionale della Liguria n. 40/78;

- art. 6, paragrafo 1, lett. e), f) e h), e art. 7 della legge regionale del Veneto n. 35/88;

- art. 4, art. 5, sesto comma, lett. a) e c), art. 6, primo comma, art. 8, primo e secondo comma, e art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80;

- art. 4, paragrafi 1, lett. c), 2, e art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia n. 45/80;

- artt. 3, 4 e 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81, e

- artt. 3, 5 e 12 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 35/78,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato;

che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 7/72;

- artt. 2, lett. c) e d), 3, primo comma, lett. b) e c), e 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria n. 12/72;

- art. 8, paragrafo 1, lett. d), della legge regionale del Veneto n. 35/88;

- artt. 8, secondo comma, e 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 43/80, e

- artt. 5, 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 10/81,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato nonché in forza degli artt. 52 e 54-58 del Trattato.

Sulle spese

43. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta essenzialmente soccombente, va condannata alla spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 2, primo comma, e art. 7 del regio decreto legge 29 gennaio 1934, n. 454;

- art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- art. 2, paragrafi 4, 6 e 7, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 390;

- art. 4 della legge regionale della Liguria 14 luglio 1978, n. 40;

- art. 6, paragrafo 1, lett. e), f) e h), e art. 7 della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- art. 4, art. 5, sesto comma, lett. a) e c), art. 6, primo comma, art. 8, primo e secondo comma, e art. 16, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43;

- art. 4, paragrafi 1, lett. c), e 2, e art. 15, paragrafo 3, della legge regionale della Lombardia 29 aprile 1980, n. 45;

- artt. 3, 4 e 8, ultimo comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10;

- artt. 3, 5 e 12 della legge provinciale della Provincia autonoma di Trento 2 settembre 1978, n. 35,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE), 60 del Trattato CE (divenuto art. 50 CE), 61, 63 e 64 del Trattato CE (divenuti, in seguitoa modifica, artt. 51 CE, 52 CE e 53 CE) e 65 e 66 del Trattato CE (divenuti artt. 54 CE e 55 CE).

2) La Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore le seguenti norme:

- art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 7;

- artt. 2, lett. c) e d), 3, primo comma, lett. b) e c), e 5, primo comma, lett. a), della legge regionale della Liguria 3 novembre 1972, n. 12;

- art. 8, paragrafo 1, lett. d), della legge regionale del Veneto 2 agosto 1988, n. 35;

- artt. 8, secondo comma, e 11, primo comma, della legge regionale dell'Emilia-Romagna 26 maggio 1980, n. 43, e

- artt. 5, 13, 14 e 15, primo comma, lett. a), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 1981, n. 10,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato nonché in forza degli artt. 52 e 54 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 43 CE e 44 CE), 55 del Trattato CE (divenuto art. 45 CE), 56 e 57 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 46 CE e 47 CE) e 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE). 

3) Per il resto il ricorso è respinto.

4) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Cosí deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 gennaio 2002.

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